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Febbre da West Nile Virus – Scheda malattia

Febbre da West Nile

 

  • Descrizione
  • Agente infettivo
  • Ciclo vitale
  • Distribuzione
  • Porta di ingresso
  • Trasmissione
  • Incubazione
  • Sintomi
  • Controllo e prevenzione
  • Trattamento
  • Diagnosi

Descrizione

Descrizione: la Malattia del Nilo Occidentale (West Nile Disease – WND) è una malattia infettiva ad eziologia virale trasmessa da un Flavivirus, il virus West Nile (WNV), isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda, nel distretto West Nile (da cui prende il nome) e diffusosi in Africa, Asia occidentale, Europa, Australia ed America.

 

Agente infettivo: il virus West Nile è un virus ad RNA a singolo filamento che appartiene al gruppo antigenico del virus dell’Encefalite Giapponese, situato all’interno del genere Flavivirus della famiglia Flaviviridae. In questo gruppo sono compresi anche i virus responsabili dell’Encefalite di St. Louis, Encefalite della Valle del Murray, il virus Usutu, Kunjin, Kokobera, Stratford e Alfuy.

 

Ciclo vitale: I serbatoi del virus sono gli uccelli selvatici e le zanzare (più frequentemente del tipo Culex), le cui punture sono il principale mezzo di trasmissione all’uomo. Il virus si mantiene nell’ambiente attraverso il continuo passaggio tra gli insetti ematofagi, che albergano il virus a livello delle ghiandole salivari, e gli uccelli, che rappresentano il reservoir di infezione. Il ciclo biologico, quindi, coinvolge gli uccelli selvatici come ospiti amplificatori, mentre i mammiferi infettati si comportano come ospiti accidentali a fondo cieco, in quanto la viremia non presenta un titolo tale da poter infettare nuovamente un vettore competente. Nell’uomo, dopo la puntura dell’insetto vettore, il virus si replica nelle cellule di Langerhans del derma, che migrano verso la rete linfatica e, quindi, verso il torrente circolatorio. Questa fase corrisponde alla prima viremia, durante la quale il virus si diffonde in tutti gli organi del sistema linfatico. Successivamente avviene una seconda gittata viremica che corrisponde alla seconda viremia. Il virus può essere isolato nel sangue dopo 1-2 giorni dalla puntura dell’insetto vettore fino a poco più di una settimana. La comparsa nel siero di anticorpi di tipo IgM coincide con il termine della viremia. La viremia  da West Nile Virus è a basso titolo nell’uomo ed è assente al momento della comparsa dei sintomi.

 

 

West Nile Transmission Cycle

 

Distribuzione: WNV è stato isolato per prima volta in Uganda nel 1937 dal sangue di una donna febbricitante. Nel 1957 in Israele il virus fu responsabile di una dozzina di casi di encefalite nell’uomo, mentre casi di encefalite negli equini furono osservati per la prima volta nel 1960 in Egitto e in Francia. In un’epidemia scoppiata nel 1974 in Sudafrica il numero dei casi è stato stimato in circa 18.000, senza morti. Dagli anni Novanta sono stati segnalati diversi focolai nel bacino del Mediterraneo e, dal 1999, soprattutto in America.Nel 1996 in Romania il virus West Nile fu responsabile di oltre 350 casi umani di cui 20 mortali. Altri focolai umani sono stati segnalati nella Repubblica Ceca nel 1997 (5 casi), in Russia nel 1999 (826 pazienti ricoverati, 183 casi confermati e 40 morti) e in Francia nel 2003 (7 casi). Nel 1999 WNV fu isolato in Nord America da carcasse di corvi trovati morti e prima di allora il virus non era mai stato evidenziato nell’emisfero occidentale; dal 2002 la diffusione in America è drammaticamente aumentata con numerosi casi di encefalite e meningite, con elevata letalità, negli anni successivi il virus si diffuse da costa a costa interessando sia il confine canadese che quello messicano causando numerosi casi di encefalite nell’uomo.

 

 

Italia

 

In Italia, dal 1998 ad oggi sono stati segnalati 2 focolai epidemici. In entrambi gli episodi non sono stati segnalati casi nell’uomo. Il primo si è verificato in Toscana (Palude di Fucecchio) dove causò 14 casi clinici in cavalli, di cui 6 mortali. Nel corso dell’epidemia, pur in assenza di malattia conclamata, vennero rilevate positività anticorpali in persone che condividevano con i cavalli il rischio delle punture di zanzara. Il secondo focolaio italiano ha interessato nel 2008 i territori delle province di Ferrara, Bologna, Modena, Rovigo, Padova e Mantova, con casi confermati  di infezione in cavalli; successivamente a questo episodio sono stati segnalati  tre casi umani di WND: uno in provincia di Bologna e due in provincia di Ferrara. Nel 2008 in Italia si sono verificati per la prima volta casi di malattia neuro-invasiva di West Nile (WNND) nell’uomo in alcune province dell’Emilia Romagna e del Veneto, per un totale di 8 casi. Nel 2009 si sono verificati 18 casi di WNND nell’uomo nelle regioni Emilia Romagna, Veneto e Lombardia, così distribuiti: 5 casi nella provincia di Ferrara, tra cui 2 decessi, 1 caso nella provincia di Bologna, 3 casi nella provincia di Modena, tra cui 1 decesso, 6 casi nella provincia di Rovigo, 1 caso tra la provincia di Rovigo e Venezia (1 decesso) e 2 casi nella provincia di Mantova.

 

            AGGIORNAMENTI (15 settembre 2010):

 

Ad oggi si registrano in Europa:

 

–                    Russia: 246 casi di infezione umana con 6 decessi;

–                    Grecia: 164 casi di infezione umana con 14 decessi;

–                    Romania: 25 casi di infezione umana con 2 decessi;

–                    Olanda: 2 casi di infezione umana (secondo Eurosurveillance imporati da Israele);

–                    Ungheria: 3 casi di infezione umana;

–                    Spagna: 2 casi di infezione equina.

 

           In Italia la West Nile Disease è ricomparsa per il terzo anno consecutivo interessando anche territori in precedenza non coinvolti dalla circolazione virale.

L’Istituto Zooprofilattico di Teramo, laboratorio di referenza Oie per la febbre West Nile, riporta i dati confermati ad oggi, dal Centro di Referenza Nazionale per lo Studio delle Malattie Esotiche (CESME):

• una positività alla PCR su organi di un esemplare di ghiandaia (Garrulus glandarius) catturato in provincia di Modena;

• sette positività alla PCR di altrettanti pool di zanzare catturate in provincia di Venezia,

di Rovigo e di Modena;

• sei casi clinici di malattia negli equidi: 5 in provincia di Trapani, 1 in provincia di Venezia.

La provincia di Trapani, territorio in cui sono stati segnalati i primi sospetti clinici in data 23 agosto 2010, non è compresa fra le aree sottoposte a sorveglianza in base alla normativa

vigente.

La Regione Veneto ha segnalato un’infezione confermata da virus West Nile, durante il mese di agosto 2010. Il modesto quadro clinico associato all’infezione (febbre) non risponde alla definizione di caso riportata nella circolare del ministero della Salute del 21 luglio 2010.

In Italia la sorveglianza per malattie neuro invasive da West Nile è attiva nella stagione in cui si attende la massima probabilità di circolazione (15 giugno – 15 novembre). Ad oggi in tutto il 2010 non sono stati registrati casi di malattia neuroinvasiva.

Fonte: “West Nile Disease in Italia nel 2010” bollettino n.6 del 14 settembre 2010 dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale “G. Caporale” di Teramo, laboratorio di referenza Oie per la febbre West Nile.

Si registrano, inoltre, segnalazioni di infezione animale in 43 delle 67 contee della Florida, con 4 decessi umani, ed un nuovo primo caso umano negli USA dal 2002.

 

Al 10 agosto, Israele ha riportato 24 casi confermati e 6 presunti di infezione da virus West Nile nell’uomo. La maggioranza dei casi provengono dalla regione centrale e da Tel Aviv, mentre casi isolati sono stati riportati dalla regione di Haifa.

 

In Turchia si contano 7 casi di infezione umana con 3 decessi.

