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VACCINO PER LA MALARIA PEDIATRICO NEI PAESI AFRICANI. UNA REVISIONE DEI PRIMI RISULTATI

 

Campagne di Vaccinazione per la Malaria Pediatrica: Stato Globale e Risultati per Paese
i risultati provengono da una raccolta di dati provenienti da enti internazionali e dai ministeri della salute dei singoli paesi. Il dr. Paolo Meo ha effettuato una raccolta, valutazione ed un commento alla situazione delle campagne di vaccinazione.

Panoramica Globale delle Campagne di Vaccinazione

La lotta contro la malaria, portata avanti da decenni con attività sull’ambiente, sulle abitazioni e sull’uomo,  ha raggiunto una svolta storica con l’introduzione di due vaccini pediatrici che sono attualmente raccomandati dall’OMS:
RTS,S/AS01 (Mosquirix)
R21/Matrix-M.

Attualmente sono 17 i paesi africani che hanno inserito la vaccinazione antimalarica nei loro programmi di immunizzazione di routine, coprendo in alcuni paesi fino al 70% della popolazione pediatrica a rischio di malaria.

Dal 2023, sono state procurate e consegnate da UNICEF oltre 12 milioni di dosi di vaccini antimalarici co-finanziate da Gavi, l’Alleanza per i Vaccini, raggiungendo circa 5 milioni di bambini nei paesi partecipanti.

Paesi con Campagne Attive e Risultati iniziali ottenuti:

  • (1) Ghana – Il Pioniere della Vaccinazione

Il Ghana è stato uno dei tre paesi pilota (ghana, Kenya, Malawi – campagna pilota dal 2019)  e ha ottenuto in questa sperimentazione risultati eccellenti:

  • Copertura vaccinale: 96% della popolazione infantile per la prima dose; 87% per la seconda, 78% per la terza e 39% per la quarta dose;
  • Implementazione: Il programma pilota è stato implementato in 42 distretti dal 2019 ad oggi;
  • Evoluzione: Il Ghana ha ricevuto l’approvazione da Gavi per espandere la vaccinazione a 51 distretti;
  • Risultati: La copertura del vaccino RTS,S è migliorata costantemente, raggiungendo il 76% per la prima dose e il 74% per la terza dose entro il 2021  pubmed.ncbi.nlm.nih

Questi risultati mostrano l’adesione quasi plebiscitaria alla prima dose, presa con grande entusiasmo dalla popolazione intera, per poi calare ed arrivare ad una compliance del 39% alla quarta dose. Questo ci fa capire come l’educazione della popolazione e una politica di organizzare vaccinazioni non a livello centralizzato ma organizzando centri periferici a livello di villaggio, è l’unica politica vincente. Una task force di unità mobili vaccinali sarebbe un metodo per arrivare alla popolazione che poi non segue i protocolli necessari.

  • (2) Malawi – Risultati Promettenti ma Sfide nella Quarta Dose
  • Copertura: 88% per la prima dose nel 2020, migliorata al 92% nel 2021 pmc.ncbi.nlm.nih+1
  • Sfide: La copertura della quarta dose rimane problematica al 46% nel 2023
  • Impatto: Solo il 60% dei bambini erano completamente vaccinati nel distretto di Nsanje nel 2021
  • Fattori chiave: L’educazione delle madri e la conoscenza del programma vaccinale sono risultati i principali determinanti dell’adesione  pubmed.ncbi.nlm.nih

Anche in questo paese si è visto che la formazione e la organizzazione di vaccinazioni di villaggio costituiscono il metodo per non perdersi le persone alla seconda dose.

  • (3) Burkina Faso – Strategie Innovative per Raggiungere le Comunità Remote
  • Lancio: Introdotto il vaccino RTS,S in 27 distretti sanitari nel febbraio 2024
  • Sfide iniziali: Il distretto sanitario di Batié ha registrato bassa copertura iniziale a causa delle barriere geografiche
  • Soluzione innovativa: Integrazione delle attività di vaccinazione nelle campagne (3di chemioprofilassi antimalarica stagionale (SMC)
  • Risultati eccellenti: Raggiunto il 97,83% di copertura per i bambini non aggiornati durante il primo ciclo, mantenendo tassi superiori al 97% nei cicli successivi

In Burkina Faso dove sono state applicate le modalità della primary health care e della medicina periferica si sono ottenuti i risultati migliori

  • (4) Camerun – Primo Paese Non-Pilota con Risultati Incoraggianti
  • Implementazione: Primo paese al di fuori dei tre pilota a introdurre il vaccino nel gennaio 2024
  • Copertura: Iniziato in 42 distretti con piano di espansione a tutti i 205 distretti entro il 2026
  • Impatto precoce: I distretti vaccinanti hanno mostrato una riduzione del 17% nelle consultazioni ospedaliere per tutte le cause nei bambini sotto i 5 anni
  • Mortalità: Il 60% dei distretti vaccinanti ha registrato una diminuzione dei decessi sotto i 5 anni, con il 57% che ha mostrato riduzione dei decessi legati alla malaria
  • (5) Repubblica Centrafricana – Prima Implementazione del Vaccino R21
  • Vaccino utilizzato: R21/Matrix-M, diventando il primo paese a introdurre questo vaccino nei programmi di immunizzazione di routine
  • Distribuzione: 163.800 dosi ricevute nel maggio 2024, distribuite in tutti i 35 distretti sanitari
  • Obiettivo: Vaccinare circa 199.407 bambini di età compresa tra 6-11 mesi nel 2024
  • Contesto epidemiologico: Circa 1.733.000 casi di malaria nel 2022, con una media di 4.747 casi al giorno
  • (6) Nigeria – Il Più Grande Rollout Nazionale
  • Lancio: Dicembre 2024 con il vaccino R21/Matrix-M
  • Fasi iniziali: Implementazione iniziata negli stati di Bayelsa (sud) e Kebbi (nord)
  • Dosi disponibili: 1 milione di dosi totali (846.200 da Gavi + 153.800 dal governo nigeriano)
  • Innovazione logistica: Utilizzo di droni Zipline per la consegna, raggiungendo 20.000 persone con la prima dose nello stato di Bayelsa
  • Impatto atteso: La Nigeria rappresenta il 27% del carico globale di malaria

Una innovazione tecnologica come l’utilizzo di droni (Zipline) ha consentito di consegnare nei villaggi, quindi nelle aree remote, periferiche migliaia di dosi, consentendo la coperture di oltre 20.000 bambini nello stato di Bayelsa. Un risultato clamoroso ed inaspettato.

  • (7) Kenya – Analisi Dettagliata dei Risultati dove sono state eseguite campagne di vaccinazioni diffuse nelle Regioni Lacustri, intorno al lago Vittoria
    Il Kenya ha concentrato le sue campagne vaccinali nelle 8 contee endemiche per malaria della regione lacustre attorno al Lago Victoria, incluse Kisumu, Vihiga, e Homabay.

Espansione del Programma

  • 2019-2021: Programma pilota iniziale. Il Kenya è stato il primo dei 3 paesi dove è stato eseguito il programma pilota di vaccinazione per la malaria pediatrica.
  • Marzo 2023: Espansione a 25 sottocollegi aggiuntivi nelle 8 contee lacustri  scienceafrica
  • Copertura attuale: Oltre 400.000 bambini hanno ricevuto almeno la prima dose, sono in corso le campagne per le seconde e le terze dosi.

Risultati Clinici Specifici per il Kenya

  • Copertura vaccinale: 81% di copertura della popolazione pediatrica per la prima dose nel 2021, che ha migliorato la copertura dell’85% nel 2020;
  • Riduzione della mortalità: E’ stata ottenuta una significativa diminuzione della mortalità per malaria nella regione lacustre gavi
  • Riduzione della gravità: I pediatri riferiscono che prima del vaccino, il 60% di tutti i ricoveri pediatrici erano dovuti alla malaria; ora la gravità dei ricoveri è notevolmente ridotta;
  • Accettazione comunitaria: Eccellente risposta all’adesione vaccinale secondo i coordinatori locali

Struttura Operativa in Kenya

  • Calendario vaccinale: Le dosi vengono somministrate a 6, 7, 9 e 24 mesi;
  • Copertura geografica: Si è partiti dalle regioni lacustri diffondendo la pratica vaccinale in altre aree con trasmissione della malaria da moderata ad alta;
  • Supporto comunitario: Uso di promotori sanitari comunitari per tracciare i programmi di vaccinazione e riferire le madri alle strutture sanitarie path

La formazione con i promotori sanitari e l’applicazione delle regole della primary heath care hanno portato ad un successo nelle campagne vaccinali in Kenya;

Sfide Identificate in Kenya

  • Distanza: Alcune comunità devono percorrere lunghe distanze per raggiungere i centri di vaccinazione; e questo causa la mancata adesione ai programmi di richiamo;
  • Quarta dose: La copertura della quarta dose rimane problematica, raggiungendo solo il 44% nel 2023 pmc.ncbi.nlm.nih
  • Approvvigionamento: Necessità di un rifornimento costante e affidabile di vaccini

Vaccino Maggiormente Utilizzato

RTS,S/AS01 (Mosquirix) – Il Primo Vaccino

  • Produttore: GlaxoSmithKline (GSK)
  • Capacità produttiva limitata: 18 milioni di dosi disponibili per il periodo 2023-2025
  • Paesi utilizzatori: Ghana, Kenya, Malawi, Camerun, Burkina Faso, e altri 7 paesi
  • Efficacia: 30% di riduzione dei casi di malaria grave con decesso del bambino;

R21/Matrix-M – Il Secondo Vaccino con Maggiore Potenziale

  • Produttore: Serum Institute of India
  • Capacità produttiva massiva: 100 milioni di dosi annuali, con piani per raddoppiare a 200 milioni entro il 2025
  • Costo competitivo: Meno di 4 dollari per dose
  • Efficacia: 75% di efficacia in aree con trasmissione stagionale, 67% in aree con trasmissione perenne.
  • Paesi utilizzatori: Repubblica Centrafricana, Nigeria, Côte d’Ivoire, Sud Sudan, Mozambique

Tendenze Future e Proiezioni

Espansione Prevista per il 2025

  • 8 paesi in aggiunta ai precedenti introdurranno il vaccino antimalarico nei loro programmi di immunizzazione infantile nel 2025;
  • 13 paesi hanno ottenuto il supporto di Gavi per ampliare i loro programmi nazionali
  • Obiettivo produttivo: Potenziale produzione di 200 milioni di dosi di R21 entro la fine del 2025

Sfide e Opportunità

La domanda di vaccini antimalarici rimane senza precedenti, ma la fornitura di RTS,S è limitata. L’aggiunta di R21 alla lista dei vaccini raccomandati dall’OMS dovrebbe garantire una fornitura sufficiente per beneficiare tutti i bambini che vivono in aree dove la malaria rappresenta un rischio per la salute pubblica.

