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Cambiamento climatico e malattie infettive

CAMBIAMENTO CLIMATICO E MALATTIE INFETTIVE
INTERVISTA RADIOFONICA AL DOTT. PAOLO MEO
Il cambiamento climatico con l’innalzamento della temperatura del Mar Mediterraneo favorisce la proliferazione e la presenza di alcuni insetti vettore di malattie, come le zanzare, soprattutto negli stati costieri ma sempre più anche all’interno del continente.
Il giornalista Claudio Bustaffa, per la Radiotelevisione Svizzera, ne ha parlato con il Dott. Paolo Meo, Presidente del Centro di Medicina Preventiva e Tropicale di Roma. (Sintonizzarsi al minuto 15,55 della trasmissione).
“Il Mar Mediterraneo e il generale innalzamento delle temperature hanno costituito sicuramente un bacino per la proliferazione e presenza di insetti vettore di alcune malattie. Stiamo assistendo a un vero e proprio mutamento della flora e della fauna caratteristica sia degli stati costieri come la Grecia, l’Italia, la Spagna e la Francia, ma sempre più anche tra gli stati continentali. Proprio questi stati hanno rappresentato terreno favorevole per l’attecchimento di alcuni vettori, come la sempre più aumentata presenza della zanzara Aedes, comunemente conosciuta come Zanzara Tigre.
Quanto tempo è necessitato per questo mutamento?
Il cambiamento climatico avvenuto negli ultimi 20 anni ha favorito la proliferazione di particolari insetti vettori, e di conseguenza l’apparizione di focolai di malattia, dapprima nella costa fino a poi prevalere anche nell’entroterra europeo. Parlo proprio di alcuni focolai registrati in Austria, Germania e Francia.
Quali conseguenze cliniche e mediche possiamo osservare?
Possiamo parlare di alcune malattie che fino a poco fa sono sempre state considerate “tropicali”, ma che ora rappresentano una minaccia anche europea.
Come ad esempio la febbre West Nile Virus, causata da un arbovirus dapprima presente nelle zone tropicali di Africa e America, ma ora endemico in Italia, Francia e anche nei Balcani.
Altra minaccia da considerare è la Dengue, una malattia infettiva veicolata dalla zanzara Aedes Aegypti, che ha registrato focolai anche qui, soprattutto nelle zone costiere francesi.
In Italia, soprattutto qui a Roma, sono stati registrati dei focolai di Chikungunya, circa 100 casi.
Uno dei provvedimenti concreti è stato quello di stoppare le donazioni del sangue per chi provenisse dalle zone colpite. Alcune limitazioni sono state fatte anche in Svizzera, con lo stop alle donazioni ematiche per chi proveniva dal Lazio, dalla Toscana.. insomma, non stiamo parlando dei tropici. Dovremmo sempre più abituarci a questa situazione?
Assolutamente sì.
Non solo per il problema delle virosi, ma in futuro anche per la malaria.
Non avremmo mai pensato che ora, chi passa dall’Italia, deve porre attenzione a determinate malattie o subire restrizioni e accorgimenti per le donazioni del sangue, ma queste sono solo alcune delle conseguenze del cambiamento climatico.”

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Rabbia – Scheda malattia

Malattia della Rabbia

  • Descrizione
  • Agente infettivo
  • Porta di ingresso
  • Distribuzione
  • Trasmissione e Patogenesi
  • Incubazione
  • Sintomi
  • Mortalità
  • Controllo e prevenzione
  • Trattamento
  • Diagnosi

Descrizione:

La rabbia è probabilmente la più antica malattia di cui si ha notizia. La parola “rabbia” deriva dal sanscrito “rabbahs”, che significa “fare violenza”. Risale al trentesimo secolo avanti Cristo, quando in India il dio della Morte era dipinto sempre accompagnato da un cane, emissario, appunto, del trapasso.
La rabbia è una malattia virale a carattere zoonosico. Provoca un’encefalite negli animali, domestici e selvatici. Si trasmette attraverso il contatto diretto con la saliva di animali infetti (morsi, ferite, graffi, soluzioni di continuo della cute o contatto con mucose anche integre). Una volta che i sintomi si sviluppano, la malattia è sempre letale per l’uomo e per gli animali. Nella situazione epidemiologica attuale non determina danni al settore agro-zootecnico nazionale, ponendo esclusivamente gravi rischi di sanità pubblica.

Agente infettivo della Rabbia

Il virus della rabbia è un virus ad RNA a singola elica che appartiene alla famiglia dei rhabdovirus. All’interno di questa famiglia è compreso il genere Lyssavirus, che include il gruppo degli agenti che causano la rabbia negli animali e negli esseri umani. Virus rabici isolati da diverse specie animali e da diverse zone possiedono differenti proprietà biologiche e antigieniche che possono rendere conto di differenze nella virulenza tra i diversi ceppi isolati. Il virus presenta, inoltre, un particolare tropismo per le fibre muscolari e le cellule nervose, cosa che spiega il particolare decorso della malattia. Esistono diversi genotipi di virus della rabbia con specifici reservoir.

Porta d’Ingresso della Rabbia:

Il morso di animali infetti rappresenta la principale modalità di esposizione alla rabbia; occasionalmente può verificarsi una contaminazione aerea, attraverso aerosol infetti, una contaminazione digestiva o una contaminazione da trapianti di organi infetti. La trasmissione aerea del virus è limitata a situazioni molto particolari, di elevata concentrazione di virus in aerosol, come potrebbe verificarsi in laboratorio o in grotte con popolazioni di pipistrelli infetti.
Rari casi di infezione nell’uomo per via alimentare sono stati segnalati recentemente nel Sud Est Asiatico.

Distribuzione della Rabbia

La rabbia esiste in due forme epidemiologiche: la rabbia urbana, diffusa principalmente dal cane e dal gatto domestici non immunizzati, e la rabbia silvestre, propagata da volpi, tassi, faine, martore, donnole, moffette, manguste, procioni, lupi e pipistrelli. L’infezione negli animali domestici è in genere espressione di una saturazione del serbatoio di infezione selvatico; l’infezione nell’uomo tende, quindi, a verificarsi in zone dove la rabbia è enzootica o epizootica, dove la gran parte degli animali domestici non è immunizzata e dove è comune il contato con l’uomo. Il ciclo urbano è presente prevalentemente in Africa, Asia e Sud America, dove la presenza di animali randagi è molto elevata.

Il ciclo silvestre è predominante in Europa e in Nord America. L’epidemiologia di questo ciclo è piuttosto complessa: vanno tenuti in considerazione il genotipo virale, il comportamento e l’ecologia delle specie ospiti e i fattori ambientali. Nello stesso ecosistema una o più specie possono essere coinvolte nell’epidemiologia della malattia.

Rischio rabbia

La Rabbia nel Mondo

Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale di sanità (Oms) la rabbia è ampiamente diffusa in tutto il globo. Ogni anno, a causa di questa malattia, muoiono più di 55 mila persone. Di questi decessi, il 95% si registra in Asia e Africa. Il 99% dei casi di rabbia nell’uomo dipendono da rabbia canina e circa il 30-60% delle vittime di morsi di cane sono bambini minori di 15 anni. Inoltre, oltre 10 milioni di persone ogni anno vengono sottoposte a trattamento post-esposizione a seguito di contatto a rischio con ad animali sospetti rabidi.

