Paolo Meo - MioDottore.it

Chiara Talone

Scheda malattia Meningite- Prevenzione e vaccinazione

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Prevenzione e controllo

Fattori di rischio delle meningiti per vanno elencati:
età: queste patologie colpiscono soprattutto i bambini sotto i 5 anni. Altre fasce di età variano secondo il microrganismo causale. Il meningococco interessa, oltre i bambini piccoli, anche i giovani adulti; il pneumococco colpisce soprattutto bambini e anziani. L’introduzione dei vaccini obbligatori nel calendario vaccinale pediatrico e dell’adolescente stanno riducendo il numero dei casi in questa fascia di età.
stagionalità: la malattia è più frequente tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera, anche se casi sporadici si verificano durante tutto l’anno;
vita di comunità: le persone che vivono e dormono in ambienti comuni, come gli studenti nei dormitori universitari o le reclute, hanno un rischio più elevato di meningite da meningococco e di Haemophilus influenzae
fumo: è un fattore predisponente, compresa l’esposizione al fumo passivo;
comorbidità: altre infezioni delle prime vie respiratorie o alcune immunodeficienze possono determinare un maggior rischio di malattia meningococcica. Immunodepressione, asplenia, insufficienza cardiaca, asma e l’HIV sono fattori di rischio per la malattia invasiva pneumococcica.

La trasmissione avviene per via aerogena, sono predisponenti i contatti ripetuti con ammalati o portatori. Sono favorenti le situazioni di sovraffollamento. La principale causa di contagio è costituita dai i portatori sani o paucisintomatici del batterio. Solo nello 0,5% dei casi la malattia è trasmessa da persone affette dalla malattia.

E’ molto meno diffusiva rispetto ad un raffreddore o una influenza da causa virale. Non viene trasmessa respirando l’aria presente in un ambiente dove abbia transitato un individuo infetto, ma solamente stazionando per lungo tempo vicino a persona infetta.

I soggetti con infezione invasiva da meningococco sono considerati contagiosi per circa 24 ore dall’inizio della terapia antibiotica specifica. La contagiosità è comunque bassa, e i casi secondari sono rari. Il meningococco può tuttavia dare origine a focolai epidemici.

Per limitare il rischio di casi secondari, è importante che i contatti stretti dei malati effettuino una profilassi con antibiotici. Nella valutazione di contatto stretto, che deve essere fatta caso per caso, vengono tenuti in considerazione:
• i conviventi considerando anche l’ambiente di studio (la stessa classe) o di lavoro (la stessa stanza);
• chi ha dormito o mangiato spesso nella stessa casa del malato;
• le persone che nei sette giorni precedenti l’esordio hanno avuto contatti con la sua saliva attraverso baci, stoviglie, spazzolini da denti, giocattoli;
• i sanitari che sono stati direttamente esposti alle secrezioni respiratorie del paziente, per esempio durante manovre di intubazione o respirazione bocca a bocca, i dentisti che vivono in una nuvola di goccioline; il contatto in ospedale o ambienti sanitari;
La sorveglianza dei contatti è importante per identificare e eventualmente trattare rapidamente eventuali ulteriori casi. Questa sorveglianza è prevista per 10 giorni dall’esordio dei sintomi del paziente.

Vaccinazione

La vaccinazione è uno strumento preventivo efficace e da effettuare a tutti gli individui (vaccinazioni dell’infanzia) o per chi si reca in zone o in ambienti a rischio di contagio. La vaccinazione contro la meningite da Neisseria non è una vaccinazione obbligatoria nell’infanzia ma è fortemente consigliata (per meningicocco B e i tipi A-C-W-Y.  È stata resa obbligatoria ai giovani di leva.
Per  i viaggiatori internazionali: è consigliata a tutti i viaggiatori in qualsiasi paese, ma in modo particolare ai viaggiatori che si recano nei paesi africani inclusi nella “cintura meningococcica” (Senegal, Gambia, Guinea Bissau, Guinea Conakry, Mali, Burkina Faso, Togo, Benin Ghana, Niger, Nigeria, Ciad, Cameroon, Rep. Centrafricana, Sudan, Etiopia, Gibuti, Eritrea, Somalia), in particolare durante i periodi considerati a rischio epidemia o stagionalità  “periodi di secca, lontani dal periodo monsonico.” –  Anche per i viaggiatori che si recano in India, in Cina ed in Mongolia, in particolare per chi si reca nelle provincie dove sono stati segnalati casi di meningite da Meningococco, è consigliata l’effettuazione del vaccino antimeningococcico.
– È obbligatoria per tutti i pellegrini che si recano in pellegrinaggio alla Mecca.
Controindicazioni: la vaccinazione è controindicata nei soggetti che manifestano malattie infettive acute in corso e malattie evolutive e croniche debilitanti.
Effetti collaterali: Locali: raro il dolore con gonfiore nella zona di inoculo. Generali: rara la reazione febbrile ed ancora più rari i sintomi lievi delle prime vie aeree.

Come è noto, ad oggi sono disponibili vaccini per la prevenzione delle infezioni da Haemophilus influenzae di sierotipo b (HIB), da Neisseria meningitidis (meningococco) di sierogruppo A, B, C, W, Y e da alcuni sierotipi di Streptococcus pneumoniae (pneumococco), efficaci già nel primo anno di vita. La sorveglianza dei casi causati da questi patogeni è fondamentale per stimare la quota di casi prevenibili e l’impatto delle strategie intraprese.
In seguito all’introduzione del vaccino contro lo pneumococco, l’incidenza della meningite pneumococcica è drasticamente diminuita, sia nei bambini sia negli adulti.

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Scheda malattia Meningite- Trasmissione, porta di ingresso e incubazione 

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Trasmissione

La trasmissione degli agenti eziologici dei diversi tipi di meningiti è quasi sempre per via aerea. La saliva, le goccioline aeree di Flugge, l’aerosol con il suo particolato costituiscono il vettore di trasporto dei microrganismi nel cavo orale, nel rinofaringe, nelle prime vie aeree. Il serbatoio è umano e questi diversi microrganismi hanno difficoltà di sopravvivere nell’ambiente esterno.