I risultati preliminari suggeriscono che i vaccini antimalarici potrebbero salvare decine di migliaia di vite ogni anno man mano che vengono implementati su scala più ampia nei paesi ad alta incidenza di malaria.

redazione articolo: dr. Paolo Meo 
medico infettivologo – tropicalista
direttore POLO VIAGGI CESMET ARTEMISIA

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15 FAQ sul Botulismo: Domande e Risposte per Comprendere e Prevenire il Rischio di botulino

Cosa è il Botulismo facciamo un po’ di chiarezza
Il botulismo è una rara malattia ma può essere particolarmente grave, con conseguenze letali se la diagnosi ed il trattamento non vengono effettuati tempestivamente.
I casi riportati sono poco frequenti, ma la gravità delle manifestazioni rende fondamentale una conoscenza corretta per prevenire la malattia
Ho realizzato questo documento per dare elementi chiari e basati su evidenze scientifiche. Desidero fornire elementi sugli aspetti critici della malattia, sulla causa biologica, e sulle pratiche di sicurezza alimentare quotidiane. Tutto questo per eliminare paure inutili ma per fornire strumenti concreti per diminuire i rischii.
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Il Botulismo: Il batterio e la sua tossina
FAQ 1: Che cos’è esattamente il botulismo e cosa lo causa?
Il botulismo è una malattia grave che causa paralisi. E’ definita come un’intossicazione da una “neurotossina” prodotta dal batterio Clostridium botulinum. Questa tossina è una delle sostanze più letali conosciute. Quindi la causa dei sintomi non è derivata direttamente dal batterio in sé, ma dalla tossina prodotta in condizioni ambientali, di conservazione, molto specifiche.
Un aspetto fondamentale per comprendere il rischio del BOTULISMO è un vero paradosso. Difatti il Clostridium botulinum è un microrganismo ubiquitario, presente ovunque, sotto forma di spore resistenti nel suolo, nei sedimenti marini e nelle acque di tutto il mondo. Una presenza costante e convive con noi.
Ma se il batterio è così diffuso, perché la malattia è così rara? E’ chiaro che la semplice presenza delle spore del batterio non è sufficiente a causare la malattia. Il pericolo si presenta solamente quando le spore del Clostridium botulinum trovano un ambiente con condizioni tali che cominciano a germinare, a crescere e a produrre la neurotossina. La prevenzione non consiste nell’eradicare del batterio onnipresente ovunque ma consiste nella massima attenzione delle condizioni che ne favoriscono la produzione di tossine negli alimenti.


FAQ 2: In quali ambienti prospera il batterio del botulismo e produce la tossina?

Il Clostridium botulinum vive ovunque nel terreno, ma sono il determinate condizioni è spinto a produrre la neurotossina. I requisiti sono molto precisi, e possono essere creati in modo involontario durante alcuni processi di conservazione alimentare:

• Assenza di ossigeno (ambiente anaerobico): Il batterio è un anaerobio obbligato, l’ossigeno è tossico per lui e lo uccide. Cresce e produce tossina solo in ambienti privi di aria.
• Bassa acidità: La crescita del batterio e la produzione di tossina sono inibite in ambienti acidi. Il valore critico è un pH pari a 4.6. Al di sopra di questa soglia (cioè in alimenti a bassa acidità), il batterio può proliferare e produrre tossina.
• Temperatura e umidità adeguate: Il batterio necessita di temperature specifiche calde (e non in refrigerazione) e di un’elevata umidità per attivarsi.
Frequentemente le tecniche di conservazione alimentare, nate per proteggere il cibo, possono creare un vero e proprio “incubatore involontario”. Sigillare un alimento in un barattolo o in una confezione sottovuoto vuol dire eliminare l’ossigeno. Questo serve per prevenire il deterioramento dei cibi causato dai batteri aerobici, ossia quelli che crescono in presenza di ossigeno.
Ma questa tecnica, utile per un tipo di conservazione crea la condizione richiesta dal C. botulinum per produrre le sue tossine.
Ancora se l’alimento conservato è a bassa acidità (come fagiolini, mais, asparagi) e non viene sottoposto a un trattamento di bollitura sufficiente a distruggere le spore, si realizzano le condizioni ideali per la produzione della tossina.
Tecniche di sicurezza nel preparare alimenti conservati non considerano solo una adeguata sigillatura dei contenitori, ma in un adeguato trattamento termico, l’ebollizione fino a 121°C, oppure l’acidificazione.

 


FAQ 3: Quanti tipi di botulismo esistono?

Esistono diverse forme di botulismo che sono distinte dal modo in cui la tossina entra nell’organismo. I tre principali tipi di botulismo sono:
1. Botulismo alimentare:
È la forma più nota e si verifica in seguito all’ingestione di alimenti che contengono la “tossina botulinica” prodotta dal batterio direttamente nella confezione. Questo accade quando le “spore del batterio” sono presenti nella confezione (evento possibile, non raro), e queste, grazie a condizioni facilitanti germinano e producono la tossina durante la conservazione.
2. Botulismo infantile:
Colpisce i lattanti di età inferiore ai 12 mesi. In questo caso, il bambino non ingerisce la tossina, ma le “spore del batterio” (ad esempio, attraverso il miele o la polvere ambientale). A causadell’immaturità del loro sistema digestivo e della loro flora intestinale, le spore possono germinare, colonizzare l’intestino e produrre la tossina in vivo, cioè direttamente all’interno del corpo.
3. Botulismo da ferita:
È una forma rara che si verifica quando le spore di Clostridium botulinum contaminano una ferita profonda. In questo caso le condizioni di anaerobiosi della ferita permettono la germinazione e la produzione di tossina, che viene poi assorbita nel flusso sanguigno. Si ripete un po’ il meccanismo delle spore tetaniche. Ecco perché le ferite profondo, sporche di terra devono essere sempre pulite e disinfettate.

Confronto tra le Principali Forme di Botulismo
  Tipo di Botulismo                                                  Meccanismo di Acquisizione                                          Fonte Tipica                                                       Popolazione a Rischio
Alimentare                                 Ingestione della tossina prodotta in condizioni ideali                Conserve casalinghe a bassa acidità,          Chiunque consumi l’alimento contaminato
pesce o carne affumicata o conservato in anaerobiosi

   Infantile                                   Ingestione di spore che producono tossina nell’intestino            Miele non controllato, polvere ambientale                        Lattanti < 12 mesi

  Da Ferita                                     Contaminazione di una ferita profonda con terra                 Terreno;  ferite profonde traumatiche,                          Persone con ferite contaminate                                                                                                 e presenza di spore che producono tossina                                  uso di droghe iniettabili


Manifestazioni Cliniche e Gestione Medica

Questa sezione descrive i sintomi, la progressione e il trattamento della malattia, sottolineando l’importanza di un intervento medico rapido.

FAQ 4: Quali sono i primi sintomi del botulismo alimentare e dopo quanto tempo compaiono?
I sintomi del botulismo alimentare sono essenzialmente neurologici e manifestano l’azione della tossina sul sistema nervoso periferico ed anche centrale. Tipicamente, compaiono tra le 12 e le 48 ore dopo l’ingestione dell’alimento contaminato. I primi segni coinvolgono i nervi cranici e includono:
• Visione offuscata o doppia (diplopia)
• Palpebre cadenti (ptosi)
• Difficoltà ad articolare le parole (disartria)
 Difficoltà a deglutire (disfagia)

A questi sintomi si aggiungono spesso:
• secchezza delle fauci
• debolezza generale.

Una caratteristica è l’assenza di febbre.
Questo è un elemento cardine che aiuta a distinguere il botulismo da altre patologie infettive.

FAQ 5: Come progredisce la malattia se non viene diagnosticata o trattata?
Se non diagnosticata o trattata, la malattia progredisce manifestando una paralisi flaccida discendente. Ossia la debolezza muscolare inizia dalla testa e dal collo e “scende” progressivamente al tronco, alle braccia e infine alle gambe.
Questa progressione evidenzia la necessità di una diagnosi ed un trattamento pronto: difatti il sistema nervoso viene sistematicamente “inibito e paralizzato” dall’alto verso il basso.
La paralisi dei muscoli respiratori costituisce il reale pericolo e la causa principale di morte, in particolare la paralisi del diaframma. Quando questi muscoli cessano di funzionare, il paziente non è più in grado di respirare autonomamente, andando incontro a insufficienza respiratoria acuta e completa. Il paziente è pienamente cosciente e lucido durante questo processo di progressiva immobilità.
Può diventare una morte cosciente lenta e drammatica.
La prognosi dipende interamente dalla rapidità dell’intervento medico, che deve avvenire prima che la paralisi comprometta la funzione respiratoria.

FAQ 6: Come viene diagnosticato il botulismo?
La diagnosi di botulismo è clinica, cioè basata sulla valutazione della storia del paziente e sull’esame fisico. Occorre ricercare i sintomi caratteristici:
(1) la paralisi discendente,
(2) il coinvolgimento dei nervi cranici
(3) l’assenza di febbre.
(4) un’anamnesi alimentare di consumo recente di conserve casalinghe o altri alimenti a rischio;

• Il test di laboratorio può confermare la presenza della tossina botulinica:
• nel siero,
• nelle feci del paziente
• in campioni dell’alimento sospetto.
Questi test possono richiedere diversi giorni per produrre un risultato la qual cosa è evidentemente inutile nella identificazione della sindrome in tempo rapido. Il trattamento con l’antitossina deve essere sempre iniziato sulla base del solo sospetto clinico, senza attendere la conferma di laboratorio.

FAQ 7: Esiste una cura per il botulismo?
Assolutamente sì:

• la somministrazione di un’antitossina botulinica specifica.
Questo farmaco contiene anticorpi neutralizzanti che si legano alla tossina circolante nel sangue; in questo modo la tossina non può legarsi a nuove terminazioni nervose. l’antitossina può solo arrestare la progressione della malattia; non può risolvere la paralisi già in atto, poiché non può staccare la tossina che si è già legata ai nervi.
• la terapia di supporto intensivo,
pratica vitale, poiché la minaccia principale è l’insufficienza respiratoria, i pazienti vengono ricoverati in unità di terapia intensiva. Se necessario, vengono sottoposti a ventilazione meccanica, che serve a mantenere la funzione respiratoria: Questo periodo, che può durare settimane o mesi, serve a riparare le connessioni nervose danneggiate e recuperare la forza muscolare.

Prevenzione Pratica e Sicurezza Alimentare
Qieste sono indicazioni pratiche per ridurre al minimo il rischio di botulismo alimentare attraverso corrette pratiche di conservazione e consumo degli alimenti.

FAQ 8: Quali sono gli alimenti più a rischio?
Il rischio di botulismo alimentare è legato al tipo alimenti conservati in cui il batterio ha potuto proliferare e produrre la tossina. Gli alimenti più comunemente implicati sono
le conserve casalinghe di prodotti a bassa acidità (con un pH superiore a 4.6). Esempi classici includono:
• Asparagi
• Fagiolini
• Barbabietole
• Mais

Altri alimenti a rischio sono:
• il pesce conservato, sia in scatola che fermentato, salato o affumicato in modo improprio,
• prodotti a base di carne come salsicce o prosciutti non correttamente stagionati.
I prodotti industriali sono generalmente sicuri grazie a processi di sterilizzazione rigorosamente controllati.

FAQ 9: Come preparare le conserve casalinghe in totale sicurezza?
La sicurezza delle conserve casalinghe dipende soprattutto dai livelli di acidità dell’alimento.
Le spore di C. botulinum sono molto resistenti al calore e non vengono distrutte da una semplice bollitura in acqua (100°C), ma sono molto sensibili ai livelli di acido sotto un pH di 4,6.
Per alimenti a bassa acidità (pH > 4.6): L’unica strategia sicura è l’eradicazione totale delle spore. Questo si ottiene con la cottura in pentola a pressione (autoclave), l’unico strumento domestico in grado di raggiungere la temperatura di 121°C necessaria per distruggere le spore in modo affidabile. È essenziale seguire scrupolosamente i tempi e le pressioni indicate.