 

Negli ultimi anni, la rabbia dei pipistrelli è emersa come uno dei principali problemi di salute pubblica nelle Americhe e in Europa. Per la prima volta nel 2003 in Sud America sono morte più persone per rabbia da animali selvatici (in particolare pipistrelli) che da cani. Il peso economico della rabbia nei Paesi in via di sviluppo è molto pesante.

Negli Stati Uniti, nel 2008, 49 Stati, il Distretto di Columbia e Porto Rico hanno testato oltre 121 mila animali e riportato ai Cdc più di 6800 casi di rabbia tra gli animali e 2 casi nell’uomo. Il totale dei casi riferiti è sceso di circa il 3,1% rispetto al 2007. Il 93% dei casi registrati nel 2008 riguarda animali selvatici e il 7% animali domestici. Il numero dei decessi tra gli uomini è di circa 2-3 all’anno.

 

La Rabbia in Europa

In Europa, nonostante zone molto estese abbiano ottenuto lo status di libere da rabbia, la vaccinazione degli animali da compagnia rimane una fase importante della prevenzione.

 

La rabbia in Europa è prevalentemente rabbia silvestre: alle specie selvatiche è attribuito l’80% di tutti i casi di rabbia. Di questi, più dell’80% è legato a volpi rosse (Vulpes vulpes), appartenenti alla famiglia dei Canidae. La vaccinazione orale delle volpi, sviluppata ormai quasi 25 anni fa, ha offerto una nuova prospettiva per il controllo della rabbia tra le specie selvatiche. Questo metodo, è stato provato come l’unico modo efficace per eliminare la rabbia tra le volpi e tra altre specie terrestri: se si elimina la rabbia tra le volpi scompare anche tra gli altri animali domestici.

I risultati ottenuti con questo metodo sono significativi, il numero annuale di casi di rabbia è sceso da 21 mila nel 1990 a 5400 nel 2004. Nella maggior parte delle zone dell’Europa occidentale e centrale la rabbia è stata eradicata e il controllo è stato di successo. A oggi, molti Paesi sono considerati liberi da rabbia. In Francia nel 2004 e nel 2008 si sono verificati due casi di rabbia, diagnosticati entrambi in cani importati dal Marocco. Nel 2004 in Germania sono stati segnalati tre casi di rabbia post-trapianto su sei pazienti che avevano ricevuto organi dalla stessa donatrice.

 

La Rabbia in Italia

Dal 1997 e fino all’ottobre 2008, l’Italia è stata considerata libera da rabbia (rabies free). Successivamente, secondo i dati dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie (IZSVe), dal 2008 a febbraio 2010, sono stati diagnosticati centinaia di casi di rabbia in animali in Friuli-Venezia Giulia, in Veneto e nella Provincia Autonoma di Trento. I casi di rabbia diagnosticati sono da mettere in stretta correlazione con la situazione epidemiologica della rabbia silvestre nella vicina Slovenia.

 

Nel corso del 2009 e inizio 2010 l’epidemia si è diffusa in direzione Sud-Ovest, comprendendo il Friuli Venezia Giulia, il Veneto in particolare la provincia di Belluno, fino ai casi più recenti riscontrati nella provincia di autonoma di Trento.

La prevalenza dei casi ha interessato gli animali selvatici, per lo più le volpi, che rappresentano il principale serbatoio della malattia, ed alcuni caprioli e tassi. Sono stati riscontrati positivi anche animali domestici tra cui cani, gatti, un cavallo ed un asino.

Le autorità veterinarie nazionali e locali hanno messo in atto tutte le misure sanitarie necessarie al controllo della diffusione della malattia. Grazie a questi interventi, la malattia è ritenuta sotto controllo e al momento si assiste ad una riduzione dei casi accertati: infatti si è passati dalle 49 positività al virus registrate nelle volpi nel mese di gennaio 2010, ai 9 casi dell’ultimo mese (Giugno 2010).

Mappa di diffusione della Rabbia nel mondo

Trasmissione e Patogenesi:

La trasmissione del virus della rabbia agli esseri umani di solito è dovuta al morso di un animale infetto, ma può avvenire anche tramite contatto diretto delle membrane mucose o di ferite dell’epidermide con materiale infetto (ad es. saliva, tessuti neurali, fluido cerebrospinale). La replicazione virale comincia all’interno delle fibrocellule muscolari striate prossime al punto di inoculazione. Il virus si diffonde poi in direzione centripeta lungo il nervo sino al sistema nervoso centrale in cui si moltiplica; quindi prosegue attraverso i nervi efferenti verso le ghiandole salivari e compare nella saliva. L’autopsia (post-mortem) mostra un intasamento vasale con emorragie puntiformi nelle meningi e nel cervello; l’esame microscopico mostra raccolte perivascolari di linfociti con distruzione minima delle cellule nervose. Corpi inclusi intracitoplasmatici (corpi di Negri), solitamente nel corno di Ammone, sono patognomonici della rabbia, anche se non sono sempre presenti.

Incubazione:

Il periodo di incubazione della rabbia è assai variabile, oscillando da 7 giorni a più di un anno (in media 1-2 mesi). La latenza sembra dipendere dalla carica infettante, dall’estensione dell’interessamento tissutale in sede di inoculo, dai meccanismi di difesa dell’ospite e dalla distanza che il virus deve coprire dalla sede di inoculazione al sistema nervoso centrale. I tassi di infezione e la mortalità sono elevati a seguito di morsi sul capo o sul tronco, minori in occasione di morsi sugli arti inferiori.

Sintomi della Rabbia :

Le manifestazioni cliniche della rabbia (forma furiosa, 75% dei casi) configurano 4 stadi:
1.una sindrome prodromica aspecifica: dura circa da 1 a 4 giorni ed è caratterizzata da febbre, cefalea, malessere, mialgie, astenia ingravescente, anoressia, nausea e vomito, mal di gola e tosse non produttiva; un sintomo fortemente suggestivo, presente nel 50-80% dei pazienti, è rappresentato dalla comparsa di parestesie e/o fascicolazioni nella sede dell’inoculo;

2. una fase encefalitica acuta, generalmente preceduta da periodi di iperattività motoria, ipereccitabilità e agitazione; rapidamente compaiono confusione, allucinazioni, aggressività, bizzarre aberrazioni del pensiero, spasmi muscolari, meningismo, convulsioni e paralisi distrettuali; i periodi di alterazione mentale si alternano a periodi di perfetta lucidità, ma con il procedere della malattia questi ultimi si fanno più rari finchè il paziente cade in coma; molto comune è l’iperestesia con eccessiva sensibilità alla luce intensa, ai rumori forti, al tocco e talvolta anche allo sfioramento. La temperatura corporea può raggiungere i 40°C; comune è la paralisi delle corde vocali;

3. una fase encefalitica di tipo rabico da profonda alterazione dei centri del tronco encefalico: l’interessamento dei nervi cranici causa diplopia, paralisi facciali, neurite ottica e la caratteristica difficoltà alla deglutizione; questa, associata all’eccessiva salivazione, dà luogo al tipico quadro di “bava alla bocca”; nel 50% dei casi compare idrofobia, ovvero una dolorosa, violenta contrazione involontaria del diaframma e dei muscoli respiratori accessori, faringei e laringei, scatenata dall’ingestione di liquidi; il paziente diventa comatoso e l’interessamento dei centri respiratori determina una morte per apnea.