Al 24 agosto 2010 in Marocco si sono registrati 18 casi di infezione equina con 8 decessi, ma nessun caso di infezione umana.

 

 

Porta di ingresso: cute, tramite puntura della zanzara vettore durante il pasto ematico.

 

 

Trasmissione: il virus West Nile è trasmesso sia negli animali che all’uomo tramite la puntura di zanzare infette. Altri mezzi di infezione documentati, anche se molto più rari, sono trapianti di organi, trasfusioni di sangue e la trasmissione madre-feto in gravidanza. Il virus infetta diversi mammiferi, soprattutto equini, ma in alcuni casi anche cani, gatti, conigli e altri. E’ importante sottolineare che il virus non si trasmette da persona a persona, né da cavallo a persona attraverso la puntura di una zanzara infetta a causa dei bassi livelli di viremia.

 

 

Incubazione: Il periodo di incubazione dal momento della puntura della zanzara infetta varia fra 2 e 14 giorni, ma può essere anche di 21 giorni nei soggetti con deficit a carico del sistema immunitario.

 

 

Sintomi: La maggior parte delle persone infette non mostra alcun sintomo. Fra i casi sintomatici, circa il 20% dei soggetti sviluppa una malattia sistemica febbrile chiamata comunemente febbre di West Nile (WNF) caratterizzata dalla comparsa di febbre, cefalea, nausea, vomito, linfoadenopatia, possibili eruzioni cutanee. Generalmente questa fase acuta si risolve in una settimana o poco più, e possono variare molto a seconda dell’età della persona. Nei bambini è più frequente una febbre leggera, nei giovani la sintomatologia è caratterizzata da febbre mediamente alta, arrossamento degli occhi, mal di testa e dolori muscolari. Negli anziani e nelle persone debilitate, invece, la sintomatologia può essere più grave.

I sintomi più gravi si presentano in media in meno dell’1% delle persone infette (1 persona su 150), manifestandosi come una malattia neuro-invasiva (encefalite, meningo-encefalite, paralisi flaccida), con possibile decorso fatale. Il rischio di contrarre la forma neurologica della malattia aumenta all’aumentare dell’età ed è particolarmente elevato nei soggetti di età superiore ai 60 anni. Viceversa, in uno studio di sorveglianza  effettutato negli Stati Uniti tra il 1998 e il 2008, è emerso che le paralisi flaccide acute sono state segnalate in percentuale maggiore in soggetti di età inferiore ai 60 anni. La letalità delle forme neuro-invasive si aggira intorno al 9% nei soggetti anziani e meno dell’1% nei bambini.

 

 

Diagnosi: La diagnosi nell’uomo viene prevalentemente effettuata attraverso test di laboratorio (Elisa o Immunofluorescenza) effettuati su siero e, dove indicato, su fluido cerebrospinale, per la ricerca di anticorpi del tipo IgM. Questi anticorpi possono persistere per periodi anche molto lunghi nei soggetti malati (fino a un anno), pertanto la positività a questi test può indicare anche un’infezione pregressa.  La siero-conversione o l’aumento di 4 volte del titolo anticorpale può essere utilizzata per diagnosticare un’infezione recente. I campioni raccolti entro 8 giorni dall’insorgenza dei sintomi potrebbero risultare negativi, pertanto è consigliabile ripetere a distanza di tempo il test di laboratorio prima di escludere la malattia. In alternativa la diagnosi può anche essere effettuata attraverso Pcr o coltura virale su campioni di siero e fluido cerebrospinale entro 7 giorni dall’inizio della sintomatologia acuta, tenendo conto che la viremia è relativamente di breve durata e di basso titolo.

 

 

Controllo e prevenzione: Non esiste un vaccino per la febbre West Nile. Attualmente sono allo studio dei vaccini, ma per il momento la prevenzione consiste soprattutto nel ridurre l’esposizione alle punture di zanzare.

Pertanto è consigliabile proteggersi dalle punture ed evitare che le zanzare possano riprodursi facilmente:

·         usando repellenti e indossando pantaloni lunghi e camicie a maniche lunghe quando si è all’aperto, soprattutto all’alba e al tramonto

·         usando delle zanzariere alle finestre

·         svuotando di frequente i vasi di fiori o altri contenitori (per esempio i secchi) con acqua stagnante

·         cambiando spesso l’acqua nelle ciotole per gli animali.

 

Il controllo nei confronti della WND si basa essenzialmente sulla sorveglianza degli uccelli stanziali di specie sinantropiche, degli equidi e dell’avifauna selvatica di specie migratorie. A seconda della situazione epidemiologica riscontrata, per il 2010 sono state individuate 3 aree geografiche distinte:

A.    area con circolazione virale (anno 2009) (ACV)

B.    area di sorveglianza esterna all’area ACV, estesa per un raggio di 20 km intorno ai casi verificatisi (AE)

C.    undici aree a rischio (AR)

 

 

 

 

Trattamento: Non esiste una terapia specifica per la febbre West Nile, il trattamento è solo sintomatico. Nella maggior parte dei casi, i sintomi scompaiono da soli dopo qualche giorno o possono protrarsi per qualche settimana. Nei casi più gravi è invece necessario il ricovero in ospedale, dove i trattamenti somministrati comprendono fluidi intravenosi e respirazione assistita. Vi sono recentissime segnalazioni in letteratura che suggeriscono, su modelli animali, la possibile efficacia del trattamento con immunoglobuline specifiche anti WNV.

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Epatite A – Scheda malattia

Descrizione: l’epatite virale di tipo A è una malattia infettiva, acuta, contagiosa, di tipo alimentare, ad evoluzione generalmente benigna. Le epatiti virali, conosciute ad oggi, sono cinque più una, che ha caratteristiche cliniche e sierologiche molto particolari (epatite G). L’epatite A provoca una malattia acuta che nei bambini causa pochi sintomi e può anche passare inosservata, mentre negli adulti è decisamente più grave: produce ittero, costringe a letto per qualche settimana e a volte ha periodi di convalescenza piuttosto lunghi. Tuttavia non cronicizza e le forme mortali (fulminanti) sono rare. Esiste un vaccino utilizzato a scopo preventivo e di grande importanza nel viaggiatore.

Epatite A

  • Descrizione
  • Agente infettivo
  • Distribuzione
  • Porta di ingresso
  • Trasmissione
  • Incubazione
  • Sintomi
  • Evoluzione
  • Controllo e prevenzione
  • Calendario
  • Controindicazioni
  • Effetti collaterali

È consigliata a tutti i viaggiatori che si recano in zona di endemia del virus, in particolare in paesi tropicali, subtropicali e del bacino del Mediterraneo e dell’Est Europa. La vaccinazione è particolarmente consigliata alla popolazione sotto i 35 anni.

 

Agente infettivo:
virus dell’epatite A.

Distribuzione:
Aree iperendemiche sono l’Africa, il sud-est asiatico, l’America del Sud, il bacino del mediterraneo e l’est europeo.

Porta di ingresso:
orale, infezione orofecale.

Trasmissione:
oro-fecale attraverso cibi crudi o poco cotti (verdure, frutti di mare). Segnalati rari casi di trasmissione parenterale.
Trasmettendosi attraverso cibi e acqua contaminati e i contatti interpersonali, la sua diffusione è legata alle condizioni igieniche generali e personali, ed all’igiene degli alimenti, contaminati attraverso materiale fecale di persone infette: dal cuoco che non si è lavato le mani dopo essere andato in bagno agli scarichi fognari che contaminano acque dalle quali si prelevano frutti di mare. Non a caso il cattivo stato degli acquedotti e delle fogne sono spesso causa di endemia dell’infezione.

Incubazione:
15 – 30 giorni.

Sintomi:
disturbi gastrointestinali, febbre, astenia, artralgie, ittero di durata variabile. Al di sotto dei due anni d’età le forme sono quasi sempre inapparenti.

