Paolo Meo - MioDottore.it

Paolo Meo 2

VACCINO PER LA MALARIA PEDIATRICO NEI PAESI AFRICANI. UNA REVISIONE DEI PRIMI RISULTATI

 

Campagne di Vaccinazione per la Malaria Pediatrica: Stato Globale e Risultati per Paese
i risultati provengono da una raccolta di dati provenienti da enti internazionali e dai ministeri della salute dei singoli paesi. Il dr. Paolo Meo ha effettuato una raccolta, valutazione ed un commento alla situazione delle campagne di vaccinazione.

Panoramica Globale delle Campagne di Vaccinazione

La lotta contro la malaria, portata avanti da decenni con attività sull’ambiente, sulle abitazioni e sull’uomo,  ha raggiunto una svolta storica con l’introduzione di due vaccini pediatrici che sono attualmente raccomandati dall’OMS:
RTS,S/AS01 (Mosquirix)
R21/Matrix-M.

Attualmente sono 17 i paesi africani che hanno inserito la vaccinazione antimalarica nei loro programmi di immunizzazione di routine, coprendo in alcuni paesi fino al 70% della popolazione pediatrica a rischio di malaria.

Dal 2023, sono state procurate e consegnate da UNICEF oltre 12 milioni di dosi di vaccini antimalarici co-finanziate da Gavi, l’Alleanza per i Vaccini, raggiungendo circa 5 milioni di bambini nei paesi partecipanti.

Paesi con Campagne Attive e Risultati iniziali ottenuti:

  • (1) Ghana – Il Pioniere della Vaccinazione

Il Ghana è stato uno dei tre paesi pilota (ghana, Kenya, Malawi – campagna pilota dal 2019)  e ha ottenuto in questa sperimentazione risultati eccellenti:

  • Copertura vaccinale: 96% della popolazione infantile per la prima dose; 87% per la seconda, 78% per la terza e 39% per la quarta dose;
  • Implementazione: Il programma pilota è stato implementato in 42 distretti dal 2019 ad oggi;
  • Evoluzione: Il Ghana ha ricevuto l’approvazione da Gavi per espandere la vaccinazione a 51 distretti;
  • Risultati: La copertura del vaccino RTS,S è migliorata costantemente, raggiungendo il 76% per la prima dose e il 74% per la terza dose entro il 2021  pubmed.ncbi.nlm.nih

Questi risultati mostrano l’adesione quasi plebiscitaria alla prima dose, presa con grande entusiasmo dalla popolazione intera, per poi calare ed arrivare ad una compliance del 39% alla quarta dose. Questo ci fa capire come l’educazione della popolazione e una politica di organizzare vaccinazioni non a livello centralizzato ma organizzando centri periferici a livello di villaggio, è l’unica politica vincente. Una task force di unità mobili vaccinali sarebbe un metodo per arrivare alla popolazione che poi non segue i protocolli necessari.

  • (2) Malawi – Risultati Promettenti ma Sfide nella Quarta Dose
  • Copertura: 88% per la prima dose nel 2020, migliorata al 92% nel 2021 pmc.ncbi.nlm.nih+1
  • Sfide: La copertura della quarta dose rimane problematica al 46% nel 2023
  • Impatto: Solo il 60% dei bambini erano completamente vaccinati nel distretto di Nsanje nel 2021
  • Fattori chiave: L’educazione delle madri e la conoscenza del programma vaccinale sono risultati i principali determinanti dell’adesione  pubmed.ncbi.nlm.nih

Anche in questo paese si è visto che la formazione e la organizzazione di vaccinazioni di villaggio costituiscono il metodo per non perdersi le persone alla seconda dose.

  • (3) Burkina Faso – Strategie Innovative per Raggiungere le Comunità Remote
  • Lancio: Introdotto il vaccino RTS,S in 27 distretti sanitari nel febbraio 2024
  • Sfide iniziali: Il distretto sanitario di Batié ha registrato bassa copertura iniziale a causa delle barriere geografiche
  • Soluzione innovativa: Integrazione delle attività di vaccinazione nelle campagne (3di chemioprofilassi antimalarica stagionale (SMC)
  • Risultati eccellenti: Raggiunto il 97,83% di copertura per i bambini non aggiornati durante il primo ciclo, mantenendo tassi superiori al 97% nei cicli successivi

In Burkina Faso dove sono state applicate le modalità della primary health care e della medicina periferica si sono ottenuti i risultati migliori

  • (4) Camerun – Primo Paese Non-Pilota con Risultati Incoraggianti
  • Implementazione: Primo paese al di fuori dei tre pilota a introdurre il vaccino nel gennaio 2024
  • Copertura: Iniziato in 42 distretti con piano di espansione a tutti i 205 distretti entro il 2026
  • Impatto precoce: I distretti vaccinanti hanno mostrato una riduzione del 17% nelle consultazioni ospedaliere per tutte le cause nei bambini sotto i 5 anni
  • Mortalità: Il 60% dei distretti vaccinanti ha registrato una diminuzione dei decessi sotto i 5 anni, con il 57% che ha mostrato riduzione dei decessi legati alla malaria
  • (5) Repubblica Centrafricana – Prima Implementazione del Vaccino R21
  • Vaccino utilizzato: R21/Matrix-M, diventando il primo paese a introdurre questo vaccino nei programmi di immunizzazione di routine
  • Distribuzione: 163.800 dosi ricevute nel maggio 2024, distribuite in tutti i 35 distretti sanitari
  • Obiettivo: Vaccinare circa 199.407 bambini di età compresa tra 6-11 mesi nel 2024
  • Contesto epidemiologico: Circa 1.733.000 casi di malaria nel 2022, con una media di 4.747 casi al giorno
  • (6) Nigeria – Il Più Grande Rollout Nazionale
  • Lancio: Dicembre 2024 con il vaccino R21/Matrix-M
  • Fasi iniziali: Implementazione iniziata negli stati di Bayelsa (sud) e Kebbi (nord)
  • Dosi disponibili: 1 milione di dosi totali (846.200 da Gavi + 153.800 dal governo nigeriano)
  • Innovazione logistica: Utilizzo di droni Zipline per la consegna, raggiungendo 20.000 persone con la prima dose nello stato di Bayelsa
  • Impatto atteso: La Nigeria rappresenta il 27% del carico globale di malaria

Una innovazione tecnologica come l’utilizzo di droni (Zipline) ha consentito di consegnare nei villaggi, quindi nelle aree remote, periferiche migliaia di dosi, consentendo la coperture di oltre 20.000 bambini nello stato di Bayelsa. Un risultato clamoroso ed inaspettato.

  • (7) Kenya – Analisi Dettagliata dei Risultati dove sono state eseguite campagne di vaccinazioni diffuse nelle Regioni Lacustri, intorno al lago Vittoria
    Il Kenya ha concentrato le sue campagne vaccinali nelle 8 contee endemiche per malaria della regione lacustre attorno al Lago Victoria, incluse Kisumu, Vihiga, e Homabay.

Espansione del Programma

  • 2019-2021: Programma pilota iniziale. Il Kenya è stato il primo dei 3 paesi dove è stato eseguito il programma pilota di vaccinazione per la malaria pediatrica.
  • Marzo 2023: Espansione a 25 sottocollegi aggiuntivi nelle 8 contee lacustri  scienceafrica
  • Copertura attuale: Oltre 400.000 bambini hanno ricevuto almeno la prima dose, sono in corso le campagne per le seconde e le terze dosi.

Risultati Clinici Specifici per il Kenya

  • Copertura vaccinale: 81% di copertura della popolazione pediatrica per la prima dose nel 2021, che ha migliorato la copertura dell’85% nel 2020;
  • Riduzione della mortalità: E’ stata ottenuta una significativa diminuzione della mortalità per malaria nella regione lacustre gavi
  • Riduzione della gravità: I pediatri riferiscono che prima del vaccino, il 60% di tutti i ricoveri pediatrici erano dovuti alla malaria; ora la gravità dei ricoveri è notevolmente ridotta;
  • Accettazione comunitaria: Eccellente risposta all’adesione vaccinale secondo i coordinatori locali

Struttura Operativa in Kenya

  • Calendario vaccinale: Le dosi vengono somministrate a 6, 7, 9 e 24 mesi;
  • Copertura geografica: Si è partiti dalle regioni lacustri diffondendo la pratica vaccinale in altre aree con trasmissione della malaria da moderata ad alta;
  • Supporto comunitario: Uso di promotori sanitari comunitari per tracciare i programmi di vaccinazione e riferire le madri alle strutture sanitarie path

La formazione con i promotori sanitari e l’applicazione delle regole della primary heath care hanno portato ad un successo nelle campagne vaccinali in Kenya;

Sfide Identificate in Kenya

  • Distanza: Alcune comunità devono percorrere lunghe distanze per raggiungere i centri di vaccinazione; e questo causa la mancata adesione ai programmi di richiamo;
  • Quarta dose: La copertura della quarta dose rimane problematica, raggiungendo solo il 44% nel 2023 pmc.ncbi.nlm.nih
  • Approvvigionamento: Necessità di un rifornimento costante e affidabile di vaccini

Vaccino Maggiormente Utilizzato

RTS,S/AS01 (Mosquirix) – Il Primo Vaccino

  • Produttore: GlaxoSmithKline (GSK)
  • Capacità produttiva limitata: 18 milioni di dosi disponibili per il periodo 2023-2025
  • Paesi utilizzatori: Ghana, Kenya, Malawi, Camerun, Burkina Faso, e altri 7 paesi
  • Efficacia: 30% di riduzione dei casi di malaria grave con decesso del bambino;

R21/Matrix-M – Il Secondo Vaccino con Maggiore Potenziale

  • Produttore: Serum Institute of India
  • Capacità produttiva massiva: 100 milioni di dosi annuali, con piani per raddoppiare a 200 milioni entro il 2025
  • Costo competitivo: Meno di 4 dollari per dose
  • Efficacia: 75% di efficacia in aree con trasmissione stagionale, 67% in aree con trasmissione perenne.
  • Paesi utilizzatori: Repubblica Centrafricana, Nigeria, Côte d’Ivoire, Sud Sudan, Mozambique

Tendenze Future e Proiezioni

Espansione Prevista per il 2025

  • 8 paesi in aggiunta ai precedenti introdurranno il vaccino antimalarico nei loro programmi di immunizzazione infantile nel 2025;
  • 13 paesi hanno ottenuto il supporto di Gavi per ampliare i loro programmi nazionali
  • Obiettivo produttivo: Potenziale produzione di 200 milioni di dosi di R21 entro la fine del 2025

Sfide e Opportunità

La domanda di vaccini antimalarici rimane senza precedenti, ma la fornitura di RTS,S è limitata. L’aggiunta di R21 alla lista dei vaccini raccomandati dall’OMS dovrebbe garantire una fornitura sufficiente per beneficiare tutti i bambini che vivono in aree dove la malaria rappresenta un rischio per la salute pubblica.

I risultati preliminari suggeriscono che i vaccini antimalarici potrebbero salvare decine di migliaia di vite ogni anno man mano che vengono implementati su scala più ampia nei paesi ad alta incidenza di malaria.

redazione articolo: dr. Paolo Meo 
medico infettivologo – tropicalista
direttore POLO VIAGGI CESMET ARTEMISIA

VACCINO PER LA MALARIA PEDIATRICO NEI PAESI AFRICANI. UNA REVISIONE DEI PRIMI RISULTATI Leggi tutto »

Diffusione del Virus West Nile (WNV) in Italia al 25 agosto 2025

Il Contesto della Stagione WNV 2025 in Italia

La stagione di trasmissione del Virus West Nile (WNV) del 2025 in Italia si delinea come un evento di notevole rilevanza per situazione sanitaria in Italia, caratterizzata da un’intensa circolazione virale che ha posizionato il Paese al primo posto a livello dei paesi europei per numero di casi segnalati.
I dati aggiornati al 21 agosto 2025, documentano un totale di
351 casi umani confermati
22 decessi su tutto il territorio nazionale.
Questi dati mostrano un sensibile aumento di casi rispetto alle rilevazioni delle settimane precedenti e mostrano una fase epidemica nella sua fase di massima espansione.

La malattia da West Nile Virus quest’anno è fortemente condizionato da fattori ecologici e climatici.
L’alternanza di piogge intense, che hanno creato numerosi focolai larvali, e le successive ondate di calore prolungate hanno generato condizioni ambientali ideali per la diffusione e crescita del principale vettore del virus, la zanzara comune del genere Culex.
Dal punto di vista geografico il 2025 si differenzia dalle scorse stagioni per una concentrazione di casi più gravi nella Regione Lazio che emerge come l’epicentro nazionale dell’epidemia, registrando il più alto numero sia di forme neuro-invasive della malattia (West Nile Neuroinvasive Disease, WNND) sia di decessi.
Nonostante la gravità della situazione il fenomeno non è da valutare come un’emergenza sanitaria generalizzata, ma come un’intensificazione della circolazione di un virus ormai considerato endemico in Italia. La caratteristica di questa epidemia consiste in una più ampia distribuzione geografica rispetto al passato.

Il sistema di sorveglianza integrata, basato sull’approccio “One Health” che monitora simultaneamente la salute umana, animale (uccelli, equidi) ed entomologica (zanzare), si conferma uno strumento strategico e indispensabile nel controllo della malattia.
La sua efficacia è dimostrata dalla capacità di identificare precocemente la circolazione virale sul territorio, permettendo l’attivazione tempestiva di misure di prevenzione, in particolare quelle volte a garantire la massima sicurezza delle donazioni di sangue e organi.

Quadro Epidemiologico in Italia al 26 Agosto 2025
Analisi dei dati consolidati (Bollettino ISS N.6 del 21 Agosto 2025)
L’analisi dei dati ufficiali forniti dall’Istituto Superiore di Sanità offre un quadro della situazione epidemiologica.
Dall’inizio della stagione di sorveglianza 2025, sono stati registrati un totale di
– 351 casi umani confermati di infezione da Virus West Nile.
con un incremento di 76 nuovi casi, rispetto ai 275 registrati nel bollettino della settimana precedente. Ciò evidenzia una fase di rapida accelerazione della curva epidemica.
La classificazione dei casi in base alla manifestazione clinica fornisce indicazioni precise sulla gravità dell’epidemia:
• 158 casi con forma neuro-invasiva (WNND): manifestazioni più severe come encefaliti, meningiti e paralisi flaccide acute, rappresenta il 45% del totale dei casi confermati. La distribuzione geografica di questi casi gravi delinea con chiarezza i principali focolai attivi sul territorio nazionale.
La Regione Lazio è la più colpita con 59 casi,
seguita dalla Campania con 54.
il Veneto (10),
la Lombardia (8),
l’Emilia-Romagna (8),
il Piemonte (6),
la Calabria (5)
la Sardegna (5),
con casi sporadici in Basilicata e Friuli-Venezia Giulia.

• 162 casi di febbre (West Nile Fever): la forma sintomatica più comune e meno grave, caratterizzata da sintomi simil-influenzali quali febbre, cefalea, dolori muscolari e talvolta rash cutaneo.
Rappresenta il 46% del totale, indica un’ampia circolazione del virus con manifestazioni cliniche paucisintomatiche.
• 27 casi asintomatici identificati in donatori di sangue: Questa identificazione è la diretta conseguenza dei protocolli di screening (test di amplificazione degli acidi nucleici, NAT) applicati alle sacche di sangue nelle province dove è stata accertata la circolazione virale.
L’epidemiologia del WNV è nota per essere caratterizzata da un’alta percentuale di infezioni asintomatiche, stimate intorno all’80% del totale.
La presenza di 27 donatori positivi asintomatici, intercettati prima che il loro sangue potesse essere trasfuso, è la prova tangibile che il sistema di sicurezza nazionale funziona come previsto per proteggere i riceventi.
Al contempo, questo numero permette di comprendere la reale portata del fenomeno. La letteratura scientifica indica che per ogni caso di malattia neuro-invasiva (WNND) si verificano circa 150 infezioni totali, la maggior parte delle quali asintomatiche.

Applicando questo rapporto ai 158 casi di WNND registrati in Italia, si può stimare che il numero totale di persone infettate dal virus nella stagione 2025 possa essere superiore a 23.000:
158 casi×150 asintomatici =23.700 infettati).
Questa stima, che supporta le proiezioni di alcuni esperti che parlano di almeno 10.000 infezioni 20, chiarisce come i 351 casi confermati e sintomatici rappresentino solo la “punta dell’iceberg” di una circolazione virale molto più vasta e in gran parte silente nella popolazione.

Analisi dei decessi
Ad oggi, sono stati notificati 22 decessi correlati all’infezione da WNV. La distribuzione geografica di questi eventi letali ricalca quella dei casi neuro-invasivi, con una netta prevalenza nel
Lazio (10 decessi)
Campania (9 decessi).
Si registrano decessi singoli in Piemonte, Lombardia e Calabria.

Il tasso di letalità per le forme più gravi si attesta al 13,9%. Questo valore, pur indicando una malattia potenzialmente fatale, risulta in linea con quello registrato nella stagione 2024 (14%) e inferiore rispetto al picco del 20% osservato nel 2018.

Mappatura della diffusione geografica
estensione della circolazione virale.
Il WNV è stato rilevato (attraverso casi umani, positività in animali sentinella o in pool di zanzare) in 53 province distribuite su 14 Regioni:
Piemonte,
Lombardia,
Veneto,
Friuli-Venezia Giulia,
Emilia-Romagna,
Lazio,
Abruzzo,
Molise,
Campania,
Puglia,
Basilicata,
Calabria,
Sicilia
Sardegna.
Questa distribuzione geografica conferma come il WNV sia ormai un virus endemico e inserito nell’ecosistema italiano.
Le analisi molecolari effettuate sui campioni positivi hanno inoltre confermato la co-circolazione di due diversi ceppi virali, il Lineage 1 e il Lineage 2. entrambi noti per la loro capacità di causare malattia nell’uomo.

Anno                            Casi Umani                           Totali Confermati Casi Neuro-invasivi (WNND)                 Decessi                                      Tasso di Letalità WNND (%)
2025                        (al 21/08) 351                                                                     158                                                             22                                                            13,9%
2024                              484                                                                                 266                                                             36                                                             13,5%
2023                              394                                                                                  195                                                             32                                                             16,4%
2022                              728                                                                                  330                                                            51                                                              15,5%

La tabella evidenzia come la stagione 2025, sebbene non abbia ancora raggiunto i picchi assoluti del 2022, si stia dimostrando particolarmente severa, con un numero di decessi già significativo a fine agosto.
Il tasso di letalità sulle forme neuro-invasive rimane in un range comparabile a quello degli anni precedenti, confermando la gravità della malattia neurologica.