Gli alimenti acidi (pH < 4.6) sono sicuri:
• La frutta,
• pomodori acidificati o
• verdure in salamoia,

in questo caso la strategia è diversa:
(1) L’ambiente acido stesso impedisce alle spore, anche se presenti, di germinare e produrre la tossina.
(2) un trattamento termico a bagnomaria (bollitura a 100°C) è sufficiente per garantire la conservazione e la sicurezza, poiché il suo scopo non è distruggere le spore, ma eliminare altri microrganismi e creare il sigillo sottovuoto. (vedi bollitura dei pomodori)

Invece applicare il metodo per alimenti acidi (bollitura) a quelli non acidi è un errore gravissimo che crea una falsa sensazione di sicurezza e un elevato rischio di botulismo.

FAQ 10: La cottura distrugge la tossina botulinica?
Certo la cottura dei cibi conservati a differenza delle spore distrugge e neutralizza la tossina botulinica termolabile, Una bollitura per almeno 10 minuti è in grado di distruggere la tossina eventualmente presente in un alimento.
La pratica di cottura dei cibi conservati per oltre 10 minuti è la migliore misura di sicurezza aggiuntiva, specialmente per le conserve casalinghe di alimenti a bassa acidità.
Prima di assaggiare una di queste conserve, è buona norma:
(1) svuotare il contenuto del barattolo in una pentola
(2) portarlo a ebollizione per 10 minuti.
Ma ricorda che questa pratica non deve sostituire le corrette procedure di inscatolamento. La regola d’oro rimane: “Nel dubbio, butta via”.

FAQ 11: Come posso riconoscere un alimento a rischio botulismo?
Un alimento contaminato dalle spore e dalla tossina botulinica presenta segnali di allarme visibili:
• coperchi dei barattoli che si gonfiano (bombaggio),
• fuoriuscita di liquido o schiuma all’apertura,
• odori o aspetti anomali.
La presenza di uno qualsiasi di questi segni deve portare ad eliminare il prodotto senza nemmeno assaggiarlo.
Tuttavia, l’aspetto insidioso del botulismo alimentare consiste nella sua minaccia invisibile.
E’ importante ricordare che un alimento contaminato con livelli letali di tossina botulinica può avere un aspetto, un odore e un sapore del tutto normali.

La difficoltà nel rilevare il pericolo di botulismo indica che la preparazione delle conserve secondo protocolli rigorosi costituisce l’unica sicurezza nell’evitare la malattia.
Ciò rende imperativa la regola d’oro della sicurezza alimentare: “Nel dubbio, butta via”. Non vale mai la pena rischiare la vita per un barattolo di conserve.

Miti, Rischi Specifici e Popolazioni Vulnerabili
Desidero dare alcune indicazioni particolari e sfatare miti e legende :

FAQ 12: Perché il miele è pericoloso per i neonati ma non per gli adulti?
Il miele può contenere naturalmente le spore di C. botulinum.
Questo non rappresenta un pericolo per gli adulti o i bambini più grandi, sopra l’anno di età, perché la flora intestinale matura crea un ambiente competitivo che impedisce alle spore di germinare e produrre la tossina.
Nei lattanti di età inferiore a un anno, invece, la flora intestinale è ancora immatura e non in grado di neutralizzare il Clostridium. Questa assenza di una microflora protettiva permette alle spore ingerite con il miele di colonizzare l’intestino, germinare e produrre la tossina direttamente all’interno del corpo del piccolo, causando il botulismo infantile.
Per questo motivo è indicazione categorica di non somministrazione il miele ai bambini sotto i 12 mesi di età.

FAQ 13: L’aceto e il limone sono sufficienti per rendere sicura una conserva?
Assolutamente si. L’acidità raggiunta con aceto e succo di limone è tale da rendere sicure le conserve, a patto che venga fatto correttamente.
L’obiettivo è abbassare il pH dell’intero prodotto al di sotto della soglia di sicurezza di 4.6, valore che inibisce la crescita del C. botulinum.

La quantità di acido deve essere sufficiente e distribuita in modo uniforme in tutto il prodotto, raggiungendo anche il centro dei pezzi di verdura più grandi. Non affidatevi a stime superficiali. “un po’ di aceto” “una spruzzata di limone” non è sicuro.
La corretta acidificazione è garantita da ricette testate e validate che specifichino le esatte proporzioni di verdura, acqua e acido.
esistono strisce test specifiche per il controllo del pH nelle conserve alimentari.
Queste strisce reattive cambiano colore in base al valore di pH quando vengono immerse in una soluzione o poltiglia ottenuta dall’alimento da testare. Sono molto semplici da utilizzare e piuttosto economiche;

FAQ 14: Il botulismo è contagioso?
ASSOLUTAMENTE NO, il botulismo non è una malattia contagiosa. Non può essere trasmesso da persona a persona. E’ una intossicazione alimentare o di un’infezione localizzata a una ferita o all’intestino di un lattante. Una persona che ha contratto il botulismo non rappresenta un rischio per chi le sta vicino.

FAQ 15: Qual è la prognosi per chi sopravvive al botulismo?
La prognosi del botulismo, un tempo infausta è attualmente notevolmente migliorata grazie ai progressi nella terapia intensiva e alla disponibilità dell’antitossina,. Il tasso di mortalità, che in passato superava il 50%, è oggi sceso a circa il 5-10% nei paesi con accesso a cure mediche avanzate. Rimane comunque una prognosi grave comunque elevata.
Il recupero di chi sopravvive è comunque un processo molto lungo e impegnativo. La tossina causa un danno alle terminazioni nervose che richiede tempo per essere riparato.
I pazienti possono necessitare di mesi, o in alcuni casi anni, di riabilitazione fisica e terapia per recuperare la forza muscolare, la funzione respiratoria e le altre capacità neurologiche.La stanchezza e la debolezza possono persistere a lungo anche dopo la dimissione dall’ospedale.

redazione dell’articolo
dr. Paolo Meo
direttore Polo Viaggi Clinica del Viaggiatore
Cesmet Artemisia
infettivologo tropicalista

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Emergenza Botulismo in Italia: sale a quattro il bilancio delle vittime tra Sardegna e Calabria. Quali certezze nelle nostre conserve

SITUAZIONE DEL BOTULINO IN ITALIA AL 20 AGOSTO 2025

Anche quest’anno l’Italia è tra le prime nazioni in Europa ad affrontare una grave emergenza sanitaria da intossicazione botulinica che, nel 2025, ha già causato quattro decessi e decine di ricoveri tra Sardegna e Calabria. Il bilancio tragico, aggiornato al 20 agosto 2025, ha visto l’ultima vittima ieri sera: Valeria Sollai, 62 anni, cuoca, deceduta al Policlinico di Monserrato dopo oltre due settimane di ricovero in terapia intensiva.
Secondo decesso in Sardegna e situazione dei ricoveri
La scomparsa di Valeria Sollai rappresenta il secondo decesso nell’isola legato al focolaio di botulismo alla Fiesta Latina di fine luglio a Monserrato, nella città metropolitana di Cagliari, dove la donna aveva consumato pietanze a base di guacamole contaminato dalla tossina botulinica.
Il primo decesso in Sardegna, la giovane Roberta Pitzalis di 36 anni, è avvenuto l’8 agosto all’ospedale Businco di Cagliari. L’autopsia ha confermato l’intossicazione botulinica, complicata da una polmonite emorragica legata all’intubazione.
Al 20 agosto rimangono ricoverati in Sardegna una ragazza di 14 anni al Policlinico di Monserrato e un bambino di 11 anni trasferito al Gemelli di Roma. Il ragazzo, inizialmente in condizioni critiche, migliora costantemente, anche se i medici avvertono che la ripresa sarà lunga. Altri quattro pazienti sono stati dimessi dall’ospedale Brotzu di Cagliari.

La situazione in Calabria

Il focolaio calabrese, uguale per numero di vittime, ad oggi, è sicuramente più grave per quanto riguarda i ricoverati. Sono 18 le persone che tra domenica 3 e martedì 5 agosto hanno consumato panini con salsiccia e friarielli, ossia cime di rapa, presso un venditore ambulante a Diamante, in provincia di Cosenza.
Due le vittime della tossina killer, Luigi di Sarno, 52 anni di Cercola (Napoli), e Tamara D’Acunto, 45 anni. Al 20 agosto, sono ancora ricoverati ben 15 pazienti all’ospedale Annunziata di Cosenza: di cui 5 in terapia intensiva, 3 in pediatria e 7 nei reparti di area medica.

Le Indagini
La Procura di Cagliari ha iscritto nel registro degli indagati Christian Gustavo Vincenti, titolare del chiosco dove sono stati consumati i prodotti contaminati alla Fiesta Latina. Con il secondo decesso, l’indagine si configura ora per duplice omicidio colposo. Il mancato controllo ed attenzione al cibo distribuito costituisce una colpa grave in chi distribuisce alimenti;
La Procura di Paola invece ha aperto un’inchiesta più ampia, iscrivendo nel registro degli indagati dieci persone: l’ambulante distributore del cibo, tre responsabili delle ditte produttrici del prodotto contaminato, e sei medici di due strutture sanitarie del cosentino.
I sei medici sono stati iscritti nel registro degli indagati dalla Procura di Paola con l’ipotesi che non abbiano fornito una diagnosi tempestiva ai pazienti vittime di botulismo, in particolare a Luigi di Sarno e Tamara D’Acunto, deceduti dopo l’intossicazione.
Le ipotesi di reato per le 10 persone indagate includono omicidio colposo, lesioni personali colpose e commercio di sostanze alimentari nocive. Le indagini si concentrano sia sulle modalità di conservazione e somministrazione dell’alimento contaminato (panini con salsiccia e cime di rapa acquistati da un ambulante) sia sulla possibile mancata tempestività nella diagnosi clinica. Le autopsie sui due deceduti sono state completate.

Il Botulismo in Italia: Un vecchio problema di Salute Pubblica
Sembra incredibile ma l’Italia detiene il primato europeo per incidenza di botulismo alimentare. Nel 2023 sono stati denunciati 36 casi confermati, di botulino, il numero più alto in Europa, seguito da Francia (15), Romania e Spagna (14 ciascuna).
Dal 2001 al 2024 sono stati segnalati 1.276 casi clinici sospetti, di cui 574 confermati in laboratorio. Numeri particolarmente elevati se si pensa che derivano da una cattiva conservazione di cibi preparati in particolare in casa.
Il 91,6% dei casi è di origine alimentare, principalmente legato al consumo di conserve casalinghe. Il tasso di letalità è diminuito negli anni, passando dal 3,8% del periodo 2001-2011 al 2,6% del 2012-2024, questo per maggiori controlli attuati sui cibi conservati.

Le Regioni Più a Rischio
Secondo il Centro nazionale di riferimento per il botulismo dell’Istituto Superiore di Sanità, le regioni con maggiore incidenza sono Campania, Puglia, Sicilia e Lazio. Questa concentrazione al Centro-Sud è attribuita alla tradizione conserviera più radicata rispetto al Nord Italia.
Fabrizio Anniballi, responsabile del Centro di riferimento nazionale per il botulino in una intervista spiega che: “Una delle ragioni principali di questa alta incidenza risiede nella tradizione conserviera ancora molto radicata nel Paese. L’Italia è famosa per i suoi metodi tradizionali di conservazione degli alimenti, tramandati di generazione in generazione.”
Per queste situazioni esiste una “scorta strategica nazionale di Antidoti e farmaci (SNAF)” che viene utilizzata nelle emergenze attraverso la distribuzione di fiale di antitossina botulinica attraverso una rete che coinvolge il Deposito CRI Militare di Cagliari, la Marina Militare di Taranto, la Guardia Costiera di Napoli e gli ospedali San Camillo Forlanini.

