Paolo Meo - MioDottore.it

Le malattie

I sintomi del Long Covid

Ambulatorio “Long Covid” presso le malattie infettive
 
controlli medici polispecialistici coordinati

Prenota subito  un “check up clinico e diagnostico POST-Covid-19”, per valutare il tuo stato post- covid.
(clicca qui per prenotare via mail lasciando i tuoi dati)
Ti verranno inviate tutte le informazioni per prenotare il tuo check up. Ti verranno inviati i moduli di raccolta dati clinici ed anche l’elenco degli esami che dovrai portare in sede di visita.  Prenota anche inviando un whatsapp al seguente numero – 3466000899 o scrivendo a seg.cesmet@gmail.com

I Sintomi ed i Segni del Long Covid

 

Sono passati oltre due anni dall’inizio della pandemia da SARS-CoV-2 e sempre più persone infettate dal virus e dalle sue varianti presentano sintomi che non si esauriscono nelle prime settimane della fase acuta della malattia ma permangono nei mesi successivi e continuano oltre il previsto impedendo un pieno ritorno allo stato di buona salute. Questa condizione di “persistenza di sintomi” riguarda persone di ogni età, “dai più piccoli, infettati con il virus, agli adolescenti e giovani adulti, agli anziani”, che sono spesso portatori di malattie croniche e degenerative.


Questa entità “clinica specifica”, caratteristica del Post Covid, è denominata Long-COVID ed è caratterizzata da un’ampia e molto variabile presenza di sintomi e segni clinici. Questi sintomi così diversi sono  causati da danni subiti dai differenti organi e richiedono una valutazione clinica basata su un approccio multidisciplinare e multispecialistico. Approccio che parte sempre da una valutazione clinica generale ed infettivologica.

I sintomi ed i segni clinici attribuibili alla condizione di LONG COVID sono numerosi e soprattutto eterogenei. La grande variabilità di questi sintomi e segni clinici si può presentare sia con “manifestazioni singole ed uniche” sia con “manifestazioni multisintomatiche e con diverse combinazioni”. Alcuni sintomi si presentano in modo transitorio, compaiono, si mantengono nel tempo e poi tendono a scomparire, anche rapidamente. Altri sintomi hanno caratteristiche intermittenti e si presentano e scompaiono per poi ricomparire, senza una vera motivazione. Molti di questi sintomi sono costanti ed anzi tendono ad aggravarsi. E’ esperienza di chi segue questo tipo di malati che più grave è stata la malattia acuta da COVID-19, maggiore è l’entità e la manifestazione dei sintomi nel tempo e la loro persistenza.

 

SINTOMI DEL LONG COVID

I sintomi del Long-COVID sono stati suddivisi in due categorie:
(1) sintomi legati a manifestazioni generali;
(2)
sintomi legati a manifestazioni organo-specifiche.

 

Nelle MANIFESTAZIONI GENERALI si ritrovano sintomi quali

  • una fatica persistente;
  • una astenia in aggravamento, ossia una stanchezza eccessiva che impedisce una attività normale. Questo è il sintomo documentato con maggiore frequenza;
  • una febbricola che si presenta in particolare la sera, recidivante;
  • debolezza e stanchezza muscolare;
  • dolori diffusi caratterizzati da mialgie e artralgie;
  • sensazione di malessere e peggioramento dello stato di salute caratterizzato da: –anoressia,
    riduzione dell’appetito,

Nelle MANIFESTAZIONI ORGANO SPECIFICHE i danni si mantengono a lungo termine e costituiscono una serie di problemi:

 

  • POLMONARI / RESPIRATORI si ritrovano nella maggior parte delle persone che manifestano sintomi “post Covid”,
      • Dispnea, che non necessariamente migliora con l’utilizzo di ossigeno;
      • Affanno,
      • tosse persistente,
      • diminuzione della capacità di espansione della gabbia toracica;

     

  • CARDIOCIRCOLATORI
      • Senso di oppressione toracica

     

    • Dolore toracico
    • Palpitazioni
    • Tachicardia
    • Aritmie
    • Variazione della pressione arteriosa
  • NEUROLOGICI

Manifestazioni del sistema nervoso centrale

  • Cefalea, spesso non risponde agli antidolorifici. E’ uno dei sintomi più frequente, spesso bilaterale. Ha spesso caratteristica pulsante più frequentemente nella regione temporo-parietale;
  • Deterioramento cognitivo, che è descritto anche come “annebbiamento cerebrale” o “brain fog” talvolta persistente;
  • Difficoltà di concentrazione e difficoltà nella attenzione;
  • Problemi di memoria;
  • Difficoltà nelle funzioni esecutive, e quindi una lentezza nell’eseguire dei compiti o attività;
  • Vertigini
  • Disturbi del sonno, in particolare nel prendere sonno;
  • Disautonomia, un problema di “ipotensione ortostatica”

Manifestazioni neurologiche rare
Sono complicanze iniziate nella fase acuta di COVID-19 che possono arrecare un danno neurologico permanente

  • Eventi cerebrovascolari acuti (ictus ischemico/ emorragico)
  • Crisi epilettiche
  • Meningite/encefalite
  • Mielopatia/mielite
  • Sindrome di Guillain-Barré
  • Sindrome di Miller Fisher,
  • polinevriti craniche,
  • malattia demielinizzante del sistema nervoso centrale

Manifestazioni del sistema nervoso periferico

  • Sensazione di “Formicolio e senso di intorpidimento” piedi e mani, sintomi legati a “neuropatie periferiche di origine infiammatoria
  • Perdita di gusto e olfatto, sintomi tipici di SARS-CoV-2

 

  • PSICHIATRICI
    • Stati Depressivi
    • Stati d’ Ansia
    • Sindrome da stress post-traumatico (PTSD)
    • Sintomi ossessivo-compulsivi
    • Delirium, in particolare negli anziani)
    • Psicosi
  • ENDOCRINOLOGICI
    • Diabete mellito di nuova insorgenza con presenza di cheto acidosi. Questo si manifesta nella fase post acuta del Covid in persone che non avevano mai manifestato segni di iperglicemia;
    • tiroidite subacuta, si manifesta dopo mesi di malattia da Covid-19, in soggetti precedentemente eutiroidei, con una tireotossicosi clinicamente manifesta.
  • EMATOLOGICI

L’aspetto ematologico è caratteristico degli esiti nelle fasi post-acute. In seguito a forme particolarmente acute della malattia da Covid-19, in mancanza di terapia profilattica alla dimissione dal ricovero, i pazienti hanno sviluppato anche dopo un lungo periodo “embolia polmonare segmentaria, presenza di trombi in atri destro ed intracardiaci, ictus ischemico post trombotico;

  • Tromboembolismo
  • DERMATOLOGICI
    • Eritema pernio
    • Eruzioni papulo-squamose
    • Rash morbilliformi
    • Eruzioni orticaroidi
    • Alopecia
  • OTORINOLARINGOIATRICI

I danni a livello otorino si presentano a lungo termine con sempre maggior frequenza e sono sia funzionali che organici. Il danno è realizzato direttamente dall’azione del virus ma anche dagli esiti infiammatori “sine causa”.