Il Lazio Epicentro Nazionale di WNV
Nella stagione 2025, la Regione Lazio si è affermata come l’epicentro dell’epidemia di West Nile Virus in Italia, registrando i dati più critici sia per incidenza delle forme gravi sia per mortalità.
Secondo i dati il Lazio ha notificato
59 dei 182 casi neuro-invasivi totali (il 37% del totale nazionale)
10 dei 22 decessi (il 45% del totale nazionale).9

Disaggregazione dei Dati Territoriali nel Lazio
L’analisi della distribuzione dei 182 casi confermati a livello regionale rivela una concentrazione geografica così composta:
eccezionale, che identifica in modo inequivocabile l’area a più alta trasmissione. La suddivisione per Azienda Sanitaria Locale (ASL) di probabile esposizione è la seguente 23:
• ASL di Latina: 160 casi
• ASL Roma 6: 11 casi
• ASL di Frosinone: 6 casi
• ASL Roma 3: 1 caso

Quasi il 90% dei casi laziali è riconducibile alla provincia di Latina, e in particolare all’area dell’Agro Pontino, che si configura come il più grande e intenso focolaio di WNV in Italia per la stagione 2025.
L’esplosione di casi nella ASL di Latina è risultato di una convergenza di fattori che hanno creato una situazione favorente l’insorgere della epidemia:
L’Agro Pontino, un’area storicamente bonificata, è caratterizzato da una fitta rete di canali, aree umide e un’intensa attività agricola. Questa conformazione idrogeografica costituisce l’habitat ideale per la riproduzione e la proliferazione delle zanzare del genere Culex, il principale vettore del WNV.
Le condizioni meteorologiche della stagione 2025, con piogge abbondanti seguite da ondate di caldo intenso, hanno agito da amplificatore per la crescita della popolazione di zanzare in un’area già ecologicamente predisposta.
L’alta percentuale di anziani, spesso impegnati in attività all’aperto o agricole ha innescato il focolaio di queste dimensioni eccezionali. Non si tratta solo della presenza del virus, ma del fatto che esso ha trovato in questo territorio le condizioni ottimali per un ciclo di trasmissione e amplificazione di straordinaria efficienza.

I decessi si sono concentrati quasi esclusivamente in individui anziani e affetti da significative patologie preesistenti, che agiscono come fattori di rischio per lo sviluppo delle forme più gravi della malattia. L’infezione, sebbene asintomatica nella maggior parte dei casi, possa avere esiti fatali quando colpisce soggetti con un sistema immunitario compromesso o con un quadro clinico già fragile.

Previsioni sull’ andamento della malattia
E’ evidente che la stagione di trasmissione del WNV non ha ancora esaurito la sua spinta. L’analisi storica delle epidemie precedenti indica che la curva dei contagi continuerà a salire nelle prossime settimane. Il picco stagionale è atteso tra la fine di agosto e l’inizio di settembre.
La storia di questa malattia dimostra che in Italia la crescita dei casi parte a metà luglio, con un picco tra la seconda e la terza settimana di agosto, per poi scendere con l’arrivo di temperature più fresche.20

Motivi di una diffusione in crescita
La diffusione del Virus West Nile dipende da fattori ambientali, ecologici e climatici:
• Cambiamenti Climatici:
rappresentano il fattore fondamentale che sta alterando l’epidemiologia delle malattie trasmesse da zanzare in Europa.
Estati sempre più calde e prolungate non solo estendono la stagione di attività delle zanzare, ma creano anche un habitat favorevole alla loro proliferazione in aree geografiche precedentemente meno ospitali.

• Condizioni Meteorologiche Stagionali:
L’andamento della stagione 2025 è stato un motivo per la trasmissione del virus.
– l’alternanza di piogge abbondanti, che hanno saturato il terreno e creato innumerevoli ristagni d’acqua,
– successive ondate di calore intenso,
hanno innescato un ciclo virtuoso per il virus. Le alte temperature, infatti, accelerano sia il ciclo di vita della zanzara (da uovo ad adulto) sia il periodo di incubazione estrinseca del virus all’interno del vettore, rendendolo infettivo più rapidamente.

• Ciclo Enzootico (Serbatoi e Vettori):
Il virus si mantiene in natura attraverso un ciclo che coinvolge:
– gli uccelli (sia migratori che stanziali) come ospiti serbatoio, nei quali il virus si replica raggiungendo alte cariche virali,
– le zanzare del genere Culex (in particolare Culex pipiens in Italia) come vettori primari.

Le zanzare si infettano pungendo un uccello portatore del virus e possono poi trasmettere il virus all’uomo o ad altri mammiferi (ospiti a fondo cieco), che non sono in grado di ritrasmettere l’infezione.
Le rotte migratorie degli uccelli giocano un ruolo chiave nell’introdurre il virus in nuove aree geografiche ogni anno.

Quindi non ci troviamo di fronte ad una emergenza sanitaria ma ad una circolazione del virus in linea con le stagioni precedenti. Cosa è cambiato è stata la distribuzione geografica.

Con il picco di trasmissione atteso tra la fine di agosto e l’inizio di settembre 2025, è fondamentale che la popolazione, specialmente quella residente o in transito nelle aree a più intensa circolazione di WNV, mantenga un altissimo e costante livello di attenzione. L’adozione scrupolosa delle misure di prevenzione, sia a livello individuale:
– uso di repellenti,
– abbigliamento protettivo
sia a livello ambientale:
– meticolosa eliminazione di tutti i ristagni d’acqua,
rimane lo strumento più potente ed efficace a disposizione dei cittadini per proteggere la propria salute e quella della comunità.

Una particolare enfasi deve essere posta sulla tutela delle persone più vulnerabili, come anziani e soggetti con patologie croniche o immunocompromessi, che sono a maggior rischio di sviluppare le forme neurologiche gravi della malattia VIRALE.
Il comune lavoro tra le istituzioni sanitarie e i cittadini rappresentano la soluzioe per il controllo di questa e delle future stagioni epidemiche di West Nile Virus.

Diffusione del Virus West Nile (WNV) in Italia al 25 agosto 2025 Leggi tutto »

15 FAQ sul Botulismo: Domande e Risposte per Comprendere e Prevenire il Rischio di botulino

Cosa è il Botulismo facciamo un po’ di chiarezza
Il botulismo è una rara malattia ma può essere particolarmente grave, con conseguenze letali se la diagnosi ed il trattamento non vengono effettuati tempestivamente.
I casi riportati sono poco frequenti, ma la gravità delle manifestazioni rende fondamentale una conoscenza corretta per prevenire la malattia
Ho realizzato questo documento per dare elementi chiari e basati su evidenze scientifiche. Desidero fornire elementi sugli aspetti critici della malattia, sulla causa biologica, e sulle pratiche di sicurezza alimentare quotidiane. Tutto questo per eliminare paure inutili ma per fornire strumenti concreti per diminuire i rischii.
________________________________________
Il Botulismo: Il batterio e la sua tossina
FAQ 1: Che cos’è esattamente il botulismo e cosa lo causa?
Il botulismo è una malattia grave che causa paralisi. E’ definita come un’intossicazione da una “neurotossina” prodotta dal batterio Clostridium botulinum. Questa tossina è una delle sostanze più letali conosciute. Quindi la causa dei sintomi non è derivata direttamente dal batterio in sé, ma dalla tossina prodotta in condizioni ambientali, di conservazione, molto specifiche.
Un aspetto fondamentale per comprendere il rischio del BOTULISMO è un vero paradosso. Difatti il Clostridium botulinum è un microrganismo ubiquitario, presente ovunque, sotto forma di spore resistenti nel suolo, nei sedimenti marini e nelle acque di tutto il mondo. Una presenza costante e convive con noi.
Ma se il batterio è così diffuso, perché la malattia è così rara? E’ chiaro che la semplice presenza delle spore del batterio non è sufficiente a causare la malattia. Il pericolo si presenta solamente quando le spore del Clostridium botulinum trovano un ambiente con condizioni tali che cominciano a germinare, a crescere e a produrre la neurotossina. La prevenzione non consiste nell’eradicare del batterio onnipresente ovunque ma consiste nella massima attenzione delle condizioni che ne favoriscono la produzione di tossine negli alimenti.


FAQ 2: In quali ambienti prospera il batterio del botulismo e produce la tossina?

Il Clostridium botulinum vive ovunque nel terreno, ma sono il determinate condizioni è spinto a produrre la neurotossina. I requisiti sono molto precisi, e possono essere creati in modo involontario durante alcuni processi di conservazione alimentare:

• Assenza di ossigeno (ambiente anaerobico): Il batterio è un anaerobio obbligato, l’ossigeno è tossico per lui e lo uccide. Cresce e produce tossina solo in ambienti privi di aria.
• Bassa acidità: La crescita del batterio e la produzione di tossina sono inibite in ambienti acidi. Il valore critico è un pH pari a 4.6. Al di sopra di questa soglia (cioè in alimenti a bassa acidità), il batterio può proliferare e produrre tossina.
• Temperatura e umidità adeguate: Il batterio necessita di temperature specifiche calde (e non in refrigerazione) e di un’elevata umidità per attivarsi.
Frequentemente le tecniche di conservazione alimentare, nate per proteggere il cibo, possono creare un vero e proprio “incubatore involontario”. Sigillare un alimento in un barattolo o in una confezione sottovuoto vuol dire eliminare l’ossigeno. Questo serve per prevenire il deterioramento dei cibi causato dai batteri aerobici, ossia quelli che crescono in presenza di ossigeno.
Ma questa tecnica, utile per un tipo di conservazione crea la condizione richiesta dal C. botulinum per produrre le sue tossine.
Ancora se l’alimento conservato è a bassa acidità (come fagiolini, mais, asparagi) e non viene sottoposto a un trattamento di bollitura sufficiente a distruggere le spore, si realizzano le condizioni ideali per la produzione della tossina.
Tecniche di sicurezza nel preparare alimenti conservati non considerano solo una adeguata sigillatura dei contenitori, ma in un adeguato trattamento termico, l’ebollizione fino a 121°C, oppure l’acidificazione.

 


FAQ 3: Quanti tipi di botulismo esistono?

Esistono diverse forme di botulismo che sono distinte dal modo in cui la tossina entra nell’organismo. I tre principali tipi di botulismo sono:
1. Botulismo alimentare:
È la forma più nota e si verifica in seguito all’ingestione di alimenti che contengono la “tossina botulinica” prodotta dal batterio direttamente nella confezione. Questo accade quando le “spore del batterio” sono presenti nella confezione (evento possibile, non raro), e queste, grazie a condizioni facilitanti germinano e producono la tossina durante la conservazione.
2. Botulismo infantile:
Colpisce i lattanti di età inferiore ai 12 mesi. In questo caso, il bambino non ingerisce la tossina, ma le “spore del batterio” (ad esempio, attraverso il miele o la polvere ambientale). A causadell’immaturità del loro sistema digestivo e della loro flora intestinale, le spore possono germinare, colonizzare l’intestino e produrre la tossina in vivo, cioè direttamente all’interno del corpo.
3. Botulismo da ferita:
È una forma rara che si verifica quando le spore di Clostridium botulinum contaminano una ferita profonda. In questo caso le condizioni di anaerobiosi della ferita permettono la germinazione e la produzione di tossina, che viene poi assorbita nel flusso sanguigno. Si ripete un po’ il meccanismo delle spore tetaniche. Ecco perché le ferite profondo, sporche di terra devono essere sempre pulite e disinfettate.

Confronto tra le Principali Forme di Botulismo
  Tipo di Botulismo                                                  Meccanismo di Acquisizione                                          Fonte Tipica                                                       Popolazione a Rischio
Alimentare                                 Ingestione della tossina prodotta in condizioni ideali                Conserve casalinghe a bassa acidità,          Chiunque consumi l’alimento contaminato
pesce o carne affumicata o conservato in anaerobiosi

   Infantile                                   Ingestione di spore che producono tossina nell’intestino            Miele non controllato, polvere ambientale                        Lattanti < 12 mesi

  Da Ferita                                     Contaminazione di una ferita profonda con terra                 Terreno;  ferite profonde traumatiche,                          Persone con ferite contaminate                                                                                                 e presenza di spore che producono tossina                                  uso di droghe iniettabili


Manifestazioni Cliniche e Gestione Medica

Questa sezione descrive i sintomi, la progressione e il trattamento della malattia, sottolineando l’importanza di un intervento medico rapido.

FAQ 4: Quali sono i primi sintomi del botulismo alimentare e dopo quanto tempo compaiono?
I sintomi del botulismo alimentare sono essenzialmente neurologici e manifestano l’azione della tossina sul sistema nervoso periferico ed anche centrale. Tipicamente, compaiono tra le 12 e le 48 ore dopo l’ingestione dell’alimento contaminato. I primi segni coinvolgono i nervi cranici e includono:
• Visione offuscata o doppia (diplopia)
• Palpebre cadenti (ptosi)
• Difficoltà ad articolare le parole (disartria)
 Difficoltà a deglutire (disfagia)

A questi sintomi si aggiungono spesso:
• secchezza delle fauci
• debolezza generale.

Una caratteristica è l’assenza di febbre.
Questo è un elemento cardine che aiuta a distinguere il botulismo da altre patologie infettive.

FAQ 5: Come progredisce la malattia se non viene diagnosticata o trattata?
Se non diagnosticata o trattata, la malattia progredisce manifestando una paralisi flaccida discendente. Ossia la debolezza muscolare inizia dalla testa e dal collo e “scende” progressivamente al tronco, alle braccia e infine alle gambe.
Questa progressione evidenzia la necessità di una diagnosi ed un trattamento pronto: difatti il sistema nervoso viene sistematicamente “inibito e paralizzato” dall’alto verso il basso.
La paralisi dei muscoli respiratori costituisce il reale pericolo e la causa principale di morte, in particolare la paralisi del diaframma. Quando questi muscoli cessano di funzionare, il paziente non è più in grado di respirare autonomamente, andando incontro a insufficienza respiratoria acuta e completa. Il paziente è pienamente cosciente e lucido durante questo processo di progressiva immobilità.
Può diventare una morte cosciente lenta e drammatica.
La prognosi dipende interamente dalla rapidità dell’intervento medico, che deve avvenire prima che la paralisi comprometta la funzione respiratoria.

FAQ 6: Come viene diagnosticato il botulismo?
La diagnosi di botulismo è clinica, cioè basata sulla valutazione della storia del paziente e sull’esame fisico. Occorre ricercare i sintomi caratteristici:
(1) la paralisi discendente,
(2) il coinvolgimento dei nervi cranici
(3) l’assenza di febbre.
(4) un’anamnesi alimentare di consumo recente di conserve casalinghe o altri alimenti a rischio;

• Il test di laboratorio può confermare la presenza della tossina botulinica:
• nel siero,
• nelle feci del paziente
• in campioni dell’alimento sospetto.
Questi test possono richiedere diversi giorni per produrre un risultato la qual cosa è evidentemente inutile nella identificazione della sindrome in tempo rapido. Il trattamento con l’antitossina deve essere sempre iniziato sulla base del solo sospetto clinico, senza attendere la conferma di laboratorio.

FAQ 7: Esiste una cura per il botulismo?
Assolutamente sì:

• la somministrazione di un’antitossina botulinica specifica.
Questo farmaco contiene anticorpi neutralizzanti che si legano alla tossina circolante nel sangue; in questo modo la tossina non può legarsi a nuove terminazioni nervose. l’antitossina può solo arrestare la progressione della malattia; non può risolvere la paralisi già in atto, poiché non può staccare la tossina che si è già legata ai nervi.
• la terapia di supporto intensivo,
pratica vitale, poiché la minaccia principale è l’insufficienza respiratoria, i pazienti vengono ricoverati in unità di terapia intensiva. Se necessario, vengono sottoposti a ventilazione meccanica, che serve a mantenere la funzione respiratoria: Questo periodo, che può durare settimane o mesi, serve a riparare le connessioni nervose danneggiate e recuperare la forza muscolare.

Prevenzione Pratica e Sicurezza Alimentare
Qieste sono indicazioni pratiche per ridurre al minimo il rischio di botulismo alimentare attraverso corrette pratiche di conservazione e consumo degli alimenti.

FAQ 8: Quali sono gli alimenti più a rischio?
Il rischio di botulismo alimentare è legato al tipo alimenti conservati in cui il batterio ha potuto proliferare e produrre la tossina. Gli alimenti più comunemente implicati sono
le conserve casalinghe di prodotti a bassa acidità (con un pH superiore a 4.6). Esempi classici includono:
• Asparagi
• Fagiolini
• Barbabietole
• Mais

Altri alimenti a rischio sono:
• il pesce conservato, sia in scatola che fermentato, salato o affumicato in modo improprio,
• prodotti a base di carne come salsicce o prosciutti non correttamente stagionati.
I prodotti industriali sono generalmente sicuri grazie a processi di sterilizzazione rigorosamente controllati.

FAQ 9: Come preparare le conserve casalinghe in totale sicurezza?
La sicurezza delle conserve casalinghe dipende soprattutto dai livelli di acidità dell’alimento.
Le spore di C. botulinum sono molto resistenti al calore e non vengono distrutte da una semplice bollitura in acqua (100°C), ma sono molto sensibili ai livelli di acido sotto un pH di 4,6.
Per alimenti a bassa acidità (pH > 4.6): L’unica strategia sicura è l’eradicazione totale delle spore. Questo si ottiene con la cottura in pentola a pressione (autoclave), l’unico strumento domestico in grado di raggiungere la temperatura di 121°C necessaria per distruggere le spore in modo affidabile. È essenziale seguire scrupolosamente i tempi e le pressioni indicate.

Gli alimenti acidi (pH < 4.6) sono sicuri:
• La frutta,
• pomodori acidificati o
• verdure in salamoia,

in questo caso la strategia è diversa:
(1) L’ambiente acido stesso impedisce alle spore, anche se presenti, di germinare e produrre la tossina.
(2) un trattamento termico a bagnomaria (bollitura a 100°C) è sufficiente per garantire la conservazione e la sicurezza, poiché il suo scopo non è distruggere le spore, ma eliminare altri microrganismi e creare il sigillo sottovuoto. (vedi bollitura dei pomodori)

Invece applicare il metodo per alimenti acidi (bollitura) a quelli non acidi è un errore gravissimo che crea una falsa sensazione di sicurezza e un elevato rischio di botulismo.

FAQ 10: La cottura distrugge la tossina botulinica?
Certo la cottura dei cibi conservati a differenza delle spore distrugge e neutralizza la tossina botulinica termolabile, Una bollitura per almeno 10 minuti è in grado di distruggere la tossina eventualmente presente in un alimento.
La pratica di cottura dei cibi conservati per oltre 10 minuti è la migliore misura di sicurezza aggiuntiva, specialmente per le conserve casalinghe di alimenti a bassa acidità.
Prima di assaggiare una di queste conserve, è buona norma:
(1) svuotare il contenuto del barattolo in una pentola
(2) portarlo a ebollizione per 10 minuti.
Ma ricorda che questa pratica non deve sostituire le corrette procedure di inscatolamento. La regola d’oro rimane: “Nel dubbio, butta via”.

FAQ 11: Come posso riconoscere un alimento a rischio botulismo?
Un alimento contaminato dalle spore e dalla tossina botulinica presenta segnali di allarme visibili:
• coperchi dei barattoli che si gonfiano (bombaggio),
• fuoriuscita di liquido o schiuma all’apertura,
• odori o aspetti anomali.
La presenza di uno qualsiasi di questi segni deve portare ad eliminare il prodotto senza nemmeno assaggiarlo.
Tuttavia, l’aspetto insidioso del botulismo alimentare consiste nella sua minaccia invisibile.
E’ importante ricordare che un alimento contaminato con livelli letali di tossina botulinica può avere un aspetto, un odore e un sapore del tutto normali.