L’infezione acuta da epatite A, B e C è caratterizzata nella prima fase da:

  •   Malessere generale – Perdita dell’appetito – Nausea – Debolezza – Facile affaticabilità – Mal di testa – Dolori addominali non intensi e difficilmente localizzabili – Ittero (la pelle e la sclera assumono un colore giallastro)

In alcuni casi (10-20%), il paziente presenta il quadro classico dell’influenza con febbre (da 37,7 a 38,3) e anche mal di gola, raffreddore e tosse. Le urine tendono a diventare ipercromiche, cioè con una colorazione più intensa. In definitiva, la sintomatologia è poco specifica (cioè non fa pensare immediatamente all’epatite) perché potrebbe essere riferita anche ad altre malattie. Ci sono però alcune circostanze che devono far pensare a un’epatite, per esempio:

  • Recentemente si sono mangiati frutti di mare crudi – Si è sofferto di un’intossicazione alimentare – Si sono avuti contatti con persone con deficit immunitari

Evoluzione:
di solito è favorevole.

Controllo e prevenzione:
Vaccino è realizzato con virus inattivato, altamente efficace e sicuro, somministrato per via intramuscolare. Raccomandata per i viaggiatori in zone ad alto rischio (30-100 casi/100mila abitanti/anno), per il personale sanitario, per gli addetti alla manipolazione di alimenti, per i soggetti che vivono in comunità chiuse, tossicodipendenti, omosessuali. Bambini < 10 anni dose pediatrica; > 10 anni dose adulti.
Approfondisci vaccinazione Epatite A

Calendario:
Dal 3° mese di vita: 1° dose tempo 0; 2° dose dopo 1 mese; 3° dose dopo 6-12 mesi dalla prima.

Controindicazioni:
In caso di malattie infettive in atto. il vaccino non va somministrato a soggetti con diatesi emorragiche o disturbi ematologici; ai bambini al di sotto di 1 anno; e va sconsigliato durante la gravidanza e l’allattamento.

Effetti collaterali:
Arrossamento e tumefazione nella sede di inoculazione. Irritazione e tumefazione in sede di iniezione, febbre, cefalea, nausea.

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Tripanosmiasi Africana – Scheda malattia

Descrizione: la Tripanosomiasi Africana, conosciuta anche come malattia del sonno, è una infezione subacuta severa, che può essere fatale se non viene trattata. Questa infezione è strettamente correlata con una infezione bovina chiamata N’gana. La malattia del sonno provoca annualmente poche vittime, ma i rischi di epidemie suggeriscono una continua monitorizzazione della malattia e l’utilizzo costante di misure di controllo e prevenzione.

tripanosmiasi

  • Agente infettivo
  • Ciclo vitale
  • Distribuzione
  • Porta di ingresso
  • Trasmissione
  • Incubazione
  • Sintomi
  • Controllo e prevenzione
  • Trattamento
  • Stato della ricerca

 

descrizione

Agente infettivo:
il protozoo del genere Tripanosoma, entra nelle vie sanguigne mediante la puntura della mosca tse-tse (Glossina spp.).
–    Il Trypanosoma brucei rhodesiense si trova principalmente in africa dell’est e del sud.
–    T.b. gambiense maggiormente in africa dell’ovest.
–    T.b. brucei  invece è responsabile dell’infezione bovina ma non provoca infezioni nell’uomo.

Ciclo Vitale:
ciclo vitale

La mosca TseTse (Glossina), nutrendosi di sangue, inietta nel tessuto cutaneo dell’uomo un tripomastigote metaciclico. Il parassita entra nel sistema linfatico e quindi nel circolo sanguigno.

1)  una volta nell’ospite si trasforma in tripomastigote del circolo sanguigno.
2)  circolando liberamente incontra altri fluidi quali per esempio il fluido spinale continuando a moltiplicarsi mediante fissione binaria
3)  l’intero ciclo vitale del Tripanosoma Africano è rappresentato da fasi extracellulari. La mosca TseTse viene infettata da tripomastigoti nutrendosi del sangue di mammiferi infetti
4)  il parassita, una volta negli organi interni della mosca, si trasforma in un tripomastigote prociclico, moltiplicandosi mediante fissione binaria
5)  quindi abbandona gli organi interni per trasformarsi in epimastigote
6)  l’epimastigote raggiunge le ghiandole salivari della mosca e continua a moltiplicarsi
7) il ciclo nella mosca dura approssimativamente tre settimane.

Distribuzione:
36 paesi in Africa Sub Sahariana:
–   7 paesi ad elevata endemia
–   4 paesi ad endemia
–   12 paesi ad endemia moderata
–   13 paesi hanno uno stato epidemiologico ancora non ben definito.

Porta d’ingresso:
cute.

Trasmissione:
la mosca TseTse, sia maschio che femmina, fa da vettore fra uomo e uomo, gli animali selvatici e i bovini invece fungono da serbatoi per l’infezione. Una volta nel corpo umano, il tripanosoma si moltiplica e invade la maggior parte dei tessuti.

Incubazione:
da 5 a 60 giorni

Sintomi:
l’infezione si presenta con malessere, spossatezza e febbre irregolare. I primi sintomi includono febbre con ingrossamento delle linfoghiandole e della milza.

–   Questi sintomi sono più severi e acuti nell’infezione da T.b. rhodesiense. I primi sintomi sono seguiti da una serie di sintomi quali mal di testa, anemia, dolore alle articolazioni. I sintomi più avanzati invece includono disordini neuronali ed endocrini. Quando il parassita invade il sistema nervoso centrale, ha inizio un  deterioramento mentale che può sfociare nel coma e nella morte.
–   L’infezione da T. b. rhodesiense solitamente si presenta come forma acuta dell’infezione, causando la morte entro poche giorni o settimane.
–   T.b. gambiense invece tende a progredire più lentamente (anche anni) ed è una forma meno severa.

Controllo e prevenzione:
viene fatto con una sistematica sorveglianza delle popolazioni ad alto rischio e congiuntamente vengono trattate le persone infette. Un altro ruolo importante è manifestato dalla riduzione della presenza della mosca TseTse, soprattutto la Rhodesiense, con efficaci azioni ambientali. Nel passato ci fu una massiccia disinfestazione dei luoghi dove potevano essere presenti le mosche e le larve mediante l’utilizzo di insetticidi.

Trattamento:
sempre stato molto difficile, soprattutto quando viene raggiunto il sistema nervoso centrale, in quanto non sono ancora presenti sul mercato medicine efficaci.
–   La Pentamidina per esempio non è efficace nel tardo livello della malattia, anzi, alcuni parassiti sono resistenti alla stessa.
–   La Suramina deve essere somministrata per via endovenosa e può dare importanti effetti collaterali.
–    Il Melarsoprolo un derivato dell’Arsenico, farmaco sviluppato ormai più di 50 anni fa, viene usato nella tarda fase della malattia, ma spesso produce seri e a volte fatali effetti secondari.
–    La Eflornithina, nuovo farmaco, originariamente sviluppato come farmaco antitumorale, ha mostrato di poter essere utilizzato efficacemente contro la T.d. Gambiense.

Stato della ricerca:
la ricerca di nuove molecole che possano essere utilizzate contro la Tripanosmiasi Africana continua. Purtroppo al giorno d’oggi c’è ancora una mancanza di target validi e di nuove idee per sviluppare farmaci contro la tripanosmiasi e la leishmaniosi. Sicuramente è stato molto difficile trovare della molecole in grado di combinare buona attività, mancanza di tossicità a la capacità di attraversare la barriera emato-encefalica, tutte caratteristiche necessarie per un farmaco che voglia essere attivo ed efficace contro la malattia del sonno causata da una infezione cronica da Tripanosoma Africano.

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Schistosomiasi – Scheda malattia

Descrizione, Agente infettivo: La Schistosomiasi è causata da platelminti.  Le tre specie principali che infettano l’uomo sono Schistosoma haematobium, S. japonicum e S. mansoni.  Altre due specie, più localizzate geograficamente, sono S. mekongi e S. intercalatum.  Inoltre, altre due specie di schistosomi, che parassitano gli uccelli ed i mammiferi, possono determinare nell’uomo la dermatite da cercarie

Uova di Schistosoma mansoni con la caratteristica spina laterale

  • Agente infettivo
  • Ciclo vitale
  • Distribuzione
  • Porta di ingresso
  • Trasmissione
  • Incubazione
  • Sintomi
  • Controllo e prevenzione
  • Trattamento
  • Diagnosi

 

agente infettivo.