  • Acufeni
  • Mal di gola (faringodinia)
  • Difficoltà a deglutire (disfagia)
  • Disfonia
  • GASTROENTEROLOGICI

Nel post Covid questi sintomi stanno diventando sempre più frequenti e molto diffusa la “sindrome del Colon irritabile post infettivo”.

  • Dolori addominali
  • Nausea
  • Vomito
  • Diarrea
  • Dispepsia
  • Eruttazione
  • Reflusso gastroesofageo
  • Distensione addominale
  • UROLOGICI

Il renale da Covid-19 si manifesta con riduzione del tasso di filtrazione glomerulare, per un danno a livello vascolare. Il danno può intervenire a distanza di mesi anche in presenza di una funzione renale normale nella fase acuta della malattia;

  • Ematuria
  • Proteinuria

 

Nelle MANIFESTAZIONI in diversi gruppi di persone problemi

  • PEDIATRICI

I bambini al di sotto degli 11 anni contraggono una infezione da COVID-19 con bassa tendenza a sviluppare malattia grave durante la fase acuta. Anche nella fase post Covid i malesseri si mantengono molto sfumati.
Tuttavia, un certo numero di piccoli pazienti può andare incontro ad una condizione infiammatoria multi-sistemica denominata  MIS-C (Multisystem Inflammatory Syndrome in Children). Questa condizione richiede un approccio urgente multidisciplinare per un trattamento immediato che, ad oggi, si è dimostrato efficace nel prevenire la possibile evoluzione verso un quadro di insufficienza multiorgano, shock fino al decesso improvviso.
La MIS- C si differenzia dal Long Covid per la sua insorgenza tra i 15 ed i 40 giorni, dopo l’infezione acuta, ed una sintomatologia ben definita.

 

Anche i bambini manifestano segni di Long-COVID con una sintomatologia tardiva e persistente per diversi mesi. Tra i sintomi caratterizzanti la sindrome vi sono:

  • Cefalea;
  • Febbre prolungata; affaticamento persistente; scarsa voglia all’attività fisica;
  • disturbi gastro-intestinali; nausea;
  • mal di gola e manifestazioni cutanee;
  • artromialgie spesso diffuse;
  • cambiamenti del tono dell’umore;
  • disturbo del sonno; difficoltà di concentrazione e vertigini;
  • palpitazioni; sensazione di fame d’aria;

 

  • GERIATRICI

E’ dimostrato che gli anziani manifestano i segni di Long-COVID con una frequenza superiore rispetto ai più giovani. Generalmente dopo una malattia acuta di Covid-19, a distanza di 60/90 giorni fino all’80% manifesta per lo meno un sintomo: tra tutti i vari sintomi astenia, dispnea e dolore articolare e tosse sono i sintomi più frequenti. Molti studi in ambiente geriatrico dimostra che la persistenza dei sintomi in un numero così elevato di soggetti deriva dalla ridotta “riserva funzionale” negli anziani, dalla persistenza dei fenomeni infiammatori con scarso controllo che portano ad una elevata fragilità con una ridotta capacità di recupero dalle situazioni di stress. Il COVID-19 peggiora la presenza di patologie croniche di cui è spesso affetta la persona anziana.

E’ evidente, dopo due anni dall’inizio della pandemia e valutata la situazione del long Covid che le caratteristiche di questo nei pazienti anziani sono sovrapponibili ai pazienti delle fasce di età inferiori: Può modificarsi il livello di gravità maggiore dei sintomi. La presenza di malattie croniche è però di particolare rilevanza negli anziani che possono peggiorare in modo grave i sintomi precedenti.

Dal punto di vista neurologico i “disturbi neurodegenerativi”, “psichiatrici” e di “deterioramento cognitivo” destano particolare apprensione nell’anziano. I dati indicano che, rispetto ad altri eventi clinici acuti, durante i primi 90 giorni dopo una diagnosi di COVID-19, la probabilità di sviluppare demenza è fortemente aumentata tra i pazienti con più di 65 anni.

Attenzione va posta anche allo stato nutrizionale che risulta spesso alterato nei pazienti anziani con Long-COVID. Tra il 26 ed il 45% dei pazienti dopo COVID-19 è stato trovato uno stato di malnutrizione. A questa malnutrizione si associa frequentemente “atrofia muscolare”, “sarcopenia” e stato di fragilità.

Per questo motivo assume particolare importanza nell’anziano svolgere uno studi approfondito degli aspetti clinici, metabolici e delle capacità di risposta mettendo in atto una valutazione multidisciplinare.

 

  • GINECOLOGICI / OSTETRICI

 (fonte ISS e Ministero Salute)

I sintomi del Long Covid Leggi tutto »

Epatite A – Scheda malattia

Consulenza con lo specialista

Se hai bisogno di informazioni o pensi di aver problemi di salute per questa malattia contatta la Clinica del Viaggiatore Cesmet.

Il centro medico Cesmet Clinica del Viaggiatore è specializzato in malattie infettive, tropicali e parassitologiche. Il dr. Paolo Meo, con esperienza più che trentennale in diversi continenti, soprattutto in diversi paesi africani, è a disposizione di chiunque necessità di un chiarimento o una visita specialistica.

Puoi recarti in ambulatorio, prenotando una visita compilando il modulo apposito o telefonando al numero 06 39030481.

Puoi anche richiedere un video-consulto da casa o dal tuo ufficio o ovunque ti trovi nel mondo collegandoti on line con lo specialista.

Cerca in questa pagina la consulenza che ti serve e prenotala, oppure chiama lo 06 39030481.

 

Introduzione e descrizione

L’epatite A è una malattia infettiva acuta, contagiosa, del fegato, a trasmissione alimentare,  causata dal virus dell’epatite A (HAV). Le epatiti virali, conosciute ad oggi, sono cinque (A – B – C – Delta – E)  più una, che ha caratteristiche cliniche e sierologiche molto particolari (epatite G).  L’epatite A provoca una malattia acuta che nei bambini generalmente causa pochi sintomi e può anche passare inosservata, asintomatica. Questi soggetti sono però in grado di infettare gli altri individui. Negli adulti spesso è più acuta e si può manifestare anche in modo grave. Tra i sintomi l’ittero, la nausea, il vomito, la diarrea, non sempre la febbre ed il dolore addominale. La stanchezza può essere un sintomo importante e costringe il malato a letto per qualche settimana e a volte ha periodi di convalescenza piuttosto lunghi. Può raramente verificarsi un’insufficienza epatica acuta, evento più comune negli anziani e nei soggetti con deficit immunitari.

Si contagia per via oro-fecale, ossia mangiando o bevendo cibi o acqua contaminati da feci infette; oppure accostando alla bocca le mani non lavate o suppellettili contaminate con micro residui di feci. I molluschi crudi o poco cotti sono una fonte d’infezione relativamente comune. Ci si può infettare con HAV anche attraverso il contatto con una persona infetta, nel suo periodo di contagio, condividendo lo stesso bagno non applicando corrette misure di igiene, non facendo attenzione alla pulizia delle mani; oppure anche per via sessuale, attraverso rapporti sessuali oro-anali.
Dopo una infezione naturale, asintomatica o sintomatica,  l’individuo acquisisce una immunità per il resto della sua vita. La vaccinazione contro il virus dell’ epatite A è efficace e previane la malattia.  Alcuni paesi lo raccomandano di routine per i bambini e per gli individui a più alto rischio che non sono stati precedentemente vaccinati.
La somministrazione del ciclo del vaccino sembra mantenere la presenza di anticorpi per tutta la vita. E’ opportuno comunque per chi si reca in aree iperendemiche o per lavoro o adotta comportamenti a rischio effettuare periodicamente un richiamo, ogni 10 anni.