La difficoltà nel rilevare il pericolo di botulismo indica che la preparazione delle conserve secondo protocolli rigorosi costituisce l’unica sicurezza nell’evitare la malattia.
Ciò rende imperativa la regola d’oro della sicurezza alimentare: “Nel dubbio, butta via”. Non vale mai la pena rischiare la vita per un barattolo di conserve.

Miti, Rischi Specifici e Popolazioni Vulnerabili
Desidero dare alcune indicazioni particolari e sfatare miti e legende :

FAQ 12: Perché il miele è pericoloso per i neonati ma non per gli adulti?
Il miele può contenere naturalmente le spore di C. botulinum.
Questo non rappresenta un pericolo per gli adulti o i bambini più grandi, sopra l’anno di età, perché la flora intestinale matura crea un ambiente competitivo che impedisce alle spore di germinare e produrre la tossina.
Nei lattanti di età inferiore a un anno, invece, la flora intestinale è ancora immatura e non in grado di neutralizzare il Clostridium. Questa assenza di una microflora protettiva permette alle spore ingerite con il miele di colonizzare l’intestino, germinare e produrre la tossina direttamente all’interno del corpo del piccolo, causando il botulismo infantile.
Per questo motivo è indicazione categorica di non somministrazione il miele ai bambini sotto i 12 mesi di età.

FAQ 13: L’aceto e il limone sono sufficienti per rendere sicura una conserva?
Assolutamente si. L’acidità raggiunta con aceto e succo di limone è tale da rendere sicure le conserve, a patto che venga fatto correttamente.
L’obiettivo è abbassare il pH dell’intero prodotto al di sotto della soglia di sicurezza di 4.6, valore che inibisce la crescita del C. botulinum.

La quantità di acido deve essere sufficiente e distribuita in modo uniforme in tutto il prodotto, raggiungendo anche il centro dei pezzi di verdura più grandi. Non affidatevi a stime superficiali. “un po’ di aceto” “una spruzzata di limone” non è sicuro.
La corretta acidificazione è garantita da ricette testate e validate che specifichino le esatte proporzioni di verdura, acqua e acido.
esistono strisce test specifiche per il controllo del pH nelle conserve alimentari.
Queste strisce reattive cambiano colore in base al valore di pH quando vengono immerse in una soluzione o poltiglia ottenuta dall’alimento da testare. Sono molto semplici da utilizzare e piuttosto economiche;

FAQ 14: Il botulismo è contagioso?
ASSOLUTAMENTE NO, il botulismo non è una malattia contagiosa. Non può essere trasmesso da persona a persona. E’ una intossicazione alimentare o di un’infezione localizzata a una ferita o all’intestino di un lattante. Una persona che ha contratto il botulismo non rappresenta un rischio per chi le sta vicino.

FAQ 15: Qual è la prognosi per chi sopravvive al botulismo?
La prognosi del botulismo, un tempo infausta è attualmente notevolmente migliorata grazie ai progressi nella terapia intensiva e alla disponibilità dell’antitossina,. Il tasso di mortalità, che in passato superava il 50%, è oggi sceso a circa il 5-10% nei paesi con accesso a cure mediche avanzate. Rimane comunque una prognosi grave comunque elevata.
Il recupero di chi sopravvive è comunque un processo molto lungo e impegnativo. La tossina causa un danno alle terminazioni nervose che richiede tempo per essere riparato.
I pazienti possono necessitare di mesi, o in alcuni casi anni, di riabilitazione fisica e terapia per recuperare la forza muscolare, la funzione respiratoria e le altre capacità neurologiche.La stanchezza e la debolezza possono persistere a lungo anche dopo la dimissione dall’ospedale.

redazione dell’articolo
dr. Paolo Meo
direttore Polo Viaggi Clinica del Viaggiatore
Cesmet Artemisia
infettivologo tropicalista

15 FAQ sul Botulismo: Domande e Risposte per Comprendere e Prevenire il Rischio di botulino Leggi tutto »

Emergenza Botulismo in Italia: sale a quattro il bilancio delle vittime tra Sardegna e Calabria. Quali certezze nelle nostre conserve

SITUAZIONE DEL BOTULINO IN ITALIA AL 20 AGOSTO 2025

Anche quest’anno l’Italia è tra le prime nazioni in Europa ad affrontare una grave emergenza sanitaria da intossicazione botulinica che, nel 2025, ha già causato quattro decessi e decine di ricoveri tra Sardegna e Calabria. Il bilancio tragico, aggiornato al 20 agosto 2025, ha visto l’ultima vittima ieri sera: Valeria Sollai, 62 anni, cuoca, deceduta al Policlinico di Monserrato dopo oltre due settimane di ricovero in terapia intensiva.
Secondo decesso in Sardegna e situazione dei ricoveri
La scomparsa di Valeria Sollai rappresenta il secondo decesso nell’isola legato al focolaio di botulismo alla Fiesta Latina di fine luglio a Monserrato, nella città metropolitana di Cagliari, dove la donna aveva consumato pietanze a base di guacamole contaminato dalla tossina botulinica.
Il primo decesso in Sardegna, la giovane Roberta Pitzalis di 36 anni, è avvenuto l’8 agosto all’ospedale Businco di Cagliari. L’autopsia ha confermato l’intossicazione botulinica, complicata da una polmonite emorragica legata all’intubazione.
Al 20 agosto rimangono ricoverati in Sardegna una ragazza di 14 anni al Policlinico di Monserrato e un bambino di 11 anni trasferito al Gemelli di Roma. Il ragazzo, inizialmente in condizioni critiche, migliora costantemente, anche se i medici avvertono che la ripresa sarà lunga. Altri quattro pazienti sono stati dimessi dall’ospedale Brotzu di Cagliari.

La situazione in Calabria

Il focolaio calabrese, uguale per numero di vittime, ad oggi, è sicuramente più grave per quanto riguarda i ricoverati. Sono 18 le persone che tra domenica 3 e martedì 5 agosto hanno consumato panini con salsiccia e friarielli, ossia cime di rapa, presso un venditore ambulante a Diamante, in provincia di Cosenza.
Due le vittime della tossina killer, Luigi di Sarno, 52 anni di Cercola (Napoli), e Tamara D’Acunto, 45 anni. Al 20 agosto, sono ancora ricoverati ben 15 pazienti all’ospedale Annunziata di Cosenza: di cui 5 in terapia intensiva, 3 in pediatria e 7 nei reparti di area medica.

Le Indagini
La Procura di Cagliari ha iscritto nel registro degli indagati Christian Gustavo Vincenti, titolare del chiosco dove sono stati consumati i prodotti contaminati alla Fiesta Latina. Con il secondo decesso, l’indagine si configura ora per duplice omicidio colposo. Il mancato controllo ed attenzione al cibo distribuito costituisce una colpa grave in chi distribuisce alimenti;
La Procura di Paola invece ha aperto un’inchiesta più ampia, iscrivendo nel registro degli indagati dieci persone: l’ambulante distributore del cibo, tre responsabili delle ditte produttrici del prodotto contaminato, e sei medici di due strutture sanitarie del cosentino.
I sei medici sono stati iscritti nel registro degli indagati dalla Procura di Paola con l’ipotesi che non abbiano fornito una diagnosi tempestiva ai pazienti vittime di botulismo, in particolare a Luigi di Sarno e Tamara D’Acunto, deceduti dopo l’intossicazione.
Le ipotesi di reato per le 10 persone indagate includono omicidio colposo, lesioni personali colpose e commercio di sostanze alimentari nocive. Le indagini si concentrano sia sulle modalità di conservazione e somministrazione dell’alimento contaminato (panini con salsiccia e cime di rapa acquistati da un ambulante) sia sulla possibile mancata tempestività nella diagnosi clinica. Le autopsie sui due deceduti sono state completate.

Il Botulismo in Italia: Un vecchio problema di Salute Pubblica
Sembra incredibile ma l’Italia detiene il primato europeo per incidenza di botulismo alimentare. Nel 2023 sono stati denunciati 36 casi confermati, di botulino, il numero più alto in Europa, seguito da Francia (15), Romania e Spagna (14 ciascuna).
Dal 2001 al 2024 sono stati segnalati 1.276 casi clinici sospetti, di cui 574 confermati in laboratorio. Numeri particolarmente elevati se si pensa che derivano da una cattiva conservazione di cibi preparati in particolare in casa.
Il 91,6% dei casi è di origine alimentare, principalmente legato al consumo di conserve casalinghe. Il tasso di letalità è diminuito negli anni, passando dal 3,8% del periodo 2001-2011 al 2,6% del 2012-2024, questo per maggiori controlli attuati sui cibi conservati.

Le Regioni Più a Rischio
Secondo il Centro nazionale di riferimento per il botulismo dell’Istituto Superiore di Sanità, le regioni con maggiore incidenza sono Campania, Puglia, Sicilia e Lazio. Questa concentrazione al Centro-Sud è attribuita alla tradizione conserviera più radicata rispetto al Nord Italia.
Fabrizio Anniballi, responsabile del Centro di riferimento nazionale per il botulino in una intervista spiega che: “Una delle ragioni principali di questa alta incidenza risiede nella tradizione conserviera ancora molto radicata nel Paese. L’Italia è famosa per i suoi metodi tradizionali di conservazione degli alimenti, tramandati di generazione in generazione.”
Per queste situazioni esiste una “scorta strategica nazionale di Antidoti e farmaci (SNAF)” che viene utilizzata nelle emergenze attraverso la distribuzione di fiale di antitossina botulinica attraverso una rete che coinvolge il Deposito CRI Militare di Cagliari, la Marina Militare di Taranto, la Guardia Costiera di Napoli e gli ospedali San Camillo Forlanini.

Che cosa è il Botulismo e come si manifesta
Il botulismo è una pericolosa sindrome causata dalle tossine del Clostridium botulinum, batterio che cresce in condizioni di anaerobiosi (assenza di ossigeno) negli alimenti conservati male, alimenti poco acidi. La tossina botulinica è considerata uno dei veleni più potenti al mondo.
I sintomi dell’avvelenamento da questa tossina si possono manifestare molto rapidamente, già dopo 6 ore dall’assunzione dei cibi contaminati fino ad una settimana dopo il consumo di cibo e includono:
Nausea e vomito;
• Diplopia (visione doppia);
• Midriasi bilaterale (dilatazione pupillare);
• Ptosi palpebrale (abbassamento delle palpebre)
• Difficoltà di parola e deglutizione;
• Secchezza delle fauci;
• Stitichezza;
• Paralisi muscolare progressiva;
• Difficoltà respiratoria;
• la respirazione può essere compromessa, rendendo necessaria l’intubazione.

Prevenzione e Raccomandazioni
quali comportamenti occorre adottare per prevenire l’intossicazione:

chi produce le conserve deve:
• Sterilizzare accuratamente i vasetti ed anche le conserve;
• Rispettare le norme igieniche durante la preparazione e la conservazione;
• Eliminare contenitori di conserve con coperchi gonfi, maleodoranti o con presenza di muffa;
• Eliminare alimenti con odori, sapori o aspetto alterato;

• i consumatori devono
• acquistare prodotti con etichette e tracciabilità chiare;
• acquistare e consumere prodotti preparati in stabilimenti registrati e controllati;
• cuocere sempre gli alimenti conservati secondo regole indicate;
• evitare di consumare prodotti inscatolati scaduti o mal conservati;
• fare attenzione ai cibi venduti durante feste o da ambulanti

• comportamenti in caso di sintomi
• Recarsi immediatamente al pronto soccorso;
• Informare con dovizia di particolari cibi consumati e tempi di ingestione;
• Ricordare che il trattamento tempestivo riduce notevolmente il rischio di complicazioni;
• La mortalità si riduce drasticamente per somministrazioni di antidoti immediate;

Difatti un intervento tempestivo riduce le conseguenze dell’avvelenamento in quanto l’antidoto “anti tossinico del botulino” è efficace solo nelle fasi iniziali, quando la tossina è ancora nel circolo sanguigno”. Occorre ricordare che la “tossina botulinica” è invisibile non altera il sapore del cibo.

Prevenzione e sicurezza alimentare. I cibi sicuri
Conoscere i corretti metodi di conservazione alimentare e i rischi di avvelenamento legati al consumo di prodotti di dubbia provenienza, riduce drasticamente il rischio di botulismo.
Conserve Alimentari: Quali sono le più pericolose e quali quelle sicure?
quali sono le conserve a maggior rischio di botulismo
Le conserve alimentari preparate in casa presentano i maggiori rischi di contaminazione da tossina botulinica. Sono le conserve non acide, dove la tossina botulinica può svilupparsi più facilmente. Occorre fare attenzione alle:
• Olive conservate in acqua;
• Funghi sott’olio;
• Cime di rapa (come friarielli o broccoli) in olio o acqua;
• Carni e prodotti derivati, in particolare insaccati, carne di suino, prodotti essiccati o affumicati, preparazioni crude o poco cotte;
• Conserve di pesce, soprattutto tonno sott’olio o in scatola, pesce affumicato o salato;
• Conserve di vegetali in acqua o salamoia, che non sono sufficientemente acidificate;
• Alimenti confezionati sottovuoto, sia carne che verdure;
• Prodotti lattiero-caseari freschi come mascarpone;
• Miele (in particolare per bambini sotto 1 anno);

Quindi per ricapitolare le conserve vegetali “non acide” (es. melanzane, funghi, broccoli, olive, peperoni) e quelle preparate senza aggiunta sufficiente di aceto o sale sono le più pericolose se non correttamente preparate e conservate in luogo fresco e asciutto, e per periodi non eccessivamente lunghi.

quali sono le conserve considerate sicure:
sono considerati sicuri i cibi conservati:
• Sott’aceto (metà acqua, metà aceto) oppure trattati con succo di limone;
• Passate di pomodoro, marmellate, composte di frutta e cibi in salamoia;
• Prodotti industriali con procedura certificata di sterilizzazione o pastorizzazione (autoclave industriale a 121°C);
• Alimenti conservati in modo da mantenere acidità pH inferiore a 4,6, che inibisce la crescita del botulino:
Ricordarsi che le marmellate e le composte di frutta sono considerate sicure grazie all’alto contenuto di zucchero e di acidità. Anche gli ortaggi conservati sotto aceto o salamoia e con corretta pastorizzazione sono sicuri.

Raccomandazioni Fondamentali
• I prodotti industriali sono generalmente sicuri per la standardizzazione dei processi;
• Le conserve domestiche sono sicure solo se si rispettano scrupolosamente le tecniche di sterilizzazione, “acidificazione” e se si utilizza adeguato quantitativo di aceto, limone o di sale o di zucchero.
• Evitare conserve fatte in casa con ricette realizzate “ad occhio” o poco documentate;
• Evitare conserve sott’olio o sottovuoto che presentano alterazioni come vasetti gonfi, con odore strano, con presenza di muffa.
• Consumare le conserve entro i periodi considerati sicuri, generalmente 6 mesi, massimo 1 anno;

Ricorda che un alimento è a rischio botulismo se contiene spore e trova le condizioni ideali per la loro germinazione: assenza di ossigeno, poca acidità, temperatura ambiente elevata.
In caso di dubbio sulla provenienza o preparazione della conserva, è preferibile non consumarla.

Autore
dr. Paolo Meo
direttore Polo Viaggi Artemisia – Cesmet
specialista in malattie infettive e tropicali

Emergenza Botulismo in Italia: sale a quattro il bilancio delle vittime tra Sardegna e Calabria. Quali certezze nelle nostre conserve Leggi tutto »

Viaggio in Cina: Rabbia e Prevenzione pre e post evento

VIAGGIARE IN CINA
Una analisi  approfondita del “Rischio Rabbia” e Indicazioni per viaggiare in Cina in sicurezza.

La Rabbia in Cina, una analisi epidemiologica

Contesto Storico e Situazione Attuale: Il successo del controllo della Rabbia nel paese diventa un paradosso
La Repubblica Popolare Cinese ha una lunga storia nella lotta contro la rabbia, una malattia degli animali, di origine virale, con un tasso di letalità prossimo al 100% una volta che si manifestano i sintomi clinici.
dagli anni ’50 la Cina ha affrontato tre ondate epidemiche principali:
(1) nel 1956 furono registrati 1.942 casi;
(2) nel 1981 i casi furono 7.037;
(3) nel 2007 3.300 furono i casi documentati.
Questi dati evidenziano la natura endemica e persistente della malattia nel territorio cinese, rendendola una delle principali aree a rischio a livello globale secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Tuttavia, dal picco del 2007, la Cina ha messo in essere strategie di controllo della malattia, negli animali e nell’uomo, che hanno portato a risultati straordinari a livello nazionale.
Un’analisi dei dati epidemiologici più recenti, relativi al periodo dal 2015 al 2023, rivela un successo nella lotta alla malattia.
Il numero di casi umani annuali è crollato in modo costante, passando da
801 casi registrati nel 2015
ai soli 120 del 2023,
il numero dei casi più basso dal 1951.
Con la riduzione dell’incidenza anche le aree geografiche interessate dal fenomeno si sono fortemente ridotte.
Il numero di contee che hanno denunciato casi di rabbia umana è diminuito da
– 997 nel 2007
– a 101 nel 2023,
Nonostante questa diminuzione significativa in tutte le provincie della Cina sarebbe sbagiato valutare il rischio rabbia come basso in ogni contea.
Il reale miglioramento generale della presenza del virus può indurre un falso senso di sicurezza nel viaggiatore, nascondendo la persistenza di focolai ad alta endemia in alcune regioni del paese.
Mentre 14 divisioni amministrative a livello provinciale (PLADs), tra cui metropoli come Pechino e Shanghai, hanno raggiunto l’obiettivo di “zero casi” per tre o più anni consecutivi nel periodo 2005-2023,
In particolare nel sud e nel centro del paese, continuano a registrare un’alta incidenza della malattia.
Province come Guangxi, Hunan e Henan rimangono aree ad alta endemia persistente.
Inoltre, alcune province hanno assistito a una recrudescenza dei casi dopo aver raggiunto temporaneamente l’obiettivo di zero casi, a dimostrazione della difficoltà di eradicare completamente il virus.
Questa differenza geografica è il risultato di uno sviluppo economico, sociale e sanitario disomogeneo all’interno del vasto territorio cinese.
Le differenze nell’implementazione dei programmi di vaccinazione canina, nella gestione delle popolazioni di animali randagi, nell’accesso all’assistenza sanitaria e nella consapevolezza pubblica contribuiscono a creare questo mosaico di rischio variabile.

Per il viaggiatore internazionale, questa situazione impone un approccio alla valutazione del rischio che non può basarsi sulle medie nazionali, ma deve necessariamente valutare ogni tappa dell’itinerario.

Distribuzione Geografica del Rischio: Mappatura delle Zone Endemiche
L’epidemiologia della rabbia in Cina è caratterizzata da una netta prevalenza nelle aree rurali.
I dati raccolti tra il 2005 e il 2020 indicano che il 96.7% di tutti i casi umani si è verificato in contesti rurali, a fronte di un modesto 3.3% nelle aree urbane.
i contadini costituiscono la categoria più colpita, rappresentando il 73% dei casi totali.
Il rischio di esposizione è massimo in ambienti dove la convivenza tra uomo e animali, in particolare cani non vaccinati o randagi, è più stretta e meno controllata.