4. morte, o in rari casi, guarigione: in assenza di una terapia rianimatoria, la sopravvivenza media dall’esordio dei sintomi è di quattro giorni. La guarigione è eccezionale e quando si verifica è graduale.

La forma paralitica (25% dei casi) è caratterizzata da una paralisi ascendente del tipo sindrome di Landry/Guillain-Barrè (rabbia muta, rabbia tranquilla); si osserva più frequentemente in coloro che sono stati morsicati da pipistrelli o in coloro che hanno ricevuto una profilassi post-esposizione; si manifesta, inoltre, nel sud-est asiatico in soggetti morsicati da cani.

Controllo e prevenzione della rabbia:

In generale, la letteratura scientifica disponibile è concorde nell’affermare che il controllo della rabbia si identifica nella rigorosa attuazione degli interventi codificati da norme di polizia veterinaria, specificamente mirati alla protezione dell’uomo nei confronti della malattia.

La prevenzione nei confronti della rabbia si basa sulla vaccinazione preventiva degli animali domestici, sulla lotta al randagismo e su altri provvedimenti finalizzati a impedire contatti a rischio con le popolazioni selvatiche.

 

Per quanto riguarda la prevenzione della rabbia negli animali è importante :
la vaccinazione antirabbica (obbligatoria o volontaria a seconda del dato epidemiologico) degli animali domestici, la lotta al randagismo e l’attuazione di provvedimenti coercitivi (cattura ed eventuale abbattimento)  al fine di realizzare, attorno all’uomo, un anello di protezione costituito da animali domestici non recettivi e, quindi, incapaci di trasmettere l’infezione (prevenzione del ciclo urbano della malattia);

la vaccinazione orale dei carnivori selvatici, volpi in particolare, introdotta da più di un decennio in alcuni paesi europei.

A seguito di tale misura è stato osservato un significativo decremento dell’incidenza della malattia, rilevato attraverso piani di sorveglianza sul serbatoio selvatico (prevenzione e controllo del ciclo silvestre della malattia).

Prevenzione della Rabbia:

Nell’uomo, la prevenzione della malattia si basa sulla vaccinazione preventiva per chi svolge attività professionale “a rischio specifico” (veterinari, guardie forestali, cinovigili, guardie venatorie ecc.), sulla vaccinazione pre-contagio e sul trattamento vaccinale post-esposizione che sarà considerato di volta in volta in funzione della tipologia di esposizione verificatasi.

Le linee guida Oms individuano tre tipologie di esposizione:
– contatto di una superficie cutanea intatta con animali, con le loro mucose o con il loro cibo (se la ricostruzione dei fatti è attendibile, non c’è esposizione e quindi non è necessaria una profilassi);
– graffi minori o abrasioni senza sangue o leccate di animali su pelle tagliata e piccoli morsi su pelle abrasa (si consiglia sola la vaccinazione), morsi singoli o multipli transdermici, graffi o contaminazione della membrana della mucosa con saliva o contatti sospetti con pipistrelli (in questo caso si devono somministrare sia le immunoglobuline, che il vaccino).

Le cure post-esposizione per prevenire la rabbia includono la pulizia e la disinfezione della ferita o dei punti di contatto e la somministrazione precoce della vaccinazione (se necessaria), senza aspettare i risultati dei test diagnostici di laboratorio e, comunque, senza ritardi per l’osservazione dell’animale sospetto. Per quanto riguarda le immunoglobuline, non ci sono limiti di tempo alla somministrazione. La maggior parte delle immunoglobuline deve essere somministrata in profondità nella ferita, mentre la parte restante, se avanza, dovrebbe essere iniettata in un altro sito muscolare aggiuntivo lontano dalla ferita. L’Oms raccomanda, infine, l’osservazione dell’animale sospetto per 10 giorni, perché i primi sintomi nei cani e nei gatti non sono molto specifici. Francia, Spagna e Inghilterra raccomandano 14 giorni di osservazione.

Trattamento della Rabbia:

All’insorgenza dei sintomi neurologici la rabbia non è curabile.

Diagnosi:

La diagnosi clinica della rabbia non è affidabile. La diagnosi definitiva può essere fatta solo con l’esame di laboratorio. La diagnosi post-mortem è effettuata sul SNC e comprende come test di elezione l’immunofluorescenza diretta (FAT) e l’isolamento del virus in coltura cellulare (RTCIT). La RT-PCR e le altre tecniche di amplificazione sono di solito utilizzate come test di conferma.

La diagnosi intra-vitam è utilizzata spesso nell’uomo a partire da saliva, urina, liquido cefalorachidiano e biopsia cutanea effettuata sulla nuca e prevede tecniche di FAT, RTCIT e RT-PCR. L’ulteriore caratterizzazione dell’isolato virale avviene mediante sequenziamento o l’utilizzo di anticorpi monoclonali.

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Filariosi – Scheda malattia

Filariosi

amebiasi

  • Descrizione
  • Agente infettivo
  • Ciclo vitale
  • Distribuzione
  • Porta di ingresso
  • Trasmissione
  • Incubazione
  • Sintomi
  • Controllo e prevenzione
  • Trattamento
  • Diagnosi

(da thailabonline.com/parasit.htm)

Descrizione:
Le infestazioni da Filaria sono provocate da vermi filiformi adulti ‘Nematodi’ (vermi ad anello) che si posizionano nei vasi linfatici e nei tessuti sottocutanei e possono dare luogo, a seconda dei differenti agenti patogeni a Filariasi Linfatica, Oncocercosi, Loiasi, Dirofilariasi (comune filaria parassita dei cani). Le femmine adulte fecondate producono ‘microfilarie’ che circolano nel sangue o migrano nei tessuti. Quando vengono ingerite da un insetto (zanzare o mosche), le microfilarie, all’interno dell’intestino dell’insetto vettore, si sviluppano in ‘larve infettive’ che vengono inoculate e deposte nel sottocutaneo  durante la puntura. Solo poche specie di parassiti infettano la razza umana. Le filarie che parassitano gli animali, a volte infettano l’ospite umano, pur non arrivando a un completo sviluppo. Le Filariasi linfatiche sono provocate da 3 specie di Filarioidea, che può provocare una adenolinfangite acuta oppure un linfedema cronico, raramente idrocele, più frequentemente chiluria.

Agente infettivo:
Ci sono otto specie di Filaria che possono infettare l’uomo. Queste sono causa della maggior parte delle infezioni da Filarie: Wuchereria bancrofti e Brugia malayi provocano la filariasi linfatica; Onchocerca volvulus provoca la oncocerchiasi (cecità fluviale). Le altre specie sono la Loa loa, Mansonella perstans, M. streptocerca, M. ozzardi, e Brugia timori (le ultime specie possono provocare la filariasi linfatica).