Tra le misure preventive efficaci, oltre la vaccinazione il lavaggio delle mani e la cottura dei cibi.

Non esiste un trattamento farmacologico specifico; generalmente vengono consigliati riposo, dieta e, a seconda delle necessità, l’assunzione di farmaci sintomatici contro la nausea e la diarrea. Le infezioni di solito si risolvono completamente e senza che vi sia un danno del parenchima epatico. In caso di insufficienza epatica acuta e generalizzata l’unico trattamento possibile è il trapianto di fegato.
I dati globali stimano in circa 2 milioni i casi sintomatici annui; le infezioni sono stimate in diverse decine di milioni.
La malattia è più comune nelle aree tropicali ed equatoriali e nei paesi con scarsità di norme igieniche e con la difficoltà ad accedere a fonti d’acqua non contaminate.
Nella aree tropicali e depresse e nelle grandi metropoli circa il 90% dei bambini rimangono infettati prima dei 10 anni con una immunità che dura in età adulta. La mortalità è relativamente bassa.

Agente infettivo e ciclo vitale

Il virus dell’epatite A (HAV) – genere Hepatovirus – famiglia Picornaviridae, è un virus a RNA. E’ un virus privo dell’involucro esterno “pericapside”. E’ invece costituito da un “capside di forma icosaedrica” dal diametro di 27 nm. Il capside è costituito da cinque polipeptidi (VP1, VP2, VP3, VP4 e VP5). Esiste un solo sierotipo. Il capside all’interno contiene un singolo filamento di RNA a polarità positiva costituito da 7.478 nucleotidi.  Il virus HAV si lega tramite il “canyon” (una chiave di entrata) formato dalle proteine del capside al recettore che si trova sugli epatociti (cellule del fegato). Avvenuto il legame si modifica il capside con rilascio di VP4 e l’entrata del virus all’interno della cellula.

L’RNA virale (genoma) entra nella cellula bersaglio (epatocita) attraverso il canale venutosi a creare con l’adesione del polipeptide VP1 e il rilascio di VP4. L’RNA virale viene tradotto dai ribosomi in circa 10-15 minuti, cominciando a produrre polipetidi. La replicazione dell’RNA del virus coinvolge una RNA-polimerasi RNA-dipendente virale. La riproduzione delle parti dei nuovi virus è iniziata, e inizia anche l’assemblaggio delle particelle fino alla costituzione del nuovo virus.

L’RNA virale compete con l’mRNA cellulare per l’attacco ai ribosomi bloccandone la traduzione. L’RNA fornisce le informazioni per formare all’interno della cellula i diversi polipeptidi che si assemblano formando il capside vuoto.  Completata la replicazione dell’RNA virale, questo migra all’interno del capside di HAV così da formare il virione completo. E’ importante sapere che HAV, a differenza di altri picornavirus, non distrugge le cellule epatiche ma viene rilasciato dagli epatociti per esocitosi, ovvero per espulsione dalla parete cellulare.

Il capside di HAV è particolarmente resistente. Sopravvive infatti in sia in acqua dolce che in acqua salata. Resiste ai detergenti, sopporta temperature fino a 60 °C e ambienti a pH particolarmente acid.
HAV presenta come organo elettivo di replicazione il fegato, gli epatociti e viene eliminato con le feci, eliminazione che è massima nell’ultimo periodo di incubazione.

Trasmissione, porta di ingresso e incubazione

HAV si trasmette quasi esclusivamente per via oro-fecale, ossia attraverso l’ingestione di microparticelle fecali.  L’ingestione di acqua o cibo contaminato è la causa più frequente di infezione. Il periodo delle piogge, nelle aree tropicali, il fenomeno della fecalizzazione del terreno, gli insetti che dopo essersi depositati su residui fecali infetti si depositano su cibi, contaminandoli; molluschi bivalvi come ostriche, vongole o cozze che filtrano acqua con residui fecali contenenti il virus possono essere veicolo di infezione soprattutto se mangiati crudi. E’ invece insolita la trasmissione parenterale (attraverso siringhe) mentre è possibile la trasmissione sessuale se uno dei partner è infetto con il virus ed il contagio avviene per microparticelle fecali (oro-fecale).

HAV una volta ingerito penetra attraverso l’epitelio orofaringeo o intestinale, superando facilmente la barriera acida gastrica (è molto resistente fino ad un PH 1.), nel la microcircolazione e quindi al torrente circolatorio. Attraverso l’endotelio dei capillari sottomucosi il virus entra nel sangue e giunge nel fegato. HAV attraverso i capillari degi acini epatici fuoriesce dal torrente ematico e si lega agli epatociti o alle cellule di Kupffer (macrofagi specializzati localizzati nel fegato, che fanno parte del “sistema dei macrofagi” – sistema reticoloistiocitario o sistema reticoloendoteliale). Il virus, attraverso il “sistema a chiave” precedentemente descritto, penetra nel citoplasma e comincia a replicare utilizzando i ribosomi della cellula. I virioni completi e attivi (il nuovo virus) una volta prodotto viene espulso dall’epatocita per esocitosi nella bile per essere poi eliminato con le feci.
Il virus si ritrova nelle feci già cinque giorni prima della comparsa dei sintomi e delle alterazioni metaboliche riscontrabili con gli esami di laboratorio, e si ritrova infetto fino a dieci giorni dopo l’esordio dei sintomi. Nei pazienti immunodepressi la eliminazione virale può prolungarsi oltre i 6 mesi dopo l’esordio della malattia.

 

Distribuzione geografica

Aree iperendemiche si ritrovano in quasi tutti i continenti. In particolare nelle aree subsaheliane dell’Africa, nel sud-est asiatico, in America del Sud, nel bacino del mediterraneo e l’est europeo.

Tradizionalmente vengono descritte 3 categorie geografiche di endemicità correlate alla prevalenza di HAV e categorie di rischio comportamentale:

  • aree ad alta endemicità (paesi a basso e medio reddito), con scarse condizioni igienico-sanitarie. Le infezioni si manifestano soprattutto nei bambini sotto i 10 anni e sono spesso asintomatiche. In queste zone solitamente non si manifestano epidemie di HAV poiché adolescenti e adulti sono immuni dalla loro infanzia e costituiscono, con le loro difese immunitarie, una barriera alla diffusione dell’infezione;
  • aree ad endemicità intermedia, (Paesi a medio reddito) con condizioni igienico-sanitarie variabili. In queste zone l’infezione si manifesta soprattutto negli adulti e si possono verificare anche importanti epidemie;
  • aree a bassa endemicità, (Paesi industrializzati) con buone condizioni igienico-sanitarie che frenano la diffusione del virus. In questi Paesi l’infezione colpisce maggiormente gli adolescenti e gli adulti. I principali fattori di rischio sono rappresentati dai viaggi internazionali in zone endemiche e dal consumo di alimenti (soprattutto frutti di mare) o acqua contaminati.
  • soggetti appartenenti a gruppi a rischio, come chi fa uso di droghe per via endovenosa e omosessuali (“man who have sex with men” – MSM), soggetti con quadri di immunodepressione. Aree ad alta prevalenza di HIV

Secondo i dati statistici di eCDC in Europa l’incidenza dell’infezione varia ciclicamente con picchi di malattia ogni 10-15 anni. ECDC nel 2018 riporta 15.677 casi confermati di epatite A nell’Unione Europea, con predominanza di casi tra la popolazione maschile (57,2% uomini vs 42,8% donne). La fascia d’età più colpita continua ad essere quella compresa tra i 5 ed i 14 anni.