L’epicentro dell’endemia rabica si concentra nelle province meridionali e centrali del paese. L’analisi dei dati a lungo termine (2005-2020) mostra che quattro province
Guizhou,
Hunan,
Guangdong
e Guangxi
hanno contribuito da sole al 50% di tutti i casi umani registrati in Cina.
La provincia di Guangxi, in particolare, ha registrato il numero più elevato di casi in questo periodo, con 3.573 decessi, pari al 14.7% del totale nazionale.

 Classificazione del Rischio Rabbia per Province Cinesi (Dati 2015-2021)
Categoria di Rischio Province Note sull’Itinerario del Viaggiatore
Alta Endemia Guangxi, Hunan, Henan, Guizhou La tappa a Guilin (Risaie di Longji) si trova in una provincia ad alta endemia. Il rischio qui è massimo.
Media Endemia Hubei, Yunnan, Jiangsu, Anhui, Guangdong, Sichuan, Chongqing, Hebei, Shaanxi, Shandong, Shanxi, Zhejiang, Jiangxi La tappa a Xi’an si trova nella provincia dello Shaanxi, classificata a media endemia.
Bassa Endemia Gansu, Pechino, Inner Mongolia, Hainan, Ningxia La tappa a Pechino si trova in un’area a bassa endemia, con tendenza a zero casi.
Bassissima Endemia / Zero Casi Recenti Xinjiang, Qinghai, Tibet (Xizang), Liaoning, Jilin, Heilongjiang, Shanghai, Fujian, Tianjin Le tappe in Tibet (Lhasa) e a Shanghai si trovano in aree a rischio molto basso o con zero casi recenti.

Serbatoi Animali e Dinamiche di Trasmissione
La trasmissione della rabbia in Cina, così come in tutto il mondo, è strettamente legata ai suoi serbatoi animali.
Il cane (Canis lupus familiaris) è universalmente riconosciuto come il principale serbatoio e vettore del virus della rabbia per l’uomo.
Anche in Cina i cani sono responsabili di oltre il 95-99% di tutti i casi di trasmissione all’uomo.

Il problema è particolarmente acuto nelle aree rurali cinesi,
dove la popolazione canina è numerosa e i tassi di vaccinazione antirabbica sono storicamente e persistentemente bassi.
Sebbene il cane rappresenti la minaccia predominante, è fondamentale essere consapevoli che qualsiasi mammifero può contrarre e trasmettere la rabbia. Altri animali domestici,
come i gatti, stanno emergendo come una fonte di preoccupazione. In alcuni paesi sviluppati, come gli Stati Uniti, i gatti hanno superato i cani come principale fonte di rabbia trasmessa all’uomo da animali domestici. Anche in Cina, il contatto con i gatti non deve essere sottovalutato.
– i pipistrelli rappresentano un serbatoio naturale per un’intera famiglia di virus, i Lyssavirus, che include:
– sia il virus della rabbia classico (RABV)
– sia altri virus strettamente correlati in grado di causare una malattia clinicamente indistinguibile dalla rabbia.
Sebbene la trasmissione dai pipistrelli all’uomo sia meno comune in Asia rispetto alle Americhe, il rischio esiste, soprattutto per chi esplora grotte o ha contatti diretti con questi animali.
Altri mammiferi selvatici, come
procioni,
volpi
e scimmie,
possono anch’essi fungere da serbatoi e vettori del virus.

La presenza di scimmie in molti siti turistici in Asia richiede una particolare cautela da parte dei visitatori.
La modalità di trasmissione del virus è quasi esclusivamente attraverso il contatto diretto con la saliva di un animale infetto.
La via più comune è il morso, che inocula il virus in profondità nei tessuti.
Tuttavia, anche i graffi (se le unghie dell’animale sono contaminate di saliva)
o le leccate su cute lesa (ferite aperte, abrasioni) o su mucose (occhi, naso, bocca) possono trasmettere efficacemente l’infezione.
È importante sottolineare che un animale può essere contagioso anche prima di mostrare i segni clinici evidenti della malattia, rendendo impossibile per un laico valutare la sicurezza di un contatto.

Prevenzione della Rabbia per il Viaggiatore Internazionale
Principi di Prevenzione: indicazioni di comportamento
La prevenzione della rabbia si basa su un approccio globale, dove le strategie comportamentali rappresentano la prima e più importante linea di difesa.
(1) La regola fondamentale per qualsiasi viaggiatore in un paese endemico come la Cina è quella di evitare rigorosamente qualsiasi contatto fisico con i mammiferi.
È bene evitare di toccare, accarezzare, nutrire o giocare con qualsiasi animale.
I cani, essendo il principale vettore, richiedono la massima attenzione. È un errore comune presumere che un cane di proprietà sia sicuro; in molte aree endemiche, la vaccinazione degli animali domestici non è una pratica comune, e questi animali possono essere esposti al virus attraverso contatti con altri animali infetti.
Inoltre, come già menzionato, un animale può essere infetto e contagioso per giorni prima di manifestare sintomi evidenti, rendendo inaffidabile qualsiasi valutazione basata sul suo comportamento apparente.
Le scimmie, spesso presenti e abituate all’uomo in templi e parchi turistici, possono essere aggressive e sono noti vettori di rabbia.
I gatti, sia randagi che domestici, rappresentano un rischio non trascurabile.
I viaggiatori come gli speleologi o ricercatori, devono essere consapevoli del rischio associato ai pipistrelli ed evitare l’esplorazione di grotte senza un’adeguata preparazione e profilassi vaccinale.

La vigilanza deve essere estesa a tutti i mammiferi, poiché la suscettibilità al virus è una caratteristica condivisa da questa classe di animali.

Profilassi Pre-Esposizione (PrEP)
La somministrazione di un ciclo di vaccino antirabbico prima di un potenziale contatto con il virus è la migliore prevenzione che si può effettuare. Questa misura preventiva è fortemente raccomandata per determinate categorie di viaggiatori, inclusi coloro che soggiornano per lunghi periodi in aree endemiche e a chi svolge attività a rischio (es. trekking in zone remote, cicloturismo) ed anche per chi viaggia con bambini piccoli.

I nuovi schemi vaccinali efficaci prevedono la somministrazione di:
due dosi per via intramuscolare, tipicamente ai giorni 0 e 7. CLICCA QUI
Schemi più tradizionali, che prevedono tre dosi (giorni 0, 7 e 21 o 28), sono ancora validi e utilizzati.

È importate sapere che la  PrEP non conferisce un’immunità assoluta ma consente di semplificare il protocollo in caso di una successiva esposizione.
Un individuo che ha completato un ciclo di PrEP, in caso di morso o graffio, necessita di un trattamento post-esposizione (PEP) molto più semplice e sicuro:
– NO somministrazione di immunoglobuline antirabbiche (RIG);
– il ciclo di vaccinazione ridotto a sole due dosi di richiamo, somministrate ai giorni 0 e 3.

Questo è un punto di fondamentale importanza per chi viaggia in Cina.
Il protocollo standard di PEP per una persona non vaccinata richiede l’immediata disponibilità di due componenti critici:
– il vaccino
– le immunoglobuline antirabbiche (RIG).

Le IMMUNOGLOBULINE SPECIFICHE sono un preparato di anticorpi che fornisce una protezione passiva immediata mentre il corpo sviluppa la propria risposta immunitaria al vaccino.
La  somministrazione deve essere infiltrata il più possibile attorno alla ferita e serve a neutralizzare il virus a livello locale prima che possa raggiungere il sistema nervoso centrale.
Tuttavia, la disponibilità di questi presidi medici in Cina presenta delle criticità.
I Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC) degli Stati Uniti classificano la disponibilità di vaccini di alta qualità e, soprattutto, di RIG in Cina come “Not Readily Available” (Non Prontamente Disponibile).
Spesso vaccini e immunoglobuline sono non disponibili in molti paesi di viaggio, specialmente al di fuori dei grandi centri urbani.

In questo contesto, la PrEP assume un ruolo che va oltre la semplice profilassi individuale. Senza la necessità delle RIG, la PrEP consente di affrontare la questione della prevenzione della rabbia come un evento non di emergenza, ma una normale routine preventive.   (due iniezioni di vaccino).
Per un itinerario che include tappe in aree rurali di province ad alta endemia come il Guangxi, la PrEP cessa di essere una semplice “raccomandazione” per diventare una misura “strategicamente essenziale” per garantire la sicurezza del viaggiatore.

Gestione dell’Emergenza: Protocollo di Profilassi Post-Esposizione (PEP)
Qualsiasi esposizione potenziale al virus della rabbia — definita come un morso, un graffio o il contatto della saliva di un mammifero con cute non integra o mucose — deve essere trattata come un’emergenza medica che richiede un intervento immediato e metodico.

Il protocollo di Profilassi Post-Esposizione (PEP) si articola in tre fasi sequenziali e critiche.
Fase 1: Cura immediata della Ferita.
Questo è il passaggio più importante e può ridurre significativamente il rischio di infezione. Deve essere eseguito il prima possibile dopo l’esposizione.
La procedura consiste
(1) nel lavare la ferita in modo energico e abbondante con acqua e sapone per un periodo non inferiore a 15 minuti. Questo lavaggio meccanico aiuta a rimuovere il virus dal sito di inoculazione.
(2) Dopo il lavaggio, è fondamentale applicare un agente virucida sulla ferita. Soluzioni a base di iodio (come il povidone-iodio) o altri disinfettanti con comprovata attività virucida sono raccomandati.

Fase 2: Ricerca Immediata di Assistenza Medica Qualificata.
Dopo la cura locale della ferita, è importante cercare  assistenza medica.
Il viaggiatore deve recarsi al pronto soccorso di un ospedale o a una clinica specializzata. Nelle grandi città cinesi come Shanghai, esistono centri dedicati noti come “cliniche per morsi di cane” (“dog bite clinics”), che sono attrezzati per gestire questo tipo di emergenze.
È consigliabile avere a portata di mano i contatti di strutture sanitarie internazionali o di riferimento prima della partenza.

Fase 3: Terapia Immunoprofilattica Specifica (sotto stretta supervisione medica).
Il trattamento medico varia radicalmente a seconda dello stato vaccinale pre-esposizione del paziente.
Per Soggetti NON Vaccinati (senza PrEP): Il protocollo è complesso e richiede la somministrazione combinata di immunizzazione passiva e attiva.
o Immunoglobuline Antirabbiche (RIG): Deve essere somministrata una dose di RIG (tipicamente 20 UI/kg di peso corporeo) il prima possibile dopo l’esposizione. La maggior parte della dose deve essere infiltrata meticolosamente all’interno e intorno alla ferita per neutralizzare il virus localmente. L’eventuale volume residuo viene somministrato per via intramuscolare in un sito distante da quello dell’iniezione del vaccino.

o Ciclo Vaccinale Completo: Contemporaneamente, si inizia un ciclo di vaccinazione antirabbica. I protocolli più comuni prevedono 4 o 5 dosi somministrate per via intramuscolare nel muscolo deltoide (o nella coscia per i bambini) a intervalli specifici (es. giorni 0, 3, 7, 14 e talvolta 28).

• Per Soggetti GIÀ Vaccinati (con PrEP documentata): Il protocollo è notevolmente semplificato e più sicuro.
o Nessuna Somministrazione di RIG: Le immunoglobuline non sono necessarie, poiché la memoria immunologica indotta dalla PrEP garantisce una rapida risposta anticorpale dopo il richiamo.
o Ciclo Vaccinale di Richiamo: Sono sufficienti due dosi di richiamo del vaccino antirabbico, somministrate per via intramuscolare nei giorni 0 e 3 dopo l’esposizione.
Questo protocollo differenziato sottolinea ancora una volta l’immenso vantaggio della PrEP nel ridurre la complessità, il rischio e l’incertezza associati alla gestione di un’esposizione in un contesto in cui la disponibilità di RIG non è garantita.

Analisi dei Rischi Sanitari Specifici per l’Itinerario di Viaggio
Pechino e Shanghai (con Zhujiajiao): Centri Urbani a Basso Rischio
Rabbia: Il rischio di contrarre la rabbia per un turista che visita le metropoli di Pechino e Shanghai, inclusa un’escursione alla città d’acqua di Zhujiajiao, è da considerarsi trascurabile. Entrambe le municipalità rientrano nel gruppo delle 14 divisioni amministrative cinesi che hanno raggiunto e mantenuto lo status di “zero casi” di rabbia umana per tre o più anni consecutivi nel periodo di sorveglianza dal 2005 al 2023.
A Pechino, l’implementazione di un programma sistematico di vaccinazione canina ha portato la copertura anticorpale nella popolazione canina a circa l’80%, un livello vicino alla soglia di immunità di gregge. Di conseguenza, dal 2022 non sono stati segnalati casi di rabbia nei cani e dal 2021 non si sono registrati casi umani. Anche a Shanghai, sebbene le cliniche specializzate registrino un alto numero di visite per morsi di animali (oltre 240.000 all’anno, a testimonianza di una notevole densità di popolazione animale e di una buona sorveglianza), i casi effettivi di rabbia umana sono estremamente rari, con un totale di 43 casi registrati nell’arco di 15 anni (2006-2021). Per un viaggiatore che adotta le normali precauzioni comportamentali (evitare il contatto con animali), il rischio in queste aree urbane e turistiche ben controllate è quasi nullo.

 Qualità dell’Assistenza Sanitaria: Pechino e Shanghai offrono strutture sanitarie di standard internazionale, con personale medico competente (spesso con conoscenza dell’inglese) e attrezzature moderne. Tuttavia, questi servizi sono privati e possono essere estremamente costosi. È indispensabile stipulare un’adeguata assicurazione sanitaria di viaggio che copra le spese mediche e l’eventuale evacuazione sanitaria.

 Xi’an (Provincia dello Shaanxi): Rischio Rabbia Moderato e in diminuzione
Rabbia: La provincia dello Shaanxi, dove si trova Xi’an, è classificata come una regione a media endemia per la rabbia. Tuttavia, i dati più recenti indicano un trend epidemiologico in netto miglioramento, con un calo significativo dei casi, inserendo la provincia nel gruppo di quelle in fase di “declino”. Il rischio per un turista a Xi’an è quindi significativamente più basso rispetto alle province ad alta endemia come il Guangxi, ma rimane superiore a quello quasi nullo di Pechino e Shanghai. È necessario mantenere un livello di vigilanza elevato, specialmente durante le visite in aree peri-urbane o rurali al di fuori del centro città, dove il contatto con animali randagi o non controllati è più probabile.

Tibet (Lhasa): Rischio Rabbia Molto Basso
Rabbia: La Regione Autonoma del Tibet (Xizang) è stata storicamente una delle aree a più basso rischio di rabbia in tutta la Cina, riportando zero casi per lunghi periodi, in parte grazie al suo isolamento geografico. Sebbene dal 2015 siano stati segnalati casi sporadici, spesso legati all’importazione di ceppi virali attraverso il confine con il Nepal, il rischio complessivo per un turista che visita Lhasa (situata a un’altitudine di 3.656 metri) rimane estremamente basso.

 Guilin (Risaie di Longji, Provincia del Guangxi): Area Rurale ad Alta Endemia e Rischi Multipli
La tappa alle risaie a terrazza di Longji, vicino a Guilin, introduce il viaggiatore in un ecosistema rurale, agricolo e subtropicale che, sebbene di straordinaria bellezza, presenta il più alto e complesso profilo di rischio sanitario dell’intero itinerario. In questo ambiente, i rischi non sono isolati, ma interconnessi, creando una vera e propria “sinergia del rischio” legata alle caratteristiche ecologiche della regione. Lo stesso ambiente delle risaie, con la sua abbondanza di acqua, la vicinanza tra insediamenti umani e animali (domestici e da allevamento), e la presenza di vettori come zanzare e cani, costituisce un focolaio ideale per un insieme di zoonosi e malattie trasmesse da vettori.
• Rabbia: La provincia del Guangxi è costantemente classificata tra le quattro regioni a più alta endemia di rabbia in tutta la Cina. Le aree rurali come quelle di Longji sono l’epicentro della trasmissione, dove la probabilità di incontrare cani randagi o di proprietà non vaccinati è massima. Il rischio di esposizione alla rabbia in questa località deve essere considerato
ELEVATO.
• Encefalite Giapponese (JE): Questo è un altro rischio significativo e specifico di questo ambiente. L’encefalite giapponese è una malattia virale trasmessa dalle zanzare del genere Culex, in particolare Culex tritaeniorhynchus, che trovano il loro habitat di riproduzione ideale nelle acque stagnanti delle risaie. Il ciclo di trasmissione del virus è mantenuto tra zanzare, uccelli acquatici e maiali, che agiscono come ospiti amplificatori. La vicinanza di allevamenti di suini agli insediamenti umani nelle aree rurali aumenta notevolmente il rischio di trasmissione all’uomo. La stagione di picco della trasmissione in Cina va da giugno a ottobre, coincidendo con il periodo monsonico e la principale stagione turistica. Il rischio di contrarre l’encefalite giapponese durante una visita alle risaie di Longji in questo periodo è SIGNIFICATIVO.

 

Viaggio in Cina: Rabbia e Prevenzione pre e post evento Leggi tutto »

BOTULISMO: EMERGENZA IN ITALIA

                                                                                                               

L’EVENTO: EMERGENZA BOTULINO IN ITALIA   09 agosto 2025

Sardegna: (Monserrato, Cagliari);  Calabria (Diamante, Cosenza)
Questi i luoghi in Italia dove sono emersi negli ultimi giorni ben due focolai  di BOTULISMO facendo registrare oltre 20 casi manifesti e particolarmente acuti con almeno 2 morti. L’intossicazione da botulino si è manifestata nelle persone dopo aver mangiato “cibi contaminati”. Sono stati individuati, come causa della intossicazione: salsa guacamole di avocado e panini con broccoli e salsiccia, venduti presso chioschi e food truck.  Passate alcune ore dal pasto le persone si sono cominciate a sentir male. Prima nausea e vomito, poi sintomi neurologici sempre più forti.  Gli intossicati sono stati ricoverati in ospedale, diversi sono finiti in terapia intensiva per grave difficoltà respiratoria. Due persone ad oggi sonodecedute.

In Sardegna una “salsa di avocado (guacamole)” contaminata è stata la causa del focolaio descritto; in Calabria “una conserva di broccoli” servita in panini, in street food ha generato il focolaio della malattia.
In Italia vengono registrati annualmente una media di 20-40 casi di botulismo, soprattutto alimentari. In Europa il nostro paese primeggia evidenziando il maggior numero di casi, a causa della tradizione domestica delle conserve alimentari.

Dal 2001 al 2020 sono stati segnalati 452 casi confermati e 14 decessi, con un tasso di letalità attuale intorno al 3%. E questi casi denunciati costituiscono una punta dell’iceberg rispetto alla reale incidenza della malattia, la maggior parte delle volte asintomatica o con sintomi molto lievi, non denunciati.

 

 

 

ORIGINE E DIFFUSIONE DEL BOTULISO IN ITALIA

Il botulismo è una grave malattia, che si manifesta in modo acuto, causata dalle tossine del “Clostridium botulinum”, un batterio che cresce in alimenti conservati male, poco acidi, in condizioni di carenza di ossigeno, ossia in condizioni di anaerobiosi. Le conserve casalinghe, i cibi in scatola, le salse industriali non correttamente sterilizzate sono ottimi terreni di crescita di questi batteri.