Ciclo vitale:
Le larve infettive sono trasmesse da artropodi mediante il morso o puntura durante il loro pasto ematico. Le larve, inoculate nel sottocutaneo,  migrano nel sito appropriato dell’ospite dove si sviluppano in ‘microfilarie’ che maturando si trasformano nelle forme adulte. Queste ultime forme possono sopravvivere nei tessuti degli ospiti anche per diversi anni. L’agente delle Filariasi linfatiche risiedono nei vasi linfatici e nei linfonodi; l’Onchocerca volvulus va a situarsi nei noduli presenti nel tessuto sottocutaneo; la Loa loa nel tessuto sottocutaneo dove migra attivamente; il Brugia malayi si situa nel tessuto linfatico, come il Wuchereria bancrofti; il Mansonella streptocerca nel derma e nel tessuto sottocutaneo; Mansonella ozzardi sembra si posizioni nel tessuto sottocutaneo e il M. perstans nelle cavità del corpo e nei tessuti circostanti. I vermi femmina, circolano nel torrente circolatorio, quelli di Onchocerca volvulus e Mansonella streptocerca, si trovano nella cute, o bulbo oculare. Le infezioni da microfilarie vengono trasmesse dal morso di artropodi (zanzare per l’agente della filariasi linfatica, mosche [Simulium] per l’Onchocerca volvulus; moscerini per Mansonella perstans e M. streptocerca; sia mosche che moscerini per Mansonella ozzardi; mosca [Chrysops] per Loa loa).  All’interno dell’artropode, le microfilarie si trasformano nella forma infettiva e filariforme della larva in 1 o 2 settimane. A seguito di un successivo pasto dell’insetto, la larva infetta l’ospite. A questo punto le larve sono in grado di migrare al sito specifico di infestazione dove sviluppano la forma adulta, un processo lento che richiede anche più di 18 mesi nel caso dell’Onchocerca.

Distribuzione:
tra gli agenti della filariasi linfatica, Wuchereria bancrofti è ubiquitaria, e si trova in tutte le aree tropicali, Brugia malayi è limitata al continente asiatico e la presenza del Brugia timori è ristretta ad alcune isole indonesiane. L’agente della cecità fluviale, l’Onchocerca volvulus, si trova prevalentemente in Africa, e meno in america latina e in Medio Oriente. Fra le altre specie,  Loa Loa e Mansonella streptocerca si trovano in Africa; Mansonella perstans sia in Africa che in Sud America e Mansonella ozzardi si trova solo nel continente americano.

Porta d’ingresso:
cute, tramite la puntura di artropodi.
ciclo

Trasmissione:
per iniezione di microfilarie dall’artropode all’ospite durante il pasto dell’insetto.

Incubazione:
anche più di 18 mesi perché le larve sviluppino nella forma adulta nell’ospite

Sintomi:
La filariasi linfatica:  produce spesso microfilaremia senza manifestazioni cliniche. Tuttavia la filariasi infiammatoria acuta comporta episodi (spesso ricorrenti) di febbre che durano da 4 a 7 giorni, linfoadenite acuta con tipica linfangite retrograda (LAA). Talvolta nel maschio funiculite acuta ed epididimite. Il linfedema transitorio di una gamba colpita può dare luogo ad un ascesso che drena all’esterno e lascia una cicatrice. La LAA in aree che drenano i linfatici delle gambe è spesso causata o aggravata da infezioni batteriche secondarie.

La filariasi cronica spesso si sviluppa insidiosamente dopo molti anni. Nella maggior parte dei pazienti si verifica una dilatazione linfatica asintomatica, ma la risposta infiammatoria cronica ai vermi adulti può portare al linfedema cronico dell’area del corpo interessata o all’idrocele. Questa situazione sintomatica grave esita in ‘elefantiasi’. Talvolta la cute si presenta  ipercheratosica e con suscettibilità locale alle infezioni batteriche e micotiche. Altre manifestazioni croniche da filarie si riferiscono alla distruzione di vasi linfatici o dal drenaggio aberrante di linfa che porta a chiluria e chilocele.

L‘eosinofilia polmonare tropicale (EPT) non è comune. Essa si manifesta con frequenti attacchi di asma, transitorie opacità polmonari, febbricola e marcata leucocitosi ed eosinofilia. Le microfilarie di solito non rimangono nel sangue, ma sono presenti in ascessi eosinofili nei polmoni o nei linfonodi. La EPT è molto probabilmente dovuta a reazioni allergiche verso le microfilarie. La EPT cronica può portare alla fibrosi polmonare. Altri segni extralinfatici includono ematuria microscopica cronica, proteinuria e moderata poliartrite, causate dalla deposizione di immunocomplessi.
Episodi di LAA di solito precedono l’esordio della malattia cronica di  2 decenni. La filariasi acuta è più grave e la progressione verso la malattia cronica è più rapida negli immigranti in aree endemiche precedentemente non esposti rispetto ai residenti nativi. La microfilaremia e i sintomi scompaiono gradualmente dopo aver lasciato l’area endemica

Oncocerchiasi: i noduli sottocutanei (o più profondi) (oncocercomi) che contengono i vermi adulti sono visibili o palpabili ma per il resto asintomatici. Essi sono composti di cellule infiammatorie e tessuto fibrotico in varie proporzioni; i vecchi noduli possono necrotizzare e calcificare. La dermatite da oncocerche è causata dalle microfilare del parassita. Il prurito intenso può essere il solo sintomo in persone con infestazione lieve. Le lesioni cutanee di solito consistono in rash maculopapuloso con escoriazioni secondarie, ulcerazioni desquamanti, lichenificazione e linfoadenopatia da lieve a moderata. Possono verificarsi prematura rugosità, atrofia cutanea, massiccia tumefazione dei linfonodi inguinali o femorali, ostruzione linfatica, ipopigmentazione a chiazze e aree transitoriamente localizzate di edema ed eritema.
La dermatite da oncocerca è generalizzata nella maggior parte dei pazienti, ma nello Yemen e in Arabia Saudita è comune una forma localizzata e delineata di dermatite eczematosa con ipercheratosi, desquamazione e depigmentazione (Sowdah).
La malattia oculare varia da una moderata riduzione del visus ad una completa cecità. Le lesioni dell’occhio anteriore includono una cheratite puntata (a fiocco di neve), un infiltrato infiammatorio acuto che circonda le microfilarie morte e si può risolvere senza causare danno permanente; una cheratite sclerosante, un groviglio di tessuto fibrovascolare che può causare lussazione del cristallino e cecità; uveite anteriore o iridociclite che può deformare la pupilla. Possono verificarsi inoltre corionretinite, neurite ottica e atrofia ottica.
L’oncocercosi è la seconda causa di cecità al mondo (dopo il tracoma). La cecità è comune nella savana dell’Africa, dove è principalmente dovuta alla cheratite sclerosante; è meno comune nelle aree delle foreste pluviali, dove è causata da lesioni corioretiniche ed è di gran lunga più rara in America, dove è causata principalmente da lesioni del segmento posteriore dell’occhio.