Sintomi

I sintomi sono prevalentemente gastrointestinali. Frequente la febbre; importante astenia che aumenta nel tempo; artralgie e dolori generalizzati. L’ ittero è di durata variabile. L’infezione al di sotto dei due anni d’età difficilmente evolve in malattia evidente, ma le forme sono quasi sempre inapparenti.
L’infezione acuta da HAV è caratterizzata nella prima fase da:
Malessere generale – Perdita dell’appetito – Nausea – Debolezza – Facile affaticabilità – Mal di testa – Dolori addominali non intensi e difficilmente localizzabili nella fase pre-itterica. A partire da 4-5 giorni prima della fase itterica si assiste a un’intensificazione della sintomatologia che invece migliora a partire dalla fase itterica.

Fase itterica:  Ittero (la pelle e la sclera assumono un colore giallastro), urine scure, feci chiare, comparsa di prurito nella fase itterica. 

I sintomi di solito appaiono da 2 a 6 settimane (periodo di incubazione) dopo l’infezione iniziale, con una media di 28 giorni.

Tra il 10-20% dei pazienti presentano un quadro di esordio simil-influenzale con febbre (da 37,7 a 38,3°C), mal di gola, raffreddore e tosse. Le urine tendono a diventare ipercromiche, cioè con una colorazione più intensa. In questi casi la sintomatologia è poco specifica, cioè non fa pensare immediatamente all’epatite, ma può essere confusa con molte altr malattie.

Fisiopatologia dell’epatite A

L’origine dei sintomi e della malattia sono da imputarsi prevalentemente alla forte risposta immunitaria dell’organismo contro il virus, prevalente negli organismi adulti.  Difatti l’azione lesiva sulle cellule epatiche non deriva dall’azione diretta del virus, che una volta moltiplicato viene espulso dalla cellula con processo di “esocitosi” non lesivo per la cellula medesima. Ma invece la lesione cellulare e l’insorgenza dei sintomi derivano dalla abnorme reazione del sistema immunitario con l’induzione dei meccanismi dell’infiammazione che agiscono sulle cellule infette per distruggerle.  Difatti il sistema immunitario combatte l’infezione da HAV tramite la secrezione di interferoni che hanno la funzione di limitare all’interno degli epatociti la replicazione virale. Viene anche indotto un processo di apoptosi, ossia della morte delle cellule epatiche indotta da linfociti NK e linfociti T-citotossici. Quindi una vera e propria morte degli epatociti causata dall’attacco delle cellule del sistema immune, con incremento anche elevato delle transaminasi. Il virus viene anche combattuto dalla presenza degli anticorpi, in particolare IgG e IgM e dal sistema del complemento mediante fenomeni di citotossicità cellulare anticorpo-dipendente. Gli anticorpi anti-HAV in seguito a un’infezione permangono a vita.

Diagnosi e trattamento

DIAGNOSI dell’epatite A

La reazione dell’organismo ad HAV danneggia le cellule epatiche che perdono la loro funzionalità di metabolizzare ed eliminare dall’organismo le tossine o i prodotti di scarto come la bilirubina. Con il progredire della patologia e l’apoptosi cellulare, la bilirubina e gli enzimi epatici aumentano nel sangue. La bilirubina e il pannello epatico costituito da transaminasi, fosfatasi alcalina e gamma GT forniscono informazioni sulle condizioni del fegato.
La ricerca degli anticorpi diretti contro HAV determina l’eziologia della malattia.
Esistono due differenti classi di immunoglobuline anti-epatite A: le IgM e le IgG. In seguito all’esposizione al virus HAV, l’organismo produce prima gli anticorpi IgM, che compaiono entro 2-3 settimane dal contagio precedendo spesso lo sviluppo dei sintomi. Queste persistono per 3-6 mesi.
Le IgG vengono prodotte dopo 1-2 settimane dalla comparsa delle IgM e persistono per tutta la vita. La ricerca degli anticorpi IgG anti-epatite A (IgG anti-epatite A) viene eseguita per distinguere un’infezione acuta da un’infezione pregressa. La positività delle IgG anti-epatite A suggerisce una precedente infezione da virus dell’epatite A prima oppure la presenza di immunità acquisita.
Se le IgM anti-epatite A sono positive, si pone diagnosi di epatite A acuta.
L’induzione delle IgG da vaccino ha generalmente una durata ridotta. Per questo motivo è importante un richiamo ogni 10 anni.
Ulteriori esami per l’epatite A comprendono albumina sierica, e il tempo di protrombina/rapporto internazionale normalizzato (INR).

TRATTAMENTO
Non esiste ad oggi un trattamento specifico per l’epatite A. Le forme lievi di solito si risolvono spontaneamente e non provocano danni permanenti al fegato. Viene normalmente prescritta una terapia di supporto che consiste nell’apporto di molti liquidi, importante glucosate ed anche Ringer Lattato. 
Dieta leggera con assunzione di piccole quantità di cibo e bevande più volte al giorno.
HAV si può raramente manifestare con una forma potenzialmente letale, ossia l’epatite fulminante. Questa provoca insufficienza epatica tale da richiedere il ricovero ospedaliero. Negli anziani e nei soggetti con insufficienza epatica cronica tende ad essere più aggressiva. Le persone affette da epatite A acuta in queste condizioni devono essere monitorate con grande attenzione.

Controllo, trasmissione e vaccinazione

L’infezione da HAV si previene con il vaccino che è fortemente raccomandato alle persone a rischio complicanze, incluse le persone con patologie croniche del fegato e pazienti con lesioni epatiche riconducibili ad altre cause. Importante la vaccinazione per chi fa uso di droghe e per coloro con rapporti sessuali non protetti (micro particelle fecali). Fortemente raccomandato il vaccino per chi affronta viaggi internazionali.

VEDI LA SCHEDA VACCINAZIONE PER EPATITE A

L’epatite A può essere prevenuta con una corretta igiene, che prevede il lavaggio delle mani dopo l’uso del bagno, dopo aver cambiato un pannolino e prima di mangiare o di cucinare. Attenzione ai cibi contaminati e crudi.