Che cosa è il Botulismo e come si manifesta
Il botulismo è una pericolosa sindrome causata dalle tossine del Clostridium botulinum, batterio che cresce in condizioni di anaerobiosi (assenza di ossigeno) negli alimenti conservati male, alimenti poco acidi. La tossina botulinica è considerata uno dei veleni più potenti al mondo.
I sintomi dell’avvelenamento da questa tossina si possono manifestare molto rapidamente, già dopo 6 ore dall’assunzione dei cibi contaminati fino ad una settimana dopo il consumo di cibo e includono:
Nausea e vomito;
• Diplopia (visione doppia);
• Midriasi bilaterale (dilatazione pupillare);
• Ptosi palpebrale (abbassamento delle palpebre)
• Difficoltà di parola e deglutizione;
• Secchezza delle fauci;
• Stitichezza;
• Paralisi muscolare progressiva;
• Difficoltà respiratoria;
• la respirazione può essere compromessa, rendendo necessaria l’intubazione.

Prevenzione e Raccomandazioni
quali comportamenti occorre adottare per prevenire l’intossicazione:

chi produce le conserve deve:
• Sterilizzare accuratamente i vasetti ed anche le conserve;
• Rispettare le norme igieniche durante la preparazione e la conservazione;
• Eliminare contenitori di conserve con coperchi gonfi, maleodoranti o con presenza di muffa;
• Eliminare alimenti con odori, sapori o aspetto alterato;

• i consumatori devono
• acquistare prodotti con etichette e tracciabilità chiare;
• acquistare e consumere prodotti preparati in stabilimenti registrati e controllati;
• cuocere sempre gli alimenti conservati secondo regole indicate;
• evitare di consumare prodotti inscatolati scaduti o mal conservati;
• fare attenzione ai cibi venduti durante feste o da ambulanti

• comportamenti in caso di sintomi
• Recarsi immediatamente al pronto soccorso;
• Informare con dovizia di particolari cibi consumati e tempi di ingestione;
• Ricordare che il trattamento tempestivo riduce notevolmente il rischio di complicazioni;
• La mortalità si riduce drasticamente per somministrazioni di antidoti immediate;

Difatti un intervento tempestivo riduce le conseguenze dell’avvelenamento in quanto l’antidoto “anti tossinico del botulino” è efficace solo nelle fasi iniziali, quando la tossina è ancora nel circolo sanguigno”. Occorre ricordare che la “tossina botulinica” è invisibile non altera il sapore del cibo.

Prevenzione e sicurezza alimentare. I cibi sicuri
Conoscere i corretti metodi di conservazione alimentare e i rischi di avvelenamento legati al consumo di prodotti di dubbia provenienza, riduce drasticamente il rischio di botulismo.
Conserve Alimentari: Quali sono le più pericolose e quali quelle sicure?
quali sono le conserve a maggior rischio di botulismo
Le conserve alimentari preparate in casa presentano i maggiori rischi di contaminazione da tossina botulinica. Sono le conserve non acide, dove la tossina botulinica può svilupparsi più facilmente. Occorre fare attenzione alle:
• Olive conservate in acqua;
• Funghi sott’olio;
• Cime di rapa (come friarielli o broccoli) in olio o acqua;
• Carni e prodotti derivati, in particolare insaccati, carne di suino, prodotti essiccati o affumicati, preparazioni crude o poco cotte;
• Conserve di pesce, soprattutto tonno sott’olio o in scatola, pesce affumicato o salato;
• Conserve di vegetali in acqua o salamoia, che non sono sufficientemente acidificate;
• Alimenti confezionati sottovuoto, sia carne che verdure;
• Prodotti lattiero-caseari freschi come mascarpone;
• Miele (in particolare per bambini sotto 1 anno);

Quindi per ricapitolare le conserve vegetali “non acide” (es. melanzane, funghi, broccoli, olive, peperoni) e quelle preparate senza aggiunta sufficiente di aceto o sale sono le più pericolose se non correttamente preparate e conservate in luogo fresco e asciutto, e per periodi non eccessivamente lunghi.

quali sono le conserve considerate sicure:
sono considerati sicuri i cibi conservati:
• Sott’aceto (metà acqua, metà aceto) oppure trattati con succo di limone;
• Passate di pomodoro, marmellate, composte di frutta e cibi in salamoia;
• Prodotti industriali con procedura certificata di sterilizzazione o pastorizzazione (autoclave industriale a 121°C);
• Alimenti conservati in modo da mantenere acidità pH inferiore a 4,6, che inibisce la crescita del botulino:
Ricordarsi che le marmellate e le composte di frutta sono considerate sicure grazie all’alto contenuto di zucchero e di acidità. Anche gli ortaggi conservati sotto aceto o salamoia e con corretta pastorizzazione sono sicuri.

Raccomandazioni Fondamentali
• I prodotti industriali sono generalmente sicuri per la standardizzazione dei processi;
• Le conserve domestiche sono sicure solo se si rispettano scrupolosamente le tecniche di sterilizzazione, “acidificazione” e se si utilizza adeguato quantitativo di aceto, limone o di sale o di zucchero.
• Evitare conserve fatte in casa con ricette realizzate “ad occhio” o poco documentate;
• Evitare conserve sott’olio o sottovuoto che presentano alterazioni come vasetti gonfi, con odore strano, con presenza di muffa.
• Consumare le conserve entro i periodi considerati sicuri, generalmente 6 mesi, massimo 1 anno;

Ricorda che un alimento è a rischio botulismo se contiene spore e trova le condizioni ideali per la loro germinazione: assenza di ossigeno, poca acidità, temperatura ambiente elevata.
In caso di dubbio sulla provenienza o preparazione della conserva, è preferibile non consumarla.

Autore
dr. Paolo Meo
direttore Polo Viaggi Artemisia – Cesmet
specialista in malattie infettive e tropicali

Emergenza Botulismo in Italia: sale a quattro il bilancio delle vittime tra Sardegna e Calabria. Quali certezze nelle nostre conserve Leggi tutto »

Casi autoctoni di Chikungunya in Europa

La situazione della Chikungunya in Italia nel 2025 è sotto controllo, ma monitorata con attenzione dalle autorità sanitarie. I dati aggiornati al 12 agosto 2025 indicano quanto segue:
• Sono stati registrati 43 casi confermati di Chikungunya dall’inizio dell’anno.
–  36 casi sono importati (persone tornate da viaggi in aree endemiche).
–   7 casi sono autoctoni (ossia con trasmissione avvenuta in Italia).
• La maggior parte dei casi si concentra nel nord e nel centro Italia, ma si sono verificati episodi autoctoni in alcune Regioni, in particolare Emilia-Romagna.epicentro.iss+2
• Non sono stati riportati decessi associati.
• L’età mediana dei casi è di 48 anni, con una lieve prevalenza nel sesso maschile.
Le autorità sanitarie, tra cui l’Istituto Superiore di Sanità e il Ministero della Salute, continuano a monitorare la diffusione tramite bollettini e piani di sorveglianza specifici.
Considerazioni generali:
• La Chikungunya in Italia non è considerata endemica: alcuni focolai autoctoni si verificano grazie alla presenza della zanzara Aedes albopictus (“zanzara tigre”), ma la larga maggioranza dei casi è legata a viaggi all’estero
• A livello europeo sono previsti possibili aumenti di casi, in relazione al clima e alle nuove dinamiche di viaggio.
• I sintomi più comuni restano febbre alta e forti dolori articolari, con un decorso generalmente benigno.
Non è motivo di allarme, ma è importante adottare precauzioni contro le punture di zanzara durante la stagione estiva e se si viaggia in zone dove il virus è endemico

 

La mappa (da ECDC) mostra anche le localizzazioni dei casi  autoctoni in Francia, dove il totale dall’inizio dell’anno arriva a 111 casi.

Nella tabella che segue (da ECDC) i dettagli relativi ai casi in Italia

 

 

Casi autoctoni di Chikungunya in Europa Leggi tutto »

BOTULISMO: EMERGENZA IN ITALIA

                                                                                                               

L’EVENTO: EMERGENZA BOTULINO IN ITALIA   09 agosto 2025

Sardegna: (Monserrato, Cagliari);  Calabria (Diamante, Cosenza)
Questi i luoghi in Italia dove sono emersi negli ultimi giorni ben due focolai  di BOTULISMO facendo registrare oltre 20 casi manifesti e particolarmente acuti con almeno 2 morti. L’intossicazione da botulino si è manifestata nelle persone dopo aver mangiato “cibi contaminati”. Sono stati individuati, come causa della intossicazione: salsa guacamole di avocado e panini con broccoli e salsiccia, venduti presso chioschi e food truck.  Passate alcune ore dal pasto le persone si sono cominciate a sentir male. Prima nausea e vomito, poi sintomi neurologici sempre più forti.  Gli intossicati sono stati ricoverati in ospedale, diversi sono finiti in terapia intensiva per grave difficoltà respiratoria. Due persone ad oggi sonodecedute.

In Sardegna una “salsa di avocado (guacamole)” contaminata è stata la causa del focolaio descritto; in Calabria “una conserva di broccoli” servita in panini, in street food ha generato il focolaio della malattia.
In Italia vengono registrati annualmente una media di 20-40 casi di botulismo, soprattutto alimentari. In Europa il nostro paese primeggia evidenziando il maggior numero di casi, a causa della tradizione domestica delle conserve alimentari.

Dal 2001 al 2020 sono stati segnalati 452 casi confermati e 14 decessi, con un tasso di letalità attuale intorno al 3%. E questi casi denunciati costituiscono una punta dell’iceberg rispetto alla reale incidenza della malattia, la maggior parte delle volte asintomatica o con sintomi molto lievi, non denunciati.

 

 

 

ORIGINE E DIFFUSIONE DEL BOTULISO IN ITALIA

Il botulismo è una grave malattia, che si manifesta in modo acuto, causata dalle tossine del “Clostridium botulinum”, un batterio che cresce in alimenti conservati male, poco acidi, in condizioni di carenza di ossigeno, ossia in condizioni di anaerobiosi. Le conserve casalinghe, i cibi in scatola, le salse industriali non correttamente sterilizzate sono ottimi terreni di crescita di questi batteri.

 

 

 

 

IL BOTULISMO:LA MALATTIA
Il botulismo è una malattia che ha come target il sistema nervoso, causando paralisi muscolari per il blocco della trasmissione degli impulsi nervosi ai muscoli da parte della tossina. Questo blocco degli impulsi causa paralisi, difficoltà respiratorie e nei casi più gravi la morte. I sintomi sono caratterizzati da:
– Nausea;
– Vomito;
– Debolezza muscolare;
– Paralisi muscolarE
– Visione doppia (diplopia);
– Difficoltà respiratoria;

 

 

 

COME PREVENIRE IL BOTULISMO
Queste alcune regole per prevenire la contaminazione da tossina di botulismo:
– Conservare correttamente gli alimenti (specialmente quelli fatti in casa);
Sterilizzare bene vasetti e conserve;
Eliminare e non consumare alimenti con odori, sapori o aspetto alterato o sospetto;
Rispettare sempre le norme igieniche durante la preparazione e conservazione degli alimenti;
– Non consumare mai conserve con coperchi gonfi, maleodoranti o con presenza di muffa ;
Cuocere sempre gli alimenti conservati secondo le regole;
– non consumare prodotti scaduti o non conservati adeguatamente;

Se compaiono sintomi che coinvolgono i muscoli e compare una difficoltà respiratoria immediatamente recarsi al pronto soccorso ed informare riguardo all’assunzione di cibi assunti.
Un trattamento tempestivo ed efficace riduce notevolmente il rischio di complicazioni ed anche di morte.