Loiasi: l’infezione nelle persone indigene provoca nella maggior parte dei casi aree di angioedema (edema di Calabar) che può svilupparsi in ogni parte del corpo, ma prevalentemente sulle estremità; generalmente esse persistono per 1-3 giorni e sono presumibilmente correlate a reazioni di ipersensibilità agli allergeni rilasciati dai vermi adulti durante la migrazione. I vermi migrano anche nella zona sottocongiuntivale attraverso gli occhi, e ciò può creare disturbi, anche se lesioni oculari residue non sono di frequente riscontro. Alterazioni patologiche meno comuni sono costituite: dalla nefropatia, dall’encefalopatia e dalla cardiomiopatia.
La nefropatia generalmente è caratterizzata da proteinuria accompagnata da lieve ematuria e si ritiene che il danno sia causato da immunocomplessi. La proteinuria è transitoriamente esacerbata dal trattamento con dietilcarbamazina (DEC). L’encefalopatia si presenta in forma lieve ed è generalmente associata a sfumati sintomi neurologici. La DEC aggrava i sintomi neurologici fino a provocare, raramente stato di coma e decesso.
Nei viaggiatori, a differenza della popolazione locale, sono predominanti i sintomi da iper-reattività allergica. L’edema di Calabar tende a essere più frequente e più grave nei viaggiatori, che possono anche sviluppare una sindrome sistemica con ipereosinofilia che può condurre a fibrosi endomiocardica.
La diagnosi consiste nel riscontro alla microscopia ottica di microfilarie nel sangue periferico. I campioni di sangue devono essere prelevati intorno a mezzogiorno, quando i livelli di microfilaremia sono più alti. Le persone che risiedono temporaneamente in aree endemiche rimangono spesso amicrofilaremiche. I test sierodiagnostici non sono ancora in grado di differenziare la Loa loa da altre filarie.

Controllo e prevenzione:
– Filariasi linfatica: La protezione richiede la riduzione dei contatti con zanzare infette. L’efficacia della chemioprofilassi con dietilcarbamazina (DEC) non è provata. – Oncocerchiasi: L’Ivermectina si è mostrata un farmaco efficace ed in grado controllare la malattia sul territorio e di diminuire la sua prevalenza in molte zone africane. La somministrazione annuale od ogni sei mesi di ivermectina controlla efficacemente la malattia e può diminuire la trasmissione del parassita. La rimozione chirurgica di tutti gli oncocercomi accessibili riduce il numero di microfilarie nella cute e può ridurre la prevalenza di cecità dei fiumi, con la contemporanea somministrazione di farmaco. È possibile ridurre le punture delle mosche della specie Simulium evitando le aree infestate, indossando abiti protettivi e usando in maniera abbondante agenti repellenti per insetti. L’uccisione delle larve della mosca nera rappresenta il punto cardine del programma internazionale di controllo dell’oncocerchiasi nell’Africa Occidentale. – Loiasi: Agenti repellenti per insetti possono ridurre l’esposizione alle mosche infette. Comunque, il DEC orale (300 mg una volta a settimana) è l’unica misura di provata efficacia nella prevenzione dell’infezione. Il DEC è l’unico farmaco in grado di uccidere le microfilarie e i vermi adulti. In alcuni casi, lo schema raccomandato di 8-10 mg/kg/die PO per 2-3 sett. deve essere ripetuto. In pazienti con infezioni massive, il trattamento può scatenare un’encefalopatia che può progredire fino allo stato di coma e decesso. Alcuni pazienti possono trarre beneficio da un trattamento iniziale con basse dosi di DEC (1 mg/kg/die) associato alla somministrazione di corticosteroidi. L’Ivermectina alle dosi utilizzate per il trattamento dell’oncocerchiasi può essere una valida ed efficace alternativa al DEC.

Trattamento:
– Filariasi linfatica: la terapia del linfedema cronico può essere molto efficace. La creazione chirurgica di shunt veno-linfatici per migliorare il drenaggio linfatico offre benefici a lungo termine anche in casi avanzati di elefantiasi e le misure conservative come il bendaggio elastico della gamba colpita aiutano a ridurre l’edema. La cura meticolosa della cute, compreso l’uso di pomate antibiotiche e la profilassi con antibiotici sistemici, può far regredire il linfedema e prevenirne la progressione verso l’elefantiasi. – Oncocerchiasi: Il farmaco di scelta è l’Ivermectina somministrata in una singola dose orale di 150 µg/kg una sola volta o due volte in un anno. Essa non deve essere somministrata a bambini di  5 anni di età o di peso  15 kg, alle donne in gravidanza, alle madri che allattano neonati durante la prima sett. di vita e ad ogni persona in gravi condizioni cliniche generali. L’Ivermectina riduce rapidamente il numero di microfilarie nella cute e negli occhi. Essa non sembra essere in grado di uccidere i vermi adulti, ma blocca il rilascio di microfilarie dall’utero per diversi mesi. Gli effetti collaterali sono qualitativamente simili a quelli della dietilcarbamazepina (DEC) ma sono meno frequenti e meno gravi. Il DEC non è più un farmaco raccomandato per il trattamento dell’oncocerchiasi poiché causa nefrotossicità e la reazione di Mazzotti, che può ulteriormente danneggiare la cute e gli occhi e portare a un collasso cardiovascolare, oltre ad accelerare l’insorgenza della cecità nei pazienti con un livello massiccio di infestazione nella camera oculare. La Suramina è efficace ma deve essere somministrata EV per varie settimane. L’eliminazione dei vermi adulti può essere ottenuta anche mediante la rimozione chirurgica dell’oncocercoma. –  Loiasi Il DEC è l’unico farmaco in grado di uccidere le microfilarie e i vermi adulti. In alcuni casi, lo schema raccomandato di 8-10 mg/kg/die PO per 2-3 sett. deve essere ripetuto. In pazienti con infezioni massive, il trattamento può scatenare un’encefalopatia che può progredire fino allo stato di coma ed al decesso. Alcuni pazienti possono trarre beneficio da un trattamento iniziale con basse dosi di DEC (1 mg/kg/die) associato alla somministrazione di corticosteroidi. L’Ivermectina alle dosi utilizzate per il trattamento dell’oncocerchiasi può essere una valida ed efficace alternativa al DEC.

Diagnosi in laboratorio:
la procedura migliore per la determinazione delle microfilarie è l’esame al microscopio (emoscopia). L’esame di campioni di sangue capillare permette la determinazione delle microfilarie da  Wuchereria bancrofti, Brugia malayi, Brugia timori, Loa loa, Mansonella perstans, e M. ozzardi.  Il campione di sangue può essere uno spesso striscio marcato con Giemsa o ematossilina ed eosina.  Per aumentare la sensibilità,  i campioni possono essere concentrati mediante centrifugazione del campione di sangue lisato in formalina al 2% (tecnica di Knott), o tramite filtrazione con millipore. Per l’identificazione della microfilaria dell’Onchocerca volvulus e  Mansonella streptocerca viene preso un campione di pelle, ottenuta mediante incisione della stessa. Il campione deve essere incubato da 30 min a 2 ore in medium salino o da cultura. In questo caso le micofilarie devono migrare dal tessuto alla fase liquida  del campione.