 

 

 

 

IL BOTULISMO:LA MALATTIA
Il botulismo è una malattia che ha come target il sistema nervoso, causando paralisi muscolari per il blocco della trasmissione degli impulsi nervosi ai muscoli da parte della tossina. Questo blocco degli impulsi causa paralisi, difficoltà respiratorie e nei casi più gravi la morte. I sintomi sono caratterizzati da:
– Nausea;
– Vomito;
– Debolezza muscolare;
– Paralisi muscolarE
– Visione doppia (diplopia);
– Difficoltà respiratoria;

 

 

 

COME PREVENIRE IL BOTULISMO
Queste alcune regole per prevenire la contaminazione da tossina di botulismo:
– Conservare correttamente gli alimenti (specialmente quelli fatti in casa);
Sterilizzare bene vasetti e conserve;
Eliminare e non consumare alimenti con odori, sapori o aspetto alterato o sospetto;
Rispettare sempre le norme igieniche durante la preparazione e conservazione degli alimenti;
– Non consumare mai conserve con coperchi gonfi, maleodoranti o con presenza di muffa ;
Cuocere sempre gli alimenti conservati secondo le regole;
– non consumare prodotti scaduti o non conservati adeguatamente;

Se compaiono sintomi che coinvolgono i muscoli e compare una difficoltà respiratoria immediatamente recarsi al pronto soccorso ed informare riguardo all’assunzione di cibi assunti.
Un trattamento tempestivo ed efficace riduce notevolmente il rischio di complicazioni ed anche di morte.

 

Ricordate che:
1. Il botulismo è raro ma molto pericoloso;
2. le ultime intossicazioni avvenute con le tossine in Italia sono legate principalmente a conserve (industriali o casalinghe)
– i cibi sono venduti prevalentemente in corso di festival o da ambulanti.
– l’attenzione deve essere massima alla modalità di preparazione e conservazione degli alimenti;
– dopo aver assunto cibi conservati, in caso di sintomi, agire subito recandosi in ospedale;

dr. Paolo Meo

BOTULISMO: EMERGENZA IN ITALIA Leggi tutto »

Distribuzione di WEST NILE VIRUS

Distribuzione di WEST NILE VIRUS

per tornare alla scheda malattia west nile virus (CLICCA QUI)

 

Distribuzione nella settimana 6-13 agosto 2025 (ISS)

 

Scenario Globale ed Europeo (Aggiornamento Agosto 2025)
Il Virus West Nile si è ormai diffuso nella maggior parte dei continenti ed in moltissimi paesi in tutto il mondo. In Africa, Medio Oriente, Asia, Nord America e in molti paesi del bacino del Mediterraneo ed anche dell’Europa continentale. In Europa le epidemie hanno un andamento stagionale, con la loro presenza evidente tra i mesi di giugno e di novembre, in coincidenza con i le condizioni del clima sempre più favorevoli. Caldo tropicale, umidità elevata, piogge improvvise, mantengono attività delle popolazioni di zanzare Culex ed altri tipi di zanzare.
• Le epidemie recenti hanno mostrato una notevole variabilità di movimento ed aggressione del virus. Il 2018 è stato un anno record per molti paesi europei, con un numero di casi ufficiali quasi otto volte superiore rispetto al 2017. La diffusione del virus è stata imponente per il sopraggiungere di molte condizioni favorevoli. Durante gli anni successivi la malattia ha mantenuto un’incidenza elevata. Dopo una lieve flessione durante gli anni del Covid, Il 2022 è stato un altro anno record in Europa con un aumento di casi anche in Italia, nel 2024 i casi sono stati lievemente inferiori al 2018 ma sempre molto elevati a testimonianza di una persistente e intensa circolazione virale.
All’inizio del 2025 in Europa la malattia si è diffusa molto lentamente. Tra aprile e giugno i casi sono stati molto contenuto, a causa di un clima particolarmente sfavorevole alla crescita della Culex. Fino al 2 luglio 2025, nessun paese europeo aveva ancora notificato casi umani autoctoni. E pochi erano i focolai in equini e negli uccelli. Molto inferiori a quelli registrati nello stesso periodo del 2024, Ma il quadro è completamente cambiato con l’avvento dell’Anticiclone Africano che ha portato temperature torride e meteo tropicale. Con il bollettino del 9 luglio 2025, l’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) ha segnalato i primi casi umani della stagione in Grecia e Romania. In particolare, al 16 luglio, le autorità sanitarie greche avevano già confermato quattro casi di malattia neuro-invasiva (WNND), con il primo paziente che ha manifestato i sintomi il 22 giugno 2025, indicando che il virus aveva iniziato a circolare attivamente almeno dalla fine di giugno.

 

 

 L’Epidemia Italiana del 2025: Un’Analisi Approfondita

Dati Nazionali e Confronto con le Stagioni Precedenti (  AGOSTO 2025)

Il primo caso autoctono in Italia che ha aperto la stagione di trasmissione di WNV si è manifestato in Piemonte con un caso umano segnalato molto precocemente ossia il 20 marzo.
La situazione di WNV è rimasta silente durante i mesi di aprile -giugno per poi manifestarsi in tutta la sua gravità nel luglio 2025, dopo un giugno torrido, umido e favorevole alla crescita delle zanzare, in particolare della CULEX. Il bilancio dei casi, aggiornato al 13 agosto 2025 riporta 275 casi umani confermati a livello nazionale  di cui 126 nella forma neuro invasiva. I casi sono così  distribuiti:    Piemonte (10), Lombardia (12), Veneto (25), Friuli VG (3),  Emilia-Romagna (7), Lazio (140),   Campania (67), Puglia (1), Basilicata (1), Calabria (3), Sardegna (6). Sono stati registrati anche 19 decessi complessivi in Italia legati a WNV
140  si sono manifestati nel Lazio di cui 130casi nella provincia di Latina con forme cliniche anche gravi, la malattia neuro-invasiva (WNND).

Se vogliamo confrontare il 2024 con l’inizio della stagione 2025 possiamo dire che in termini numerici assoluti, l’andamento generale a fine luglio appare in linea con gli anni passati. Nello stesso periodo del 2024, erano stati denunciati 13 casi senza decessi secondo il bollettino dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), secondo altre fonti i casi erano 28.
Durante tutto il 2024 i casi umani sono stati 484 casi umani con ben 36 decessi: Questi dati confermano che l’Italia è uno dei paesi europei più colpiti dal virus e dalle arbovirosi in sensi generale.
La particolarità della stagione 2025 consiste non nei numeri dei casi umani, quanto la distribuzione geografica e la gravità dei casi, le forme neurologiche superano il 15%, rispetto ad un normale 1%.
A differenza degli anni precedenti, in cui la circolazione era più diffusa nelle regioni settentrionali come Veneto ed Emilia-Romagna, nel 2025 si è assistito a una straordinaria e preoccupante concentrazione di casi in una singola regione, il Lazio.

Per quanto riguarda i decessi:

Alla sera del 13 agosto 2025, il bilancio nazionale dei decessi è salito a 19.  (ISS)

La ripartizione di questi decessi  al 6 agosto è la seguente:

Lazio (4 decessi): La regione ha confermato tre decessi, tutti in provincia di Latina. La vittima più recente è un uomo di 86 anni con patologie preesistenti, deceduto all’ospedale Santa Maria Goretti di Latina.

Campania (7 decessi): La regione ha registrato un parallelo aumento di esiti gravi, con tre decessi confermati.
Un uomo di 80 anni è morto a Caserta ,
un altro paziente è deceduto a Napoli ,
e un terzo decesso è stato segnalato il 29 luglio in un ospedale di Aversa, in provincia di Caserta.

Le vittime erano anziane e affette da significative comorbidità.

Piemonte (1 decesso): Si riferisce al caso di inizio stagione in un paziente della provincia di Novara, ufficialmente riportato dall’ISS nei suoi bollettini.

Focus sull’Epidemia nel Lazio: un Cluster della Provincia di Latina nel LUGLIO 2025

Il focolaio intenso nella regione Lazio, ed in particolare nella provincia di Latina costituisce il dato più saliente dell’epidemia del 2025. Dei 44 casi nazionali registrati al 28 luglio,  (il 65%) provenivano da quest’area. Di questi 21 casi, 15 (il 71%) erano forme neuro-invasive gravi, un’incidenza di malattia grave particolarmente elevata. Nella provincia di Latina si sono registrati tre dei 7 decessi avuti a livello nazionale, con vittime anche in Campania.
– Una donna di 82 anni, dopo una forma neuro – invasiva grave è deceduta a Fondi.
– Un uomo 77enne residente a Isola del Liri (Frosinone), recentemente soggiornato in Campania (Baia Domizia), deceduto il 29 luglio all’IRCCS Spallanzani di Roma.
– Un uomo di 86 anni, la terza vittima del Lazio, con dettagli ancora in aggiornamento.
I comuni identificati come aree di presunta esposizione includono un’ampia porzione dell’Agro Pontino: Aprilia, Cisterna di Latina, Fondi, Latina, Pontinia, Priverno, Sezze e Sabaudia. Nei giorni successivi, dal 24 di giugno la circolazione virale si è estesa anche al litorale ad Anzio e Nettuno. Oltre 7 casi in 2 giorni sono stati denunciati, ed ufficializzati dallo Spallanzani.  Confermo l’affermazione della infettivologa Miriam Lichtner che ha evidenziato che “i casi diagnosticati, per lo più gravi, rappresentano solo la punta dell’iceberg”. E’ chiaro che nell’area dell’Agro Pontino a sud di Roma la circolazione virale è molto più ampia nella popolazione. E’ presumibile che il numero di infezioni asintomatiche o paucisintomatiche non rilevate è molto elevato.

Questo evento è il risultato di una convergenza di diversi fattori che rendono l’Agro Pontino un’area ecologicamente ideale per la diffusione di arbovirosi, ossia di malattia trasportate da zanzare quali la CULEX o l’AEDES.  Quest’area è caratterizzata da una fitta rete di canali, zone umide residue, e un’intensa attività agricola e DI PASTORIZIA E DI ANIMALI, inclusi numerosi allevamenti di cavalli e bufale. La caratteristica di questo ambiente favorisce la presenza di uccelli acquatici e stanziali, che fungono da serbatoio del virus, e la presenza della zanzara Culex pipiens, che trova innumerevoli siti di riproduzione nelle acque stagnanti dei canali e delle aree agricole.
Studi entomologici eseguiti nel Parco Nazionale del Circeo hanno evidenziato una abbondanza di zanzare, con una predominanza di Cx. Pipiens anche su Aedes, la zanzara tigre. Inoltre è stata confermata la co-circolazione di WNV e del virus Usutu, un flavivirus, cugino di WN, con un ciclo vitale simile. Fin dal 2018 questi virus co-abitavano e si rafforzavano nella loro diffusione. L’epidemia del 2025 deriva quindi dalla coazione di diversi eventi: da una nicchia ecologica ad alto rischio, caratterizzata da una gestione del territorio e delle acque di canali che le rendono poco scorrevoli; condizioni climatiche (temperature elevate e umidità,) particolarmente favorevoli che hanno accelerato i cicli di replicazione virale e lo sviluppo dei vettori; dalla presenza di uccelli da passo particolarmente abbondante, anche questa favorita dalle condizioni climatiche.

Riepilogo dei Casi Umani di WNV in Italia per Regione – Stagione 2025 (al 13 Agosto 2025) (dati ISS)

Regione N. Casi Totali N. Casi Neuro-invasivi (WNND) N. Casi Febbrili N. Donatori
Lazio 140 47 94 1
Campania 67 50 10 4
Piemonte 10 6 2 1
Veneto 25 5 17 2
Friuli VG
3 1 1 1
Emilia-Romagna 7 4 3
Lombardia
12 7 2 2
Sardegna 6 2 2
Puglia 1 1
Basilicata
1 1
Calabria
3 3
TOTALE
CASI (13-08-2025)
275 126 125 20  

Dettaglio del Focolaio del Lazio per Comune di Esposizione – Stagione 2025

Provincia Comune di Presunta Esposizione N. Casi Segnalati
Latina Aprilia, Cisterna di Latina, Fondi, Latina, Pontinia, Priverno, Sezze, Sabaudia 130 (totale provincia)
Roma Anzio, Nettuno 8
Frosinone
2
Fonti: S27, S29, S42.

 

Dati Epidemiologici Europei WNV – Stagione 2025 (al 26 Luglio 2025)

Paese N. Casi Umani (Confermati/Probabili) di cui WNND N. Decessi Data Primo Caso (Esordio Sintomi) Note
Grecia 8 4 0 22 giugno 2025 Dati al 16 luglio. Circolazione attiva confermata.
Romania 5 Non specificato Non specificato Non specificato Dati al 9 luglio.
Italia 145 23 2 20 marzo 2025 (caso sporadico) Dati al 23 luglio. Focolaio concentrato nel Lazio.
Bulgaria
Francia
Fonti: S1, S3, S9, S10, S26, S27, B1, B12.

 

Distribuzione di WEST NILE VIRUS Leggi tutto »

Febbre da West Nile Virus – Scheda malattia

Febbre da West Nile virus
Aggiornamento al luglio 2025

 

    • Descrizione
    • Agente infettivo
    • Ciclo vitale
    • Distribuzione
    • Porta di ingresso
    • Trasmissione
    • Incubazione
    • Sintomi
    • Controllo e prevenzione
    • Trattamento
    • Diagnosi

 

Descrizione

 

Introduzione al Virus West Nile (WNV)
Cenni Storici e Diffusione Globale
Il Virus West Nile (WNV) fu isolato per la prima volta nel 1937, casualmente, da una donna con febbre elevata, dolori, problemi oftalmici avanzati, nel distretto del West Nile in Uganda.
questa arbovirosi rappresenta oramai in tutto il mondo un reale problema di salute pubblica, coinvolgendo animali ed umani. Dalla presenza in alcune aree forestali ugandesi e della fasciatropicale e del Medio Oriente, è diventato causa di epidemie in equini e nell’uomo in tutto il mondo. Dagli anni ’90, WNV ha diffuso senza precedenti con una patologia neuro-invasiva nell’uomo e negli equidi (cavalli e muli) in Europa. In Romania nel 1996 un importante focolaio e successivamente a New York nel 1999 con un gravissimo focolaio. In seguito si è diffuso in tutto il continente americano e poi nell’emisfero nord.
Fin dal 1950 in Egitto e dal 1951 in Israele si è diffuso nel bacino del mediterraneo, con i primi i primi casi in Europa meridionale nel 1962 in Francia. Da allora il virus è comparso anche in Italia, in particolare nelle campagne Toscane, coinvolgendo soprattutto cavalli degli allevamenti locali. Questa diffusione costante, soprattutto nelle regioni temperate del Nord America e dell’Europa, legata alla migrazione degli uccelli selvatici da passo, ha caratterizzato il WNV come un patogeno emergente e riemergente, la cui trasmissione è strettamente legata a fattori ecologici, climatici e umani.

Agente infettivo

Il Virus: Classificazione e Lignaggi Genetici
West Nile Virus è un virus a RNA a singolo filamento positivo, del genere dei Flavivirus. È un arbovirus collegato e appartenente alla famiglie a cui afferisce anche l’encefalite giapponese ed altri importanti virus neurotropi.
Il suo genoma codifica per una “poliproteina”, proteina multipla, che viene successivamente suddivisa e scissa in tre proteine strutturali: (1) il capside (C); (2) la pre-membrana (prM); (3) l’involucro (E); insieme a queste 3 proteine principali vengono prodotte sette proteine non strutturali (NS1, NS2A, NS2B, NS3, NS4A, NS4B, NS5). La proteina di involucro (E) è quella “chiave” che media l’attacco del virus al recettore delle cellule ospiti. Questa proteina di attacco è il principale bersaglio degli anticorpi neutralizzanti. E’ questa la proteina chiave su cui si stanno studianodo i nuovo vaccini.
L’analisi filogenetica ha consentito la classificazione del WNV in almeno otto lignaggi genetici. Tuttavia, dal punto di vista epidemiologico e clinico, i lignaggi 1 (L1) e 2 (L2) sono considerati i puù importanti ma anche i più aggressivi per l’uomo e gli animali.
Il lignaggio 1 ha causato i grandi focolai epidemici in Europa, nel Mediterraneo ma anche nelle Americhe.
Il lignaggio 2, da sempre diffuso in Africa sub-sahariana è considerato meno virulento, ed è comparso in Europa nel 2004 in Ungheria diffondendo poi in Grecia, Italia e altri paesi dell’Europa centrale e orientale, con un potenziale patogeno paragonabile a quello del lignaggio 1.
Attualmente i due lignaggi circolano contemporaneamente e caratterizzano un aspetto cruciale dell’attuale epidemiologia del WNV in Europa.

Ciclo vitale

Il Ciclo di Trasmissione: Vettori, Serbatoi e Ospiti Accidentali
Il WNV sopravvive, si moltiplica e diffonde in natura attraverso un ciclo che coinvolge zanzare e uccelli. Gli uccelli, in particolare quelli appartenenti all’ordine dei Passeriformi (corvidi e passeri), sono ospiti serbatoio e amplificano il virus al loro interno tanto da sviluppare una elevata viremia sufficiente ad infettare le zanzare che pungono per cibarsi del loro sangue. In questo modo, da un uccello e l’altro, con punture infette ricche di virus si perpetua il ciclo vitale e la moltiplicazione.
I vettori del WNV sono le zanzare del genere Culex. La specie Culex pipiens è diffusa in Europa e in Italia. Queste zanzare si nutrono con sangue di uccelli pungono occasionalmente anche i mammiferi, fungendo da “vettori ponte” e causando la trasmissione del virus a ospiti accidentali e afondo cieco, cioè non capaci di trasmettere ulteriormente il virus.
Difatti l’uomo e i cavalli ed asini sono considerati ospiti non “trasmettitori”. Difatti sviluppano una malattia, talvolta in forma grave, ma la loro viremia è troppo bassa da poter infettare una zanzara che punge l’uomo o gli equini, rendendoli praticamente incapaci di trasmettere il virus e di contribuire al suo ciclo naturale. Con questa caratteristica è possibile realizzare un controllo epidemiologico adeguato e strategie di interruzione della catena di trasmissione della malattia. Alcune recenti ricerche hanno evidenziato che in determinate circostanze, per fortuna rare, la trasmissione del virus da mammifero a zanzara può avvenire Ciò può avere implicazioni significative per la valutazione del rischio di diffusione della malattia.
Altre vie di infezione alternative nell’uomo, piuttosto rare includono le “trasfusioni di sangue” e di “emocomponenti”, i “trapianti di organi solidi” e di “cellule staminali emopoietiche”.
Il virus può essere trasmesso anche “verticalmente” dalla madre al feto durante la gravidanza e, in via teorica” attraverso l’allattamento al seno.
Queste vie alternative sono di molto importanti per seguire lo sviluppo di una epidemia ed ancora per impostare regole di contenimento della epidemia stessa.