Ciclo vitale:
Le uova vengono eliminate con le feci o le urine (1).  In condizioni ottimali le uova rilasciano il miracidio (2), che nuota e penetra nell’ospite intermedio, il mollusco (3).  Le fasi nel mollusco comprendono due generazioni di sporocisti (4) e la produzione di cercarie (5).  Dopo il rilascio dal mollusco, la cercaria infettiva nuota e penetra nella pelle umana (6), dove, perdendo la coda, diventa schistosomulo (7).  Gli schistosomuli migrano attraverso numerosi tessuti fino a raggiungere la sede definitiva nelle vene (8), (9).  I vermi adulti , nell’uomo, risiedono nelle venule mesenteriche in varie posizioni, che sembrerebero essere distinte per le diverse specie (10).  Ad esempio, S. japonicum si localizza più frequentemente nelle vene mesenteriche superiori che drenano il piccolo intestino (A), e S. mansoni si trova più spesso nelle vene mesenteriche superiori che drenano il grosso intestino (B).  Tuttavia, entrambe le specie possono trovarsi in ciascuna delle posizioni, e sono in grado di spostarsi tra i due siti, per cui non è possibile stabilire la corrispondenza certa della specie con la posizione.  S. haematobium si trova generalmente nel plesso venoso vescicale (C), ma può localizzarsi anche nelle piccole venule del plesso rettale.  Le femmine (lunghe da 7 a 20 mm; i maschi sono leggermente più piccoli) depositano le uova nelle piccole vene dei sistemi portale e perivescicale.  Le uova progrediscono sino ad arrivare al lume intestinale (S. mansoni and S. japonicum) ed al lume vesciclale ed ureterale (S. haematobium), e vengono dunque eliminate con le feci oppure con le urine, rispettivamente (1).
ciclo

Distribuzione:
La Schistosomiasi è presente in Africa, Sud America e Caraibi, nel sud della Cina, nelle Filippine e nel sud-est asiatico.

CDC- YELLOW BOOK, 2016

Schistosoma mansoni si trova in aree del Sud America e Caraibi, Africa sub-sahariana, e  Medio Oriente; in Egitto sta a poco a poco sostituendosi a S. haematobium a causa delle modificazioni climatiche introdotte dalla costruzione della grande diga di Assuan;  S. haematobium è presente in Africa e in Medio Oriente; S. japonicum è diffuso in Estremo Oriente: eradicato dal Giappone, è endemico nella Repubblica Popolare Cinese, nelle Filippine e in focolai limitati in Indonesia. Schistosoma mekongi e S. intercalatum sono presenti a focolai nel Sud Est Asiatico (Penisola Indocinese: Laos, Thailandia, Cambogia) ed in Africa Centrale Occidentale, rispettivamente.

Porta d’ingresso:
cute.

Trasmissione:
È trasmessa attraverso l’ingresso delle larve infestanti per via transcutanea durante l’immersione prolungata (in corso di un bagno o di un guado) di parti del corpo in acque dolci e non vorticose (fiumi di portata non elevata, canali di irrigazione, laghi naturali o artificiali), in cui siano presenti gli ospiti intermedi (molluschi) infestati.
Numerosi animali come cani, gatti, roditori, suini, cavalli e capre sono reservoirs per S. japonicum, ed i cani per  S. mekongi.
uova
Uova di Schistosoma mansoni nella parete intestinale.
Incubazione:
40-60 giorni.

Sintomi:
Si tratta di un’infestazione spesso asintomatica per decenni, fino alla comparsa dell’infe­stazione cronica. I sintomi della malattia, legati alla reazione allergica contro le uova, sono: prurito; arrossamento della pelle; a volte febbre e dolori muscolari. paralisi o mieliti. La schistosomiasi acuta (febbre di Katayama) si può verificare alcune settimane dopo dopo l’infezione iniziale, specialmente da S. mansoni e S. japonicum.  La sintomatologia comprende febbre, tosse, dolori addominali, diarrea, epatosplenomegalia, eosinofilia. Nel caso raro in cui le uova penetrino nel midollo spinale o nel cervello si possono avere granulomi cerebrali causati da uova ectopiche di S. japonicum nel cervello, mentre lesioni granulomatose intorno alle uova ectopiche nel midollo spinale di S. mansoni e S. haematobium possono risultare in mieliti trasverse con paraplegia flaccida.  Nel caso di reinfezioni continue – ciò non riguarda i viaggiatori di breve periodo – si possono determinare reazioni granulomatose e fibrosi degli organi affetti che includono: poliposi del colon con diarrea con perdite ematiche (Schistosoma mansoni); ipertensione portale con ematemesi e splenomegalia (S. mansoni, S. japonicum, S. mansoni); cistite e ureterite (S. haematobium) con ematuria, che può progredie fino al tumore vescicale; ipertensione polmonare (S. mansoni, S. japonicum, più raramente S. haematobium); glomerulonefrite; lesioni del sistema nervoso centrale.

Controllo e Prevenzione:
poiché non è facile sapere se le acque sono infestate dai vermi, è bene evitare di fare i bagni o comunque avere contatto a pelle nuda con le acque superficiali quali fiumi, laghi e canali, nei Paesi a rischio. Il bagno in mare o nelle piscine, le cui acque sono state depurate, non è a rischio. Non esiste una vaccinazione, ma esistono farmaci efficaci per la cura della malattia.

Trattamento:
Per il trattamento della Schistosomiasi sono disponibili farmaci sicuri ed efficaci: il farmaco di scelta è il praziquantel per le infestazioni causate da tutte le specie. Nei confronti dello S. mansoni  l’ Oxamniquina è più efficace del  praziquantel.

Diagnosi:
Nel caso si sospetti la malattia, il viaggiatore dovrebbe essere sottoposto ad un’analisi delle feci e delle urine per la ricerca delle uova del parassita. Le biopsie tissutali (rettale per tutte le specie e vescicale per S. Haematobium) può dimostrare la presenza di uova se la ricerca nelle urine o nelle feci ha dato esito negativo. Inoltre la ricerca degli Anticorpi specifici può essere utile sia nel follow-up clinico che negli studi epidemiologici.

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Leishmaniosi – Scheda malattia

Descrizione:
E’ una malattia infettiva di origine protozoaria, intracellulare, parassita di alcune famiglie di leucociti. HA una tipologia cronica. Il protozoo della Leishmania fu così chiamato a causa della sua scoperta nel 1901 da parte di W. B. Leishman.  La Leishmaniosi è presente in 22 paesi delle Americhe, in particolare centro e sud america,  e in altre 66 nazioni del mondo, ma non la si trova nel sud est asiatico. L’infezione nell’uomo è stata riscontrata in 16 paesi europei, incluse Francia, Italia, Grecia, Malta, Spagna e Portogallo. La malattia può presentarsi sotto diverse forme, e generalmente è riconoscibile per la sua forma cutanea, non mortale, ma la quale crea lesioni molto importanti, invalidanti; una epidemia della forma viscerale invece può causare un elevato numero di morti.

aleishmaniosi

  • Agente infettivo
  • Ciclo vitale
  • Distribuzione
  • Porta di ingresso
  • Trasmissione
  • Sintomi
  • Controllo e prevenzione
  • Trattamento
  • Stato della ricerca

 

Agente infettivo:
è un protozoo del genere Leishmania, che viene trasmesso all’uomo dalle mosche del deserto. Più di 20 specie o sottospecie del parassita infettano l’uomo, ognuna delle quali provoca uno spettro di sintomi differente. Questi sintomi sono caratterizzati da lievi ulcere della pelle (Leishmania Major), oppure da ulcere di tipo più severo o da compromissione di organi interni che può minacciare la vita della persone infettate  (per esempio la Leishmaniosi viscerale provocata da by L. donovani s.l.).  In particolare viene fatta la seguente divisione:

  • L. donovani che comprende 3 specie: L. donovani, L. infantum, and L. chagasi;
  • L. Mexicana anch’essa comprende 3 specie: L. mexicana, L. amazonensis e L. venezuelensis;
  • L. tropica;
  • L. major;
  • L. Aethiopica;  costituito da 4 principali specie: L. (V.) braziliensis, L. (V.) guyanensis, L. (V.) panamensis e L. (V.) peruviana.