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Colera – Scheda malattia

Descrizione

Il colera è una malattia infettiva acuta causata da batteri del genere Vibrio cholerae. I vibrioni del colera sono di diversi tipi e si distinguono in base al sierogruppo, biotipo e sierotipo a cui appartengono. Il colera provoca diarrea profusa causata dall’infezione dell’intestino del batterio. L’infezione spesso è asintomatica o paucisintomatica ma a volte può essere severa e mortale.

Dal punto di vista epidemiologico una persona su 20 manifesta una forma severa di infezione con diarrea profusa, acquosa, vomito e crampi alle gambe. In questi individui si ha una rapida perdita dei liquidi corporei che portano a disidratazione e stato di shock. Senza idoneo trattamento, vi è la morte anche in poche ore. Oggigiorno comunque l’infezione può essere facilmente prevenuta e curata, con una adeguata reidratazione e somministrazione di sali bilanciati.

Vibrio Cholerae

Sommario

  • Agente infettivo
  • Ciclo vitale
  • Distribuzione
  • Porta di ingresso
  • Trasmissione
  • Incubazione
  • Sintomi
  • Controllo e prevenzione
  • Trattamento
  • Diagnosi

Agente infettivo

Batterio del genere Vibrio cholerae. Quello maggiormente responsabile della malattia nell’uomo è il Vibrio cholerae, sierogruppo 01 o 0139, biotipo El Tor, sierotipo Ogawa.

Ciclo vitale

Ci sono diversi fattori che influenzano la patogenicità del V. cholerae e che sono importanti nella fase di colonizzazione. Questi fattori includono le adesine, la mobilità, la chemiotassi e la produzione di tossine. Se il batterio è in grado di sopravvivere alle secrezioni gastriche ed al ph acido dello stomaco, è poi in grado di adattarsi e sopravvivere nell’intestino. Il V. cholerae  è resistente ai sali biliari ed è inoltre in grado di attraversare le mucose dell’intestino mediante l’aiuto di secrezioni di proteasi.

Questi batteri sono in grado di muoversi mediante una mobilità di tipo propulsivo e riescono ad attraversare le mucose dell’intestino mediante un processo di chemiotassi. Si pensa che l’aderenza specifica alla mucosa intestinale avvenga mediante i pili, lunghi filamenti presenti sulla superficie del batterio; oltretutto il gene per la produzione dei pili si è osservato essere co-regolato con l’espressione delle tossine del batterio. In realtà non si sa molto sulla interazione dei pili con le cellule ospiti e il recettore delle cellule ospiti alle quali aderiscono non è stato identificato. Esistono altri due tipi di adesine nel V. cholerae  presenti sulla sua superficie in grado di agglutinare i globuli rossi.

Distribuzione

A causa delle scarse condizioni igienico sanitarie, della carenza di acqua potabile, spesso associate a condizioni di povertà e degrado, i Paesi in via di sviluppo rappresentano le aree a maggior rischio di diffusione della malattia. Grave l’epidemia di colera che alla fine degli anni ’90 ha coinvolto molti paesi dell’America Latina, in particolare lungo la costa del pacifico. Nel 2006 i casi sono notevolmente aumentati, raggiungendo i livelli degli ultimi anni Novanta, per un totale di 236.896 contagi in 52 diversi Paesi. Tuttavia, il numero è sicuramente sottostimato visto che si calcola che venga segnalato all’Oms solo il 10% dei casi effettivi.

Per il 2007 e il 2008 l’Oms ha segnalato la presenza di epidemie di colera in Iraq e Zimbabwe; qui, in particolare, sono stati registrati all’inizio di febbraio 2009, oltre 65 mila casi che hanno provocato la morte di circa 2 mila persone in tutte e dieci le Province del Paese. Si è trattata della più grande e grave epidemia mai registrata sul suolo nazionale, con una mortalità del 5,7%, e un risvolto transnazionale, estendendosi ai Paesi limitrofi, in particolare in Sud Africa e in Botswana. Nel corso del 2010, si sono registrati focolai epidemici in Africa (Camerun, Uganda, Nigeria, Niger, Kenya), in Cina, in India e in Pakistan, dove le devastanti inondazioni, le peggiori nella storia del Paese, hanno aggravato le già scarse condizioni igienico-sanitarie della popolazione, nonché la scarsità di acqua potabile, cibo e  medicinali.

In Europa e nei Paesi industrializzati il colera è una malattia di importazione. In Italia, l’ultima importante epidemia di colera risale al 1973 in Campania e Puglia. Nel 1994 si è verificata a Bari un’epidemia di limitate proporzioni, in cui sono stati segnalati meno di 10 casi.

Porta di ingresso

Cavo orale, per ingestione di acqua, alimenti contaminati dal batterio, trasmissione oro-fecale.

Trasmissione

Si verifica perchè il vibrione, eliminato con le feci, non viene distrutto e per carenze del sistema di depurazione dei liquami o di potabilizzazione dell’acqua, può arrivare all’uomo sano, attraverso gli alimenti e le bevande. Senza la contaminazione di cibo o acqua, il contagio diretto da persona a persona è molto raro in condizioni igienico-sanitarie normali. La carica batterica necessaria per la tramissione dell’infezione è, infatti, superiore al milione: pertanto risulta molto difficile contagiare altri individui attraverso il semplice contatto.

Gli alimenti a maggior rischio sono i frutti di mare o comunque il pesce, ingeriti senza adeguata cottura; la verdura, la frutta, l’acqua da bere e le bevande prodotte con acqua inquinata.

Incubazione

Da 1 a 5 giorni.

Sintomi

La malattia, si manifesta con diarrea improvvisa e intensa con scariche sempre più liquide e incolori, con la caratteristica “acqua di riso” e quindi con enormi perdite di liquidi, calcio e potassio. Segue il vomito che aggrava lo stato di disidratazione. Il paziente è ipoteso, tachicardico e con diuresi ridotta o addirittura assente (anuria).

Se non interviene la cura reidratante, con l’aggiunta di Sali bilanciati, la situazione clinica può evolvere verso lo stato di shock irreversibile e, in seguito ad ulteriore peggioramento verso la morte. A volte però la malattia si presenta in forma molto attenuata e quindi benigna. Essa è comunque sempre grave quando interessa i bambini, in quanto in questi l’equilibrio idrico ed elettrolitico è molto delicato.

Controllo e prevenzione

il controllo delle epidemie di colera si ottiene mediante il controllo ambientale, la purificazione delle acque, una informazione mirata delle popolazioni più esposte sull’utilizzo dei cibi o sul loro trattamento prima di essere ingeriti, sul controllo dell’ igiene personale per evitare la diffusione dell’infezione.

Per chi viaggia in Paesi a rischio, la prevenzione si basa soprattutto sulla cottura degli alimenti e sull’uso di bevande sicure (imbottigliate o in lattina). L’acqua da bere può essere bollita o trattata con disinfettante a base di cloro. Inoltre è bene sbucciare la frutta cruda, evitare di acquistare alimenti, anche cotti, da ambulanti, e di mangiare in locali con evidenti carenze igieniche.