Oltre la vaccinazione, il viaggiatore che si reca in Paesi ad alto rischio dovrebbe rispettare alcune semplici regole, come lavare abbondantemente verdura e frutta, e sbucciare quest’ultima prima di mangiarla. Mangiare carne e pesce, in modo particolare i molluschi, soltanto dopo una attenta cottura. Non lasciar passare troppo tempo dalla cottura.
Un altro importante veicolo di infezione dell’epatite A è l’acqua; quella di rubinetto o di sorgenti comuni deve essere bollita per almeno 10 minuti. L’acqua in bottiglia può essere consumata a patto che la bottiglia venga aperta sotto i propri occhi. Attenzione al ghiaccio, che non andrebbe mai consumati direttamente o aggiunto alle bevande. Una attenzione particolare a non lavarse denti con acqua del rubinetto.  Anch’essa dovrebbe essere di bottiglia. Allo stesso modo, quando si fa il bagno in fiumi e mari è bene prestare attenzione che non entri dell’acqua in bocca.
Ricapitolando una buona prevenzione personale dell’epatite A si ottiene adottando con le comuni norme di igiene come l’accurato e frequente lavaggio delle mani, dopo essere stati alla toilette e prima di manipolare gli alimenti. Oggetti come spazzolini, posate, bicchieri ed asciugamani devono essere di utilizzo strettamente personale.
Per tutte queste innumerevoli vie di contagio è importante vaccinarsi prima della partenza, per viaggio o per lavoro, nelle zone a rischio.
La prevenzione generale dell’epatite A, molto efficace nei Paesi industrializzati, si attua dotando le abitazioni di un’adeguata rete fognaria e di un efficace sistema di raccolta e trattamento dei rifiuti; il tutto con lo scopo di evitare la contaminazione delle falde acquifere. Attenzione, pertanto, quando ci si reca in Paesi o regioni in cui i rifiuti si accatastano lungo le strade anziché in apposite discariche.

Notizie e bibliografia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Epatite A – Scheda malattia Leggi tutto »

Epatite B – Scheda malattia

Descrizione

L’epatite virale è uno dei più importanti problemi sanitari in tutto il mondo. Si stima che ci sono approssimativamente circa 300 milioni cronici di portatori di epatite B nel mondo, di cui la metà nel continente asiatico. In Italia il 3-4% della popolazione è portatore cronico di epatite; un portatore cronico può sviluppare malattie gravi (epatite acuta, cirrosi epatica e tumore del fegato) alcune delle quali mortali. La media è tra i 15 e i 25 anni, con una netta prevalenza per il sesso maschile. Il virus dell’epatite B è estremamente contagioso (molto più di quello dell’AIDS).

Epatite B

  • Descrizione
  • Agente infettivo
  • Distribuzione
  • Porta di ingresso
  • Trasmissione
  • Incubazione
  • Sintomi
  • Evoluzione
  • Controllo e prevenzione
  • Vaccinazione

Agente Infettivo

Virus dell’epatite B: Epadnavirus.

Distribuzione

Africa, Medio Oriente, Asia, Centro e Sud America

Porta di ingresso

Sangue (trasfusioni, aghi, siringhe, strumenti chirurgici contaminati, trapianto di organi infetti, parto), microlesioni della cute o delle mucose in particolare degli organi sessuali a contatto con materiali biologici infetti (rapporti sessuali, chirurgia, interventi odontoiatrici).

Trasmissione

Rapporti sessuali, sangue infetto o altri liquidi biologici, anche se in minor misura. Trasmissione verticale dalla madre al figlio durante il parto. Se contratta in giovane età diventa molto spesso cronica: nel 90% dei casi nei neonati, nel 50% tra i bambini. Tra gli adulti, invece, cronicizza solo nel 5 % dei casi. Esiste un vaccino, obbligatorio per legge dal 1991.

Incubazione

60-180 giorni.

Sintomi

Forme asintomatiche: (65-70% del totale).
Forme anitteriche: frequenti nei bambini; malessere generale, astenia, nausea, anoressia, vomito, febbre.
Forme itteriche: come le precedenti, con ittero successivo ingravescente e (raramente nel bambino) urine ipercromiche e feci acoliche.

Rara la forma fulminante, a esito letale. Nell’epatite B cronica attiva, il 25 per cento dei pazienti va incontro a cirrosi, mentre il 5% viene colpito da carcinoma epatico.

Nel caso di epatite cronica, attiva o meno, il portatore resta comunque contagioso: certamente il contagio è più facile quanto più il virus si replica e, quindi, più elevato è il suo livello nel sangue (viremia).

L’infezione acuta da epatite A, B e C è caratterizzata nella prima fase da:

  • Malessere generale
  • Perdita dell’appetito
  • Nausea
  • Debolezza
  • Facile affaticabilità
  • Mal di testa
  • Dolori addominali non intensi e difficilmente localizzabili
  • Ittero (la pelle e la sclera assumono un colore giallastro)

In alcuni casi (10-20%), il paziente presenta il quadro classico dell’influenza con febbre (da 37,7 a 38,3) e anche mal di gola, raffreddore e tosse. Le urine tendono a diventare ipercromiche, cioè con una colorazione più intensa. In definitiva, la sintomatologia è poco specifica (cioè non fa pensare immediatamente all’epatite) perché potrebbe essere riferita anche ad altre malattie. Ci sono però alcune circostanze che devono far pensare a un’epatite, per esempio:

  • Recentemente si sono mangiati frutti di mare crudi
  • Si è sofferto di un’intossicazione alimentare
  • Si sono avuti rapporti sessuale non protetti
  • Si sono avuti contatti con persone con deficit immunitari
  • Si è entrati in contatto con sangue o emoderivati
  • Si è fatto uso di stupefacenti con scambio di siringhe

Evoluzione

Negli adulti il 10% dei casi (la percentuale è maggiore nei bambini) può cronicizzare ed evolvere verso una cirrosi o un epatocarcinoma. Tali complicanze sono inversamente proporzionali all’età di insorgenza. Superata l’infezione acuta, il soggetto può divenire portatore sano e può trasmettere il virus ad altri soggetti.

Controllo e prevenzione

Ancora oggi non esiste un trattamento risolutivo per l’epatite cronica, ma la situazione è migliorata negli ultimi anni, in particolare con il perfezionamento delle terapie con Interferone alfa, sostanza normalmente prodotta dall’organismo che riesce a impedire la replicazione virale. Non essendoci attività del virus, il tessuto epatico non vene danneggiato e non si ha progresso verso la cirrosi. Sfortunatamente, il tasso di successo pieno delle terapie con interferone è pari al 15%, si sale al 30% con la terapia combinata (interferone più ribairina) ma nel restante 70% si assiste a un ripresa dell’attività della malattia. Quella farmacologica non è la sola terapia, ovviamente, in quanto si ricorre alla chirurgia sia per la rimozione delle zone del fegato ormai cirrotiche sia, come soluzione estrema, per il trapianto dell’organo.

Sul piano della prevenzione, il più importante passo avanti è stata la messa a punto del vaccino contro l’epatite B, che con tre inoculazioni garantisce un’immunità superiore al 90%. In questo modo, in Italia si è avuto un drastico calo dei nuovi casi, tanto che oggi nei centri di ricerca si fa fatica a trovare pazienti infettati di recente.

Vaccinazione

E’ obbligatoria in Italia dal 1991 per tutti i nuovi nati e, per i dodici anni successivi all’entrata in vigore della legge, per gli adolescenti nel corso del 12° anno. Il vaccino viene inoltre fornito ai soggetti delle seguenti categorie a rischio (D.M 4.10.1991):

Conviventi, in particolare bambini, e altre persone a contatto con soggetti HBsAg positivi.