Le diverse specie sono morfologicamente indistinguibili, ma possono essere distinte mediante analisi con isoenzimi, metodi molecolari e con anticorpi monoclonali.

Ciclo vitale:
la Leishmania viene trasmessa dal morso della femmina della mosca del deserto (Glossima). 1) La mosca in questo modo inietta i promastigoti nel circolo sanguigno dell’ospite durante il suo pasto. 2) I promastigoti che si trovano sulla ferita provocata dalla mosca, vengono fagocitati dai macrofagi e 3) trasformati in amastigoti. 4) a differenza della specie della Leishmania con la quale l’ospite viene infettato, gli amastigoti si moltiplicano e infettano tessuti differenti. E’ a questo punto che si ha la manifestazione della Leishmaniosi. 5) 6) La mosca si infetta durante il pasto ingerendo macrofagi infetti da amastigoti. 7) Negli organi interni della mosca, il parassita si differenzia in promastigote, 8) che si moltiplica e migra alla proboscide della mosca. In questo modo, la mosca, pungendo un individuo lo infetta.
ciclo

Distribuzione:
la Leishmaniosi è endemica in 88 paesi. Più del 90% dei casi di Leishmaniosi cutanea avvengono in Iran, Afghanistan, Siria, Arabia Saudita, Brasile e Perù. Più del 90% della forma viscerale invece la si trova in Bangladesh, Brasile, India e Sudan.

Porta d’ingresso:
attraverso la cute, per puntura della mosca.

Trasmissione:
insettol’uomo viene infettato a causa del morso del Flebotomo, la mosca del deserto (che fa parte della sottofamiglia delle phlebotominae). Queste mosche sono molto piccole, colorate e si nutrono di sangue. Vivono per lo più nella foresta, in grotte o negli anfratti delle rocce. Sia animali selvaggi che l’uomo possono fungere da vettori dell’infezione. La maggior parte delle Leishmaniosi sono originalmente infezioni di piccoli mammiferi (fungono da ‘ospiti serbatoio’) e giocano un ruolo fondamentale nella epidemiologia dell’infezione. Nelle Americhe la leishmaniosi è principalmente trasmessa dalla mosca del genere Lutzomyia, nel resto del mondo invece dal genere Phlebotomus. Le mosche  si infettano nutrendosi di sangue da ‘ospiti serbatoio’ o da persone infette.

Sintomi:
sintomile 20 specie o più del parassita, provocano diversi tipi di sintomi, alcuni dei quali sono più comuni (febbre, malessere, perdita di peso, anemia); le forme viscerali causano anche l’ingrossamento della milza, del fegato e dei linfonodi.
Le Lesihmaniosi possono essere classificate in 4 forme principali:

  • Leishmaniosi  viscerale (VL): la forma più seria dell’infezione in quanto può essere mortale se non trattata (per esempio il tipo Kala azar dovuta alla L. Donovani)
  • Leishmaniosi cutanea (CL): la forma più comune dell’infezione che può provocare fino a 200 tipi di lesioni diverse sulla pelle che tendono a regredire da sole in pochi mesi, ma che lasciano anche profonde cicatrici (esempio: Baghdad ulcer, Delhi boil o Bouton d’Orient, infezione provocata da L. majio in Africa e Asia)
  • Leishmaniosi mucocutanea (MCL): produce lesioni sulla pelle disseminate sul corpo intero, sono lesioni di tipo cronico rassomiglianti a quelle della Lebbra. Questo tipo di Leishmaniosi è molto difficile da curare
  • Leishmaniosi cutanea diffusa (DCL): provoca lesioni diffuse e croniche della pelle, rassomiglianti a quella della lebbra lepromatosa. E’ molto difficile da curare.
  • un semplice test diagnostico su striscia per l’identificazione sia di anticorpi circolanti (basato sull’antigene ricombinante K39) sia di antigeni nelle urine
  • uso su larga scala di zanzariere impregnate di insetticidi in aree co-endemiche per la malaria e la Leishmania.

Controllo  e prevenzione:
molti casi di Leishmaniosi cutanea guariscono spontaneamente e le persone infettate rimangono immuni per successive infezioni. In molte parti del sud est asiatico l’infezione viene provocata artificialmente in forma lieve nei bambini per immunizzarli (evitando lesioni invalidanti sul volto o altrove).  Altre forme di Leishmaniosi sono molto difficili da trattare e a volte richiedono l’utilizzo di farmaci a base di antimonio pentavalente. L’infezione può essere evitata evitando il morso delle mosche e utilizzando repellenti o insetticidi. Le misure di controllo dei vettori e degli ‘ospiti serbatoio’ sono molto costose e richiedono buone infrastrutture. Le misure di controllo per i vettori dell’infezione, consistono nell’utilizzare insetticidi nebulizzati e sono utili quando la trasmissione può avvenire all’interno o nelle vicinanze di una abitazione. Quando ci si trova invece altrove, è bene utilizzare altre forme di protezione, quali per esempio repellenti o insetticidi. Recentemente sono stati riportati casi di resistenza, che richiedono l’utilizzo di farmaci più tossici, ma efficaci, quali la Anfotericina B. La maggior parte dei farmaci al giorno d’oggi sono molto costosi, richiedono un trattamento molto prolungato e stanno diventando sempre meno efficaci. Le Leishmaniosi al giorno d’oggi, essendo così diversificate nelle loro forme, sono un tipo di infezione ancora molto difficile da controllare mediante un singolo approccio. Il controllo di una infezione può dipendere molto anche dalla rapida diagnosi e somministrazione di farmaci.

Trattamento:
stibogluconato sodico, che si trova al momento sotto controllo del Investigational New Drug protocol dal CDC Drug Service.

Stato della ricerca:
sono stati sviluppati modelli sia per la CL che la VL su primati. Al momento si stanno sviluppando prove di vaccini per la CL e la VL, costituiti dal parassita ucciso della Leishmania e oltretutto si sta provando anche la strada per vaccini composti da antigeni ricombinanti di seconda generazione con aggiunta di adiuvanti. Purtroppo il numero delle persone infette sta aumentando notevolmente  a causa dello sviluppo economico e dei cambiamenti ambientali che provocano un aumentata esposizione alla mosca. Nel sud Europa oltretutto la co-infezione Leishmania/HIV comincia ad essere un problema emergente. La Mitefosina, sta diventando un farmaco orale ampiamente utilizzato nel trattamento della Leishmania viscerale.

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Filariosi – Scheda malattia

Filariosi

amebiasi

  • Descrizione
  • Agente infettivo
  • Ciclo vitale
  • Distribuzione
  • Porta di ingresso
  • Trasmissione
  • Incubazione
  • Sintomi
  • Controllo e prevenzione
  • Trattamento
  • Diagnosi

(da thailabonline.com/parasit.htm)

Descrizione:
Le infestazioni da Filaria sono provocate da vermi filiformi adulti ‘Nematodi’ (vermi ad anello) che si posizionano nei vasi linfatici e nei tessuti sottocutanei e possono dare luogo, a seconda dei differenti agenti patogeni a Filariasi Linfatica, Oncocercosi, Loiasi, Dirofilariasi (comune filaria parassita dei cani). Le femmine adulte fecondate producono ‘microfilarie’ che circolano nel sangue o migrano nei tessuti. Quando vengono ingerite da un insetto (zanzare o mosche), le microfilarie, all’interno dell’intestino dell’insetto vettore, si sviluppano in ‘larve infettive’ che vengono inoculate e deposte nel sottocutaneo  durante la puntura. Solo poche specie di parassiti infettano la razza umana. Le filarie che parassitano gli animali, a volte infettano l’ospite umano, pur non arrivando a un completo sviluppo. Le Filariasi linfatiche sono provocate da 3 specie di Filarioidea, che può provocare una adenolinfangite acuta oppure un linfedema cronico, raramente idrocele, più frequentemente chiluria.

Agente infettivo:
Ci sono otto specie di Filaria che possono infettare l’uomo. Queste sono causa della maggior parte delle infezioni da Filarie: Wuchereria bancrofti e Brugia malayi provocano la filariasi linfatica; Onchocerca volvulus provoca la oncocerchiasi (cecità fluviale). Le altre specie sono la Loa loa, Mansonella perstans, M. streptocerca, M. ozzardi, e Brugia timori (le ultime specie possono provocare la filariasi linfatica).