 

Ricordate che:
1. Il botulismo è raro ma molto pericoloso;
2. le ultime intossicazioni avvenute con le tossine in Italia sono legate principalmente a conserve (industriali o casalinghe)
– i cibi sono venduti prevalentemente in corso di festival o da ambulanti.
– l’attenzione deve essere massima alla modalità di preparazione e conservazione degli alimenti;
– dopo aver assunto cibi conservati, in caso di sintomi, agire subito recandosi in ospedale;

dr. Paolo Meo

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Febbre da West Nile Virus – Scheda malattia

Febbre da West Nile virus
Aggiornamento al luglio 2025

 

    • Descrizione
    • Agente infettivo
    • Ciclo vitale
    • Distribuzione
    • Porta di ingresso
    • Trasmissione
    • Incubazione
    • Sintomi
    • Controllo e prevenzione
    • Trattamento
    • Diagnosi

 

Descrizione

 

Introduzione al Virus West Nile (WNV)
Cenni Storici e Diffusione Globale
Il Virus West Nile (WNV) fu isolato per la prima volta nel 1937, casualmente, da una donna con febbre elevata, dolori, problemi oftalmici avanzati, nel distretto del West Nile in Uganda.
questa arbovirosi rappresenta oramai in tutto il mondo un reale problema di salute pubblica, coinvolgendo animali ed umani. Dalla presenza in alcune aree forestali ugandesi e della fasciatropicale e del Medio Oriente, è diventato causa di epidemie in equini e nell’uomo in tutto il mondo. Dagli anni ’90, WNV ha diffuso senza precedenti con una patologia neuro-invasiva nell’uomo e negli equidi (cavalli e muli) in Europa. In Romania nel 1996 un importante focolaio e successivamente a New York nel 1999 con un gravissimo focolaio. In seguito si è diffuso in tutto il continente americano e poi nell’emisfero nord.
Fin dal 1950 in Egitto e dal 1951 in Israele si è diffuso nel bacino del mediterraneo, con i primi i primi casi in Europa meridionale nel 1962 in Francia. Da allora il virus è comparso anche in Italia, in particolare nelle campagne Toscane, coinvolgendo soprattutto cavalli degli allevamenti locali. Questa diffusione costante, soprattutto nelle regioni temperate del Nord America e dell’Europa, legata alla migrazione degli uccelli selvatici da passo, ha caratterizzato il WNV come un patogeno emergente e riemergente, la cui trasmissione è strettamente legata a fattori ecologici, climatici e umani.

Agente infettivo

Il Virus: Classificazione e Lignaggi Genetici
West Nile Virus è un virus a RNA a singolo filamento positivo, del genere dei Flavivirus. È un arbovirus collegato e appartenente alla famiglie a cui afferisce anche l’encefalite giapponese ed altri importanti virus neurotropi.
Il suo genoma codifica per una “poliproteina”, proteina multipla, che viene successivamente suddivisa e scissa in tre proteine strutturali: (1) il capside (C); (2) la pre-membrana (prM); (3) l’involucro (E); insieme a queste 3 proteine principali vengono prodotte sette proteine non strutturali (NS1, NS2A, NS2B, NS3, NS4A, NS4B, NS5). La proteina di involucro (E) è quella “chiave” che media l’attacco del virus al recettore delle cellule ospiti. Questa proteina di attacco è il principale bersaglio degli anticorpi neutralizzanti. E’ questa la proteina chiave su cui si stanno studianodo i nuovo vaccini.
L’analisi filogenetica ha consentito la classificazione del WNV in almeno otto lignaggi genetici. Tuttavia, dal punto di vista epidemiologico e clinico, i lignaggi 1 (L1) e 2 (L2) sono considerati i puù importanti ma anche i più aggressivi per l’uomo e gli animali.
Il lignaggio 1 ha causato i grandi focolai epidemici in Europa, nel Mediterraneo ma anche nelle Americhe.
Il lignaggio 2, da sempre diffuso in Africa sub-sahariana è considerato meno virulento, ed è comparso in Europa nel 2004 in Ungheria diffondendo poi in Grecia, Italia e altri paesi dell’Europa centrale e orientale, con un potenziale patogeno paragonabile a quello del lignaggio 1.
Attualmente i due lignaggi circolano contemporaneamente e caratterizzano un aspetto cruciale dell’attuale epidemiologia del WNV in Europa.

Ciclo vitale

Il Ciclo di Trasmissione: Vettori, Serbatoi e Ospiti Accidentali
Il WNV sopravvive, si moltiplica e diffonde in natura attraverso un ciclo che coinvolge zanzare e uccelli. Gli uccelli, in particolare quelli appartenenti all’ordine dei Passeriformi (corvidi e passeri), sono ospiti serbatoio e amplificano il virus al loro interno tanto da sviluppare una elevata viremia sufficiente ad infettare le zanzare che pungono per cibarsi del loro sangue. In questo modo, da un uccello e l’altro, con punture infette ricche di virus si perpetua il ciclo vitale e la moltiplicazione.
I vettori del WNV sono le zanzare del genere Culex. La specie Culex pipiens è diffusa in Europa e in Italia. Queste zanzare si nutrono con sangue di uccelli pungono occasionalmente anche i mammiferi, fungendo da “vettori ponte” e causando la trasmissione del virus a ospiti accidentali e afondo cieco, cioè non capaci di trasmettere ulteriormente il virus.
Difatti l’uomo e i cavalli ed asini sono considerati ospiti non “trasmettitori”. Difatti sviluppano una malattia, talvolta in forma grave, ma la loro viremia è troppo bassa da poter infettare una zanzara che punge l’uomo o gli equini, rendendoli praticamente incapaci di trasmettere il virus e di contribuire al suo ciclo naturale. Con questa caratteristica è possibile realizzare un controllo epidemiologico adeguato e strategie di interruzione della catena di trasmissione della malattia. Alcune recenti ricerche hanno evidenziato che in determinate circostanze, per fortuna rare, la trasmissione del virus da mammifero a zanzara può avvenire Ciò può avere implicazioni significative per la valutazione del rischio di diffusione della malattia.
Altre vie di infezione alternative nell’uomo, piuttosto rare includono le “trasfusioni di sangue” e di “emocomponenti”, i “trapianti di organi solidi” e di “cellule staminali emopoietiche”.
Il virus può essere trasmesso anche “verticalmente” dalla madre al feto durante la gravidanza e, in via teorica” attraverso l’allattamento al seno.
Queste vie alternative sono di molto importanti per seguire lo sviluppo di una epidemia ed ancora per impostare regole di contenimento della epidemia stessa.

Nell’uomo, dopo la puntura dell’insetto vettore, il virus si replica nelle cellule di Langerhans del derma, che migrano verso la rete linfatica e, quindi, verso il torrente circolatorio. Questa fase corrisponde alla prima viremia, durante la quale il virus si diffonde in tutti gli organi del sistema linfatico. Successivamente avviene una seconda gittata viremica che corrisponde alla seconda viremia. Il virus può essere isolato nel sangue dopo 1-2 giorni dalla puntura dell’insetto vettore fino a poco più di una settimana. La comparsa nel siero di anticorpi di tipo IgM coincide con il termine della viremia. La viremia  da West Nile Virus è a basso titolo nell’uomo ed è assente al momento della comparsa dei sintomi.

. In questo gruppo sono compresi anche i virus responsabili dell’Encefalite di St. Louis, Encefalite della Valle del Murray, il virus Usutu, Kunjin, Kokobera, Stratford e Alfuy.

 

West Nile Transmission Cycle

 

Porta di ingresso

La Cute, tramite puntura della zanzara vettore durante il pasto ematico.

Trasmissione

Il virus West Nile è trasmesso sia negli animali che all’uomo tramite la puntura di zanzare infette. Altri mezzi di infezione documentati, anche se molto più rari, sono trapianti di organi, trasfusioni di sangue e la trasmissione madre-feto in gravidanza. Il virus infetta diversi mammiferi, soprattutto equini, ma in alcuni casi anche cani, gatti, conigli e altri. E’ importante sottolineare che il virus non si trasmette da persona a persona, né da cavallo a persona attraverso la puntura di una zanzara infetta a causa dei bassi livelli di viremia.

Incubazione

Il periodo di incubazione dal momento della puntura della zanzara infetta varia fra 2 e 14 giorni, ma può essere anche di 21 giorni nei soggetti con deficit a carico del sistema immunitario.

Distribuzione

Epidemiologia del Virus West Nile

Scenario Globale ed Europeo (Aggiornamento Agosto 2025)
Il Virus West Nile si è ormai diffuso nella maggior parte dei continenti ed in moltissimi paesi in tutto il mondo. In Africa, Medio Oriente, Asia, Nord America e in molti paesi del bacino del Mediterraneo ed anche dell’Europa continentale. In Europa le epidemie hanno un andamento stagionale, con la loro presenza evidente tra i mesi di giugno e di novembre, in coincidenza con i le condizioni del clima sempre più favorevoli. Caldo tropicale, umidità elevata,

 L’Epidemia Italiana del 2025: Un’Analisi Approfondita

Dati Nazionali e Confronto con le Stagioni Precedenti (agosto 2025)

Il primo caso autoctono in Italia che ha aperto la stagione di trasmissione di WNV si è manifestato in Piemonte con un caso umano segnalato molto precocemente ossia il 20 marzo.
La situazione di WNV è rimasta silente durante i mesi di aprile -giugno per poi manifestarsi in tutta la sua gravità nel luglio 2025, dopo un giugno torrido, umido e favorevole alla crescita delle zanzare, in particolare della CULEX. 

CLICCA QUI PER I DATI AGGIORNATI DI WEST NILE VIRUS IN ITALIA, IN EUROPA, NEL MONDO 

 

La circolazione di WN in Europa e Meccanismi di “Overwintering”

La presenza annuale, oramai da quasi un decennio di casi umani e animali in paesi del Mediterraneo come l’Italia e la Grecia e nelle coste del Nord Africa conferma che WNV non è più presente sporadicamente ed importato dai paesi esotici, ma si è oramai stabilmente insediato ed è diventato endemico in molte regioni d’Europa. Quindi ci si chiede: come sopravvive il virus durante i mesi invernali, con temperature rigide; e possono le temperature introno allo zero interrompere l’attività delle zanzare?
Questo processo è chiamato “overwintering” ossia svernamento, superamento del periodo invernale; e questo diventa un fattore cruciale e determinante per comprendere la persistenza del virus nell’ambiente e prevedere l’inizio e l’intensità delle stagioni in cui i focolai epidemici ridiventeranno attivi.

I meccanismi proposti sono principalmente due:
(1) la persistenza nell’ambiente del virus, all’interno delle zanzare adulte che entrano in uno stato di dormienza invernale, la diapausa. Questo avviene in luoghi protetti come cantine, grotte, e ambienti umidi e riscaldati.
(2) la reintroduzione annuale del virus WN da parte degli “uccelli migratori” che rientrano dopo aver svernato in Africa.
Sono stati eseguiti in Nord America ed in Europa studi che hanno confermato che WNV può svernare nelle popolazioni di zanzare, consentendo una ripresa rapida della trasmissione al ripristino delle condizioni meteo favorevoli. D’altra parte altri studi in Francia non hanno confermato la presenza del virus nelle zanzare in pausa suggerendo che in quella specifica regione la reintroduzione tramite gli uccelli migratori rimanere il fattore predominante di reinfestazione.