Nell’uomo, dopo la puntura dell’insetto vettore, il virus si replica nelle cellule di Langerhans del derma, che migrano verso la rete linfatica e, quindi, verso il torrente circolatorio. Questa fase corrisponde alla prima viremia, durante la quale il virus si diffonde in tutti gli organi del sistema linfatico. Successivamente avviene una seconda gittata viremica che corrisponde alla seconda viremia. Il virus può essere isolato nel sangue dopo 1-2 giorni dalla puntura dell’insetto vettore fino a poco più di una settimana. La comparsa nel siero di anticorpi di tipo IgM coincide con il termine della viremia. La viremia  da West Nile Virus è a basso titolo nell’uomo ed è assente al momento della comparsa dei sintomi.

. In questo gruppo sono compresi anche i virus responsabili dell’Encefalite di St. Louis, Encefalite della Valle del Murray, il virus Usutu, Kunjin, Kokobera, Stratford e Alfuy.

 

West Nile Transmission Cycle

 

Porta di ingresso

La Cute, tramite puntura della zanzara vettore durante il pasto ematico.

Trasmissione

Il virus West Nile è trasmesso sia negli animali che all’uomo tramite la puntura di zanzare infette. Altri mezzi di infezione documentati, anche se molto più rari, sono trapianti di organi, trasfusioni di sangue e la trasmissione madre-feto in gravidanza. Il virus infetta diversi mammiferi, soprattutto equini, ma in alcuni casi anche cani, gatti, conigli e altri. E’ importante sottolineare che il virus non si trasmette da persona a persona, né da cavallo a persona attraverso la puntura di una zanzara infetta a causa dei bassi livelli di viremia.

Incubazione

Il periodo di incubazione dal momento della puntura della zanzara infetta varia fra 2 e 14 giorni, ma può essere anche di 21 giorni nei soggetti con deficit a carico del sistema immunitario.

Distribuzione

Epidemiologia del Virus West Nile

Scenario Globale ed Europeo (Aggiornamento Agosto 2025)
Il Virus West Nile si è ormai diffuso nella maggior parte dei continenti ed in moltissimi paesi in tutto il mondo. In Africa, Medio Oriente, Asia, Nord America e in molti paesi del bacino del Mediterraneo ed anche dell’Europa continentale. In Europa le epidemie hanno un andamento stagionale, con la loro presenza evidente tra i mesi di giugno e di novembre, in coincidenza con i le condizioni del clima sempre più favorevoli. Caldo tropicale, umidità elevata,

 L’Epidemia Italiana del 2025: Un’Analisi Approfondita

Dati Nazionali e Confronto con le Stagioni Precedenti (agosto 2025)

Il primo caso autoctono in Italia che ha aperto la stagione di trasmissione di WNV si è manifestato in Piemonte con un caso umano segnalato molto precocemente ossia il 20 marzo.
La situazione di WNV è rimasta silente durante i mesi di aprile -giugno per poi manifestarsi in tutta la sua gravità nel luglio 2025, dopo un giugno torrido, umido e favorevole alla crescita delle zanzare, in particolare della CULEX. 

CLICCA QUI PER I DATI AGGIORNATI DI WEST NILE VIRUS IN ITALIA, IN EUROPA, NEL MONDO 

 

La circolazione di WN in Europa e Meccanismi di “Overwintering”

La presenza annuale, oramai da quasi un decennio di casi umani e animali in paesi del Mediterraneo come l’Italia e la Grecia e nelle coste del Nord Africa conferma che WNV non è più presente sporadicamente ed importato dai paesi esotici, ma si è oramai stabilmente insediato ed è diventato endemico in molte regioni d’Europa. Quindi ci si chiede: come sopravvive il virus durante i mesi invernali, con temperature rigide; e possono le temperature introno allo zero interrompere l’attività delle zanzare?
Questo processo è chiamato “overwintering” ossia svernamento, superamento del periodo invernale; e questo diventa un fattore cruciale e determinante per comprendere la persistenza del virus nell’ambiente e prevedere l’inizio e l’intensità delle stagioni in cui i focolai epidemici ridiventeranno attivi.

I meccanismi proposti sono principalmente due:
(1) la persistenza nell’ambiente del virus, all’interno delle zanzare adulte che entrano in uno stato di dormienza invernale, la diapausa. Questo avviene in luoghi protetti come cantine, grotte, e ambienti umidi e riscaldati.
(2) la reintroduzione annuale del virus WN da parte degli “uccelli migratori” che rientrano dopo aver svernato in Africa.
Sono stati eseguiti in Nord America ed in Europa studi che hanno confermato che WNV può svernare nelle popolazioni di zanzare, consentendo una ripresa rapida della trasmissione al ripristino delle condizioni meteo favorevoli. D’altra parte altri studi in Francia non hanno confermato la presenza del virus nelle zanzare in pausa suggerendo che in quella specifica regione la reintroduzione tramite gli uccelli migratori rimanere il fattore predominante di reinfestazione.

A questa situazione ecologica si aggiunge la presenza evolutiva e geografica di vari lignaggi del virus a livello continentale. Storicamente, il lignaggio 1 del WNV è stato predominante in Europa occidentale, mentre il lignaggio 2 era presente e diffondeva nell’Europa orientale e all’Africa. Negli ultimi due decenni, si è assistito ad una espansione del lignaggio 2 verso l’ovest europeo, causando importanti epidemie in Grecia, Romania e Italia. Un evento epidemiologico di grande rilevanza si è verificato nel 2024, con la segnalazione del primo caso umano autoctono di malattia neuro-invasiva da WNV lignaggio 2 in Spagna.
Gli studi hanno evidenziato che i ceppi virali erano correlati a quelli circolanti in Europa centrale, e non a ceppi precedentemente isolati in Spagna. Questo caratterizza un salto geografico di questo tipo di virus verso ovest. Tutto questo evidenzia un panorama epidemiologico europeo in piena evoluzione.

 

Sintomi

La maggior parte delle persone infette non mostra alcun sintomo. Fra i casi sintomatici, circa il 20% dei soggetti sviluppa una malattia sistemica febbrile chiamata comunemente febbre di West Nile (WNF) caratterizzata dalla comparsa di febbre, cefalea, nausea, vomito, linfoadenopatia, possibili eruzioni cutanee. Generalmente questa fase acuta si risolve in una settimana o poco più, e possono variare molto a seconda dell’età della persona. Nei bambini è più frequente una febbre leggera, nei giovani la sintomatologia è caratterizzata da febbre mediamente alta, arrossamento degli occhi, mal di testa e dolori muscolari. Negli anziani e nelle persone debilitate, invece, la sintomatologia può essere più grave.

I sintomi più gravi si presentano in media in meno dell’1% delle persone infette (1 persona su 150), manifestandosi come una malattia neuro-invasiva (encefalite, meningo-encefalite, paralisi flaccida), con possibile decorso fatale. Il rischio di contrarre la forma neurologica della malattia aumenta all’aumentare dell’età ed è particolarmente elevato nei soggetti di età superiore ai 60 anni. Viceversa, in uno studio di sorveglianza  effettutato negli Stati Uniti tra il 1998 e il 2008, è emerso che le paralisi flaccide acute sono state segnalate in percentuale maggiore in soggetti di età inferiore ai 60 anni. La letalità delle forme neuro-invasive si aggira intorno al 9% nei soggetti anziani e meno dell’1% nei bambini.

Diagnosi

La diagnosi nell’uomo viene prevalentemente effettuata attraverso test di laboratorio (Elisa o Immunofluorescenza) effettuati su siero e, dove indicato, su fluido cerebrospinale, per la ricerca di anticorpi del tipo IgM. Questi anticorpi possono persistere per periodi anche molto lunghi nei soggetti malati (fino a un anno), pertanto la positività a questi test può indicare anche un’infezione pregressa.  La siero-conversione o l’aumento di 4 volte del titolo anticorpale può essere utilizzata per diagnosticare un’infezione recente. I campioni raccolti entro 8 giorni dall’insorgenza dei sintomi potrebbero risultare negativi, pertanto è consigliabile ripetere a distanza di tempo il test di laboratorio prima di escludere la malattia. In alternativa la diagnosi può anche essere effettuata attraverso Pcr o coltura virale su campioni di siero e fluido cerebrospinale entro 7 giorni dall’inizio della sintomatologia acuta, tenendo conto che la viremia è relativamente di breve durata e di basso titolo.

Controllo e prevenzione

Non esiste un vaccino per la febbre West Nile. Attualmente sono allo studio dei vaccini, ma per il momento la prevenzione consiste soprattutto nel ridurre l’esposizione alle punture di zanzare.
Pertanto è consigliabile proteggersi dalle punture ed evitare che le zanzare possano riprodursi facilmente:

·         usando repellenti e indossando pantaloni lunghi e camicie a maniche lunghe quando si è all’aperto, soprattutto all’alba e al tramonto

·         usando delle zanzariere alle finestre

·         svuotando di frequente i vasi di fiori o altri contenitori (per esempio i secchi) con acqua stagnante

·         cambiando spesso l’acqua nelle ciotole per gli animali.

Il controllo nei confronti della WND si basa essenzialmente sulla sorveglianza degli uccelli stanziali di specie sinantropiche, degli equidi e dell’avifauna selvatica di specie migratorie.

Trattamento

Non esiste una terapia specifica per la febbre West Nile, il trattamento è solo sintomatico. Nella maggior parte dei casi, i sintomi scompaiono da soli dopo qualche giorno o possono protrarsi per qualche settimana. Nei casi più gravi è invece necessario il ricovero in ospedale, dove i trattamenti somministrati comprendono fluidi intravenosi e respirazione assistita. Vi sono recentissime segnalazioni in letteratura che suggeriscono, su modelli animali, la possibile efficacia del trattamento con immunoglobuline specifiche anti WNV.

Febbre da West Nile Virus – Scheda malattia Leggi tutto »

West Nile nel Lazio: l’allarme che riaccende i fantasmi del passato nell’Agro Pontino

Puoi ascoltare il podcast di questo articolo su YouTube
e qui puoi ascoltare il podcast con la storia di questo virus

 

West Nile nel Lazio: l’allarme che riaccende i fantasmi del passato nell’Agro Pontino

West Nile Virus nel Lazio: un allarme che riaccende i fantasmi del passato nell’Agro Pontino estendendosi anche nel territorio di Anzio
Un ritorno di ricordi antichi, paure ataviche di malattie ormai passate, ma le zanzare continuano a mietere le loro vittime.

(Presso il POLO CESMET-ARTEMISIA è possibile richiedere indagini di laboratorio sierologiche ed anche la ricerca diretta del Virus in PCR. Le risposte verranno fornite con una valutazione anche clinica della persona dal dr. Paolo Meo)

I fatti riguardanti una epidemia insolita.
Il 20 luglio 2025 il virus di West Nile ha ucciso una anziana signora di 82 anni, residente a Nerola; ricoverata in rianimazione nell’ospedale San Giovanni di Dio a Fondi. Per giorni ha mostrato sintomi simil influenzali, poi un aggravamento con vomito e diarrea sempre più forti, fino a sintomi neurologici, il coma e l’exitus. Tutto questo a causa di una puntura di una zanzara infettata con il virus West Nile; una zanzara del genere Culex che aveva punto, alcuni giorni prima un uccello da passo, infettato dal virus letale. Sembrava un caso isolato, uno di quei casi che da alcuni anni si presentano in questi mesi in diverse regioni italiane, e invece si è dimostrato l’inizio di un’epidemia che continua a diffondere a sud verso la Campania, e a nord verso la Capitale . La provincia di Latina è in una situazione di allerta e di emergenza. L’epidemia sembra espandersi anche più a nord arrivando a lambire il territorio di Anzio.

Dati ufficiali e dubbi sugli eventi
Dati ufficiali segnalano al 24 luglio 2025 in Italia 32 casi umani di infezione da West Nile Virus, di cui ben 21 cioè due terzi del totale nazionale, si sono manifestati in diversi comuni pontini, nei dintorni di Latina. Di questi 21 casi di WNV, 15 hanno manifestato sintomi gravi, potenzialmente letali, con caratteristiche neuro-invasive, ovvero con forme di meningo-encefaliti, ovvero le forme che attaccano il cervello e il midollo spinale. Ma cosa succede nell’Agro Pontino. Una epidemia così grave e con casi così concentrati non si era mai vista, e molti esperti si chiedono l’origine di questi accadimenti.

Ma anche più a sud in Campania la situazione non è semplice, da un giorno all’altro sono comparsi casi di WNV così diagnosticati:
• Otto casi confermati di infezione da West Nile virus al 23 luglio 2025.
• Quattro di questi pazienti si trovano in condizioni gravi e sono ricoverati in terapia intensiva negli ospedali Moscati di Aversa e Cotugno di Napoli.
• Tutti i casi sono definiti autoctoni, cioè il contagio è avvenuto nelle località di insorgenza e non per via di viaggi all’estero.

Le aree ed i comuni più colpiti dalla diffusione del virus
Baia Domizia                                                          Caserta                            Area umida, frequentata anche da vacanzieri
Foce del fiume Sele                                              Salerno                            Zone di sosta di uccelli migratori
Zona di Persano                                                    Salerno                             Riscontrati casi tra animali e nell’uomo
Cellole, Sessa Aurunca, Orta di Atella       Caserta                             Interventi di disinfestazione straordinaria in corso

Quali le caratteristi dei pazienti esposti al virus:
• Prevalentemente anziani o soggetti immunodepressi.
• Sintomi frequentemente segnalati: febbre alta, malessere, dolori muscolari, in alcuni casi encefalite o encefalo mielite (infiammazione cerebrale).
• Baia Domizia la località maggiormente esposta alla diffusione del fenomeno nei giorni precedenti al manifestarsi dei sintomi.

Ricordi di situazioni passate suscitano Il ritorno di un incubo antico
Per secoli nell’agro pontino ha regnato l’Anopheles, portatrice di una malaria endemica e permanente che ancora suscita ricordi di morte. Le bonifiche avevano illuso la scomparsa di ogni malattia, nel Lazio meridionale. L’Agro Pontino, pianura che si estende tra Roma e il Circeo, resa fertile da una bonifica durata anni, che ha portato benessere e lavoro con una battaglia contro le zanzare.
Per generazioni, quelle che oggi chiamiamo dolcemente “Paludi Pontine” erano conosciute con nomi quali: Pantano d’Inferno, Pantano della Morte, la Femmina Morta, Caronte, Piscina della Tomba. Nomi che raccontavano di una vasta terra, dove le malattie arrivavano puntualmente ogni estate con il ronzio delle zanzare anofele cariche di plasmodio malarico.
La Grande Bonifica degli anni ’30 aveva rappresentato una vittoria dell’uomo sulla natura: 18 grandi idrovore, 16.165 chilometri di canali, 1.360 chilometri di strade, 3.040 case coloniche. Negli anni trenta, durante il ventennio, le bonifiche del territorio a sud di Roma avevano sconfitto la temibile malaria e dato al Lazio una delle aree agricole più produttive d’Italia, da paludi mefitiche. Ma quella stessa bonifica, necessaria ed utile allora ha creato le condizioni per l’epidemia di oggi. Dice un esperto epidemiologo che “La bonifica ha creato una vasta e intricata rete di corsi d’acqua artificiali: canali di medie, piccole e piccolissime dimensioni, canali di irrigazione e fossi di scolo stradali che attraversano l’intera regione”. In questi canali l’acqua scorre lentamente, forma stagni ed acque ferme, causando siti di riproduzione larvale per la zanzara Culex pipiens. La stessa opera idraulica che ha sradicato la malaria trasmessa dalle zanzare un secolo fa ha creato l’habitat perfetto per la diffusione di un virus letale nel XXI secolo.

Un virus dal passato remoto
Il West Nile Virus è una vecchia conoscenza, identificato per la prima volta nel 1937 nel distretto del Nilo Occidentale dell’Uganda, territori umidi, pieni di zanzare, portatrici di arbovirus, la maggior parte neurotropici. WNV appartiene alla famiglia dei Flaviviridae, la stessa famigli di cui fanno parte i virus della Dengue, di Zika, della Febbre Gialla e Chikungunjia. Il virus è stato rilevato per la prima volta in Italia nel 1998, nei cavalli in Toscana, segnando l’inizio del suo insediamento nell’ecosistema del nostro paese. Da allora molte volte il virus si è manifestato nell’uomo e negli equini, ma ciò che accade quest’anno nel Lazio è diverso da sempre. I bollettini dell’Istituto Superiore di Sanità dipingono un quadro allarmante: l’inizio della stagione 2025 è stato caratterizzato da assenza di casi umani e rari casi equini, una vera calma ingannevole che, nella seconda metà di luglio, è esplosa con l’epidemia laziale. L’evoluzione drammatica della epidemia si nota confrontando il primo bollettino dell’ISS, aggiornato al 16 luglio, che riportava solo 5 casi umani in tutta Italia, con il bollettino del 24 luglio in cui i casi erano già saliti a 32, la stragrande maggioranza dei casi concentrata nella provincia di Latina. Questa rapida accelerazione ha evidenziato un potenziale esplosivo del virus, diffuso da una crescita incontrollata di zanzare Culex pipiens, accelerate da un insolito caldo ed umidità dei mesi di giugno e luglio. Questo ha portato ad una difficoltà di prevedere con precisione i tempi e la localizzazione dei principali focolai.
E se pensiamo che i casi evidenti di malati rappresentano la punta di un iceberg di ben oltre un 80% di persone nelle quali il virus ha diffuso in modo asintomatico e continua a diffondere, ci rendiamo conto della dimensione del fenomeno, di cui è difficile capirne l’estensione e la durata nel tempo.

La distribuzione regionale del contagio
I dati ufficiali dell’ISS al 23 luglio 2025 rivelano una distribuzione geografica che conferma l’eccezionalità del caso laziale:
• Lazio (Provincia di Latina): 21 casi totali, di cui 15 neuro-invasivi, 4 febbrili, 1 decesso;
• Campania: 10 casi neuro-invasivi, diversi in rianimazione;
• Veneto: 4+ casi (2 neuro-invasivi, 2+ febbrili, 1 asintomatico);
• Piemonte: 2 casi neuro-invasivi, 1 decesso;
• Emilia-Romagna: 1 caso neuro-invasivo;

Questi numeri dimostrano che, sebbene diverse regioni stiano affrontando il virus, in Campania e nel Lazio l’epidemia è particolarmente grave e la situazione nell’Agro Pontino è eccezionale per portata e gravità. Come già detto, ma vale la pena ripeterlo, il virus di west Nile non è più una novità in Italia, si presenta come malattia endemica, che ogni anno si ripresenta con intensità variabile, ma quello che non ha precedenti è la concentrazione e la gravità di casi nella provincia di Latina.

I comuni nella morsa del virus
L’epidemia continua a colpire diversi comuni dell’Agro Pontino. Tra questi i territori di Aprilia, Cisterna di Latina, Fondi, Latina, Pontinia, Priverno, Sezze e Sabaudia. Questi comuni sono accomunati dalla presenza della rete di canali artificiali creata dalla bonifica e da un’economia fortemente legata all’agricoltura e all’allevamento. Tutto questo condiziona la presenza di zanzare della specie di Culex pipiens.