Vaccinazione

Il vaccino iniettivo tradizionale contro il colera, costituito da cellule intere di batteri uccisi col fenolo, non viene da tempo più raccomandato dall’OMS a causa della sua modesta efficacia (30- 50% dei vaccinati), la breve durata dell’immunità (3-6 mesi) e perché può indurre nei vaccinati un immotivato e pericoloso senso di sicurezza.

Un nuovo vaccino, a disposizione dei viaggiatori, autorizzato dalla Unione Europea dallo scorso Aprile 2004, si distingue dal vecchio vaccino innanzitutto per composizione: oltre alle cellule intere di batteri, uccisi col calore e la formalina, contiene la subunità B non tossica della tossina del colera (ottenuta attraverso procedimenti di sintesi di ingegneria genetica), la quale stimola una risposta anticorpale migliore delle precedenti e permette la protezione crociata dalla Diarrea da ETEC (Escherichia coli Enterotossigena che produce enterotossina termolabile).

Il nuovo vaccino è diverso inoltre anche per via di somministrazione: somministrazione per via orale, anziché parenterale.

Consulta il nostro approfondimento sul vaccino contro il Colera

Trattamento

L’aspetto più importante nel trattamento del colera è la reintegrazione dei liquidi e dei sali persi con la diarrea e il vomito. La reidratazione orale ha successo nel 90% dei casi, può avvenire tramite assunzione di soluzioni ricche di zuccheri, elettroliti e acqua, e deve essere intrapresa immediatamente. I casi più gravi necessitano, invece, di un ripristino dei fluidi intravenoso che, soprattutto all’inizio, richiede grandi volumi di liquidi, fino ai 4-6 litri.

Con un’adeguata reidratazione solo l’1% dei pazienti muore e, di solito, in seguito al ripristino dei fluidi, la malattia si risolve autonomamente.

Gli antibiotici, generalmente tetracicline o ciprofloxacina, possono abbreviare il decorso della malattia e ridurre l’intensità dei sintomi e sono utilizzati soprattutto per le forme più gravi o nei pazienti più a rischio, come gli anziani.

Diagnosi

La diagnosi è confermata dall’isolamento di V. cholerae nelle colture da tamponi rettali diretti o da feci fresche e dalla successiva identificazione come sierogruppo 01 o 0139 mediante agglutinazione con antisiero specifico.

Il colera deve essere distinto dalla malattia clinicamente simile provocata dai ceppi di Escherichia Coli producenti enterotossina e dai microrganismi Salmonella e Shigella.

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Colera – Vaccinazione

Il vaccino, a disposizione dei viaggiatori, oltre ai batteri, inattivati col calore e la formalina, contiene la subunità B, non tossica della tossina del colera, (ottenuta attraverso procedimenti di sintesi di ingegneria genetica), la quale stimola una risposta anticorpale migliore dei precedenti vaccini e permette la protezione crociata dalla Diarrea da ETEC (Escherichia Coli Enterotossigena) che produce enterotossina termolabile.

Protezione quindi per il colera ma anche per alcune forme di diarrea del viaggiatore di tipo batterico.
Il vaccino viene somministrato per via orale, anziché parenterale (iniezione). Per una informazione più completa, consulta anche la Scheda Malattia
Aggiornamento Novembre 2019

  • Composizione
  • Indicazioni
  • Efficacia
  • Durata
  • Modalità Somministrazione
  • Effetti collaterali
  • Controindicazioni
  • Calendario

Composizione: 
Principi attivi:
31,25×109 batteri* per ciascuno dei seguenti ceppi di V. cholerae O1:
• biotipo classico Inaba (inattivato con il calore)
• biotipo El Tor Inaba (inattivato con formalina)
• biotipo classico Ogawa (inattivato con il calore)
• biotipo classico Ogawa (inattivato con formalina)
• Subunità B ricombinante della tossina colerica (rCTB) 1 mg
* Contenuto batterico prima dell’inattivazione.

La sospensione contiene: sodio fosfato monobasico, sodio fosfato dibasico,sodio cloruro, acqua per preparazioni iniettabili

Il granulato effervescente contiene: sodio bicarbonato, acido citrico, sodio carbonato, saccarina sodica, sodio citrato, aroma di lampone

 

Indicazioni:
Il vaccino orale è indicato per l’immunizzazione attiva nei confronti della malattia provocata dal sierogruppo O1 del Vibrio cholerae, negli adulti e nei bambini a partire dai 2 anni di età, che intendono recarsi in zone endemiche/epidemiche.
L’uso del vaccino orale  deve essere stabilito sulla base delle raccomandazioni ufficiali, tenendo conto della variabilità dell’epidemiologia e del rischio di contrarre la malattia nelle diverse aree geografiche e condizioni di viaggio.
Il vaccino orale non deve sostituire le normali misure protettive. In caso di diarrea si devono intraprendere le procedure di reidratazione secondo le normali indicazioni cliniche.
Limite di età per la somministrazione: 2 anni

Efficacia:
Per valutare l’efficacia del vaccino contro il colera, sono stati condotti due studi, rispettivamente in Bangladesh e in Perù. Nello studio in Bangladesh, condotto su circa 65.000 soggetti a partire dai 2 anni di età, il vaccino di tipo WC/rBS (Dukoral) è stato confrontato col vaccino a sole cellule di batteri uccisi.
Mentre in quest’ultimo aveva dimostrato un’efficacia protettiva del 58%, Il vaccino orale ha fatto registrare un’efficacia dell’85%. In questo studio si è misurata anche l’efficacia del vaccino contro la diarrea da ETEC in una zona endemica, e la protezione nel breve termine è risultata essere superiore al 60%.
Nello studio condotto in Perù, l’efficacia protettiva nei confronti del colera risultata sovrapponibile a quella riscontrata in Bangladesh. L’efficacia del vaccino è stata valutata non solo nelle popolazioni residenti in zone endemiche, ma anche nei viaggiatori che dai Paesi industrializzati si recano in zone a rischio. In particolare, è stato condotto uno studio in 600 turisti finlandesi che si recavano in vacanza in Marocco. In questo gruppo, il vaccino ha dimostrato di ridurre di oltre il 50% tutte le forme di diarrea da ETEC.
Il dato è ancora più alto (60%) per le diarree da ETEC che produce tossina termolabile (LT) e ancora migliore per le diarree da infezioni miste. Infatti, quando la diarrea era causata dall’ETEC più un qualunque altro patogeno, l’efficacia protettiva saliva fino al 71%; nel caso particolare di ETEC + Salmonella enterica, Il vaccino orale era in grado di prevenire l’82% delle diarree.
Il vecchio vaccino iniettivo tradizionale contro il colera, utilizzato negli anni ’70 / ’90, costituito da cellule intere di batteri uccisi col fenolo, non viene da tempo più raccomandato dall’OMS e non è da noi utilizzato a causa della sua modesta efficacia (30- 50% dei vaccinati), la breve durata dell’immunità (3-6 mesi) e perché può indurre nei vaccinati un immotivato e pericoloso senso di sicurezza.