Neisseria meningitidis (meningococco) sopravvive nella mucosa del tratto rino-faringeo e nelle vie aeree superiori. I portatori sani di Neisseria, coloro che convivono con il meningococco, nella sua forma non patogena, in una sorta di commensalismo, oscillano tra il 5 ed il 15% della popolazione umana. Il batterio colonizza la mucosa nasale e faringea ed attraversa le cellule epiteliali mediante un processo di “endocitosi” penetrando in questo modo nel derma e nelle cellule endoteliali del microcircolo, senza creare danni ai tessuti periferici. Il batterio si moltiplica adattandosi al nuovo ambiente. Inizia la risposta immunologica dell’organismo, una vera e propria stimolazione difensiva all’invasione dei batteri. Vengono attivate le cellule della serie bianca, in particolare monociti, neutrofili ed alcune famiglie di linfociti. Si attivano anche i sistemi infiammatori. La risposta può essere minima e quindi asintomatica o paucisintomatica oppure abnorme con una reazione infiammatoria progressivamente più forte con evoluzione grave e fatale, La meningococciemia o forma setticemica da meningococco deriva da una riproduzione rapida del meningococco. Nella setticemia grave si hanno cariche batteriche ematiche assai elevate. Neisseria può superare la barriera ematomeningo-encefalica. Questo fenomeno induce una infiammazione progressiva delle stesse meningi, con produzione di materiale purulento. I soggetti immuno-depressi, HIV positivi, o per trauma cervicale o cerebrale manifestano facilmente questi tipi di meningiti batteriche. Molti individui si contagiano ed ammalano per contatto diretto con le secrezioni respiratorie dei portatori sani. I soggetti portatori di Neisseria nasofaringea sviluppano una forte immunità naturale che li protegge dai sintomi della malattia

Incubazione
Il periodo di incubazione cambia a seconda l’agente causale. La meningite virale ha una incubazione tra i 3 ed i 6 giorni; le meningiti batteriche hanno un periodo di incubazione tra i 2 ed i 10 giorni, con una media di 4/5 giorni. Difatti il tempo massimo di sorveglianza sanitaria di un contatto sono 10 giorni. La malattia è contagiosa soltanto durante la fase acuta e nei giorni immediatamente precedenti l’esordio.

 

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Scheda malattia Meningite- Diagnosi e Trattamento

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Diagnosi
Una diagnosi precoce ed un trattamento mirato sono fondamentali nella prognosi e nella risoluzione del caso. Se un paziente presenta anche alcuni dei sintomi classici è bene effettuare immediatamente alcuni esami generali e mirati e attivare una terapia di copertura ad ampio spettro.
La diagnosi viene effettuata mediante coprocultura del liquido cefalorachidiano, che si prelieva mediante puntura spinale. In questo si identifica il batterio causa della infezione con un antibiogramma necessario per  determinare l’antibiotico specifico da somministrare.
Si effettuano esami del sangue per la ricerca dei marcatori di infiammazione quali:proteina C reattiva, VES, mucoproteine, Fibrinogeno, e la formula leucocitaria.
L’esame che occorre eseguire per individuare o escludere la meningite è l’analisi del liquido cerebrospinale.  E’ opportuno eseguire nel più breve tempo possibile tomografia computerizzata (TC) o una risonanza magnetica (RM), prima della puntura lombare per escludere condizioni di ipertensione endocranica.
In una seconda fase la TC o la RM servono per valutare le complicazioni della meningite e per escludere la presenza di focolai ascessuali, ventricoliti, ependimiti ed empiemi.
Nelle forme gravi di meningite, il monitoraggio degli elettroliti del sangue può essere importante. Ad esempio, l’iponatriemia è comune in caso di meningite batterica, a causa di una combinazione di fattori, tra cui la disidratazione, l’escrezione inadeguata dell’ormone antidiuretico o per l’eccessiva somministrazione di liquidi per via endovenosa.

Terapia 

Una pronta diagnosi ed un trattamento mirato sono essenziali per evitare un peggioramento che può evolvere in coma e exitus del paziente in breve tempo.
Per questo motivo appena subentra un sospetto di probabile iniziale meningite, in attesa di diagnosi certa occorre somministrare antibiotici ad ampio spettro. Durante la fase di attesa diagnostica, con il solo sospetto clinico sarebbe opportuna la somministrazione di benzilpenicillina, anche prima del ricovero in ospedale.
Stati di ipotensione o shock vanno trattati con infusione di liquidi per via endovenosa e somministrazione di corticosteroidi per contenere la crescita dell’infiammazione.
In caso di convulsioni si possono utilizzare farmaci anticonvulsivanti. La scelta è lasciata a seconda la situazione clinica che si presenta.

Per le meningiti batteriche
Per la terapia antibiotica empirica è opportuno utilizzare una cefalosporina di terza generazione come ceftriaxone o cefotaxime; per il rischio di resistenza batterica alle cefalosporine è raccomandata l’aggiunta di vancomicina.
Cloramfenicolo con Ampicillina hanno una buona azione di controllo della crescita batterica.
Una volta che è stata effettuata la cultura con una diagnosi eziologica precisa e il tipo batterico è noto, è possibile modificare la terapia inserendo i migliori antibiotici indicati dall’antibiogramma.
Necessitando per la cultura per i risultati della coltura del liquido cefalorachidiano tempi lunghi, generalmente dalle 24 alle 48 ore è essenziale prescrivere una terapia empirica.
Le caratteristiche di un antibiotico efficace in caso di meningite sono (1) attività antibatterica spiccata; (2) capacità raggiungere le meningi in concentrazioni adeguate.
La meningite tubercolare richiede un trattamento prolungato con antibiotici: mentre la tubercolosi polmonare è solitamente trattata per sei mesi, i casi di meningite tubercolare sono in genere trattati per più di un anno.
E’ opportuno, secondo la pratica clinica, cominciare la somministrazione di corticosteroidi, in particolare desametasone o simili poco prima la prima dose di antibiotico e continuare la terapia per quattro giorni. Questa terapia antinfiammatoria ha mostrato di ridurre l’edema meningeo, aiutare la riduzione della perdita di udito; migliorare i sintomi neurologici. I corticosteroidi sono utili anche nei pazienti con meningite tubercolare.

Meningite virale
La meningite virale generalmente ha la capacità di autolimitarsi. Richiede una terapia di supporto con somministrazione di liquidi in via infusiva. La meningite virale tende ad avere un decorso meno aggressivo rispetto alla meningite batterica.
Aciclovir a dosi piene è la terapia di elezione per le meningiti da Herpesviridae.
I casi lievi di meningite virale possono essere trattati senza ricovero in ospedale e tramite misure conservative, come la somministrazione di fluidi e analgesici e con il riposo a letto.

Meningite fungina
La meningite fungina, come la meningite criptococcica, viene trattata con somministrazioni prolungate di alte dosi di farmaci antimicotici come Flucitosina e amfotericina B
L’aumento della pressione intracranica è comune nel caso di meningite fungina e perciò vengono raccomandati frequenti punture lombari, circa una al giorno, per ridurre la pressione.

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Scheda malattia Meningite- Distribuzione geografica

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La meningite da Neisseria è ubiquitaria e la sua incidenza media è di 0.5-5 casi/100,000 persone. Nel periodo compreso fra il 1996 e il 1997 sono stati denunciati 213,658 casi con 21,830 decessi nei paesi della così detta cintura africana della meningite.