La situazione clinica dei pazienti dimostra che questa epidemia ha mostrato tutta la sua aggressività. Oltre alla anziana signora di Fondi deceduta attualmente 10 pazienti risultano ricoverati in reparti ordinari, 2 sono stati dimessi, in cura presso il proprio domicilio e 4 pazienti si trovano ricoverati in terapia intensiva. Questo quadro testimonia la gravità di un’infezione che nel 15% dei casi si manifesta nella forma neuro-invasiva, un dato molto superiore alla media nazionale. Difatti fino ad ora i casi gravi neuro invasivi rappresentano lo 0,1% dei casi totali. Nel Lazio la situazione è stata ben diversa.
Il ruolo delle sentinelle equine
I cavalli si comportano come “animali sentinella”. Come gli esseri umani, gli equini sono molto suscettibili all’infezione e possono sviluppare gravi malattie neurologiche. Si comportano come ospiti “a fondo cieco” senza possibilità di trasmettere il virus. Stesso evento che accade per l’uomo. Il loro valore per la salute pubblica risiede nella loro capacità di indicatori precoci. Difatti un’epidemia con sintomi neurologici nei cavalli è il primo segno della circolazione dell’ West Nile Virus in un territorio specifico.
E’ stata diffusa la notizia della morte di un cavallo, probabilmente due nella regione dell’Agro Pontino, e questo ha confermato l’alto livello di attività virale nell’area. L’impatto del virus sui cavalli può essere particolarmente grave. E’ causa di encefalomielite con tremori muscolari, debolezza, mancanza di coordinazione, e nei casi gravi, convulsioni e morte dell’animale. Il tasso di mortalità per i cavalli che sviluppano segni clinici è tragicamente alto, stimato al 30-40%, non paragonabile a quello umano.
Non esiste un vaccino disponibile per l’uomo ma per i cavalli ci sono diversi vaccini sicuri ed efficaci in Europa. La popolazione equina può essere protetta proattivamente, mentre la popolazione umana deve fare affidamento interamente su misure difensive di controllo dei vettori e protezione personale.

La risposta del sistema “One Health” in Italia, una scelta pratica ed efficace
L’Italia ha adottato un approccio “One Health” all’epidemia. Questo sistema riconosce l’interconnessione tra “salute umana, animale e ambientale”. Questo approccio è descritto bene nel “Piano Nazionale di Prevenzione, Sorveglianza e Risposta alle Arbovirosi (PNA) 2020-2025”, che coordina una rete di sorveglianza completa con tre pilastri interconnessi.
(1) La sorveglianza entomologica comporta la cattura sistematica di zanzare da maggio a ottobre. Le “Culex pipiens” vengono testate in pool per rilevare la presenza del virus.
(2) La sorveglianza veterinaria monitora gli ospiti serbatoio – uccelli selvatici da passo, gazze e cornacchie, la vera causa della diffusione del virus, sia gli animali sentinella come i cavalli.
(3) La sorveglianza umana include il monitoraggio clinico dei casi e lo screening dei donatori asintomatici di sangue e organi nelle aree a rischio.
La vera forza di questo sistema integrato risiede nella sua capacità proattiva. Difatti il rilevamento del West Nile Virus in un singolo pool di zanzare o in un uccello selvatico è l’indicazione per attivare interventi di sanità pubblica immediati. Il Centro Nazionale Sangue ha imposto screening rafforzati in diverse province già a giugno, ben prima che scoppiasse la grande epidemia umana nel Lazio.

La risposta locale all’emergenza
A livello regionale, il Lazio ha convocato una cabina di regia il 17 luglio, coordinando una risposta mirata che include disinfestazioni nelle aree ad alto rischio, campagne di informazione pubblica e formazione per medici e veterinari. I sindaci dei comuni colpiti hanno emesso ordinanze che obbligano i cittadini, condomini e imprese ad agire eliminando tutte le fonti di acqua stagnante, manutenendo gli spazi verdi privati, trattando con larvicidi i tombini ed una corretta gestione delle piscine.
Il 23 luglio si è svolta una riunione in videoconferenza promossa dal Dipartimento di Prevenzione dell’ASL di Latina, alla quale hanno partecipato 24 comuni, amministratori locali, la Provincia, il Consorzio di bonifica dell’Agro Pontino e l’Istituto Zooprofilattico. L’obiettivo era affrontare in maniera sinergica la tematica del contrasto alle arbovirosi, sottolineando l’importanza della lotta larvicida e della bonifica ambientale.

Il profilo clinico di un’infezione insidiosa
Il West Nile Virus nella maggior parte dei casi passa inosservato. Circa l’80% delle infezioni sono asintomatiche e viene mosso il proprio sistema immunitario. Circa il 20% delle infezioni sviluppano una malattia lieve, simile all’influenza, con sintomi che includono febbre, mal di testa, dolori muscolari, nausea, vomito e talvolta un’eruzione cutanea o linfonodi ingrossati. Ma è in meno dell’1% di tutte le infezioni che il virus mostra il suo volto più aggressivo coinvolgendo il sistema nervoso e causando condizioni gravi come meningite o meningo encefalite. I sintomi “d’allarme” di queste forme virali sono febbre alta, forte mal di testa, torcicollo, disorientamento o confusione, tremori o convulsioni, debolezza muscolare o paralisi improvvisa. La malattia neuroinvasiva, piuttosto rara comprende un ampio spettro di deficit neurologici, alcuni dei quali possono persistere per anni. Nei casi più gravi, il virus può causare un’encefalite con una mortalità che varia dal 10% al 20% nei pazienti con coinvolgimento neurologico. È questo aspetto che rende l’epidemia laziale particolarmente preoccupante: con 15 casi neuro-invasivi su 21 infezioni confermate, si registra una proporzione allarmante di forme gravi.

La genetica virale dietro l’epidemia
La gravità di questa epidemia del Lazio potrebbe trovare una spiegazione nella genetica del virus stesso. Il West Nile Virus esiste in diverse linee genetiche distinte, e in Italia circolano principalmente il Lignaggio 1 (L1) e il Lignaggio 2 (L2). Entrambi i lignaggi sono ora noti per co-circolare in Italia, un fatto confermato dalla sorveglianza veterinaria ed entomologica nel 2025.
La stagione 2021-2022 ha visto una significativa riemergenza del Lignaggio 1, dopo diversi anni di circolazione relativamente bassa. Questa recrudescenza è stata associata a un aumentato rischio di grave malattia neuro-invasiva. La proporzione allarmante di casi neurologici gravi nel Lazio quest’anno solleva la questione critica se sia in gioco un ceppo particolarmente virulento.
E’ possibile che nel Lazio il ceppo L1 sia effettivamente responsabile dell’impatto devastante che si sta osservando sul campo. La risposta verrà fornita dal sequenziamento genomico dei campioni virali prelevati dai pazienti

Le variazioni climatiche all’origine del fenomeno
Le recenti ondate di calore, l’aumento della umidità, piogge forti ed improvvise, sono segni caratteristici di un clima che cambia, velocizzano il ciclo di vita della zanzara, la replicazione del virus all’interno del vettore e la sua virulentizzazione. Questo clima riduce il tempo necessario perché una zanzara diventi infettiva e amplifica il tasso di trasmissione.
Gli studi scientifici confermano una positiva e forte associazione della trasmissione del West Nile Virus con la temperatura e l’uso agricolo del suolo. L’Emilia-Romagna, una delle regioni tradizionalmente più colpite, ha registrato nel 2023 densità di Culex pipiens ben al di sopra della media degli ultimi 5 anni tra giugno e la prima metà di luglio, proprio nelle aree colpite dall’evento alluvionale di maggio con vasti ristagni di acqua.

La popolazione a rischio
Il virus colpisce i soggetti più vulnerabili ovvero gli anziani e gli individui con sistemi immunitari compromessi o condizioni di salute preesistenti. Questi individui sono a maggior rischio di sviluppare gravi complicazioni neurologiche. La morte della donna di 82 anni a Fondi è una tragica testimonianza di questo fatto.
L’età mediana dei casi confermati nel Lazio è di 72 anni, con un range che va dai 63 agli 86 anni. il sesso maschile è considerato un fattore di rischio per lo sviluppo della malattia neuroinvasiva, secondo le statistiche epidemiologiche.

La Culex pipiens: il vettore perfetto
Al centro di questa epidemia c’è la Culex pipiens, conosciuta come “zanzara comune”, che si è confermata essere la specie di zanzara maggiormente coinvolta nella circolazione del virus West Nile in Italia. Uno studio di sorveglianza entomologica che ha analizzato circa 99.000 zanzare ha dimostrato che il 97,6% dei pool positivi per West Nile Virus erano costituiti da Culex pipiens.
Questa zanzara punge sia gli uccelli, infettandosi con il virus, sia i mammiferi, ai quali può poi trasmetterlo. È attiva prevalentemente di sera e di notte, emette il caratteristico ronzio quando si avvicina per pungere, ed è attirata dall’anidride carbonica che emettiamo respirando.
I focolai larvali della Culex pipiens si ritrovano nelle raccolte d’acqua dolce sia permanenti che temporanee, con forte carico organico: acquitrini, canali di irrigazione, fossi di scolo, caditoie stradali. In tutte le zone climatiche in cui è presente, questa zanzara risulta in stretta associazione con l’uomo e gli ambienti umani, caratteristica che la rende particolarmente pericolosa in aree densamente abitate come l’Agro Pontino.

La prevenzione: l’unica arma disponibile
Non esistono vaccini, non esistono farmaci antivirali specifici per il trattamento del West Nile Virus nell’uomo e quindi l’unica cura è la prevenzione volta a ridurre il rischio di punture. Quindi questa è rappresenta l’arma più efficace per evitare focolai epidemici. Le raccomandazioni ufficiali includono l’uso di repellenti cutanei, indossare abiti di colore chiaro con maniche lunghe e pantaloni lunghi nelle ore di massima attività della zanzara (alba e tramonto), e utilizzare insetticidi approvati per uso domestico.
Ma il contributo più importante di ciascuno di noi sta nell’eliminare i luoghi di riproduzione delle zanzare sulla propria proprietà. Un singolo tappo di bottiglia pieno d’acqua è sufficiente perché una zanzara deponga le uova. Occorre eliminare l’acqua stagnante svuotando regolarmente ogni 4-5 giorni qualsiasi oggetto che possa raccogliere acqua, coprire le riserve d’acqua, trattare gli scarichi con prodotti larvicidi biologici, e mantenere prati e siepi tagliati. Se cominciamo a casa nostra questa attività preventiva si abbasserà drasticamente la possibilità di epidemia.

Lezioni passate, presenti e future.
L’epidemia di West Nile Virus nel Lazio non è un evento casuale e anomalo, ma un’amplificazione abnorme ed anche prevedibile di una situazione endemica che si ripropone ad ogni estate. Il virus non è più un viaggiatore che giunge da lontano; è un microrganismo esistente sul territorio durante l’estate italiana che richiede una preparazione sostenuta e continua durante tutto l’anno.
La storia dell’Agro Pontino ci insegna che la relazione tra uomo e ambiente è complessa. La Grande Bonifica sconfisse la malaria ma ha anche creato le condizioni per una nuova malattia esotica veicolata dalle zanzare. Questo ci fa riflettere sul fatto che ogni intervento sul territorio deve essere valutato non solo per i suoi benefici immediati, ma anche per le sue implicazioni a lungo termine.
Il sistema di sorveglianza “One Health” affronta questa sfida ma il suo successo finale dipende dalla partecipazione attiva e informata di tutte le componenti della società La battaglia contro il West Nile non si combatte solo nei laboratori ad alta tecnologia o nelle unità di terapia intensiva degli ospedali, ma si vince o si perde nei cortili, nei giardini e negli spazi comunitari condivisi.
Di fronte a questa minaccia persistente, l’arma più potente che possediamo è il semplice atto di eliminare l’acqua stagnante. La vigilanza, la responsabilità condivisa e un impegno per la prevenzione attiva sono le nostre migliori e uniche difese contro la puntura silenziosa della zanzara che, come cent’anni fa, continua a portare malattia e morte nelle terre che un tempo erano paludi.

Il POLO VIAGGI CESMET -ARTEMISIA una struttura specialistica a disposizione per informazioni e pratiche preventive, vaccinali e cliniche. La diagnostica per la ricerca del virus. ( ricerca di anticorpi e ricerca del virus in PCR)

In un mondo sempre più interconnesso sia in viaggio che nei propri territori l’informazione e le pratiche preventive diventano una priorità. Artemisia Lab e Cesmet, consapevoli delle esigenze sanitarie dei viaggiatori, ma anche dei residenti in aree a rischi malattie infettive, anche per affiancare il lavoro incessante delle autorità sanitarie e dei centri di eccellenza pubblici, riconoscendo l’importanza della prevenzione, mette a disposizione la struttura del Polo Viaggi per Consulenze, pratiche preventive e profilassi vaccinale anche su malattie tropicali presso il centro POLO VIAGGI Artemisia Lab Alessandria (Roma, via Piave 76), per una valutazione specialistica personalizzata e per la profilassi vaccinale necessaria o opportuna. Il Polo rappresenta una realtà nel panorama sanitario italiano, autorizzato dal Ministero della Salute, e si distingue per l’alta qualità dei servizi offerti, con particolare attenzione alle vaccinazioni tropicali. Grazie a un team di esperti in medicina tropicale, coordinato dal Dr. Paolo Meo, ogni paziente riceve un percorso di prevenzione su misura, basato sulle caratteristiche personali e sulla destinazione del viaggio. In risposta alle nuove sfide sanitarie globali, il Polo è prontamente attivo per offrire informazioni, consulenze, test specifici, profilassi e cure personalizzate, confermando la sua capacità di anticipare le esigenze di sicurezza sanitaria.
Presso il POLO è possibile richiedere indagini sierologiche ed anche la ricerca diretta del Virus in PCR. Le risposte verranno fornite con una valutazione anche clinica della persona


Redazione dr. Paolo Meo                                                                                       

West Nile nel Lazio: l’allarme che riaccende i fantasmi del passato nell’Agro Pontino Leggi tutto »

IXCHIQ il nuovo vaccino per la Chikungunya.

“Ixchiq” è il primo vaccino al mondo realizzato per la protezione nei confronti della “febbre virale da Chikungunya”. E’ stato approvato negli Usa dall’FDA (Food and Drug Administration). La notizia è di quelle importanti che farà storia nel campo della medicina. Molte sono le aspettative per questo vaccino. Infatti, OMS ricorda che in 15 anni sono stati denunciati ufficialmente, nel mondo oltre 5 milioni di casi. La malattia è invalidante e talvolta mortale.
Il virus della Chikungunya è considerato sempre da OMS e dalle autorità sanitarie di tutto il mondo “una vera minaccia emergente per la salute globale”. Da sempre presente in America Centrale e del Sud, nei Caraibi ma anche in Africa ed in Asia, il virus, trasmesso dalle zanzare del genere Aedes, si è diffuso in diversi paesi anche del bacino del mediterraneo. In Italia ricordiamo diversi focolai epidemici piccoli e medi, in Romagna ed in Veneto dal 2010 in avanti. E soprattutto ricordiamo l’improvvisa epidemia a Roma, partita dalla pianura pontina, nel 2017, con oltre 100 casi sviluppatisi nel quartiere di San Giovanni. E come l’Italia anche altri paesi Europei hanno sviluppato focolai della malattia, che poi si sono autolimitati.
La prima epidemia nota è stata descritta nel 1952 in Tanzania, anche se già nel 1779 era stata descritta un’epidemia in Indonesia, attribuibile forse allo stesso agente virale.

 

———————————————————————————————————————————————————————

INFO URGENTE:

EMERGENZA DENGUE CLICCA QUI
PRENOTA IL VACCINO PER LA DENGUE

———————————————————————————————————————————————————————

 

La Chikungunya è una malattia infettiva virale acuta, trasmessa dalle zanzare del Genere Aedes, sia della specie albopictus che aegypti. Il sintomo caratteristico è costituito da dolori muscolari ed in particolare articolari piuttosto violenti. E proprio questi dolori costringono la persona ad una posizione “quasi strisciante” da cui il nome. La febbre anche elevata è una caratteristica, ma secondaria. La discriminate tra Dengue e Chikungunya sono proprio i caratteristici dolori che bloccano la deambulazione di chi è affetto da Chikungunya. Questo virus può anche attaccare organi interni con un peggioramento importante dello stato di salute ed in alcuni casi il decesso. Gli esiti, dolori generalizzati e forte stanchezza, in alcuni casi possono durare mesi, talvolta anni.
Il virus della Chikungunya sta creando una situazione di allarme nelle Americhe in particolare Centro America dove la malattia sta diffondendo in modo preoccupante. Negli ultimi due mesi, tra Agosto e Settembre sono stati denunciati 115mila casi con 33 decessi.

Il vaccino Ixchiq è stato sviluppato dalla casa Farmaceutica Valneva, azienda tutta europea, ed approvato per le persone di età pari o superiore a 18 anni. Queste sono le persone che corrono un elevato rischio maggiore di esposizione. Ora ci aspettiamo che il via libera a Ixchiq da parte dell’autorità di regolamentazione dei farmaci statunitense favorirà, nel più breve tempo possibile il lancio e la diffusione del vaccino nei Paesi in cui il virus è più diffuso.  Questo vaccino rappresenta un importante strumento per la prevenzione della Chikungunya, soprattutto per le persone che vivono nei paesi endemici e per coloro che viaggiano in aree a rischio.
Al momento l’EMA (Agenzia Europea per i Medicinali) ha avviato un riesame di Ixchiq  e quindi il vaccino non è disponibile in Italia.

Ixchiq è un vaccino realizzato con virus vivo, per l’immunizzazione attiva e la prevenzione delle malattie causate dal virus chikungunya. E’ costituito da una monodose e a quel che sembra non occorrono richiami. L’obiettivo del vaccino è quello di immunizzare l’organismo nei confronti del virus chikungunya (CHIKV), stretto parente del virus dengue. Viene somministrato in persone di età pari o superiore a 18 anni. Queste per il momento le indicazioni approvata mediante studi effettuati su titoli anticorpali neutralizzanti anti-CHIKV.
Valneva ha riportato i dati finali di fase 3 nel marzo 2022 che mostrano un tasso di sieroconversione, ossia una copertura del 98,9% dopo 28 giorni con una singola vaccinazione. Valneva continuerà a valutare la persistenza degli anticorpi per almeno cinque anni.

 

IXCHIQ il nuovo vaccino per la Chikungunya. Leggi tutto »

Rapporto sulla Situazione della epidemia Mpox in Sierra Leone (Maggio 2025) e Spiegazione della Malattia

1. Sintesi del Rapporto sulla Situazione dell’Mpox in Sierra Leone (Maggio 2025)

mpox nei bambini
mpox nei bambini

 

2300 casi di MPOX del ceppo virale “clade 2b” e oltre 15 morti il bilancio della grave epidemia, nel mese di maggio 2025, in Sierra Leone che sta affrontando una delle più gravi epidemie di Mpox (precedentemente vaiolo delle scimmie), in Africa, con un aumento esponenziale dei casi confermati.  La capitale, Freetown, è l’epicentro della epidemia, mettendo a dura prova le fragili infrastrutture sanitarie.
L’Ospedale Militare 34 di Freetown, cruciale nella risposta, opera al massimo della sua capacità (26 letti dedicati a MPOX).
Le sfide principali includono:
– una critica carenza di posti letto per l’isolamento (stimati solo 60 a livello nazionale contro oltre 2000 casi attivi),
finanziamenti inadeguati
difficoltà nel tracciamento dei contatti.
Le autorità hanno avviato una campagna di vaccinazione nazionale a marzo 2025 e introdotto nuove misure di sanità pubblica a inizio maggio 2025. Tuttavia, la rapida escalation suggerisce una possibile sottovalutazione iniziale della trasmissibilità del ceppo virale clade 2b.
La dichiarazione di emergenza sanitaria pubblica a gennaio 2025 non ha arginato l’impennata, indicando ritardi o insufficienza nelle misure attuative. Riguardo alla notizia di oltre 200 casi in aumento presso l’ospedale militare di Freetown, si chiarisce che la sua capacità di ricovero per Mpox è di 26 posti letto, tutti occupati; la cifra di 200 potrebbe riferirsi al volume cumulativo di pazienti gestiti o alla situazione generale di Freetown.