Durata immunologia del vaccino orale: 2 anni

Modalità di somministrazione:
Il vaccino orale si somministra in due dosi, a distanza di una settimana l’una dall’altra, completando il ciclo idealmente una settimana prima della potenziale esposizione all’infezione. Il vaccino può essere impiegato anche nei bambini, a partire dai 2 anni: nei bambini di età 2-6 anni sono indicate tre dosi. Se sono trascorse più di 6 settimane tra le dosi, è necessario ricominciare il ciclo di immunizzazione di base. E’ necessario completare l’immunizzazione almeno 1 settimana prima della possibile esposizione al V. cholerae O1.
Dose di richiamo: Per una protezione continuativa nei confronti del colera, si raccomanda una singola dose di richiamo, dopo 2 anni per gli adulti e i bambini a partire dai 6 anni di età e dopo 6 mesi per i bambini tra 2 e 6 anni. Dati immunologici suggeriscono che nel caso sia trascorso un periodo fino a 2 anni dall’ultima vaccinazione, sarà necessario somministrare una singola dose di richiamo.

Somministrazione contemporanea: Non si devono ingerire cibi e bevande 1 ora prima e 1 ora dopo la vaccinazione. Evitare di somministrare altri vaccini e medicinali per os 1 ora prima e 1 ora dopo la vaccinazione.

Effetti collaterali:
– Non comuni (>1/1.000, <1/100): diarrea, dolore addominale, crampi addominali, gorgoglio gastrico/addominale (gas), fastidio addominale, cefalea.
– Rari (>1/10.000,<1/1.000): febbre, malessere, nausea, vomito, perdita dell’appetito o scarso appetito, sintomi respiratori (comprendenti rinite e tosse), vertigini.
– Molto rari (<1/10.000): stanchezza/sonnolenza, dispepsia, brividi, dolore articolare, mal di gola, ottundimento del gusto, sudorazione, insonnia, disidratazione, lipotimia, eruzione cutanea.

Controindicazioni:
Ipersensibilità ai principi attivi o ad uno qualsiasi degli eccipienti. Rinviare la somministrazione del vaccino orale nei soggetti affetti da malattie gastrointestinali acute o da malattie febbrili acute. In seguito a un’attenta valutazione dei rischi e dei benefici, è possibile somministrare il vaccino durante la gravidanza e l’allattamento, sempre consultando un medico esperto, benché non siano stati effettuati studi clinici specifici dedicati a questo argomento.
Nei soggetti HIV positivi, i dati disponibili sull’immunogenicità e la sicurezza del vaccino sono limitati. L’efficacia protettiva del vaccino non è stata studiata. L’immunizzazione dei soggetti HIV positivi potrebbe dare luogo ad aumenti transitori della carica virale. Il vaccino orale potrebbe non indurre livelli protettivi di anticorpi nei soggetti con malattia avanzata da HIV.

Calendario:
non obbligatoria in Italia nelle vaccinazioni dell’infanzia.

VIAGGIATORI INTERNAZIONALI
per regolamento internazionale dell’OMS il vaccino per il colera non è più obbligatorio in alcuna parte del mondo.
Nessun paese richiede prova di vaccinazione contro il colera quale condizione per entrare ed il Certificato Internazionale di Vaccinazione non prevede più uno spazio specifico per registrare la vaccinazione contro il colera. Buona parte del continente africano,incluso il nord-Africa, il Centro e il Sud America (escluse solo l’Argentina e il Cile) e gran parte dell’Asia sono da considerare mete dove sono presenti focolai di colera endemici ed il rischio di Diarrea del Viaggiatore da ETEC è molto elevato. Oltre che ai turisti, il vaccino è consigliato ai viaggiatori che si recano abitualmente in questi paesi per motivi di lavoro, ai volontari della Protezione Civile, ai militari, agli operatori ecologici ed al personale sanitario.
Per approfondire l’argomento

Colera – Vaccinazione Leggi tutto »

Alcuni consigli da mettere in valigia, viaggia sicuro!

Arriva l’Estate. Dopo tanto lavoro è importante godersi un viaggio in tranquillità, sicurezza e salute.
Preparare la valigia è spesso fonte di stress. Quante cose da mettere dentro e da controllare. Magliette, slip, forbicine.. a proposito hai controllato la scadenza del passaporto? Metti dentro anche questi 5 consigli, sarà semplice ma anche utile!

CONSULENZA
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PREVENZIONE   
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LIBRETTO GIALLO INTERNAZIONALE
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L’esame chimico fisico funzionale delle feci

Un esame chimico – fisico – funzionale delle feci è fondamentale per la valutazione della funzione digestiva e di eventuali alterazioni le cui cause, davvero molte e complesse, in alcuni casi sono attribuibili anche alla presenza di parassiti. E’ quindi un esame necessario per una diagnosi accurata, completa e mirata.

L’esame si basa sull’osservazione macroscopica e microscopica di caratteristiche morfologiche, fisiche e chimiche, quali forma, consistenza, volume, pH, presenza di sangue, grassi e pigmenti biliari, presenza di cellule di sfaldamento e leucociti, presenza di residui alimentari, flora batterica patogena e non, nonché parassiti.

Il campione va raccolto in un apposito contenitore e portato quanto prima in laboratorio. Si raccomanda di segnalare se l’evacuazione è spontanea o aiutata da lassativi.

Per info e prenotazioni riempi il modulo o chiamaci allo 0639030481

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Mujeres y niños

Mujeres en edad fértil, embarazo: información, vacunas     RESERVE ORA
Para obtener información sobre enfermedades infecciosas, pruebas de control, vacunas, tareas pendientes durante el embarazo o en situaciones especiales: reserve su consulta online .

Niños: vacunas, visitas  RESERVE ORA
A través de la “Clínica del Viajero Cesmet”, exámenes especializados, vacunas  y asistencia en caso de enfermedad repentina durante su estadía. Reserve su cita online

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Atención sanitaria en Roma para turistas y residentes

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Servicios para empresas

Medicina laboral para empresas que trabajan en el extranjero  Lea aquí 
Durante años, la Clínica del Viajero Cesmet ha estado prestando servicios para cumplir con los dictados derivados del Decreto 81/08, Título X (cuestiones relacionadas con los viajes y el riesgo biológico y ambiental): información, capacitación, actividades preventivas y documentación adecuada para los empleados que trabajan en el extranjero.

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Información y evaluaciones de riesgo país; Preparaciones para protocolos internacionales que se incluirán en DVR; Servicio de prevención, vacunas, quimioprofilaxis de malaria; Cheques personales y servicios de protección de salud en el lugar, atención médica remota especializada durante el viaje; diagnóstico, visitas y tratamientos al regreso del viaje.

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Servicios para viajeros internacionales

Consulta médica online y presencial   RESERVE AHORA
Manténgase seguro e informado: solicite su consulta con médicos especializados antes de viajar. Ven a Cesmet Travel Clinic o solicita su consulta online en nuestra página web. Le apoyaremos en la preparación de su viaje.

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Puede solicitar las vacunas que necesita para su viaje, recibir consejos e información sobre vacunas útiles, profilaxis contra la malaria y saber cómo mantenerse saludable mientras viaja.

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For Women and Children

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