L’incidenza meningiti batteriche nel mondo cambia in relazione ai continenti ed alle zone geografiche. Ogni anno si verificano circa 1.000.000 di casi di meningiti invasive batteriche, con un numero di decessi tra i 50.000 ed i 140.000.
Nei paesi Europei la meningite batterica si verifica in circa 3 persone su 100 000 ogni anno.
Lo studio sulla popolazione ha dimostrato che la meningite virale è la forma più comune, pari a 10,9 per 100 000 persone e si verifica più spesso in estate. Per quanto riguarda le forme batteriche il sierogruppo B di Neisseria Meningitidis è prevalente in particolare nei paesi del bacino del mediterraneo. E’ stato prevalente dal 1970 in Europa e dal 1980 in Sud America.
Nel resto di Europa sono più frequenti i casi da sierogruppo C, presente anche in Italia; Negli ultimi anni si è registrato un aumento anche del sierogruppo Y. I sierogruppi A e W135 sono prevalenti nel resto del mondo, specialmente nell’Africa subsahariana. Il sierogruppo A si è manifestato con epidemie diffuse anche in Nord Europa. Già presente in Europa prima e durante la I e la II guerra mondiale. I focolai epidemici dovuti ai sierogruppi W-135 e Y si sono diffusi più di recente durante il XXI secolo.
In Africa in particolare nei paesi subsahariani, il sierogruppo A continua ad essere il più diffuso con un’incidenza annua apri a circa 20 casi ogni 100.000 abitanti. Questi paesi sono stati colpiti da grandi epidemie di meningite meningococcica e questo andamento epidemico ha portato a identificare questi paesi come “fascia della meningite”. Le epidemie si verificano durante la stagione secca (circa dicembre – giugno). I casi si riducono drasticamente durante la stagione delle piogge. L’ondata epidemica dura generalmente due o tre anni. In questa regione il tasso di meningite registra livelli elevatissimi, pari a 100-800 casi annui ogni 100 000 persone.
Ci sono differenze significative nella distribuzione locale delle cause di meningite batterica. In Europa Neisseria meningitidis di gruppo B e C; in Asia ed in Africa il gruppo A; dove causa la maggior parte delle grandi epidemie di meningite, che rappresentano circa l’80% di 85% dei casi documentati di meningite meningococcica a livello mondiale.

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Scheda malattia Meningite- Agente infettivo e ciclo vitale

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Meningiti batteriche

I batteri che sono la causa più frequente di meningite batterica, invasivi, a liquor torbido sono:
– Neisseria meningitidis (meningococco): suddiviso in diversi sierogruppi, è un diplococco gram negativo, asporigeno, assai labile in ambiente esterno, con reservoir unicamente umano. Il batterio risente fortemente delle variazioni di

Meningite

temperatura e dell’essiccamento. Questo è il motivo della sua difficoltà di sopravvivenza esterna solo per pochi minuti. Esistono 13 diversi sierogruppi di meningococco, ma solo sei sono patogni e causano meningite e altre malattie gravi: I tipi più frequenti A, B, C, W e Y e, molto più raramente, soprattutto in Africa, il tipo X. In Italia e in Europa, i sierogruppi B e C sono la causa più frequente di malattia invasiva e grave. La globalizzazione, i flussi miratori, i viaggi globali hanno diffuso i diversi tipi in aree dove prima non erano presenti. Il tipo A ha creato focolai epidemici importanti nel Regno Unito.

– Streptococcus pneumoniae (pneumococco) è l’agente causale più comune di meningite, di sepsi, ed in particolare di polmonite o infezioni delle prime vie respiratorie. Si trasmette per via respiratoria e sono comuni i portatori sani del batterio, circa il 5-70% della popolazione adulta. Esistono più di 90 tipi diversi di pneumococco. Le meningiti e le sepsi da pneumococco si presentano in forma sporadica, frequente la polmonite da pneumococco.

– Haemophilus influenzae b (emofilo o HIB) fino alla fine degli anni ‘90 è stato considerato la causa più comune di meningite, in particolare nei bambini tra i 0 e 5 anni. Introdotto nel vaccino esavalente, e reso obbligatorio, i casi di meningite da HIB si sono ridotti moltissimo. In caso di meningite da Haemophilus influenzae, è indicata profilassi antibiotica dei contatti stretti.

Una suddivisione della meningite batterica è per fascia di età dei pazienti:
Neonati e prematuri fino a tre mesi di età vengono frequentemente infettati da streptococchi di gruppo B. Questi si trovano preferibilmente nella vagina. Il contagio avviene durante il parto, e la malattia esplode durante la prima settimana di vita.
I bambini tra i 6 mesi e i 5 anni sono colpiti generalmente da Neisseria meningitidis (o meningococco), da Streptococcus pneumoniae (pneumococco, sierotipi 6, 9, 14, 18 e 23) e da Haemophilus influenzae di tipo B. Nei bambini tra il 5% ed il 30% risultano essere portatori sani e asintomatici di diversi tipi di meningococchi presenti nel naso e nella gola. Lo pneumococco, provoca meningite, ma può causare polmoniti, infezioni delle prime vie respiratorie e otiti.
Gli adulti sono contagiati da Neisseria meningitidis e da Streptococcus pneumoniae causa dell’ 80% dei casi di meningite batterica. Esiste negli ultracinquantenni la possibilità reale di coinfezione con Listeria monocytogenes.
Le infezioni da “Stafilococcus Aureus”, da “Pseudomonas Aeruginosa” e da altri batteri Gram-negativi. sono facilitate da traumi cranici, da shunt cerebrali, drenaggi extraventricolari. Nei soggetti immunocompromessi queste infezioni hanno una facilità di attecchire.

Il Mycobacterium tuberculosis, è la causa di meningite tubercolare. Presente maggiormente nei pazienti provenienti da paesi iperendemici per la malattia ma anche negli HIV positivi.

Meningiti virali

I virus causano frequentemente infezioni del sistema nervoso centrale (SNC) e causano meningiti chiamate “meningite asettica”. I virus che causano con maggiore frequenza meningiti sono:
– Herpesvirus;
– Enterovirus;
– Adenovirus;
– HIV;
– Paramixovirus dell’influenza;
– Flavivirus
– Arbovirus (Toscana virus)

Meningiti fungine

Le meningiti di origine fungina si manifesta in persone con deficit immunologico.
Tra i fattori facilitanti questo tipo di meningiti
– l’uso di immunosoppressori dopo il trapianto di organi;
– l’AIDS;
– i deficit del sistema immunitario associati all’invecchiamento.
La forma più frequente di meningite fungina è quella da Cryptococcus neoformans.
In Africa è la forma più comune rappresentando il 20-25% delle morti correlate all’AIDS. Altri funghi causa di meningiti “Histoplasma capsulatum”, “Coccidioides immitis”, “Blastomyces dermatitidis” e varie specie di Candida.

Meningiti parassitarie

Diversi parassiti possono passare la barriera ematoencefalica e causare meningo-encefaliti anche gravi. In questi casi nel liquido cerebrospinale si riscontra un elevato numero di eosinofili che percentualmente molto elevati rispetto alle altre famiglie di globuli bianchi.
Tra i parassiti che si ritrovano con maggior frequenza nelle meningo encefaliti parassitarie:

– Toxoplasma gondii;
– Gnathostoma spinigerum,
– Schistosoma Mansoni e Japonicum;
– Naegleria fowleri,
– Trypanosoma brucei
– Toxocara Canis;
– Paragonimus
– Taenia solium
– Angiostrongylus cantonensis – meningite eosinofila comune in Estremo Oriente, Nuova Guinea e in alcune isole del Pacifico.