A questa situazione ecologica si aggiunge la presenza evolutiva e geografica di vari lignaggi del virus a livello continentale. Storicamente, il lignaggio 1 del WNV è stato predominante in Europa occidentale, mentre il lignaggio 2 era presente e diffondeva nell’Europa orientale e all’Africa. Negli ultimi due decenni, si è assistito ad una espansione del lignaggio 2 verso l’ovest europeo, causando importanti epidemie in Grecia, Romania e Italia. Un evento epidemiologico di grande rilevanza si è verificato nel 2024, con la segnalazione del primo caso umano autoctono di malattia neuro-invasiva da WNV lignaggio 2 in Spagna.
Gli studi hanno evidenziato che i ceppi virali erano correlati a quelli circolanti in Europa centrale, e non a ceppi precedentemente isolati in Spagna. Questo caratterizza un salto geografico di questo tipo di virus verso ovest. Tutto questo evidenzia un panorama epidemiologico europeo in piena evoluzione.

 

Sintomi

La maggior parte delle persone infette non mostra alcun sintomo. Fra i casi sintomatici, circa il 20% dei soggetti sviluppa una malattia sistemica febbrile chiamata comunemente febbre di West Nile (WNF) caratterizzata dalla comparsa di febbre, cefalea, nausea, vomito, linfoadenopatia, possibili eruzioni cutanee. Generalmente questa fase acuta si risolve in una settimana o poco più, e possono variare molto a seconda dell’età della persona. Nei bambini è più frequente una febbre leggera, nei giovani la sintomatologia è caratterizzata da febbre mediamente alta, arrossamento degli occhi, mal di testa e dolori muscolari. Negli anziani e nelle persone debilitate, invece, la sintomatologia può essere più grave.

I sintomi più gravi si presentano in media in meno dell’1% delle persone infette (1 persona su 150), manifestandosi come una malattia neuro-invasiva (encefalite, meningo-encefalite, paralisi flaccida), con possibile decorso fatale. Il rischio di contrarre la forma neurologica della malattia aumenta all’aumentare dell’età ed è particolarmente elevato nei soggetti di età superiore ai 60 anni. Viceversa, in uno studio di sorveglianza  effettutato negli Stati Uniti tra il 1998 e il 2008, è emerso che le paralisi flaccide acute sono state segnalate in percentuale maggiore in soggetti di età inferiore ai 60 anni. La letalità delle forme neuro-invasive si aggira intorno al 9% nei soggetti anziani e meno dell’1% nei bambini.

Diagnosi

La diagnosi nell’uomo viene prevalentemente effettuata attraverso test di laboratorio (Elisa o Immunofluorescenza) effettuati su siero e, dove indicato, su fluido cerebrospinale, per la ricerca di anticorpi del tipo IgM. Questi anticorpi possono persistere per periodi anche molto lunghi nei soggetti malati (fino a un anno), pertanto la positività a questi test può indicare anche un’infezione pregressa.  La siero-conversione o l’aumento di 4 volte del titolo anticorpale può essere utilizzata per diagnosticare un’infezione recente. I campioni raccolti entro 8 giorni dall’insorgenza dei sintomi potrebbero risultare negativi, pertanto è consigliabile ripetere a distanza di tempo il test di laboratorio prima di escludere la malattia. In alternativa la diagnosi può anche essere effettuata attraverso Pcr o coltura virale su campioni di siero e fluido cerebrospinale entro 7 giorni dall’inizio della sintomatologia acuta, tenendo conto che la viremia è relativamente di breve durata e di basso titolo.

Controllo e prevenzione

Non esiste un vaccino per la febbre West Nile. Attualmente sono allo studio dei vaccini, ma per il momento la prevenzione consiste soprattutto nel ridurre l’esposizione alle punture di zanzare.
Pertanto è consigliabile proteggersi dalle punture ed evitare che le zanzare possano riprodursi facilmente:

·         usando repellenti e indossando pantaloni lunghi e camicie a maniche lunghe quando si è all’aperto, soprattutto all’alba e al tramonto

·         usando delle zanzariere alle finestre

·         svuotando di frequente i vasi di fiori o altri contenitori (per esempio i secchi) con acqua stagnante

·         cambiando spesso l’acqua nelle ciotole per gli animali.

Il controllo nei confronti della WND si basa essenzialmente sulla sorveglianza degli uccelli stanziali di specie sinantropiche, degli equidi e dell’avifauna selvatica di specie migratorie.

Trattamento

Non esiste una terapia specifica per la febbre West Nile, il trattamento è solo sintomatico. Nella maggior parte dei casi, i sintomi scompaiono da soli dopo qualche giorno o possono protrarsi per qualche settimana. Nei casi più gravi è invece necessario il ricovero in ospedale, dove i trattamenti somministrati comprendono fluidi intravenosi e respirazione assistita. Vi sono recentissime segnalazioni in letteratura che suggeriscono, su modelli animali, la possibile efficacia del trattamento con immunoglobuline specifiche anti WNV.

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Rapporto sulla Situazione della epidemia Mpox in Sierra Leone (Maggio 2025) e Spiegazione della Malattia

1. Sintesi del Rapporto sulla Situazione dell’Mpox in Sierra Leone (Maggio 2025)

mpox nei bambini
mpox nei bambini

 

2300 casi di MPOX del ceppo virale “clade 2b” e oltre 15 morti il bilancio della grave epidemia, nel mese di maggio 2025, in Sierra Leone che sta affrontando una delle più gravi epidemie di Mpox (precedentemente vaiolo delle scimmie), in Africa, con un aumento esponenziale dei casi confermati.  La capitale, Freetown, è l’epicentro della epidemia, mettendo a dura prova le fragili infrastrutture sanitarie.
L’Ospedale Militare 34 di Freetown, cruciale nella risposta, opera al massimo della sua capacità (26 letti dedicati a MPOX).
Le sfide principali includono:
– una critica carenza di posti letto per l’isolamento (stimati solo 60 a livello nazionale contro oltre 2000 casi attivi),
finanziamenti inadeguati
difficoltà nel tracciamento dei contatti.
Le autorità hanno avviato una campagna di vaccinazione nazionale a marzo 2025 e introdotto nuove misure di sanità pubblica a inizio maggio 2025. Tuttavia, la rapida escalation suggerisce una possibile sottovalutazione iniziale della trasmissibilità del ceppo virale clade 2b.
La dichiarazione di emergenza sanitaria pubblica a gennaio 2025 non ha arginato l’impennata, indicando ritardi o insufficienza nelle misure attuative. Riguardo alla notizia di oltre 200 casi in aumento presso l’ospedale militare di Freetown, si chiarisce che la sua capacità di ricovero per Mpox è di 26 posti letto, tutti occupati; la cifra di 200 potrebbe riferirsi al volume cumulativo di pazienti gestiti o alla situazione generale di Freetown.

Situazione Epidemiologica (al 20 Maggio 2025)

L’epidemia ha visto un’accelerazione drammatica nel 2025. Al 12 maggio, si contavano 2.045 casi confermati dall’inizio dell’anno, con 1.586 casi attivi e 11 decessi. I casi sono aumentati nell’ultima settimana.
Il primo decesso è stato registrato il 10 marzo (59 casi totali). Solo l’11 maggio sono stati segnalati 165 nuovi casi.
A inizio maggio, la Sierra Leone registrava circa 100 nuovi casi al giorno, rappresentando oltre il 50% dei casi africani in una settimana.

reparto ospedale militare Free Town isolamento
reparto ospedale militare Free Town isolamento

Il ceppo responsabile è il clade 2b.
La Western Area Urban (Freetown) è l’epicentro con 1.326 casi (67% del totale nazionale),
seguita dalla Western Area Rural con 414 casi, indicando una diffusione anche fuori dalle aree urbane dense.
La maggior parte dei pazienti (68%) è di sesso maschile, con età più colpita tra i 30 e i 35 anni.
Il 7% dei pazienti Mpox è anche HIV-positivo, un gruppo ad alto rischio.

Focus sull’Ospedale Militare 34 di Freetown
L’Ospedale Militare 34 (34 Military Hospital) a Freetown è un centro primario per diagnosi e trattamento, grazie alla sua esperienza pregressa con Ebola e Febbre di Lassa e a infrastrutture specializzate.
Tuttavia, dispone di soli 26 posti letto dedicati all’Mpox, costantemente a pieno regime. Questa limitata capacità, a fronte degli oltre 1.300 casi a Freetown, rende impossibile gestire una frazione significativa dei casi che necessiterebbero ricovero, costringendo al trasferimento verso altri centri.
La notizia di “più di 200 casi in aumento” presso l’ospedale non è compatibile con la sua capacità di ricovero. È più probabile che si riferisca al numero cumulativo di pazienti diagnosticati/gestiti, al flusso di persone che si presentano per sospetta infezione, o a una generalizzazione della grave situazione a Freetown.
L’ospedale è certamente in prima linea, affrontando un carico di lavoro crescente in termini di valutazione, diagnosi e indirizzamento.

Risposta di Sanità Pubblica e Interventi
Il 19 marzo 2025 è stata lanciata una campagna nazionale di vaccinazione, con 61.300 dosi iniziali (da Gavi e Irlanda),
priorità a operatori sanitari,
contatti stretti
comunità hotspot.
A inizio maggio, quasi 24.000 persone erano state vaccinate (circa 60% operatori sanitari). Nonostante ciò, l’epidemia è cresciuta, suggerendo che ritmo e copertura vaccinale potrebbero essere stati insufficienti, data la rapida diffusione e le sfide logistiche. Si è registrata alta accettazione del vaccino tra il personale sanitario.
Il 5 maggio 2025, sono state introdotte nuove norme di sicurezza pubblica: igiene, sorveglianza e segnalazione (chiamando il 117), tracciamento contatti, isolamento domiciliare per sintomatici, distanziamento fisico, limitazione contatti e misure specifiche per luoghi pubblici.
Sono previste sanzioni per inosservanza. L’efficacia dipende dall’adesione comunitaria, potenzialmente compromessa da stanchezza da restrizioni e fattori socio-economici.
La capacità nazionale di trattamento e isolamento è gravemente inadeguata: a inizio maggio, solo 60 posti letto dedicati a livello nazionale, costringendo la maggioranza degli infetti a cure domiciliari, con rischio di trasmissione intra-domestica. Nonostante l’apertura di nuovi centri (quattro a Freetown a febbraio, più quelli di Jui e della polizia), la capacità resta insufficiente.

Sfide Sistemiche e Necessità
La carenza di risorse finanziarie è un ostacolo primario, con budget sottofinanziati già da agosto 2024 e prospettive di tagli ai fondi internazionali. Questa sottofinanziazione si traduce in carenze materiali, come i posti letto.
Debolezze operative includono un basso rapporto di tracciamento dei contatti nonostante una buona
copertura diagnostica, e la necessità di migliorare la capacità dei laboratori. L‘isolamento inadeguato per cure domiciliari forzate alimenta la diffusione.
La crisi si inserisce in un contesto regionale di recrudescenza del virus. L’Africa CDC monitora la situazione, avvertendo che l’intensa trasmissione in Sierra Leone potrebbe minacciare la sanità regionale. L’OMS classifica l’Mpox come emergenza di sanità pubblica di interesse internazionale (PHEIC) e fornisce supporto.

Partner come UNICEF e Gavi contribuiscono con vaccini. Tuttavia, la sostenibilità a lungo termine dipende dal rafforzamento dei sistemi sanitari nazionali.

Conclusioni e Raccomandazioni Preliminari
L’epidemia di Mpox in Sierra Leone a maggio 2025 è un’emergenza grave, con trasmissione rapida. L’Ospedale Militare 34 opera al limite dei suoi 26 posti letto per Mpox.