Situazione Epidemiologica (al 20 Maggio 2025)

L’epidemia ha visto un’accelerazione drammatica nel 2025. Al 12 maggio, si contavano 2.045 casi confermati dall’inizio dell’anno, con 1.586 casi attivi e 11 decessi. I casi sono aumentati nell’ultima settimana.
Il primo decesso è stato registrato il 10 marzo (59 casi totali). Solo l’11 maggio sono stati segnalati 165 nuovi casi.
A inizio maggio, la Sierra Leone registrava circa 100 nuovi casi al giorno, rappresentando oltre il 50% dei casi africani in una settimana.

reparto ospedale militare Free Town isolamento
reparto ospedale militare Free Town isolamento

Il ceppo responsabile è il clade 2b.
La Western Area Urban (Freetown) è l’epicentro con 1.326 casi (67% del totale nazionale),
seguita dalla Western Area Rural con 414 casi, indicando una diffusione anche fuori dalle aree urbane dense.
La maggior parte dei pazienti (68%) è di sesso maschile, con età più colpita tra i 30 e i 35 anni.
Il 7% dei pazienti Mpox è anche HIV-positivo, un gruppo ad alto rischio.

Focus sull’Ospedale Militare 34 di Freetown
L’Ospedale Militare 34 (34 Military Hospital) a Freetown è un centro primario per diagnosi e trattamento, grazie alla sua esperienza pregressa con Ebola e Febbre di Lassa e a infrastrutture specializzate.
Tuttavia, dispone di soli 26 posti letto dedicati all’Mpox, costantemente a pieno regime. Questa limitata capacità, a fronte degli oltre 1.300 casi a Freetown, rende impossibile gestire una frazione significativa dei casi che necessiterebbero ricovero, costringendo al trasferimento verso altri centri.
La notizia di “più di 200 casi in aumento” presso l’ospedale non è compatibile con la sua capacità di ricovero. È più probabile che si riferisca al numero cumulativo di pazienti diagnosticati/gestiti, al flusso di persone che si presentano per sospetta infezione, o a una generalizzazione della grave situazione a Freetown.
L’ospedale è certamente in prima linea, affrontando un carico di lavoro crescente in termini di valutazione, diagnosi e indirizzamento.

Risposta di Sanità Pubblica e Interventi
Il 19 marzo 2025 è stata lanciata una campagna nazionale di vaccinazione, con 61.300 dosi iniziali (da Gavi e Irlanda),
priorità a operatori sanitari,
contatti stretti
comunità hotspot.
A inizio maggio, quasi 24.000 persone erano state vaccinate (circa 60% operatori sanitari). Nonostante ciò, l’epidemia è cresciuta, suggerendo che ritmo e copertura vaccinale potrebbero essere stati insufficienti, data la rapida diffusione e le sfide logistiche. Si è registrata alta accettazione del vaccino tra il personale sanitario.
Il 5 maggio 2025, sono state introdotte nuove norme di sicurezza pubblica: igiene, sorveglianza e segnalazione (chiamando il 117), tracciamento contatti, isolamento domiciliare per sintomatici, distanziamento fisico, limitazione contatti e misure specifiche per luoghi pubblici.
Sono previste sanzioni per inosservanza. L’efficacia dipende dall’adesione comunitaria, potenzialmente compromessa da stanchezza da restrizioni e fattori socio-economici.
La capacità nazionale di trattamento e isolamento è gravemente inadeguata: a inizio maggio, solo 60 posti letto dedicati a livello nazionale, costringendo la maggioranza degli infetti a cure domiciliari, con rischio di trasmissione intra-domestica. Nonostante l’apertura di nuovi centri (quattro a Freetown a febbraio, più quelli di Jui e della polizia), la capacità resta insufficiente.

Sfide Sistemiche e Necessità
La carenza di risorse finanziarie è un ostacolo primario, con budget sottofinanziati già da agosto 2024 e prospettive di tagli ai fondi internazionali. Questa sottofinanziazione si traduce in carenze materiali, come i posti letto.
Debolezze operative includono un basso rapporto di tracciamento dei contatti nonostante una buona
copertura diagnostica, e la necessità di migliorare la capacità dei laboratori. L‘isolamento inadeguato per cure domiciliari forzate alimenta la diffusione.
La crisi si inserisce in un contesto regionale di recrudescenza del virus. L’Africa CDC monitora la situazione, avvertendo che l’intensa trasmissione in Sierra Leone potrebbe minacciare la sanità regionale. L’OMS classifica l’Mpox come emergenza di sanità pubblica di interesse internazionale (PHEIC) e fornisce supporto.

Partner come UNICEF e Gavi contribuiscono con vaccini. Tuttavia, la sostenibilità a lungo termine dipende dal rafforzamento dei sistemi sanitari nazionali.

Conclusioni e Raccomandazioni Preliminari
L’epidemia di Mpox in Sierra Leone a maggio 2025 è un’emergenza grave, con trasmissione rapida. L’Ospedale Militare 34 opera al limite dei suoi 26 posti letto per Mpox.

La risposta è insufficiente a causa di sfide sistemiche: cronica insufficienza di finanziamenti, carenza di posti letto per isolamento e debolezze nel tracciamento.

Le raccomandazioni includono:
2. Incremento urgente dei finanziamenti.
3. Espansione rapida della capacità di isolamento e trattamento.
4. Rafforzamento immediato della sorveglianza e del tracciamento dei contatti.
5. Accelerazione e ampliamento della campagna vaccinale.
6. Potenziamento del coinvolgimento comunitario e della comunicazione del rischio.
7. Supporto psicosociale per pazienti e operatori.
8. Investimenti a lungo termine nel sistema sanitario nazionale. È cruciale una comunicazione accurata per evitare panico e supportare la risposta.

 

2. Breve Spiegazione della Malattia Mpox

L’Mpox, precedentemente nota come vaiolo delle scimmie, è un’infezione virale. Si trasmette principalmente attraverso lo         – stretto contatto con una persona infetta,
– i suoi fluidi corporei,
– le lesioni,
– o con materiali contaminati (come lenzuola).

I sintomi tipici includono
– febbre,
– mal di testa,
– dolori muscolari,
– mal di schiena,
– linfonodi ingrossati,
– brividi e spossatezza,
seguiti o accompagnati da un’eruzione cutanea che può presentarsi come vescicole o lesioni piene di pus.

L’Mpox è endemica in alcune regioni dell’Africa centrale e occidentale, dove si verificano regolarmente focolai, in particolare nella Repubblica Democratica del Congo (RDC).
Recentemente, la comparsa e la rapida diffusione di un nuovo ceppo virale nella RDC (il clade Ib) ha destato preoccupazione per la sua apparente maggiore trasmissibilità.

Ricerche dati e redazione dr. Paolo Meo

foto gentilmente concesse dall’ ing. Claudio Belcastro direttamente dall’ Ospedale militare di Freetown

Rapporto sulla Situazione della epidemia Mpox in Sierra Leone (Maggio 2025) e Spiegazione della Malattia Leggi tutto »

Larva Migrans: Cause, Infestazione e Trattamenti Ottimali

La “larva migrans”
è una patologia parassitaria, causata da diversi tipi di “nematodi” che, seppur raramente grave, può causare sintomi fastidiosi e compromettere significativamente la qualità della vita dei pazienti colpiti. La forma cutanea, la più comune e facilmente riconoscibile, è causata principalmente da anchilostomi, ossia vermi che penetrano nella pelle umana e vi permangono senza completare il loro ciclo vitale.
La diagnosi, prevalentemente clinica, si basa sul riconoscimento delle caratteristiche lesioni serpiginose, che partono sempre da una lesione pomfoide, ed è caratteristica di storie di esposizione a terreni o sabbia, potenzialmente contaminati, in aree considerate endemiche. Il camminare a piedi nudi sul terreno o sulla sabbia espone, generalmente il piede al rischio di penetrazione delle larve del parassita.
L’albendazolo e l’ivermectina costituiscono il gold standard della terapia, ed offrono elevati tassi di guarigione, rendendo la prognosi generalmente favorevole.
La prevenzione rimane l’approccio più efficace, particolarmente per i viaggiatori diretti verso aree tropicali e subtropicali. L’adozione di semplici misure precauzionali, ossia evitare di camminare a piedi nudi in terreni sabbiosi, potenzialmente contaminati, ed anche evitare il contatto con cani o gatti senza controllo parassitario. Con queste accortezze si riduce significativamente il rischio di infestazione.
La crescente diffusione della larva migrans in aree precedentemente non colpite, in relazione ai cambiamenti climatici, con maggiore umidità e soprattutto pioggia e diffusione delle micro larve, induce ad adottare comportamenti di attenzione. E’ importante una continua sorveglianza epidemiologica e un’adeguata informazione della popolazione sui rischi associati a questa patologia sempre più diffusa.

La malattia denominata “larva migrans” rappresenta una condizione parassitaria determinata da diverse specie di parassiti. Colpisce la pelle e, in alcune varianti, gli organi interni. Le forme più comuni di questa infestazione sono
la “larva migrans cutanea”, causata principalmente da “anchilostomi tipici di animali,
la “larva migrans viscerale”, risultante dalla migrazione delle larve attraverso gli organi interni.

Definizione e tipologie di Larva Migrans
La “larva migrans” comprende diverse manifestazioni cliniche, classificate in base alla localizzazione dell’infestazione nel corpo umano.
Larva Migrans Cutanea
La larva migrans cutanea (LMC), nota anche come “dermatite serpiginosa” o “eruzione strisciante”, è una malattia dermatologica causata dalla penetrazione transcutanea delle larve di un verme uncinato, l’anchilostoma, che vive come parassita “commensale” nell’intestino di diverse specie animali, principalmente cani e gatti. Questa forma rappresenta la manifestazione più comune della patologia ed è caratterizzata da “lesioni cutanee serpiginose” facilmente riconoscibili.
I parassiti principalmente responsabili sono
l’*Ancylostoma caninum*, parassita tipico del cane con distribuzione cosmopolita;
l’*Ancylostoma braziliense*, diffuso nelle aree tropicali e subtropicali, capace di infestare sia cani che gatti. Questi parassiti, non trovando nell’uomo un ambiente idoneo al loro sviluppo completo, rimangono confinati negli strati superficiali della cute, dove causano i caratteristici segni clinici.

Altre forme di Larva Migrans
Oltre alla forma cutanea, esistono altre varianti di questa infestazione parassitaria:
“Larva migrans viscerale”: si verifica quando gli esseri umani ingeriscono inavvertitamente “uova embrionate” delle specie *Toxocara canis* o *Toxocara cati*, con conseguente migrazione delle larve attraverso vari organi interni.
“Larva migrans oculare”: in questa forma, le larve invadono il tessuto oculare, causando potenziali danni alla vista.
“Larva migrans neurale”: caratterizzata dalla migrazione dei parassiti verso il sistema nervoso centrale, provocando sintomi neurologici.
“La larva currens”, invece, è una forma particolare causata dallo *Strongyloides stercoralis*, che si manifesta con lesioni serpiginose orticarioidi a rapida progressione, iniziando tipicamente in prossimità della cute perianale.

Meccanismi di trasmissione e infestazione
Il ciclo di trasmissione della larva migrans cutanea inizia con l’eliminazione delle uova del parassita attraverso le feci degli animali infestati.
Ciclo biologico e modalità di contagio
Gli animali infestati dall’anchilostoma espellono con i loro escrementi le microscopiche uova del parassita, dalle quali nascono poi le larve. Queste si sviluppano particolarmente in condizioni di caldo (temperature di 20-30°C) e nei terreni umidi. Le larve sono ottime “nuotatrici” e si propagano tra le gocce di pioggia, sulle foglie o sulla vegetazione, fino a entrare in contatto con un organismo ospite.
L’uomo viene contagiato attraverso il contatto diretto con il terreno contaminato dalle feci degli animali. Le larve penetrano nella pelle e, non trovando un ambiente adatto al loro completo sviluppo nell’ospite umano, rimangono confinate nel tessuto sottocutaneo. A differenza di quanto avviene negli animali, nell’uomo le larve non raggiungono il circolo sanguigno, ma parassitano esclusivamente la cute.

Fattori di rischio e aree geografiche
La malattia è particolarmente diffusa in quelle zone in cui si verificano violazioni delle norme igieniche di base e condizioni di stretta coabitazione tra uomo e animali domestici. Alle nostre latitudini si osserva principalmente in soggetti che hanno soggiornato in aree a più alto rischio.
L’ambiente ideale per la trasmissione all’uomo è rappresentato dalle spiagge caldo-umide tropicali, dove la sabbia contaminata offre condizioni ottimali per lo sviluppo delle larve. L’infestazione è tipica dei Caraibi, meno frequente in Turchia e Grecia, e ancora più rara in Adriatico e Costa Azzurra.
La larva migrans cutanea rappresenta una delle più frequenti malattie dermatologiche tra i viaggiatori di ritorno dai paesi tropicali.
L’emergenza di questa condizione in regioni precedentemente immuni sia dovuta ai cambiamenti climatici.

Manifestazioni cliniche e diagnosi
La larva migrans cutanea si manifesta con segni clinici caratteristici che ne facilitano la diagnosi.

Sintomi e segni clinici principali
Le larve scavano nell’epidermide, provocando lesioni che hanno l’aspetto di sottili linee rosse filiformi dall’andamento tortuoso (da cui il nome di “dermatite serpiginosa”). Le lesioni si localizzano sotto la cute delle zone poste a contatto diretto con il terreno contaminato: mani, piedi, glutei e schiena.
Il cammino delle larve provoca forte prurito e dolore, particolarmente intenso durante la notte. Possono inoltre manifestarsi piccole escrescenze e vescicole. Il grattamento di queste lesioni può portare a infezioni batteriche secondarie della pelle.
In alcuni casi, la larva migrans cutanea può essere complicata da una reazione polmonare autolimitante, definita sindrome di Löffler, caratterizzata da infiltrati polmonari a chiazze ed eosinofilia periferica.

Approccio diagnostico
La diagnosi di larva migrans cutanea si basa essenzialmente sull’anamnesi e sull’aspetto clinico caratteristico delle lesioni. Gli elementi chiave per la diagnosi includono:
– Storia recente di viaggi in aree endemiche tropicali o subtropicali
– Esposizione della pelle a sabbia o terreno potenzialmente contaminati
– Presenza delle caratteristiche lesioni serpiginose
– Intenso prurito associato alle lesioni
Gli esami ematochimici possono evidenziare un lieve incremento degli eosinofili nel sangue, come riportato in un caso clinico di una bambina di 4 anni con larva migrans cutanea che presentava 830 eosinofili/mmc.

Trattamenti farmacologici e loro efficacia
Sebbene la larva migrans cutanea sia una condizione autolimitante, l’intenso prurito e il rischio di infezioni secondarie rendono necessario un trattamento specifico.
Opzioni terapeutiche principali
I farmaci antielmintici rappresentano il cardine della terapia, con diverse opzioni disponibili:
1. “Albendazolo”: rappresenta uno dei trattamenti di prima scelta. La posologia raccomandata è di 400 mg al giorno per via orale per 3 giorni consecutivi. Questo regime terapeutico ha dimostrato tassi di guarigione variabili tra il 46% e il 100%.
2. “Ivermectina”: può essere somministrata come dose singola di 12 mg, eventualmente ripetuta il giorno successivo. Gli studi hanno evidenziato tassi di efficacia molto elevati, compresi tra l’81% e il 100%.
3. “Terapie topiche”: alcuni esperti raccomandano il trattamento topico con ivermectina, tiabendazolo (in sospensione al 10% o crema al 15%) o metronidazolo crema, tutti utilizzati quattro volte al giorno.

Recentemente, nel febbraio 2025, l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha adottato un parere favorevole all’uso di ivermectina-albendazolo in associazione per il trattamento di infezioni causate da diverse tipologie di vermi parassiti, incluse quelle provocate da anchilostomi.

Confronto tra i diversi approcci terapeutici
Secondo gli studi disponibili, l’ivermectina orale sembra offrire i tassi di guarigione più elevati, raggiungendo fino al 100% di efficacia in dose singola.
L’albendazolo, seppur altamente efficace, mostra una maggiore variabilità nei risultati terapeutici (46-100%).
I trattamenti topici presentano limitazioni, specialmente in caso di lesioni multiple e di follicolite da anchilostoma, e richiedono applicazioni tre volte al giorno per almeno 15 giorni. La crioterapia (congelamento del fronte avanzante della traccia cutanea) raramente risulta efficace.
Nel caso degli altri tipi di larva migrans, come la forma viscerale, possono essere necessari dosaggi o durate di trattamento differenti. Per la larva migrans viscerale, ad esempio, il dosaggio raccomandato è di 400 mg di albendazolo due volte al giorno per 5 giorni.

Prevenzione e misure profilattiche
La prevenzione della larva migrans risulta fondamentale, specialmente per i viaggiatori diretti verso aree endemiche.
Misure preventive individuali
Per ridurre il rischio di infestazione, è consigliabile:
– Evitare il contatto diretto della pelle con terreno potenzialmente contaminato;
– Non camminare a piedi nudi sulle spiagge a rischio;
– Utilizzare teli da spiaggia o sdraio anziché sdraiarsi direttamente sulla sabbia;
– Praticare una corretta igiene personale durante i soggiorni in aree endemiche

Controllo degli animali domestici
Per prevenire la contaminazione ambientale da parte di cani e gatti, è importante:
– Sottoporre regolarmente gli animali domestici a trattamenti antielmintici;
– Nelle aree in cui il rischio è rappresentato principalmente da *Toxocara* spp., per i cani e i gatti che vivono all’aperto si raccomanda la sverminazione almeno quattro volte l’anno;
– Rimuovere prontamente le feci degli animali domestici dalle aree pubbliche e private;
Queste misure, insieme a una maggiore consapevolezza dei rischi associati alle aree endemiche, possono ridurre significativamente l’incidenza della larva migrans nelle popolazioni a rischio.

Larva Migrans: Cause, Infestazione e Trattamenti Ottimali Leggi tutto »

error: Il contenuto di questo sito è protetto!
C e s m e t . c o m C l i n i c a d e l V i a g g i a t o r e
C e s m e t . c o m C l i n i c a d e l V i a g g i a t o r e
C e s m e t . c o m C l i n i c a d e l V i a g g i a t o r e