Ciclo vitale

La Neisseria meningitidis risiede nella mucosa del tratto naso-faringeo che è il suo habitat naturale. Circa il 5-15% della popolazione umana è portatrice sana di questo batterio nella sua forma non patogena.
Un primo meccanismo di infezione è costituito dalla colonizzazione della mucosa nasale e faringea attraverso cui il batterio attraversa le cellule epiteliali mediante endocitosi penetrando in questo modo nel microcircolo dermico. A questo punto il batterio prolifera adattandosi al nuovo ambiente.
La risposta clinica alla infezione può variare da una forma benigna asintomatica o paucisintomatica fino ad una forma grave e fatale (meningococciemia – forma setticemica da meningococco). Nella forma più severa dell’infezione si hanno cariche assai elevate di batteri nel sangue. Questi batteri sono in grado di superare la barriera ematomeningea-encefalica. Questo fenomeno induce una infiammazione progressiva delle stesse meningi, con produzione anche di materiale purulento. I soggetti immuno-depressi (es. per trauma cervicale, HIV etc.) tendono a manifestare questi tipi di meningiti batteriche. Altri individui si contagiano ed ammalano per contatto  diretto con portatori primari. I soggetti portatori di Neisseria nasofaringea possono sviluppare una immunità naturale da stimolazione immunogena cronica ed essere protetti dalla malattia.

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Scheda malattia Meningite- Introduzione e descrizione

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Le meningiti sono malattie infettive, acute, di origine batterica, virale, micotica o parassitaria, di tipo infiammatorio, che coinvolgono le meningi ed il liquido cefalorachidiano.

Le meningiti sono infiammazioni delle tre membrane (dura madre, aracnoide, pia madre) che ricoprono ed avvolgono il cervello e il midollo spinale.
Viene chiamata “meningite spinale”, la forma che coinvolge le “meningi del tratto della colonna vertebrale” e che si presenta con sintomatologia precisa e ben riconoscibile. Riconosciuti i sintomi ed i segni, e fatta una diagnosi clinica, è importante identificare l’agente patogeno eziologico (la causa) della malattia, se virus, batterio o più raramente fungo o parassita, per impostare una prognosi ed una terapia corretta.
Queste infezioni possono essere acute, subacute o croniche e la loro gravità può variare da moderata, si può auto- limitare, può essere fatale. Le meningiti sono la definizione della infiammazione dei foglietti meningei e dell’organo sottostante e causano per l’edema un gonfiore dell’area coinvolta che aumenta la pressione del cervello, del tratto spinale, con risentimento o lesioni del tessuto nervoso. Ciò può danneggiare in modo transitorio o permanente la funzionalità dei nervi e i vari sistemi d’organo da questi controllati. Raramente i farmaci possono essere causa di meningite.

Generalmente si può affermare che le meningiti ad eziologia virale sono meno severe e si autolimitano, quasi sempre senza specifici trattamenti. Anche se alcune volto possono essere fatali. Le meningiti di tipo batterico invece possono manifestarsi in modo severo e possono dare luogo a danni cerebrali, perdita dell’udito, problemi nell’apprendimento, e diversi altri esiti.
Le meningiti, se non trattate in tempo ed in modo adeguato, ad eccezione delle forme auto limitantesi, possono essere pericolose. Sul SNC possono danneggiare la barriera ematoencefalica, ossia quella sorta di sbarramento che separa le cellule del cervello dal torrente circolatorio. Questa barriera regola i processi di distribuzione di molecole diverse, proteine, ioni, e cellule tra sangue e liquor (il liquido presente all’interno del SNC). Questa barriera filtra le molecole necessarie alla vita dei neuroni dalle grandi molecole, tossine e la maggior parte delle cellule del sangue, tutto materiale pericoloso per il cervello. Il danno della barriera, causato da processi infiammatori da infezione delle meningi può provocare l’entrata nel liquor di globuli rossi e bianchi, mediatori chimici del sistema immunitario, tossine, proteine ad alto peso molecolare ed anche microrganismi di vari tipi che causano un danno spesso irreparabile.
Il liquor è un liquido acquoso limpido che normalmente circola libero attorno al cervello ed al midollo osseo. Durante le meningiti e le encefaliti, il flusso del liquor può essere rallentato o addirittura bloccato per ostruzione dei canali, cosa che può aumentare la pressione del liquor stesso, aumentare la pressione sul cervello e sul midollo spinale, nonché diminuire l’apporto di sangue al cervello. Tutto questo crea una situazione di grave sofferenza del SNC che può portare all’exitus.
Nel caso della meningite batterica è importante identificare l’agente patogeno per poter utilizzare il farmaco adatto, efficace, ed evitare in questo modo l’espandersi ed il peggioramento dell’infezione.
Per l’Haemophilus influenzae di tipo b (Hib) prima del 1990 era considerato la causa principale di meningite batterica, ma la vaccinazione di massa, resa obbligatoria, fra i bambini, ha portato ad una riduzione drastica del numero di casi. Oggi i principali batteri causa di meningite sono lo Streptococcus pneumoniae e la Neisseria meningitidis.
La mortalità è elevata nelle sepsi e nelle forme accompagnate da coagulazione intravascolare disseminata.

Nella meningite di origine batterica, i batteri raggiungono le meningi direttamente dal torrente circolatorio oppure dalla cavità nasale (etmoide). Diversi sono le aree vulnerabili del sistema delle meningi. Per esempio dal flusso sanguigno i batteri arrivano alle meningi dallo spazio subaracnoideo, in particolare dal plesso coroideo. Neisseria meningitidis è uno dei batteri che ha una capacità di penetrare facilmente da queste zone vulnerabili. Si pensa che questa facilitazione sia data da una affinità tra meningococco e alcune cellule endoteliali cerebrali. Questa interazione avviene attraverso le “appendici proteiche filamentose” denominate “PILI”. Questo meccanismo facilita la formazione di colonie batteriche sulla superficie delle cellule endoteliali cerebrali che riescono ad entrare nel tessuto meningeo attraverso l’apertura delle giunzioni intercellulari. Il fenomeno quindi parte dalla microcircolazione, in particolare dalle cellule endoteliali che irrorano i foglietti meningei, che creano le condizioni per l’invasione batterica del tessuto.
Il 25% dei neonati con setticemia da streptococchi di gruppo B sviluppa una meningite, che se non diagnosticata e trattata evolve in modo drammatico. Questo fenomeno è meno comune negli adulti che trova un sistema di difesa immunitaria attivato. Le meningiti di questo tipo avvengono negli adulti da dispositivi permanenti impiantati nell’encefalo, per fratture craniche, o per entrata dal rino – faringe attraverso l’etmoide.
Processi fisiopatologici delle meningiti
La causa del danno alle meningi non dipende direttamente dall’aggressione batterica. I batteri si moltiplicano sulle cellule endoteliali del microcircolo meningeo e non creano un danno diretto. Come sempre avviene nella risposta immunitaria, la manifestazione della malattia dipende da un abnorme risposta del sistema difensivo. Quando le cellule immunitarie del cervello, astrociti e microglia, riconoscono le componenti della “parete cellulare batterica” rilasciano grandi quantità di citochine, i mediatori che amplificano il messaggio delle prime cellule bianche accorse, chiamando in loco altre cellule del sistema immunitario. Questa risposta è esponenziale e spesso non si autolimita. La barriera emato-encefalica diventa permeabile con formazione di edema cerebrale ed un pericoloso rigonfiamento del cervello dovuto al liquido che passa dai vasi sanguigni al parenchima cerebrale. Molte famiglie di globuli bianchi, tra cui neutrofili e monociti, oltre che le cellule specifiche della microglia cerebrale, entrano nel liquido cefalorachidiano producendo materiale purulento diffuso o saccato. L’aumento della pressione endocranica e l’ipotensione pressoria, tipica dei processi infettivi, diminuisce l’entrata del sangue nel cervello con problemi di grave ipossia cerebrale e peggioramento dello stato cerebrale.