Ciclo vitale:
Le larve infettive sono trasmesse da artropodi mediante il morso o puntura durante il loro pasto ematico. Le larve, inoculate nel sottocutaneo,  migrano nel sito appropriato dell’ospite dove si sviluppano in ‘microfilarie’ che maturando si trasformano nelle forme adulte. Queste ultime forme possono sopravvivere nei tessuti degli ospiti anche per diversi anni. L’agente delle Filariasi linfatiche risiedono nei vasi linfatici e nei linfonodi; l’Onchocerca volvulus va a situarsi nei noduli presenti nel tessuto sottocutaneo; la Loa loa nel tessuto sottocutaneo dove migra attivamente; il Brugia malayi si situa nel tessuto linfatico, come il Wuchereria bancrofti; il Mansonella streptocerca nel derma e nel tessuto sottocutaneo; Mansonella ozzardi sembra si posizioni nel tessuto sottocutaneo e il M. perstans nelle cavità del corpo e nei tessuti circostanti. I vermi femmina, circolano nel torrente circolatorio, quelli di Onchocerca volvulus e Mansonella streptocerca, si trovano nella cute, o bulbo oculare. Le infezioni da microfilarie vengono trasmesse dal morso di artropodi (zanzare per l’agente della filariasi linfatica, mosche [Simulium] per l’Onchocerca volvulus; moscerini per Mansonella perstans e M. streptocerca; sia mosche che moscerini per Mansonella ozzardi; mosca [Chrysops] per Loa loa).  All’interno dell’artropode, le microfilarie si trasformano nella forma infettiva e filariforme della larva in 1 o 2 settimane. A seguito di un successivo pasto dell’insetto, la larva infetta l’ospite. A questo punto le larve sono in grado di migrare al sito specifico di infestazione dove sviluppano la forma adulta, un processo lento che richiede anche più di 18 mesi nel caso dell’Onchocerca.

Distribuzione:
tra gli agenti della filariasi linfatica, Wuchereria bancrofti è ubiquitaria, e si trova in tutte le aree tropicali, Brugia malayi è limitata al continente asiatico e la presenza del Brugia timori è ristretta ad alcune isole indonesiane. L’agente della cecità fluviale, l’Onchocerca volvulus, si trova prevalentemente in Africa, e meno in america latina e in Medio Oriente. Fra le altre specie,  Loa Loa e Mansonella streptocerca si trovano in Africa; Mansonella perstans sia in Africa che in Sud America e Mansonella ozzardi si trova solo nel continente americano.

Porta d’ingresso:
cute, tramite la puntura di artropodi.
ciclo

Trasmissione:
per iniezione di microfilarie dall’artropode all’ospite durante il pasto dell’insetto.

Incubazione:
anche più di 18 mesi perché le larve sviluppino nella forma adulta nell’ospite

Sintomi:
La filariasi linfatica:  produce spesso microfilaremia senza manifestazioni cliniche. Tuttavia la filariasi infiammatoria acuta comporta episodi (spesso ricorrenti) di febbre che durano da 4 a 7 giorni, linfoadenite acuta con tipica linfangite retrograda (LAA). Talvolta nel maschio funiculite acuta ed epididimite. Il linfedema transitorio di una gamba colpita può dare luogo ad un ascesso che drena all’esterno e lascia una cicatrice. La LAA in aree che drenano i linfatici delle gambe è spesso causata o aggravata da infezioni batteriche secondarie.

La filariasi cronica spesso si sviluppa insidiosamente dopo molti anni. Nella maggior parte dei pazienti si verifica una dilatazione linfatica asintomatica, ma la risposta infiammatoria cronica ai vermi adulti può portare al linfedema cronico dell’area del corpo interessata o all’idrocele. Questa situazione sintomatica grave esita in ‘elefantiasi’. Talvolta la cute si presenta  ipercheratosica e con suscettibilità locale alle infezioni batteriche e micotiche. Altre manifestazioni croniche da filarie si riferiscono alla distruzione di vasi linfatici o dal drenaggio aberrante di linfa che porta a chiluria e chilocele.

L‘eosinofilia polmonare tropicale (EPT) non è comune. Essa si manifesta con frequenti attacchi di asma, transitorie opacità polmonari, febbricola e marcata leucocitosi ed eosinofilia. Le microfilarie di solito non rimangono nel sangue, ma sono presenti in ascessi eosinofili nei polmoni o nei linfonodi. La EPT è molto probabilmente dovuta a reazioni allergiche verso le microfilarie. La EPT cronica può portare alla fibrosi polmonare. Altri segni extralinfatici includono ematuria microscopica cronica, proteinuria e moderata poliartrite, causate dalla deposizione di immunocomplessi.
Episodi di LAA di solito precedono l’esordio della malattia cronica di  2 decenni. La filariasi acuta è più grave e la progressione verso la malattia cronica è più rapida negli immigranti in aree endemiche precedentemente non esposti rispetto ai residenti nativi. La microfilaremia e i sintomi scompaiono gradualmente dopo aver lasciato l’area endemica

Oncocerchiasi: i noduli sottocutanei (o più profondi) (oncocercomi) che contengono i vermi adulti sono visibili o palpabili ma per il resto asintomatici. Essi sono composti di cellule infiammatorie e tessuto fibrotico in varie proporzioni; i vecchi noduli possono necrotizzare e calcificare. La dermatite da oncocerche è causata dalle microfilare del parassita. Il prurito intenso può essere il solo sintomo in persone con infestazione lieve. Le lesioni cutanee di solito consistono in rash maculopapuloso con escoriazioni secondarie, ulcerazioni desquamanti, lichenificazione e linfoadenopatia da lieve a moderata. Possono verificarsi prematura rugosità, atrofia cutanea, massiccia tumefazione dei linfonodi inguinali o femorali, ostruzione linfatica, ipopigmentazione a chiazze e aree transitoriamente localizzate di edema ed eritema.
La dermatite da oncocerca è generalizzata nella maggior parte dei pazienti, ma nello Yemen e in Arabia Saudita è comune una forma localizzata e delineata di dermatite eczematosa con ipercheratosi, desquamazione e depigmentazione (Sowdah).
La malattia oculare varia da una moderata riduzione del visus ad una completa cecità. Le lesioni dell’occhio anteriore includono una cheratite puntata (a fiocco di neve), un infiltrato infiammatorio acuto che circonda le microfilarie morte e si può risolvere senza causare danno permanente; una cheratite sclerosante, un groviglio di tessuto fibrovascolare che può causare lussazione del cristallino e cecità; uveite anteriore o iridociclite che può deformare la pupilla. Possono verificarsi inoltre corionretinite, neurite ottica e atrofia ottica.
L’oncocercosi è la seconda causa di cecità al mondo (dopo il tracoma). La cecità è comune nella savana dell’Africa, dove è principalmente dovuta alla cheratite sclerosante; è meno comune nelle aree delle foreste pluviali, dove è causata da lesioni corioretiniche ed è di gran lunga più rara in America, dove è causata principalmente da lesioni del segmento posteriore dell’occhio.

Loiasi: l’infezione nelle persone indigene provoca nella maggior parte dei casi aree di angioedema (edema di Calabar) che può svilupparsi in ogni parte del corpo, ma prevalentemente sulle estremità; generalmente esse persistono per 1-3 giorni e sono presumibilmente correlate a reazioni di ipersensibilità agli allergeni rilasciati dai vermi adulti durante la migrazione. I vermi migrano anche nella zona sottocongiuntivale attraverso gli occhi, e ciò può creare disturbi, anche se lesioni oculari residue non sono di frequente riscontro. Alterazioni patologiche meno comuni sono costituite: dalla nefropatia, dall’encefalopatia e dalla cardiomiopatia.
La nefropatia generalmente è caratterizzata da proteinuria accompagnata da lieve ematuria e si ritiene che il danno sia causato da immunocomplessi. La proteinuria è transitoriamente esacerbata dal trattamento con dietilcarbamazina (DEC). L’encefalopatia si presenta in forma lieve ed è generalmente associata a sfumati sintomi neurologici. La DEC aggrava i sintomi neurologici fino a provocare, raramente stato di coma e decesso.
Nei viaggiatori, a differenza della popolazione locale, sono predominanti i sintomi da iper-reattività allergica. L’edema di Calabar tende a essere più frequente e più grave nei viaggiatori, che possono anche sviluppare una sindrome sistemica con ipereosinofilia che può condurre a fibrosi endomiocardica.
La diagnosi consiste nel riscontro alla microscopia ottica di microfilarie nel sangue periferico. I campioni di sangue devono essere prelevati intorno a mezzogiorno, quando i livelli di microfilaremia sono più alti. Le persone che risiedono temporaneamente in aree endemiche rimangono spesso amicrofilaremiche. I test sierodiagnostici non sono ancora in grado di differenziare la Loa loa da altre filarie.