La risposta è insufficiente a causa di sfide sistemiche: cronica insufficienza di finanziamenti, carenza di posti letto per isolamento e debolezze nel tracciamento.

Le raccomandazioni includono:
2. Incremento urgente dei finanziamenti.
3. Espansione rapida della capacità di isolamento e trattamento.
4. Rafforzamento immediato della sorveglianza e del tracciamento dei contatti.
5. Accelerazione e ampliamento della campagna vaccinale.
6. Potenziamento del coinvolgimento comunitario e della comunicazione del rischio.
7. Supporto psicosociale per pazienti e operatori.
8. Investimenti a lungo termine nel sistema sanitario nazionale. È cruciale una comunicazione accurata per evitare panico e supportare la risposta.

 

2. Breve Spiegazione della Malattia Mpox

L’Mpox, precedentemente nota come vaiolo delle scimmie, è un’infezione virale. Si trasmette principalmente attraverso lo         – stretto contatto con una persona infetta,
– i suoi fluidi corporei,
– le lesioni,
– o con materiali contaminati (come lenzuola).

I sintomi tipici includono
– febbre,
– mal di testa,
– dolori muscolari,
– mal di schiena,
– linfonodi ingrossati,
– brividi e spossatezza,
seguiti o accompagnati da un’eruzione cutanea che può presentarsi come vescicole o lesioni piene di pus.

L’Mpox è endemica in alcune regioni dell’Africa centrale e occidentale, dove si verificano regolarmente focolai, in particolare nella Repubblica Democratica del Congo (RDC).
Recentemente, la comparsa e la rapida diffusione di un nuovo ceppo virale nella RDC (il clade Ib) ha destato preoccupazione per la sua apparente maggiore trasmissibilità.

Ricerche dati e redazione dr. Paolo Meo

foto gentilmente concesse dall’ ing. Claudio Belcastro direttamente dall’ Ospedale militare di Freetown

Rapporto sulla Situazione della epidemia Mpox in Sierra Leone (Maggio 2025) e Spiegazione della Malattia Leggi tutto »

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Informazioni e comportamenti da seguire da parte dei viaggiatori internazionali

Per viaggiare in modo sicuro e tranquillo, segui alcune procedure e consigli. Tutto ciò è importante per la tua salute e la tua serenità. Qui ci sono alcuni passaggi su cui riflettere:
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2. Scegli ed acquista la tua Assicurazione Sanitaria viaggio

L’assicurazione sanitaria di viaggio è essenziale per proteggere la tua salute e il tuo budget in caso di necessità medica durante il viaggio. Scegli una copertura adeguata alle tue esigenze e al tuo itinerario;

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Crea un kit di emergenza personalizzato, con farmaci, medicine e materiali necessari e indispensabili per affrontare piccoli problemi di salute, senza esagerare. Il Dr. Paolo Meo ti aiuterà a scegliere le medicine e i materiali giusti per il tuo viaggio.

4. Scegli qualche “integratore” o prodotto naturale utile per mantenerti in salute ed energia
mantenere una buona salute e un buon livello di energia durante il viaggio è importante. Il Dr. Paolo Meo potrà consigliarti su integratori o prodotti naturali utili per mantenere la tua forma fisica e la tua salute durante il viaggio.

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Alcune malattie possono essere prevenute con la somministrazione di vaccini o di farmaci specifici. Il Dr. Paolo Meo valuterà la necessità di vaccinazioni e prevenzioni in base alla tua destinazione e al tuo stato di salute.

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Per viaggiare in tranquillità, assicurazioni di disposizione di tutti i documenti necessari, come il passaporto, la carta d’identità e l’assicurazione sanitaria. Verifica le cadenze e la validità dei documenti prima del tuo viaggio.

7. Parti rilassato
Una volta seguiti tutti questi passaggi, potrai partire per il tuo viaggio con serenità e goderti l’esperienza senza preoccupazioni. Il Dr. Paolo Meo sarà a tua disposizione per qualsiasi domanda o consulenza.

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Il Dr. Paolo Meo, specialista in Malattie infettive e tropicali, ti offre una consulenza completa e personalizzata, prendendo in considerazione le tue esigenze specifiche e la tua destinazione di viaggio. Ecco alcuni aspetti che verranno affrontati durante la consulenza:

Valutazione dei rischi
o Il Dr. Paolo Meo valuterà i rischi sanitari legati al tuo viaggio, tenendo conto della destinazione, della durata e delle condizioni igieniche locali. Questa analisi dettagliata ti consentirà di prendere decisioni consapevoli e prevenire eventuali problemi di salute.

o Vaccinazioni e prevenzioni
ti consiglierà sulle vaccinazioni necessarie per la tua destinazione di viaggio, verificando anche se sei già vaccinato o meno. Inoltre, ti prescriverà farmaci profilattici per la prevenzione di malattie tropicali, come la malaria, il colera o la febbre gialla.

o Igiene e sicurezza alimentare
Ti fornisce indicazioni per mantenere una buona igiene personale e per evitare malattie trasmesse da cibo e acqua. Consiglierà su come scegliere cibi sicuri e su come pulire e disinfettare alimenti e oggetti.

o Kit di emergenza
Ti aiuterà a creare un kit di emergenza personalizzato, contenente farmaci, medicinali e materiali utili per affrontare piccoli problemi di salute. Questo kit sarà essenziale durante il tuo viaggio e ti darà la tranquillità di poter affrontare piccole situazioni di emergenza.

In conclusione

la consulenza di viaggio con il Dr. Paolo Meo offre un servizio completo e personalizzato per i viaggiatori internazionali, garantendo un’esperienza di viaggio più serena e sicura. Non aspettare, richiedi la tua consulenza ora e goditi il tuo viaggio con tranquillità.

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Larva Migrans: Cause, Infestazione e Trattamenti Ottimali

La “larva migrans”
è una patologia parassitaria, causata da diversi tipi di “nematodi” che, seppur raramente grave, può causare sintomi fastidiosi e compromettere significativamente la qualità della vita dei pazienti colpiti. La forma cutanea, la più comune e facilmente riconoscibile, è causata principalmente da anchilostomi, ossia vermi che penetrano nella pelle umana e vi permangono senza completare il loro ciclo vitale.
La diagnosi, prevalentemente clinica, si basa sul riconoscimento delle caratteristiche lesioni serpiginose, che partono sempre da una lesione pomfoide, ed è caratteristica di storie di esposizione a terreni o sabbia, potenzialmente contaminati, in aree considerate endemiche. Il camminare a piedi nudi sul terreno o sulla sabbia espone, generalmente il piede al rischio di penetrazione delle larve del parassita.
L’albendazolo e l’ivermectina costituiscono il gold standard della terapia, ed offrono elevati tassi di guarigione, rendendo la prognosi generalmente favorevole.
La prevenzione rimane l’approccio più efficace, particolarmente per i viaggiatori diretti verso aree tropicali e subtropicali. L’adozione di semplici misure precauzionali, ossia evitare di camminare a piedi nudi in terreni sabbiosi, potenzialmente contaminati, ed anche evitare il contatto con cani o gatti senza controllo parassitario. Con queste accortezze si riduce significativamente il rischio di infestazione.
La crescente diffusione della larva migrans in aree precedentemente non colpite, in relazione ai cambiamenti climatici, con maggiore umidità e soprattutto pioggia e diffusione delle micro larve, induce ad adottare comportamenti di attenzione. E’ importante una continua sorveglianza epidemiologica e un’adeguata informazione della popolazione sui rischi associati a questa patologia sempre più diffusa.

La malattia denominata “larva migrans” rappresenta una condizione parassitaria determinata da diverse specie di parassiti. Colpisce la pelle e, in alcune varianti, gli organi interni. Le forme più comuni di questa infestazione sono
la “larva migrans cutanea”, causata principalmente da “anchilostomi tipici di animali,
la “larva migrans viscerale”, risultante dalla migrazione delle larve attraverso gli organi interni.

Definizione e tipologie di Larva Migrans
La “larva migrans” comprende diverse manifestazioni cliniche, classificate in base alla localizzazione dell’infestazione nel corpo umano.
Larva Migrans Cutanea
La larva migrans cutanea (LMC), nota anche come “dermatite serpiginosa” o “eruzione strisciante”, è una malattia dermatologica causata dalla penetrazione transcutanea delle larve di un verme uncinato, l’anchilostoma, che vive come parassita “commensale” nell’intestino di diverse specie animali, principalmente cani e gatti. Questa forma rappresenta la manifestazione più comune della patologia ed è caratterizzata da “lesioni cutanee serpiginose” facilmente riconoscibili.
I parassiti principalmente responsabili sono
l’*Ancylostoma caninum*, parassita tipico del cane con distribuzione cosmopolita;
l’*Ancylostoma braziliense*, diffuso nelle aree tropicali e subtropicali, capace di infestare sia cani che gatti. Questi parassiti, non trovando nell’uomo un ambiente idoneo al loro sviluppo completo, rimangono confinati negli strati superficiali della cute, dove causano i caratteristici segni clinici.

Altre forme di Larva Migrans
Oltre alla forma cutanea, esistono altre varianti di questa infestazione parassitaria:
“Larva migrans viscerale”: si verifica quando gli esseri umani ingeriscono inavvertitamente “uova embrionate” delle specie *Toxocara canis* o *Toxocara cati*, con conseguente migrazione delle larve attraverso vari organi interni.
“Larva migrans oculare”: in questa forma, le larve invadono il tessuto oculare, causando potenziali danni alla vista.
“Larva migrans neurale”: caratterizzata dalla migrazione dei parassiti verso il sistema nervoso centrale, provocando sintomi neurologici.
“La larva currens”, invece, è una forma particolare causata dallo *Strongyloides stercoralis*, che si manifesta con lesioni serpiginose orticarioidi a rapida progressione, iniziando tipicamente in prossimità della cute perianale.

Meccanismi di trasmissione e infestazione
Il ciclo di trasmissione della larva migrans cutanea inizia con l’eliminazione delle uova del parassita attraverso le feci degli animali infestati.
Ciclo biologico e modalità di contagio
Gli animali infestati dall’anchilostoma espellono con i loro escrementi le microscopiche uova del parassita, dalle quali nascono poi le larve. Queste si sviluppano particolarmente in condizioni di caldo (temperature di 20-30°C) e nei terreni umidi. Le larve sono ottime “nuotatrici” e si propagano tra le gocce di pioggia, sulle foglie o sulla vegetazione, fino a entrare in contatto con un organismo ospite.
L’uomo viene contagiato attraverso il contatto diretto con il terreno contaminato dalle feci degli animali. Le larve penetrano nella pelle e, non trovando un ambiente adatto al loro completo sviluppo nell’ospite umano, rimangono confinate nel tessuto sottocutaneo. A differenza di quanto avviene negli animali, nell’uomo le larve non raggiungono il circolo sanguigno, ma parassitano esclusivamente la cute.

Fattori di rischio e aree geografiche
La malattia è particolarmente diffusa in quelle zone in cui si verificano violazioni delle norme igieniche di base e condizioni di stretta coabitazione tra uomo e animali domestici. Alle nostre latitudini si osserva principalmente in soggetti che hanno soggiornato in aree a più alto rischio.
L’ambiente ideale per la trasmissione all’uomo è rappresentato dalle spiagge caldo-umide tropicali, dove la sabbia contaminata offre condizioni ottimali per lo sviluppo delle larve. L’infestazione è tipica dei Caraibi, meno frequente in Turchia e Grecia, e ancora più rara in Adriatico e Costa Azzurra.
La larva migrans cutanea rappresenta una delle più frequenti malattie dermatologiche tra i viaggiatori di ritorno dai paesi tropicali.
L’emergenza di questa condizione in regioni precedentemente immuni sia dovuta ai cambiamenti climatici.