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Epatite A – Scheda malattia

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Introduzione e descrizione

L’epatite A è una malattia infettiva acuta, contagiosa, del fegato, a trasmissione alimentare,  causata dal virus dell’epatite A (HAV). Le epatiti virali, conosciute ad oggi, sono cinque (A – B – C – Delta – E)  più una, che ha caratteristiche cliniche e sierologiche molto particolari (epatite G).  L’epatite A provoca una malattia acuta che nei bambini generalmente causa pochi sintomi e può anche passare inosservata, asintomatica. Questi soggetti sono però in grado di infettare gli altri individui. Negli adulti spesso è più acuta e si può manifestare anche in modo grave. Tra i sintomi l’ittero, la nausea, il vomito, la diarrea, non sempre la febbre ed il dolore addominale. La stanchezza può essere un sintomo importante e costringe il malato a letto per qualche settimana e a volte ha periodi di convalescenza piuttosto lunghi. Può raramente verificarsi un’insufficienza epatica acuta, evento più comune negli anziani e nei soggetti con deficit immunitari.

Si contagia per via oro-fecale, ossia mangiando o bevendo cibi o acqua contaminati da feci infette; oppure accostando alla bocca le mani non lavate o suppellettili contaminate con micro residui di feci. I molluschi crudi o poco cotti sono una fonte d’infezione relativamente comune. Ci si può infettare con HAV anche attraverso il contatto con una persona infetta, nel suo periodo di contagio, condividendo lo stesso bagno non applicando corrette misure di igiene, non facendo attenzione alla pulizia delle mani; oppure anche per via sessuale, attraverso rapporti sessuali oro-anali.
Dopo una infezione naturale, asintomatica o sintomatica,  l’individuo acquisisce una immunità per il resto della sua vita. La vaccinazione contro il virus dell’ epatite A è efficace e previane la malattia.  Alcuni paesi lo raccomandano di routine per i bambini e per gli individui a più alto rischio che non sono stati precedentemente vaccinati.
La somministrazione del ciclo del vaccino sembra mantenere la presenza di anticorpi per tutta la vita. E’ opportuno comunque per chi si reca in aree iperendemiche o per lavoro o adotta comportamenti a rischio effettuare periodicamente un richiamo, ogni 10 anni.

Tra le misure preventive efficaci, oltre la vaccinazione il lavaggio delle mani e la cottura dei cibi.

Non esiste un trattamento farmacologico specifico; generalmente vengono consigliati riposo, dieta e, a seconda delle necessità, l’assunzione di farmaci sintomatici contro la nausea e la diarrea. Le infezioni di solito si risolvono completamente e senza che vi sia un danno del parenchima epatico. In caso di insufficienza epatica acuta e generalizzata l’unico trattamento possibile è il trapianto di fegato.
I dati globali stimano in circa 2 milioni i casi sintomatici annui; le infezioni sono stimate in diverse decine di milioni.
La malattia è più comune nelle aree tropicali ed equatoriali e nei paesi con scarsità di norme igieniche e con la difficoltà ad accedere a fonti d’acqua non contaminate.
Nella aree tropicali e depresse e nelle grandi metropoli circa il 90% dei bambini rimangono infettati prima dei 10 anni con una immunità che dura in età adulta. La mortalità è relativamente bassa.

Agente infettivo e ciclo vitale

Il virus dell’epatite A (HAV) – genere Hepatovirus – famiglia Picornaviridae, è un virus a RNA. E’ un virus privo dell’involucro esterno “pericapside”. E’ invece costituito da un “capside di forma icosaedrica” dal diametro di 27 nm. Il capside è costituito da cinque polipeptidi (VP1, VP2, VP3, VP4 e VP5). Esiste un solo sierotipo. Il capside all’interno contiene un singolo filamento di RNA a polarità positiva costituito da 7.478 nucleotidi.  Il virus HAV si lega tramite il “canyon” (una chiave di entrata) formato dalle proteine del capside al recettore che si trova sugli epatociti (cellule del fegato). Avvenuto il legame si modifica il capside con rilascio di VP4 e l’entrata del virus all’interno della cellula.

L’RNA virale (genoma) entra nella cellula bersaglio (epatocita) attraverso il canale venutosi a creare con l’adesione del polipeptide VP1 e il rilascio di VP4. L’RNA virale viene tradotto dai ribosomi in circa 10-15 minuti, cominciando a produrre polipetidi. La replicazione dell’RNA del virus coinvolge una RNA-polimerasi RNA-dipendente virale. La riproduzione delle parti dei nuovi virus è iniziata, e inizia anche l’assemblaggio delle particelle fino alla costituzione del nuovo virus.

L’RNA virale compete con l’mRNA cellulare per l’attacco ai ribosomi bloccandone la traduzione. L’RNA fornisce le informazioni per formare all’interno della cellula i diversi polipeptidi che si assemblano formando il capside vuoto.  Completata la replicazione dell’RNA virale, questo migra all’interno del capside di HAV così da formare il virione completo. E’ importante sapere che HAV, a differenza di altri picornavirus, non distrugge le cellule epatiche ma viene rilasciato dagli epatociti per esocitosi, ovvero per espulsione dalla parete cellulare.

Il capside di HAV è particolarmente resistente. Sopravvive infatti in sia in acqua dolce che in acqua salata. Resiste ai detergenti, sopporta temperature fino a 60 °C e ambienti a pH particolarmente acid.
HAV presenta come organo elettivo di replicazione il fegato, gli epatociti e viene eliminato con le feci, eliminazione che è massima nell’ultimo periodo di incubazione.

Trasmissione, porta di ingresso e incubazione

HAV si trasmette quasi esclusivamente per via oro-fecale, ossia attraverso l’ingestione di microparticelle fecali.  L’ingestione di acqua o cibo contaminato è la causa più frequente di infezione. Il periodo delle piogge, nelle aree tropicali, il fenomeno della fecalizzazione del terreno, gli insetti che dopo essersi depositati su residui fecali infetti si depositano su cibi, contaminandoli; molluschi bivalvi come ostriche, vongole o cozze che filtrano acqua con residui fecali contenenti il virus possono essere veicolo di infezione soprattutto se mangiati crudi. E’ invece insolita la trasmissione parenterale (attraverso siringhe) mentre è possibile la trasmissione sessuale se uno dei partner è infetto con il virus ed il contagio avviene per microparticelle fecali (oro-fecale).