  • Politrasfusi, emofilici, emodializzati
  • Vittime di punture accidentali con aghi potenzialmente infetti.
  • Soggetti affetti da lesioni croniche eczematose e psoriasiche della cute delle mani. Detenuti negli Istituti di prevenzione e pena.
  • Persone che si rechino all’estero, per motivi di lavoro, in aree geografiche ad alta endemia di HBV.
  • Tossicodipendenti, omosessuali e soggetti dediti alla prostituzione.
  • Personale sanitario di nuova assunzione nel SSN e personale già impegnato in attività a maggior rischio di contagio, segnatamente che lavori in reparti di emodialisi, rianimazione, oncologia, chirurgia generale e specialistica, ostetricia, malattie infettive, ematologia, laboratori di analisi, centri trasfusionali, sale operatorie, studi dentistici, medicina legale e sale autoptiche, pronto soccorso.
  • Soggetti che svolgono attività di lavoro, studio e volontariato nel settore della sanità.
  • Personale e ospiti di istituti ritardati mentali.
  • Personale religioso che svolge attività nell’ambito dell’assistenza sanitaria.
  • Personale addetto alla lavorazione degli emoderivati.
  • Personale della Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Corpo degli agenti di custodia, Comandi Provinciali dei Vigili del Fuoco, Comandi Municipali dei Vigili Urbani.
  • Addetti ai servizi di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti.

Il vaccino attualmente in uso, prodotto con tecniche di ingegneria genetica, è efficace e privo di rischi.

Viene somministrato per via i.m. nella parte antero-laterale della coscia del lattante, e nel deltoide al di sopra dei 10 anni.

Calendario vaccinale

Per i neonati:1° dose 2-3° mese (con OPV-DTP); 2° dose 4-5° mese (con OPV-DTP); 3° dose 3° mese; 4° dose 11-12° mese.

Per tutti gli altri soggetti:1° dose tempo 0; 2° dose dopo un mese; 3° dose dopo sei mesi dalla prima.

Viaggiatori internazionali

Si consiglia la somministrazione del vaccino a tutti coloro che si recano in paesi iperendemici in particolare in paesi della fascia tropicale e subtropicale, dei paesi dell’Est Europeo, e del Bacino del Mediterraneo. E’ opportuno che tutti coloro che si recano per motivi di lavoro e per periodi prolungati effettuino la vaccinazione.

Controindicazioni

Oltre a quelle generiche vi è in particolare: ipersensibilità accertata verso i componenti del vaccino.

Effetti collaterali

Locali : eritema, tumefazione, prurito, dolore in sede di iniezione (idrossido di alluminio), di lieve durata; generali: (circa 5%). Febbre, cefalea, nausea, vertigini, mialgie, dolori articolari, di breve durata.

Epatite B – Scheda malattia Leggi tutto »

Diarrea del viaggiatore, un problema comune

Diarrea? Info e consulenze. Stai male? Richiedi una visita specialistica  ed esami di laboratorio. Prenota la tua visita od i tuoi esami.Chiama 0639030481 o acquista la tua consulenza per informazioni personalizzate ed un colloquio con il tuo medico specialista di fiducia.

  • Che cosa è
  • Come si manifesta
  • Le cause: batteri virus e parassiti
  • Aree geografiche di maggior rischio
  • Come si previene
  • Trattamento
  • I Bambini e la diarrea del viaggiatore

Notizie utili sulla Diarrea Del Viaggiatore

La “diarrea del viaggiatore (DDV)”, detta anche “Vendetta di Montezuma”,  evento molto comune e si manifesta nella maggior parte dei soggetti che affrontano un viaggio. Il 40% ed il 60% dei viaggiatori, ovunque nel mondo, sono soggetti ad almeno un episodio di diarrea. Soffre più di diarrea chi vive ad elevato livello di igiene. Il rischio di diarrea aumenta nei viaggiatori con elevato tenore socio economico, nei giovani che effettuano vacanze avventurose, dando poco peso alle regole preventive, nei soggetti portatori di aclorìdria gastrica (bassi livelli di acido nello stomaco) o in trattamento antiacido, nei portatori di malattie croniche debilitanti.

Che cosa è la diarrea del viaggiatore

La diarrea del viaggiatore: da 2 / 3 o più evacuazione di feci non formate o liquide nelle 24 ore accompagnate da altri sintomi intestinali o generali. Generalmente senza febbre o sintomi sistemici. Raramente accompagnata da febbre e forte stanchezza. E’ una malattia che si manifesta maggiormente nei giovani piuttosto che negli anziani, senza differenza tra maschi e femmine.  La causa i meccanismi di tipo immunitario, ma anche le modalità di viaggio differenti: più avventurose nei giovani, più attente all’igiene alimentare in età avanzata.

Come si manifesta la diarrea del viaggiatore

La diarrea del viaggiatore si manifesta con scariche di feci liquide o pastose, spesso di forte odore fermentante, talvolta accompagnate da:

  • malessere generale
  • nausea
  • vomito
  • stanchezza

sintomi appena accennati, qualche volta piuttosto forti.

Si associano frequentemente:

  • crampi addominali
  • eruttazioni e meteorismo (iperfermentazione)
  • sensazione di zolfo in bocca.

Nei casi più gravi la diarrea del viaggiatore è accompagnata da febbre lieve od elevata. La diarrea compare generalmente nei primi giorni di viaggio, e dura 3 – 5 giorni, arrecando al viaggiatore disturbi fastidiosi.

Può esaurirsi in 1 o 2 giorni nelle forme lievi, soprattutto assumendo farmaci idonei: sali reidratanti, disinfettanti intestinali o antibiotici, flora batterica protettiva, estratti di foglie di olivo. E’ essenziale attenersi ad un regime alimentare adeguato (antipropulsivi). L’episodio di diarrea può anche durare oltre i sette giorni e talvolta cronicizzare prolungando i disturbi per mesi.

Le cause della diarrea del viaggiatore

La causa principale è quella microbiologica, cioè da batteri,virus, parassiti o raramente miceti.
Il contagio del viaggiatore con i microrganismi avviene generalmente attraverso l’ingestione di alimenti ed acqua o liquidi infetti e contaminati. Residui fecali depositati da mosche ed altri insetti, mani sporche, suppellettili non pulite adeguatamente sono la causa prima del contagio. Le proprie mani sporche, non adeguatamente lavate con acqua e sapone,  l’utilizzo di asciugamani o biancheria contaminata, frequentazione di ambienti con scarsa igiene sono causa di contagio.

Chi proviene da paesi ad alto livello di igiene, per la difficoltà di contatto con microrganismi patogeni, non sviluppa sufficienti difese immunitarie sia all’interno dell’intestino che a livello sistemico. Quando queste persone si recano in paesi con minore livello di igiene ed elevata presenza di microbi, vuoi per ragione climatiche, vuoi per ragioni sanitarie, presentano ridotte difese locali e sistemiche, una improvvisa mutazione della flora batterica naturale nel loro intestino. Per questi meccanismi le forme microbiologiche patogene prendono il sopravvento sopraffacendo i meccanismi di difesa individuale.