Controllo e prevenzione:
– Filariasi linfatica: La protezione richiede la riduzione dei contatti con zanzare infette. L’efficacia della chemioprofilassi con dietilcarbamazina (DEC) non è provata. – Oncocerchiasi: L’Ivermectina si è mostrata un farmaco efficace ed in grado controllare la malattia sul territorio e di diminuire la sua prevalenza in molte zone africane. La somministrazione annuale od ogni sei mesi di ivermectina controlla efficacemente la malattia e può diminuire la trasmissione del parassita. La rimozione chirurgica di tutti gli oncocercomi accessibili riduce il numero di microfilarie nella cute e può ridurre la prevalenza di cecità dei fiumi, con la contemporanea somministrazione di farmaco. È possibile ridurre le punture delle mosche della specie Simulium evitando le aree infestate, indossando abiti protettivi e usando in maniera abbondante agenti repellenti per insetti. L’uccisione delle larve della mosca nera rappresenta il punto cardine del programma internazionale di controllo dell’oncocerchiasi nell’Africa Occidentale. – Loiasi: Agenti repellenti per insetti possono ridurre l’esposizione alle mosche infette. Comunque, il DEC orale (300 mg una volta a settimana) è l’unica misura di provata efficacia nella prevenzione dell’infezione. Il DEC è l’unico farmaco in grado di uccidere le microfilarie e i vermi adulti. In alcuni casi, lo schema raccomandato di 8-10 mg/kg/die PO per 2-3 sett. deve essere ripetuto. In pazienti con infezioni massive, il trattamento può scatenare un’encefalopatia che può progredire fino allo stato di coma e decesso. Alcuni pazienti possono trarre beneficio da un trattamento iniziale con basse dosi di DEC (1 mg/kg/die) associato alla somministrazione di corticosteroidi. L’Ivermectina alle dosi utilizzate per il trattamento dell’oncocerchiasi può essere una valida ed efficace alternativa al DEC.

Trattamento:
– Filariasi linfatica: la terapia del linfedema cronico può essere molto efficace. La creazione chirurgica di shunt veno-linfatici per migliorare il drenaggio linfatico offre benefici a lungo termine anche in casi avanzati di elefantiasi e le misure conservative come il bendaggio elastico della gamba colpita aiutano a ridurre l’edema. La cura meticolosa della cute, compreso l’uso di pomate antibiotiche e la profilassi con antibiotici sistemici, può far regredire il linfedema e prevenirne la progressione verso l’elefantiasi. – Oncocerchiasi: Il farmaco di scelta è l’Ivermectina somministrata in una singola dose orale di 150 µg/kg una sola volta o due volte in un anno. Essa non deve essere somministrata a bambini di  5 anni di età o di peso  15 kg, alle donne in gravidanza, alle madri che allattano neonati durante la prima sett. di vita e ad ogni persona in gravi condizioni cliniche generali. L’Ivermectina riduce rapidamente il numero di microfilarie nella cute e negli occhi. Essa non sembra essere in grado di uccidere i vermi adulti, ma blocca il rilascio di microfilarie dall’utero per diversi mesi. Gli effetti collaterali sono qualitativamente simili a quelli della dietilcarbamazepina (DEC) ma sono meno frequenti e meno gravi. Il DEC non è più un farmaco raccomandato per il trattamento dell’oncocerchiasi poiché causa nefrotossicità e la reazione di Mazzotti, che può ulteriormente danneggiare la cute e gli occhi e portare a un collasso cardiovascolare, oltre ad accelerare l’insorgenza della cecità nei pazienti con un livello massiccio di infestazione nella camera oculare. La Suramina è efficace ma deve essere somministrata EV per varie settimane. L’eliminazione dei vermi adulti può essere ottenuta anche mediante la rimozione chirurgica dell’oncocercoma. –  Loiasi Il DEC è l’unico farmaco in grado di uccidere le microfilarie e i vermi adulti. In alcuni casi, lo schema raccomandato di 8-10 mg/kg/die PO per 2-3 sett. deve essere ripetuto. In pazienti con infezioni massive, il trattamento può scatenare un’encefalopatia che può progredire fino allo stato di coma ed al decesso. Alcuni pazienti possono trarre beneficio da un trattamento iniziale con basse dosi di DEC (1 mg/kg/die) associato alla somministrazione di corticosteroidi. L’Ivermectina alle dosi utilizzate per il trattamento dell’oncocerchiasi può essere una valida ed efficace alternativa al DEC.

Diagnosi in laboratorio:
la procedura migliore per la determinazione delle microfilarie è l’esame al microscopio (emoscopia). L’esame di campioni di sangue capillare permette la determinazione delle microfilarie da  Wuchereria bancrofti, Brugia malayi, Brugia timori, Loa loa, Mansonella perstans, e M. ozzardi.  Il campione di sangue può essere uno spesso striscio marcato con Giemsa o ematossilina ed eosina.  Per aumentare la sensibilità,  i campioni possono essere concentrati mediante centrifugazione del campione di sangue lisato in formalina al 2% (tecnica di Knott), o tramite filtrazione con millipore. Per l’identificazione della microfilaria dell’Onchocerca volvulus e  Mansonella streptocerca viene preso un campione di pelle, ottenuta mediante incisione della stessa. Il campione deve essere incubato da 30 min a 2 ore in medium salino o da cultura. In questo caso le micofilarie devono migrare dal tessuto alla fase liquida  del campione.

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Consulenze ambulatoriali

CONSULENZE di Medicina dei Viaggi presso la Clinica del Viaggiatore Cesmet
 

Servizio Prevenzione e Vaccinazioni Internazionali:
·         Consulenze mediche prima del viaggio;

·         Valutazione “rischi sanitari nelpaese”;

·         Pratiche Vaccinali, inoculo vaccini;

·         Certificazione Internazionale delle vaccinazioni eseguite;

·         Chemioprofilassi della MALARIA; Profilassi e prevenzioni verso malattie virali e batteriche;

L’obiettivo del servizio è quello di fornire prestazioni specialistiche, personalizzate, basate su esperienze dirette, cliniche e preventive, di anni passati nelle realtà dei paesi tropicali e disagiati. I medici del servizio, coordinati dal Dott. Paolo Meo, grazie ad un aggiornamento costante, giornaliero sulle situazioni sanitarie, ambientali, meteorologiche, dei paesi meta dei viaggi, tramite consulenze mirate, spiegano dettagliatamente situazioni e rischi e propongono le migliori soluzioni preventive, per la tutela del viaggio di ciascuno. Persone che devono affrontare viaggi con cautela e precauzioni (bambini, anziani, donne in gravidanza,) possono richiedere colloqui con gli specialisti per avere indicazioni corrette su comportamenti o adeguati metodi di prevenzione
La consulenza prima del viaggio ha l’obiettivo di chiarire dubbi, comportamenti, e fornire sistemi preventivi semplici per rendere il viaggio sicuro. 