HAV una volta ingerito penetra attraverso l’epitelio orofaringeo o intestinale, superando facilmente la barriera acida gastrica (è molto resistente fino ad un PH 1.), nel la microcircolazione e quindi al torrente circolatorio. Attraverso l’endotelio dei capillari sottomucosi il virus entra nel sangue e giunge nel fegato. HAV attraverso i capillari degi acini epatici fuoriesce dal torrente ematico e si lega agli epatociti o alle cellule di Kupffer (macrofagi specializzati localizzati nel fegato, che fanno parte del “sistema dei macrofagi” – sistema reticoloistiocitario o sistema reticoloendoteliale). Il virus, attraverso il “sistema a chiave” precedentemente descritto, penetra nel citoplasma e comincia a replicare utilizzando i ribosomi della cellula. I virioni completi e attivi (il nuovo virus) una volta prodotto viene espulso dall’epatocita per esocitosi nella bile per essere poi eliminato con le feci.
Il virus si ritrova nelle feci già cinque giorni prima della comparsa dei sintomi e delle alterazioni metaboliche riscontrabili con gli esami di laboratorio, e si ritrova infetto fino a dieci giorni dopo l’esordio dei sintomi. Nei pazienti immunodepressi la eliminazione virale può prolungarsi oltre i 6 mesi dopo l’esordio della malattia.

 

Distribuzione geografica

Aree iperendemiche si ritrovano in quasi tutti i continenti. In particolare nelle aree subsaheliane dell’Africa, nel sud-est asiatico, in America del Sud, nel bacino del mediterraneo e l’est europeo.

Tradizionalmente vengono descritte 3 categorie geografiche di endemicità correlate alla prevalenza di HAV e categorie di rischio comportamentale:

  • aree ad alta endemicità (paesi a basso e medio reddito), con scarse condizioni igienico-sanitarie. Le infezioni si manifestano soprattutto nei bambini sotto i 10 anni e sono spesso asintomatiche. In queste zone solitamente non si manifestano epidemie di HAV poiché adolescenti e adulti sono immuni dalla loro infanzia e costituiscono, con le loro difese immunitarie, una barriera alla diffusione dell’infezione;
  • aree ad endemicità intermedia, (Paesi a medio reddito) con condizioni igienico-sanitarie variabili. In queste zone l’infezione si manifesta soprattutto negli adulti e si possono verificare anche importanti epidemie;
  • aree a bassa endemicità, (Paesi industrializzati) con buone condizioni igienico-sanitarie che frenano la diffusione del virus. In questi Paesi l’infezione colpisce maggiormente gli adolescenti e gli adulti. I principali fattori di rischio sono rappresentati dai viaggi internazionali in zone endemiche e dal consumo di alimenti (soprattutto frutti di mare) o acqua contaminati.
  • soggetti appartenenti a gruppi a rischio, come chi fa uso di droghe per via endovenosa e omosessuali (“man who have sex with men” – MSM), soggetti con quadri di immunodepressione. Aree ad alta prevalenza di HIV

Secondo i dati statistici di eCDC in Europa l’incidenza dell’infezione varia ciclicamente con picchi di malattia ogni 10-15 anni. ECDC nel 2018 riporta 15.677 casi confermati di epatite A nell’Unione Europea, con predominanza di casi tra la popolazione maschile (57,2% uomini vs 42,8% donne). La fascia d’età più colpita continua ad essere quella compresa tra i 5 ed i 14 anni.

Sintomi

I sintomi sono prevalentemente gastrointestinali. Frequente la febbre; importante astenia che aumenta nel tempo; artralgie e dolori generalizzati. L’ ittero è di durata variabile. L’infezione al di sotto dei due anni d’età difficilmente evolve in malattia evidente, ma le forme sono quasi sempre inapparenti.
L’infezione acuta da HAV è caratterizzata nella prima fase da:
Malessere generale – Perdita dell’appetito – Nausea – Debolezza – Facile affaticabilità – Mal di testa – Dolori addominali non intensi e difficilmente localizzabili nella fase pre-itterica. A partire da 4-5 giorni prima della fase itterica si assiste a un’intensificazione della sintomatologia che invece migliora a partire dalla fase itterica.

Fase itterica:  Ittero (la pelle e la sclera assumono un colore giallastro), urine scure, feci chiare, comparsa di prurito nella fase itterica. 

I sintomi di solito appaiono da 2 a 6 settimane (periodo di incubazione) dopo l’infezione iniziale, con una media di 28 giorni.

Tra il 10-20% dei pazienti presentano un quadro di esordio simil-influenzale con febbre (da 37,7 a 38,3°C), mal di gola, raffreddore e tosse. Le urine tendono a diventare ipercromiche, cioè con una colorazione più intensa. In questi casi la sintomatologia è poco specifica, cioè non fa pensare immediatamente all’epatite, ma può essere confusa con molte altr malattie.

Fisiopatologia dell’epatite A

L’origine dei sintomi e della malattia sono da imputarsi prevalentemente alla forte risposta immunitaria dell’organismo contro il virus, prevalente negli organismi adulti.  Difatti l’azione lesiva sulle cellule epatiche non deriva dall’azione diretta del virus, che una volta moltiplicato viene espulso dalla cellula con processo di “esocitosi” non lesivo per la cellula medesima. Ma invece la lesione cellulare e l’insorgenza dei sintomi derivano dalla abnorme reazione del sistema immunitario con l’induzione dei meccanismi dell’infiammazione che agiscono sulle cellule infette per distruggerle.  Difatti il sistema immunitario combatte l’infezione da HAV tramite la secrezione di interferoni che hanno la funzione di limitare all’interno degli epatociti la replicazione virale. Viene anche indotto un processo di apoptosi, ossia della morte delle cellule epatiche indotta da linfociti NK e linfociti T-citotossici. Quindi una vera e propria morte degli epatociti causata dall’attacco delle cellule del sistema immune, con incremento anche elevato delle transaminasi. Il virus viene anche combattuto dalla presenza degli anticorpi, in particolare IgG e IgM e dal sistema del complemento mediante fenomeni di citotossicità cellulare anticorpo-dipendente. Gli anticorpi anti-HAV in seguito a un’infezione permangono a vita.

Diagnosi e trattamento

DIAGNOSI dell’epatite A

La reazione dell’organismo ad HAV danneggia le cellule epatiche che perdono la loro funzionalità di metabolizzare ed eliminare dall’organismo le tossine o i prodotti di scarto come la bilirubina. Con il progredire della patologia e l’apoptosi cellulare, la bilirubina e gli enzimi epatici aumentano nel sangue. La bilirubina e il pannello epatico costituito da transaminasi, fosfatasi alcalina e gamma GT forniscono informazioni sulle condizioni del fegato.
La ricerca degli anticorpi diretti contro HAV determina l’eziologia della malattia.
Esistono due differenti classi di immunoglobuline anti-epatite A: le IgM e le IgG. In seguito all’esposizione al virus HAV, l’organismo produce prima gli anticorpi IgM, che compaiono entro 2-3 settimane dal contagio precedendo spesso lo sviluppo dei sintomi. Queste persistono per 3-6 mesi.
Le IgG vengono prodotte dopo 1-2 settimane dalla comparsa delle IgM e persistono per tutta la vita. La ricerca degli anticorpi IgG anti-epatite A (IgG anti-epatite A) viene eseguita per distinguere un’infezione acuta da un’infezione pregressa. La positività delle IgG anti-epatite A suggerisce una precedente infezione da virus dell’epatite A prima oppure la presenza di immunità acquisita.
Se le IgM anti-epatite A sono positive, si pone diagnosi di epatite A acuta.
L’induzione delle IgG da vaccino ha generalmente una durata ridotta. Per questo motivo è importante un richiamo ogni 10 anni.
Ulteriori esami per l’epatite A comprendono albumina sierica, e il tempo di protrombina/rapporto internazionale normalizzato (INR).