Concause o cause scatenanti o facilitanti la diarrea: lo stress derivante dai lunghi viaggi e dal cambiamento del fuso orario, le variazione di clima o ambientale, le variazioni di regimi alimentari e di tipo di cibo, la sensibilizzazione ad alimenti nuovi, l’altitudine. Ma questi fattori da soli non sono cause sufficienti a provocare la diarrea.

Microbiologia della diarrea del viaggiatore

Batteri patogeni

  • Escherichia Coli enterotossico ( ECET ):
    la causa più frequente di diarrea del viaggiatore. Oltre il 50% della diarrea proviene da questo batterio . Diarrea acquosa con crampi intestinali, talvolta nausea e febbre moderata.
  • Salmonella typhi o paratyphi:
    Gastroenteriti febbrili, con sintomi  anche gravi e forti dolori addominali di tipo crampiforme. Possono presentarsi con quadri clinici molto diversi sia come manifestazioni che come durata.
    La Salmonellosi una malattia ubiquitaria, presente sia nei paesi sviluppati, che nei paesi dell’area tropicale, con una pericolosità per l’apparato intestinale derivata dalla aggressività del batterio. Nei paesi industrializzati è tra le cause maggiori di diarrea associata agli alimenti. Rara è la dissenteria da Salmonella, cioè diarrea con sangue e presenza di muco.
  • Shigella spp:
    È la causa della dissenteria bacillare. Si manifesta con diarrea grave, muco e sangue con febbre anche molto elevata. L’episodio si presenta in forma acuta ed anche grave. Si calcola che il 20% delle forme di diarrea , nella zona tropicale, derivi da questo batterio.
  • Campylobacter jejuni
    È un batterio causa di diarrea e sintomi generali che può cronicizzare e protrarsi per molti giorni con sintomatologia lieve che talvolta si aggrava dopo quiescenza anche di qualche mese.
  • Vibrio parahaemolyticus:
    Batterio spirillariforme, parente stretto del bacillo del colera, provoca con una sintomatologia diarroica meno grave del colera vero e proprio, ma pur sempre debilitante. Si contagia attraverso l’assunzione di crostacei, frutti di mare, pesce crudo. Epidemie di diarrea da Vibrio parahaemolyticus si presentano spesso in viaggiatori che partecipano a crociere nei Caraibi, in Giappone ed in diversi paesi asiatici. Presente anche in Africa e nei paesi del Mediterraneo.

Altri agenti patogeni causa di diarrea del viaggiatore:

  • Altri tipi di Escherichia coli ( enteroinvasivi, enteroadesivi )
  • Yersinia enterocolitica
  • Vibrio colerae 01, 0139
  • Aeromonas idrophila

Virus patogeni

  • Rotavirus:
    Questi virus ubiquitari sono da considerare  la causa di diarrea del viaggiatore nel 30% dei casi. Sono la maggior causa di diarrea nei bambini, in particolare al di sotto dei 2 anni. Sono stati rinvenuti frequentemente anche negli adulti. Il virus si ritrova spesso in infezioni miste con altri microrganismi. La diarrea è generalmente acquosa, con scarsi sintomi collaterali, sempre di lieve entità. La febbre è generalmente assente.
  • Norwalk virus:
    sono virus che si manifestano con attacchi di diarrea acuta, talvolta febbrile. Molto spesso sono asintomatici. Da studi eseguiti in diversi paesi il 10 – 15% di viaggiatori presentano anticorpi nei confronti di questi virus. Frequenti le epidemie in corso di crociere e nei grandi raduni.

Altri virus possono provocare attacchi di diarrea nei viaggiatori: Adenovirus, Astrovirus, Calicivirus, Coronavirus, Enterovirus

Parassiti patogeni

Diverse specie di Parassiti, in particolare del gruppo dei Protozoi, possono provocare attacchi di diarrea, generalmente di consistenza pastosa, con scarsa sintomatologia generale. I sintomi compaiono a distanza e cronicizzano nel tempo.
Tra i parassiti più frequenti durante i viaggi:

  • Giardia lamblia
  • Entamoeba histolytica
  • Cryptosporidium parvum
  • Cyclospora cayetanensis

Aree geografiche di maggior rischio per la diarrea del viaggiatore

L’incidenza della diarrea del viaggiatore varia in relazione alle differenti destinazioni.
All’interno di un paese o di una area geografica l’incidenza della malattia è in rapporto alle caratteristiche del territorio, agli andamenti stagionali, all’attenzione ai livelli di igiene.
Si possono schematicamente distinguere 3 aree geografiche con diversa incidenza della sindrome  :

  • Europa Occidentale e Nord America ⇒ incidenza del 10%
  • Sud Europa – bacino del Mediterraneo; Isole dell’Estremo Oriente; Isole del Pacifico; Isole Caraibiche⇒ incidenza tra il 10% e il 20%
  • Resto del mondo ⇒ incidenza tra il 20% ed il 60%

Il rischio di ammalarsi di diarrea è più alto:

  • nei paesi a basso tenore economico e con basse condizioni igienico – sanitarie. Tra questi la maggior parte dei paesi dell’Africa, buona parte dei paesi asiatici ed una buona parte dei paesi dell’America Latina. I paesi dell’America Centrale. I paesi del Medio Oriente.
  • una parte dei paesi dell’Europa dell’Est ed i paesi rivieraschi del Bacino del Mediterraneo sia della costa europea che della costa africana.

Per ulteriori approfondimenti consulta il PLANISFERO o le mappe specifiche.

Come si previene

E’ possibile diminuire il rischio di diarrea del viaggiatore adottando misure preventive che riguardano l’igiene degli alimenti, l’utilizzo di cibi e bevande appropriate alle proprie abitudini, evitare gli eccessi,  praticare una buona e corretta igiene personale.
Non esiste un vaccino unico e sicuro che possa prevenire la diarrea del viaggiatore dal momento che le cause sono molteplici.
Sicuramente è da considerare efficace la vaccinazione contro il tifo che serve a prevenire una delle forme più gravi e diffusa in tutti i continenti, quella da Salmonellosi.

Utilizzare il vaccino orale per il colera, attualmente sul mercato, oltre a prevenire le forme di questa grave malattia attiva anche difese immunitarie su alcuni batteri particolarmente patogeni.
Può essere di un certo aiuto l’assunzione di flora batterica, in commercio se ne trovano diversi tipi, da assumere alcuni giorni prima del viaggio, durante gli spostamenti, e durante i primi giorni di soggiorno.

Sicuramente la migliore forma di prevenzione consiste nell’attuare le misure di igiene sia alimentare che personale.
Osservando in modo adeguato queste regole di igiene si riduce drasticamente il rischio di contrarre la diarrea del viaggiatore.
E’ anche utile purificare e trattare l’acqua con disinfettanti.

Il rischio di ammalarsi è molto minore utilizzando cibo cotto e consumandolo presso abitazioni private o alberghi conosciuti che non assumendolo presso venditori ambulanti o piccoli ristoranti di cui non si conosce il livello di igiene.
Farmaci che riducono il movimento intestinale, e quindi bloccano gli episodi diarroici (quali: la loperamide – Imodium) possono essere assunti in caso di diarree lievi e paucisintomatiche, accompagnandoli con l’assunzione di disinfettanti intestinali, sali minerali e di flora batterica. Queste sostanze possono prevenire il peggioramento e l’evoluzione della malattia, accompagnandole con una dieta idonea, leggera, semiliquida, o addirittura un breve periodo di digiuno, fatta eccezione per l’assunzione di liquidi.