Manifestazioni cliniche e diagnosi
La larva migrans cutanea si manifesta con segni clinici caratteristici che ne facilitano la diagnosi.

Sintomi e segni clinici principali
Le larve scavano nell’epidermide, provocando lesioni che hanno l’aspetto di sottili linee rosse filiformi dall’andamento tortuoso (da cui il nome di “dermatite serpiginosa”). Le lesioni si localizzano sotto la cute delle zone poste a contatto diretto con il terreno contaminato: mani, piedi, glutei e schiena.
Il cammino delle larve provoca forte prurito e dolore, particolarmente intenso durante la notte. Possono inoltre manifestarsi piccole escrescenze e vescicole. Il grattamento di queste lesioni può portare a infezioni batteriche secondarie della pelle.
In alcuni casi, la larva migrans cutanea può essere complicata da una reazione polmonare autolimitante, definita sindrome di Löffler, caratterizzata da infiltrati polmonari a chiazze ed eosinofilia periferica.

Approccio diagnostico
La diagnosi di larva migrans cutanea si basa essenzialmente sull’anamnesi e sull’aspetto clinico caratteristico delle lesioni. Gli elementi chiave per la diagnosi includono:
– Storia recente di viaggi in aree endemiche tropicali o subtropicali
– Esposizione della pelle a sabbia o terreno potenzialmente contaminati
– Presenza delle caratteristiche lesioni serpiginose
– Intenso prurito associato alle lesioni
Gli esami ematochimici possono evidenziare un lieve incremento degli eosinofili nel sangue, come riportato in un caso clinico di una bambina di 4 anni con larva migrans cutanea che presentava 830 eosinofili/mmc.

Trattamenti farmacologici e loro efficacia
Sebbene la larva migrans cutanea sia una condizione autolimitante, l’intenso prurito e il rischio di infezioni secondarie rendono necessario un trattamento specifico.
Opzioni terapeutiche principali
I farmaci antielmintici rappresentano il cardine della terapia, con diverse opzioni disponibili:
1. “Albendazolo”: rappresenta uno dei trattamenti di prima scelta. La posologia raccomandata è di 400 mg al giorno per via orale per 3 giorni consecutivi. Questo regime terapeutico ha dimostrato tassi di guarigione variabili tra il 46% e il 100%.
2. “Ivermectina”: può essere somministrata come dose singola di 12 mg, eventualmente ripetuta il giorno successivo. Gli studi hanno evidenziato tassi di efficacia molto elevati, compresi tra l’81% e il 100%.
3. “Terapie topiche”: alcuni esperti raccomandano il trattamento topico con ivermectina, tiabendazolo (in sospensione al 10% o crema al 15%) o metronidazolo crema, tutti utilizzati quattro volte al giorno.

Recentemente, nel febbraio 2025, l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha adottato un parere favorevole all’uso di ivermectina-albendazolo in associazione per il trattamento di infezioni causate da diverse tipologie di vermi parassiti, incluse quelle provocate da anchilostomi.

Confronto tra i diversi approcci terapeutici
Secondo gli studi disponibili, l’ivermectina orale sembra offrire i tassi di guarigione più elevati, raggiungendo fino al 100% di efficacia in dose singola.
L’albendazolo, seppur altamente efficace, mostra una maggiore variabilità nei risultati terapeutici (46-100%).
I trattamenti topici presentano limitazioni, specialmente in caso di lesioni multiple e di follicolite da anchilostoma, e richiedono applicazioni tre volte al giorno per almeno 15 giorni. La crioterapia (congelamento del fronte avanzante della traccia cutanea) raramente risulta efficace.
Nel caso degli altri tipi di larva migrans, come la forma viscerale, possono essere necessari dosaggi o durate di trattamento differenti. Per la larva migrans viscerale, ad esempio, il dosaggio raccomandato è di 400 mg di albendazolo due volte al giorno per 5 giorni.

Prevenzione e misure profilattiche
La prevenzione della larva migrans risulta fondamentale, specialmente per i viaggiatori diretti verso aree endemiche.
Misure preventive individuali
Per ridurre il rischio di infestazione, è consigliabile:
– Evitare il contatto diretto della pelle con terreno potenzialmente contaminato;
– Non camminare a piedi nudi sulle spiagge a rischio;
– Utilizzare teli da spiaggia o sdraio anziché sdraiarsi direttamente sulla sabbia;
– Praticare una corretta igiene personale durante i soggiorni in aree endemiche

Controllo degli animali domestici
Per prevenire la contaminazione ambientale da parte di cani e gatti, è importante:
– Sottoporre regolarmente gli animali domestici a trattamenti antielmintici;
– Nelle aree in cui il rischio è rappresentato principalmente da *Toxocara* spp., per i cani e i gatti che vivono all’aperto si raccomanda la sverminazione almeno quattro volte l’anno;
– Rimuovere prontamente le feci degli animali domestici dalle aree pubbliche e private;
Queste misure, insieme a una maggiore consapevolezza dei rischi associati alle aree endemiche, possono ridurre significativamente l’incidenza della larva migrans nelle popolazioni a rischio.

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ANSIA: Il Sistema di Allarme Umano. Definizione e Funzioni Evolutive

1.1 ANSIA costituisce il “Sistema di Allarme Umano”: Definizione e Funzioni Evolutive

• Meccanismi neurobiologici dell’ansia (amigdala, corteccia prefrontale)
L’ANSIA rappresenta uno dei più raffinati sistemi di allarme sviluppati dall’evoluzione umana. In un’ottica psicobiologica ed evoluzionista, questo meccanismo funge da indispensabile segnalatore quando potenziali pericoli entrano nel nostro “spazio di vita”. Come un sofisticato dispositivo di sicurezza, ci informa di minacce imminenti e ci …. continua a leggere

 

• Differenze tra ansia adattiva e patologica

Ansia adattiva e patologica: quando l’allarme funziona e quando si inceppa
L’ansia, come ogni sistema di allarme, ha una funzione adattiva fondamentale che ci ha permesso, come specie, di sopravvivere e prosperare.
In determinate circostanze, provare ansia non solo è normale, ma assolutamente vantaggioso. Come distinguere però quando questo meccanismo opera correttamente e quando invece si trasforma in un problema? continua a leggere….


• Confronto interspecie: come altri mammiferi gestiscono l’ansia

L’ansia oltre l’umano: come i mammiferi gestiscono la paura
L’ansia non è un’esclusiva umana, ma rappresenta un antico meccanismo di sopravvivenza condiviso con molte altre specie animali. Paura e ansia giocano un ruolo centrale nella vita dei mammiferi, ma sono presenti anche negli uccelli e probabilmente in molti altri gruppi animali.  Si tratta infatti di meccanismi di protezione e difesa ……

 

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Ansia adattiva e patologica: quando l’allarme funziona e quando si inceppa

Ansia adattiva e patologica: quando l’allarme funziona e quando si inceppa
L’ansia, come ogni sistema di allarme, ha una funzione adattiva fondamentale che ci ha permesso, come specie, di sopravvivere e prosperare.
In determinate circostanze, provare ansia non solo è normale, ma assolutamente vantaggioso.

Come distinguere però quando questo meccanismo opera correttamente e quando invece si trasforma in un problema?
L’ansia adattiva rappresenta una risposta proporzionata a minacce reali o probabili.
Ad esempio quando un esame importante si avvicina, un moderato livello di ansia ci aiuta a
rimanere concentrati,
a studiare con maggiore intensità
e a mobilitare tutte le nostre risorse cognitive.
In questo caso, l’ansia funziona come un potente motivatore che ci spinge a prepararci adeguatamente.

Simili meccanismi si attivano quando dobbiamo
parlare in pubblico,
affrontare una sfida sportiva
o prendere decisioni significative per la nostra vita.
In questi contesti, l’ansia è temporanea, proporzionata alla situazione e, soprattutto, funzionale: ci aiuta piuttosto che ostacolarci.
Analizzare il contesto diventa fondamentale:
se l’ansia compare in risposta a una minaccia concreta e scompare una volta che questa è passata, stiamo osservando un sistema di allarme che funziona correttamente.
Un esempio eloquente è quello dell’automobilista che, percependo un veicolo che sbanda nella sua direzione, sperimenta un’immediata attivazione ansiosa che lo porta a reagire prontamente per evitare l’incidente. Una volta superato il pericolo, l’ansia si attenua gradualmente, lasciando forse solo un comprensibile residuo di tensione.

Ben diversa è la condizione quando l’ansia diventa patologica.
In questo caso, il sistema di allarme inizia a malfunzionare, attivandosi in modo inappropriato o con intensità sproporzionata.

Secondo gli esperti, l’ansia può considerarsi problematica
quando supera una certa soglia di intensità,
quando persiste anche in assenza di minacce concrete
o quando non è chiaro il motivo per cui si è attivata.

In queste circostanze, anziché aiutarci, l’ansia diventa essa stessa fonte di preoccupazione, innescando un circolo vizioso:
più percepiamo l’ansia,
più ci preoccupiamo,
alimentando ulteriormente il circuito in una spirale che può culminare nella temuta perdita di controllo tipica dell’attacco di panico.
La differenza tra ansia adattiva e patologica si manifesta chiaramente
nella frequenza
e nell’intensità degli episodi.
Nell’ansia patologica esistono episodi frequenti, spesso prolungati e di elevata intensità,
mentre nell’ansia adattiva gli episodi sono occasionali, di durata limitata e di intensità gestibile.

Un altro elemento distintivo riguarda la percezione del pericolo:
nell’ansia adattiva, il timore riguarda una minaccia reale o altamente probabile;
nell’ansia patologica, invece, la persona sperimenta un malessere emotivo di fronte a un danno futuro che è possibile, ma non poi così probabile.

Consideriamo un esempio concreto:
(1) un individuo con ansia adattiva potrebbe sentirsi teso e preoccupato prima di un intervento chirurgico programmato – una reazione comprensibile di fronte a una situazione oggettivamente stressante.
Una volta superata l’operazione con successo, l’ansia diminuisce naturalmente.

(2) Al contrario, una persona con ansia patologica potrebbe sviluppare una preoccupazione costante e invalidante per la propria salute anche in assenza di reali problemi medici, interpretando ogni piccola sensazione corporea come segnale di una malattia grave, sottoponendosi a continui controlli medici e vivendo in uno stato di allerta permanente che compromette significativamente la qualità della vita.

Le manifestazioni fisiche dell’ansia accompagnano entrambe le forme, ma con differenze significative.
Nei quadri patologici, i sintomi possono raggiungere un’intensità considerevole:
sensazione di soffocamento,
oppressione o dolore al petto,
vertigini,
tremori intensi,
sudorazione profusa,
tachicardia marcata.
Questi sintomi diventano spesso oggetto di ulteriore preoccupazione
(“Sto avendo un infarto?”, “Sto per svenire?”), amplificando il circolo vizioso dell’ansia.

Fortunatamente, esistono numerose tecniche efficaci per gestire l’ansia quando questa diventa problematica.
Le più semplici da apprendere e utilizzare si basano
sulla respirazione,
sfruttando il collegamento neurovegetativo che lega il diaframma al centro encefalico responsabile della risposta ansiosa1.
Tecniche di respirazione diaframmatica,
meditazione mindfulness e
training autogeno

possono aiutare a riportare il sistema di allarme a livelli funzionali, interrompendo la spirale dell’ansia prima che raggiunga intensità debilitanti.

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