Servizio di Visite prima del viaggio:
Esistono alcune categorie di viaggiatori che per le loro condizioni di salute necessitano di controlli clinici prima di affrontare il viaggio effettuati da esperti in problematiche di medicina del viaggio. Tra queste le “donne in gravidanza” sono soggetti da consigliare e seguire in corso di viaggio. Prenotale anche online

·         visite specialistiche prima del viaggio; preventiva e tropicale; ginecologica, pediatrica, cardiologica;

 

In particolare per persone affette da :

·         malattie cardiache e del circolo, ipertensione, malattie del ritmo,

·         malattie polmonari e legate a cattiva respirazione, stati di asma,

·         malattie del metabolismo, diabetici, malattie endocrine,

·         malattie del fegato e del rene che coinvolgono lo stato di salute generale,

·         malattie infettive croniche o acute con insulto a livello del sistema immunitario e risposte alterate alla somministrazione di vaccini, sono fondamentali visite mediche con esami diagnostici da effettuare prima di un viaggio.

Apertura scheda vaccinale e scheda clinica
Ad ogni viaggiatore viene aperta una scheda vaccinale che riporta i dati personali e le scadenze dei richiami. Con un certo anticipo il personale medico penserà a contattare la persona per ricordare la data dei richiami e l’aggiornamento dello stato vaccinale personale, attraverso l’invio di una mail informativa.

I desideri contattarci per prenotare una CONSULENZA o prendere un appuntamento per una VACCINAZIONE, puoi farlo via email, scrivendo a   seg.cesmet @ gmail.com    o semplicemente dal tasto CONTATTACI in alto a destra nel sito.

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Ricerca di antigeni di Salmonella typhi nelle feci: test immunocromatografico

Il test, rapido e non invasivo, si effettua su campioni di feci e identifica la presenza di Salmonella typhi, agente eziologico della febbre tifoide.
L’infezione si contrae per consumo di alimenti e acqua contaminati ed è molto diffusa in aree geografiche a scarso controllo igienico.
Il test è sicuramente di valido aiuto nella diagnosi di infezione da S.typhi, ma va sempre accompagnato da parere clinicoe da eventuali altri esami.

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Ricerca di Calprotectina nelle feci: test immunologico

Il test è rapido, sensibile e non invasivo e fornisce un valido aiuto nella diagnosi delle malattie infiammatorie croniche dell’intestino (MICI).

La Calprotectina fecale è una proteina rilasciata dai neutrofili i cui valori si innalzano nelle feci in presenza di infiammazione intestinale. Rispetto alla misurazione di parametri più generici, quali VES e CRP, il dosaggio quantitativo della Calprotectina fecale si è rivelato un efficace strumento diagnostico che non solo consente di diagnosticare una Malattia Infiammatoria Cronica (Morbo Crohn e Colite Ulcerosa) rispetto ad un disturbo non organico quale la Sindrome del Colon Irritabile, ma è un ottimo parametro per monitorare il paziente nel tempo e verificare il buon esito delle terapie.

La calprotectina è una proteina appartenente alla famiglia delle S100 ed è presente in grande quantità nei granulociti neutrofili. Si tratta di una proteina con attività batteriostatica e micostatica paragonabile a quella degli antibiotici: per questo l’abbondanza di calprotectina nei granulociti neutrofili e la sua attività antimicrobica ne suggeriscono un ruolo rilevante nelle funzioni difensive dell’organismo.
La presenza di calprotectina è stata riscontrata in diversi materiali biologici umani: nel siero, nella saliva, nel liquido cerebrospinale e nelle urine. E’ tuttavia il dosaggio della calprotectina presente nelle feci a offrire i maggiori  vantaggi nella valutazione del grado di infiammazione dell’intestino: la calprotectina infatti è una proteina estremamente stabile nelle feci, dove rimane inalterata anche per più di 7 giorni.
In presenza di processi infiammatori, la calprotectina viene rilasciata a seguito della granulazione dei granulociti neutrofili. Nel caso di un’infiammazione dell’intestino, la calprotectina può essere rilevata nelle feci. Il dosaggio fecale è l’unico che può fornire indicazioni dirette sulla localizzazione dell’infiammazione, mentre il dosaggio nel siero o nel plasma evidenzia uno stato di infiammazione che può essere localizzato ovunque.
L’aumento della concentrazione della calprotectina nelle feci è una conseguenza diretta della granulazione dei neutrofili a seguito di un danno della mucosa. Il dosaggio della calprotectina nelle feci offre notevoli vantaggi nella valutazione dell’infiammazione  dell’intestino. Nei pazienti affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali, che sono indicate internazionalmente con  IBD (Inflammatory Bowel Disease) e comprendono la colite ulcerosa, il morbo di Crohn e le cosiddette “coliti indeterminate”, il livello di calprotectina è infatti generalmente molto elevato. Nei soggetti affetti da Sindrome dell’Intestino Irritabile, indicata internazionalmente con IBS (Inflammatory Bowel Syndrome), il livello di calprotectina è invece  decisamente inferiore a quello riscontrato nei pazienti con malattia attiva, talvolta superiore al limite di riferimento ma, in ogni caso, sempre superiore a quello riscontrato nei soggetti sani.

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Ricerca di Calprotectina nelle feci: test immunologico

Il test è rapido, sensibile e non invasivo e fornisce un valido aiuto nella diagnosi delle malattie infiammatorie croniche dell’intestino (MICI).

La Calprotectina fecale è una proteina rilasciata dai neutrofili i cui valori si innalzano nelle feci in presenza di infiammazione intestinale. Rispetto alla misurazione di parametri più generici, quali VES e CRP, il dosaggio quantitativo della Calprotectina fecale si è rivelato un efficace strumento diagnostico che non solo consente di diagnosticare una Malattia Infiammatoria Cronica (Morbo Crohn e Colite Ulcerosa) rispetto ad un disturbo non organico quale la Sindrome del Colon Irritabile, ma è un ottimo parametro per monitorare il paziente nel tempo e verificare il buon esito delle terapie.

La calprotectina è una proteina appartenente alla famiglia delle S100 ed è presente in grande quantità nei granulociti neutrofili. Si tratta di una proteina con attività batteriostatica e micostatica paragonabile a quella degli antibiotici: per questo l’abbondanza di calprotectina nei granulociti neutrofili e la sua attività antimicrobica ne suggeriscono un ruolo rilevante nelle funzioni difensive dell’organismo.
La presenza di calprotectina è stata riscontrata in diversi materiali biologici umani: nel siero, nella saliva, nel liquido cerebrospinale e nelle urine. E’ tuttavia il dosaggio della calprotectina presente nelle feci a offrire i maggiori  vantaggi nella valutazione del grado di infiammazione dell’intestino: la calprotectina infatti è una proteina estremamente stabile nelle feci, dove rimane inalterata anche per più di 7 giorni.
In presenza di processi infiammatori, la calprotectina viene rilasciata a seguito della granulazione dei granulociti neutrofili. Nel caso di un’infiammazione dell’intestino, la calprotectina può essere rilevata nelle feci. Il dosaggio fecale è l’unico che può fornire indicazioni dirette sulla localizzazione dell’infiammazione, mentre il dosaggio nel siero o nel plasma evidenzia uno stato di infiammazione che può essere localizzato ovunque.
L’aumento della concentrazione della calprotectina nelle feci è una conseguenza diretta della granulazione dei neutrofili a seguito di un danno della mucosa. Il dosaggio della calprotectina nelle feci offre notevoli vantaggi nella valutazione dell’infiammazione  dell’intestino. Nei pazienti affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali, che sono indicate internazionalmente con  IBD (Inflammatory Bowel Disease) e comprendono la colite ulcerosa, il morbo di Crohn e le cosiddette “coliti indeterminate”, il livello di calprotectina è infatti generalmente molto elevato. Nei soggetti affetti da Sindrome dell’Intestino Irritabile, indicata internazionalmente con IBS (Inflammatory Bowel Syndrome), il livello di calprotectina è invece  decisamente inferiore a quello riscontrato nei pazienti con malattia attiva, talvolta superiore al limite di riferimento ma, in ogni caso, sempre superiore a quello riscontrato nei soggetti sani.

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Ricerca antigeni Wuchereria bancrofti : test in immunocromatografia

Il test- che utilizza anticorpi specifici contro  W. Bancrofti- identifica la presenza di antigeni nel sangue intero, siero o plasma.
Di semplice esecuzione e non invasivo, può utilizzare anche una goccia da polpastrello e, a differenza della ricerca diretta della microfilaria, quella degli antigeni si può effettuare in tutto l’arco della giornata, non avendo periodicità di manifestazione.

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