Il trattamento di queste forme intestinali deve essere infatti accompagnato da abbondante assunzione di liquidi e da dieta appropriata.
In caso di diarree più gravi, accompagnate da sintomi generali e da rialzo febbrile oltre ai farmaci antipropulsivi (loperamide) è opportuno associare trattamento antimicrobico.
L’impiego di antibiotici in profilassi è da considerare eccezionale, da eseguire sotto controllo medico e da effettuare per brevi periodi e per individui ben individuati. In particolare in:

  • Soggetti diabetici
  • Soggetti affetti da patologie croniche intestinali quali rettocolite ulcerosa, malattia di Crohn
  • Soggetti immunodepressi in seguito ad HIV
  • Soggetti portatori di neoplasie
  • Soggetti con malattie del sangue, comprese le immunodepressioni ed altri disturbi immunologici.

Anche individui che devono affrontare impegni di particolare importanza durante il viaggio ( come gare sportive o riunioni o viaggi brevi di lavoro) possono impiegare antimicrobici appropriati a scopo preventivo o l’utilizzo di farmaci antipropulsivi (loperamide) ai primi sintomi di diarrea.
In ogni caso, questi viaggiatori devono sempre portare, nella propria valigia, farmaci antipropulsivi ( come loperamide), ed alcuni disinfettanti o antibiotici appropriati.

Disidratazione e diarrea

La disidratazione è uno stato patologico dell’organismo caratterizzato da una eccessiva perdita di liquidi e di sali e tale da alterare il normale equilibrio idrosalino e di conseguenza metabolico.
La diarrea del viaggiatore, talvolta accompagnata a vomito, può causare una stato di disidratazione anche grave. La disidratazione è particolarmente temibile nei bambini e negli anziani.

Possono essere identificati 3 gradi di disidratazione:

  • LIEVE che presenta ⇒ sete intensa, diuresi ridotta, urine scure e dense.
  • MODERATO che presenta ⇒ oltre ai sintomi lievi anche irrequietezza, labbra secche, battito cardiaco accelerato.
  • GRAVE che presenta ⇒ oltre ai sintomi precedenti anche labbra e mucose molto secche, lacrimazione ridotta o assente, cute secca sollevabile in pliche, battito cardiaco molto accelerato

Indicazioni per il trattamento della reidratazione

In caso di disidratazione lieve e moderata è opportuno bere oltre che acqua potabile e controllata, in quantità sufficiente, anche tè, succhi di frutta, spremute di arancia, bevande possibilmente addizionate di sali minerali, ed assumere brodo vegetale. In commercio sono disponibili soluzioni saline da sciogliere in acqua. In ogni caso è possibile preparare in qualsiasi paese od in qualsiasi situazione soluzioni bilanciate idonee ad una corretta reidratazione orale:

⇒ Per ogni litro di acqua aggiungere 7 cucchiaini di zucchero ed 1 cucchiaino di sale.

oppure

⇒ Per ogni litro di acqua aggiungere:

  • 20 gr. di zucchero ⇒ (pari a 4 cucchiai grandi)
  • 3,5 gr. di cloruro di sodio ⇒ (pari a 1 cucchiaino colmo)
  • 2,5 gr. di bicarbonato di sodio ⇒ (pari a 1 cucchiaino raso)
  • 1,5 gr di cloruro di potassio ⇒ (da poter sostituire con succo di pompelmo o di arancio)

Trattamento

In caso di perdite di liquidi, dovute a diarrea, sia essa liquida od anche pastosa, anche lieve, o a vomito, il primo trattamento è quello di ingerire liquidi abbondanti per ripristinare l’equilibrio idrosalino.
L’acqua può essere acidificata con aggiunta di limone, che ha funzione disinfettante ed astringente. Possono essere somministrati anche succhi di frutta e bevande leggere tipo thè; evitare bevande con caffeina, bevande gasate e particolarmente fredde.
Inizialmente evitare pasti completi, ma assumere crackers salati e brodo vegetale. Questo per reintegrare minime quantità di sali che si sono perduti con i liquidi. Utile e consigliato l’uso di Rifaximina, antimicrobico, per bloccare la crescita batterica. Nei casi di gravi perdite di liquidi il reintegro di questi liquidi può essere effettuato per via infusiva attraverso la somministrazione di soluzioni fisiologiche e glucosate.

Farmaci antipropulsivi servono a ridurre la peristalsi dell’intestino, causata dall’infiammazione o dall’irritazione dovuta all’attacco di tipo microbiologico in concomitanza ad altri fattori di tipo fisico. Tra questi la loperamide – Imodium, è uno dei farmaci da utilizzare in casi di forme lievi, e per ridurre il numero delle scariche. Con questi farmaci è essenziale aggiungere l’utilizzo di Rifaximina.

Nei casi più seri di diarrea, in presenza di febbre, la causa microbiologica va combattuta con l’utilizzo di antibiotici idonei e mirati che hanno l’obiettivo di eliminare la causa fondamentale (terapia causale)
Inizialmente la dieta deve essere liquida o semiliquida, per poi inserire alimenti leggeri che non irritino ulteriormente il tratto intestinale interessato.

Leggi qui per approfondire l’argomento

Bambino e diarrea del viaggiatore

In caso di diarrea e vomito nei bambini, in particolare al di sotto dei 2 anni, il rischio maggiore consiste nella perdita di liquidi e sali minerali e nell’insorgenza di disidratazione.
La disidratazione nei bambini è un evento temibile e particolarmente grave.
Occorre intervenire senza indugio reintegrando le perdite dei liquidi e di sali minerali. Per i bambini affetti da disidratazione occorre allestire un ambiente fresco ed areato. La prevenzione della disidratazione avviene attraverso la somministrazione adeguata di liquidi, in particolare durante viaggi in paesi a clima particolarmente caldo e secco, quando le perdite sono facili e poco evidenti, in particolare se accompagnate da fenomeni patologici. Nella dieta inserire zuppe, altre bevande sicure, non contaminate e, se reperibili, piccoli porri sottili che contengono quantitativi di sali sufficienti per aiutare a ristabilire gli equilibri salini.

Neonati

I bambini al di sotto dei 6 mesi di età, affetti da diarrea lieve devono continuare ad essere allattati al seno con eventuale aggiunta di piccole quantità di acqua, che se di incerta provenienza dovrà essere bollita.

Indicazioni e comportamenti:

Link utili

American Society for Microbiology

International Society for Infectious Diseases

Federation of European Microbiological Societies

Centres for Disease Control

World Health Organisation

International Society of Travel Medicine

American Society of Travel Medicine

 

Se vuoi richiedere ulteriori informazioni, contattaci via e-mail oppure chiama

Telefono (08.30 – 18.30) – 06/39030481

 

Diarrea del viaggiatore, un problema comune Leggi tutto »

error: Il contenuto di questo sito è protetto!
C e s m e t . c o m C l i n i c a d e l V i a g g i a t o r e
C e s m e t . c o m C l i n i c a d e l V i a g g i a t o r e
C e s m e t . c o m C l i n i c a d e l V i a g g i a t o r e