TRATTAMENTO
Non esiste ad oggi un trattamento specifico per l’epatite A. Le forme lievi di solito si risolvono spontaneamente e non provocano danni permanenti al fegato. Viene normalmente prescritta una terapia di supporto che consiste nell’apporto di molti liquidi, importante glucosate ed anche Ringer Lattato. 
Dieta leggera con assunzione di piccole quantità di cibo e bevande più volte al giorno.
HAV si può raramente manifestare con una forma potenzialmente letale, ossia l’epatite fulminante. Questa provoca insufficienza epatica tale da richiedere il ricovero ospedaliero. Negli anziani e nei soggetti con insufficienza epatica cronica tende ad essere più aggressiva. Le persone affette da epatite A acuta in queste condizioni devono essere monitorate con grande attenzione.

Controllo, trasmissione e vaccinazione

L’infezione da HAV si previene con il vaccino che è fortemente raccomandato alle persone a rischio complicanze, incluse le persone con patologie croniche del fegato e pazienti con lesioni epatiche riconducibili ad altre cause. Importante la vaccinazione per chi fa uso di droghe e per coloro con rapporti sessuali non protetti (micro particelle fecali). Fortemente raccomandato il vaccino per chi affronta viaggi internazionali.

VEDI LA SCHEDA VACCINAZIONE PER EPATITE A

L’epatite A può essere prevenuta con una corretta igiene, che prevede il lavaggio delle mani dopo l’uso del bagno, dopo aver cambiato un pannolino e prima di mangiare o di cucinare. Attenzione ai cibi contaminati e crudi.

Oltre la vaccinazione, il viaggiatore che si reca in Paesi ad alto rischio dovrebbe rispettare alcune semplici regole, come lavare abbondantemente verdura e frutta, e sbucciare quest’ultima prima di mangiarla. Mangiare carne e pesce, in modo particolare i molluschi, soltanto dopo una attenta cottura. Non lasciar passare troppo tempo dalla cottura.
Un altro importante veicolo di infezione dell’epatite A è l’acqua; quella di rubinetto o di sorgenti comuni deve essere bollita per almeno 10 minuti. L’acqua in bottiglia può essere consumata a patto che la bottiglia venga aperta sotto i propri occhi. Attenzione al ghiaccio, che non andrebbe mai consumati direttamente o aggiunto alle bevande. Una attenzione particolare a non lavarse denti con acqua del rubinetto.  Anch’essa dovrebbe essere di bottiglia. Allo stesso modo, quando si fa il bagno in fiumi e mari è bene prestare attenzione che non entri dell’acqua in bocca.
Ricapitolando una buona prevenzione personale dell’epatite A si ottiene adottando con le comuni norme di igiene come l’accurato e frequente lavaggio delle mani, dopo essere stati alla toilette e prima di manipolare gli alimenti. Oggetti come spazzolini, posate, bicchieri ed asciugamani devono essere di utilizzo strettamente personale.
Per tutte queste innumerevoli vie di contagio è importante vaccinarsi prima della partenza, per viaggio o per lavoro, nelle zone a rischio.
La prevenzione generale dell’epatite A, molto efficace nei Paesi industrializzati, si attua dotando le abitazioni di un’adeguata rete fognaria e di un efficace sistema di raccolta e trattamento dei rifiuti; il tutto con lo scopo di evitare la contaminazione delle falde acquifere. Attenzione, pertanto, quando ci si reca in Paesi o regioni in cui i rifiuti si accatastano lungo le strade anziché in apposite discariche.

Notizie e bibliografia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Scheda malattia- Epatite A- Notizie e bibliografia

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Scheda malattia- Epatite A- Prevenzione e vaccinazione

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L’infezione da HAV si previene con il vaccino che è fortemente raccomandato alle persone a rischio complicanze, incluse le persone con patologie croniche del fegato e pazienti con lesioni epatiche riconducibili ad altre cause. Importante la vaccinazione per chi fa uso di droghe e per coloro con rapporti sessuali non protetti (micro particelle fecali). Fortemente raccomandato il vaccino per chi affronta viaggi internazionali.

VEDI LA SCHEDA VACCINAZIONE PER EPATITE A

L’epatite A può essere prevenuta con una corretta igiene, che prevede il lavaggio delle mani dopo l’uso del bagno, dopo aver cambiato un pannolino e prima di mangiare o di cucinare. Attenzione ai cibi contaminati e crudi.

Oltre la vaccinazione, il viaggiatore che si reca in Paesi ad alto rischio dovrebbe rispettare alcune semplici regole, come lavare abbondantemente verdura e frutta, e sbucciare quest’ultima prima di mangiarla. Mangiare carne e pesce, in modo particolare i molluschi, soltanto dopo una attenta cottura. Non lasciar passare troppo tempo dalla cottura.
Un altro importante veicolo di infezione dell’epatite A è l’acqua; quella di rubinetto o di sorgenti comuni deve essere bollita per almeno 10 minuti. L’acqua in bottiglia può essere consumata a patto che la bottiglia venga aperta sotto i propri occhi. Attenzione al ghiaccio, che non andrebbe mai consumati direttamente o aggiunto alle bevande. Una attenzione particolare a non lavarse denti con acqua del rubinetto.  Anch’essa dovrebbe essere di bottiglia. Allo stesso modo, quando si fa il bagno in fiumi e mari è bene prestare attenzione che non entri dell’acqua in bocca.
Ricapitolando una buona prevenzione personale dell’epatite A si ottiene adottando con le comuni norme di igiene come l’accurato e frequente lavaggio delle mani, dopo essere stati alla toilette e prima di manipolare gli alimenti. Oggetti come spazzolini, posate, bicchieri ed asciugamani devono essere di utilizzo strettamente personale.
Per tutte queste innumerevoli vie di contagio è importante vaccinarsi prima della partenza, per viaggio o per lavoro, nelle zone a rischio.
La prevenzione generale dell’epatite A, molto efficace nei Paesi industrializzati, si attua dotando le abitazioni di un’adeguata rete fognaria e di un efficace sistema di raccolta e trattamento dei rifiuti; il tutto con lo scopo di evitare la contaminazione delle falde acquifere. Attenzione, pertanto, quando ci si reca in Paesi o regioni in cui i rifiuti si accatastano lungo le strade anziché in apposite discariche.

 

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Scheda malattia- Epatite A- Diagnosi e trattamento

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DIAGNOSI dell’Epatite A

La reazione dell’organismo ad HAV danneggia le cellule epatiche che perdono la loro funzionalità di metabolizzare ed eliminare dall’organismo le tossine o i prodotti di scarto come la bilirubina. Con il progredire della patologia e l’apoptosi cellulare, la bilirubina e gli enzimi epatici aumentano nel sangue. La bilirubina e il pannello epatico costituito da transaminasi, fosfatasi alcalina e gamma GT forniscono informazioni sulle condizioni del fegato.
La ricerca degli anticorpi diretti contro HAV determina l’eziologia della malattia.
Esistono due differenti classi di immunoglobuline anti-epatite A: le IgM e le IgG. In seguito all’esposizione al virus HAV, l’organismo produce prima gli anticorpi IgM, che compaiono entro 2-3 settimane dal contagio precedendo spesso lo sviluppo dei sintomi. Queste persistono per 3-6 mesi.
Le IgG vengono prodotte dopo 1-2 settimane dalla comparsa delle IgM e persistono per tutta la vita. La ricerca degli anticorpi IgG anti-epatite A (IgG anti-epatite A) viene eseguita per distinguere un’infezione acuta da un’infezione cronica

Se le IgM anti-epatite A sono positive, si pone diagnosi di epatite A acuta.
L’induzione delle IgG da vaccino ha generalmente una durata ridotta. Per questo motivo è importante un richiamo ogni 10 anni.
Ulteriori esami per l’epatite A comprendono albumina sierica, e il tempo di protrombina/rapporto internazionale normalizzato (INR).

TRATTAMENTO
Non esiste ad oggi un trattamento specifico per l’epatite A. Le forme lievi di solito si risolvono spontaneamente e non provocano danni permanenti al fegato. Viene normalmente prescritta una terapia di supporto che consiste nell’apporto di molti liquidi, soluzioni glucosate e Ringer Lattato. 
Dieta leggera con assunzione di piccole quantità di cibo e bevande più volte al giorno.
HAV si può raramente manifestare con una forma potenzialmente letale, ossia l’epatite fulminante. Questa provoca insufficienza epatica tale da richiedere il ricovero ospedaliero. Negli anziani e nei soggetti con insufficienza epatica cronica tende ad essere più aggressiva. Le persone affette da epatite A acuta in queste condizioni devono essere monitorate con grande attenzione.

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Scheda malattia- Epatite A- Sintomi e segni

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I sintomi sono prevalentemente gastrointestinali. Frequente la febbre; importante astenia che aumenta nel tempo; artralgie e dolori generalizzati. L’ ittero è di durata variabile. L’infezione al di sotto dei due anni d’età difficilmente evolve in malattia evidente, ma le forme sono quasi sempre inapparenti.
L’infezione acuta da HAV è caratterizzata nella prima fase da:
Malessere generale – Perdita dell’appetito – Nausea – Debolezza – Facile affaticabilità – Mal di testa – Dolori addominali non intensi e difficilmente localizzabili nella fase pre-itterica. A partire da 4-5 giorni prima della fase itterica si assiste a un’intensificazione della sintomatologia che invece migliora a partire dalla fase itterica.

Fase itterica:  Ittero (la pelle e la sclera assumono un colore giallastro), urine scure, feci chiare, comparsa di prurito nella fase itterica. 

I sintomi di solito appaiono da 2 a 6 settimane (periodo di incubazione) dopo l’infezione iniziale, con una media di 28 giorni.

Tra il 10-20% dei pazienti presentano un quadro di esordio simil-influenzale con febbre (da 37,7 a 38,3°C), mal di gola, raffreddore e tosse. Le urine tendono a diventare ipercromiche, cioè con una colorazione più intensa. In questi casi la sintomatologia è poco specifica, cioè non fa pensare immediatamente all’epatite, ma può essere confusa con molte altre malattie.

Fisiopatologia dell’epatite A

L’origine dei sintomi e della malattia sono da imputarsi prevalentemente alla forte risposta immunitaria dell’organismo contro il virus, prevalente negli organismi adulti.  Difatti l’azione lesiva sulle cellule epatiche non deriva dall’azione diretta del virus, che una volta moltiplicato viene espulso dalla cellula con processo di “esocitosi” non lesivo per la cellula medesima. Ma invece la lesione cellulare e l’insorgenza dei sintomi derivano dalla abnorme reazione del sistema immunitario con l’induzione dei meccanismi dell’infiammazione che agiscono sulle cellule infette per distruggerle.  Difatti il sistema immunitario combatte l’infezione da HAV tramite la secrezione di interferoni che hanno la funzione di limitare all’interno degli epatociti la replicazione virale. Viene anche indotto un processo di apoptosi, ossia della morte delle cellule epatiche indotta da linfociti NK e linfociti T-citotossici. Quindi una vera e propria morte degli epatociti causata dall’attacco delle cellule del sistema immune, con incremento anche elevato delle transaminasi. Il virus viene anche combattuto dalla presenza degli anticorpi, in particolare IgG e IgM e dal sistema del complemento mediante fenomeni di citotossicità cellulare anticorpo-dipendente. Gli anticorpi anti-HAV in seguito a un’infezione permangono a vita.

 

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Scheda malattia- Epatite A- Distribuzione geografica

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Aree iperendemiche si ritrovano in quasi tutti i continenti. In particolare nelle aree subsaheliane dell’Africa, nel sud-est asiatico, in America del Sud, nel bacino del mediterraneo e l’est europeo.

Tradizionalmente vengono descritte 3 categorie geografiche di endemicità correlate alla prevalenza di HAV e categorie di rischio comportamentale:

  • aree ad alta endemicità (paesi a basso e medio reddito), con scarse condizioni igienico-sanitarie. Le infezioni si manifestano soprattutto nei bambini sotto i 10 anni e sono spesso asintomatiche. In queste zone solitamente non si manifestano epidemie di HAV poiché adolescenti e adulti sono immuni dalla loro infanzia e costituiscono, con le loro difese immunitarie, una barriera alla diffusione dell’infezione;
  • aree ad endemicità intermedia, (Paesi a medio reddito) con condizioni igienico-sanitarie variabili. In queste zone l’infezione si manifesta soprattutto negli adulti e si possono verificare anche importanti epidemie;
  • aree a bassa endemicità, (Paesi industrializzati) con buone condizioni igienico-sanitarie che frenano la diffusione del virus. In questi Paesi l’infezione colpisce maggiormente gli adolescenti e gli adulti. I principali fattori di rischio sono rappresentati dai viaggi internazionali in zone endemiche e dal consumo di alimenti (soprattutto frutti di mare) o acqua contaminati.
  • soggetti appartenenti a gruppi a rischio, come chi fa uso di droghe per via endovenosa e omosessuali (“Man who have Sex with Men” – MSM), soggetti con quadri di immunodepressione. Aree ad alta prevalenza di HIV

Secondo i dati statistici di eCDC in Europa l’incidenza dell’infezione varia ciclicamente con picchi di malattia ogni 10-15 anni. ECDC nel 2018 riporta 15.677 casi confermati di epatite A nell’Unione Europea, con predominanza di casi tra la popolazione maschile (57,2% uomini vs 42,8% donne). La fascia d’età più colpita continua ad essere quella compresa tra i 5 ed i 14 anni.

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