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– www.cosaserveperviaggiare.com

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Diritti dell’interessato
Lei ha diritto di ottenere quanto dettato dagli articoli dal 15 al 22 del RUE 2016/679:
a) DIRITTO DI ACCESSO DELL’INTERESSATO
«L’interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la conferma che sia o meno in corso un trattamento di dati personali che lo riguardano e in tal caso, di ottenere l’accesso ai dati personali e alle informazioni» specificate all’art. 15, comma 1, lettere dalla a) alla h) (per una maggiore comprensione si rimanda all’art.15 del RUE 2016/679);
b) DIRITTO DI RETTIFICA
«L’interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la rettifica dei dati personali inesatti che lo riguardano senza ingiustificato ritardo. Tenuto conto delle finalità del trattamento, l’interessato ha il diritto di ottenere l’integrazione dei dati personali incompleti, anche fornendo una dichiarazione integrativa» (art. 16 del RUE 2016/679);
c) DIRITTO ALLA CANCELLAZIONE [«DIRITTO ALL’OBLIO»]
«L’interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo e il titolare del trattamento ha l’obbligo di cancellare senza ingiustificato ritardo i dati personali, se sussiste uno dei motivi» indicati all’art. 17, comma 1 lettere dalla a) alla f) (per una maggiore comprensione si rimanda all’art.17 del RUE 2016/679);
d) DIRITTO DI LIMITAZIONE DI TRATTAMENTO
«L’interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la limitazione del trattamento quando ricorre una delle ipotesi» indicate all’art. 18, comma1, lettere dalla a) alla d) (per una maggiore comprensione si rimanda all’art.18 del RUE 2016/679);
e) DIRITTO ALLA PORTABILITA’ DEI DATI
«L’interessato ha il diritto di ricevere in un formato strutturato, di uso comune e leggibile da dispositivo automatico i dati personali che lo riguardano forniti a un titolare del trattamento e ha il diritto di trasmettere tali dati a un altro titolare del trattamento senza impedimenti da parte del titolare del trattamento cui li ha forniti qualora si verifichi una delle ipotesi» indicate all’art. 20, comma 1 lettere a) e b) (per una maggiore comprensione si rimanda all’art.20 del RUE 2016/679);
f) DIRITTO DI OPPOSIZIONE
«L’interessato ha il diritto di opporsi in qualsiasi momento, per motivi connessi alla sua situazione particolare, al trattamento dei dati personali che lo riguardano ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettere e) o f), compresa la profilazione sulla base di tali disposizioni» (per una maggiore comprensione si rimanda all’art.21 del RUE 2016/679);
g) DIRITTO DI NON ESSERE SOTTOPOSTO A UN PROCESSO DECISIONALE AUTOMATIZZATO, COMPRESA LA PROFILAZIONE
« L’interessato ha il diritto di non essere sottoposto a una decisione basata unicamente sul trattamento automatizzato, compresa la profilazione, che produca effetti giuridici che lo riguardano o che incida in modo analogo significativamente sulla sua persona» (per una maggiore comprensione si rimanda all’art.22 del RUE 2016/679). Le richieste verranno rivolte al titolare del trattamento.

La presente costituisce la Privacy Policy di questo sito che sarà soggetta ad aggiornamento periodico.

Il Titolare del trattamento e’ il dott. Paolo Meo
Dati di contatto: [email protected]
Luogo di trattamento: Via Trionfale 79a, Roma 00136

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La medicina internazionale per le esigenze aziendali

D.Lgs 81/2008, TITOLO X: “Rischi biologici ed ambientali in corso di viaggio”, per le aziende che inviano personale all’estero.

Tutte le aziende:

  • si devono adeguare alla legge sulla sicurezza sul lavoro;
  • devono tutelare il “datore di lavoro” – ossia l’A.D. aziendale – da qualsiasi responsabilità legale derivante dalle disposizioni di legge in materia sanitaria per il personale aziendale in missione in ogni area del mondo;
  • hanno l’obbligo di tutelare il proprio personale in missione:
    • effettuando una valutazione dei rischi biologici ed ambientali;
    • informando e formando sui rischi e sul giusto comportamento da adottare;
    • proponendo protocolli preventivi per la tutela della salute.
  • richiedono ai propri medici competenti:
    • di valutare obiettivamente le situazioni di rischio biologico, nelle aree di missione, fornendo una valutazione reale de rischio collegato alle variazioni ambientali e meteorologiche;
    • di informare correttamente sulla reale presenza di malattie e situazioni di rischio che possono compromettere la salute e adeguate norme comportamentali per evitare il contagio o lo stato di malattia;
    • di effettuare consulenze che informino e formino il personale in missione sui rischi e sui comportamenti;
    • di gestire la documentazione clinica specifica pre-viaggio, le problematiche sanitarie in loco, i controlli e la gestione dei casi al rientro.

Per facilitare il lavoro del medico aziendale e adeguare agli standard internazionali le aziende all’estero si propone a favore delle “Aziende”:

  • una attività di consulenza riguardante “servizi sanitari di medicina internazionale”;
  • una assistenza alla azienda per la gestione del personale – prima – durante e dopo – i viaggi;
  • un programma di prevenzione e copertura vaccinale per il personale in partenza.

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Batteri e Funghi

In questa sezione parleremo della possibilità di contatto e di contagio, ma anche di azioni preventive nei confronti di batteri o di funghi durante viaggi in qualsiasi parte del mondo. La loro presenza è ovunque, negli ambienti più diversi, nelle suppellettili, in oggetti e nelle persone che si incontrano durante i viaggi. Una sezione sarà dedicata a dove e come venamo in contatto con questi microrganismi.

Come prevenire il contagio e l’insorgenza delle diverse malattie derivate da batteri e funghi? Una sezione essenziale per avere ben chiaro il comportamento da adottare per prevenire o contenere l’aggressione di questi microrganismi.

Per avere una idea di cosa sono i batteri cercheremo di darne una spiegazione semplice e chiara. Lo stesso per avere un’idea di cosa sono i funghi e di come possono aggredire le persone.

Ma questi batteri e funghi dove risiedono normalmente nel nostro organismo, e quali sono le loro funzioni benefiche? E se si virulentano o arrivano microbi aggressivi, come reagisce il nostro organismo,  e come soccombe? Questa è una sezione che speriamo essere esplicativa e comprensiva.
Alimenti, bevande, suppellettili, ma anche mani sporche, e contatti non protetti, e l’aria che respiriamo … per cui batteri e funghi si propagano per contatto. Cerchiamo di capire meglio come funziona tutto questo.

Un capitolo tutto a sé riguarda le nostre difese. Siamo una macchina da guerra e siamo in grado di superare qualsiasi attacco. Ma qualche volta anche i nostri sistemi si inceppano. Vale la pena aiutare le nostre difese. Vediamo come.

Prevenzione, profilassi, vaccinazioni, integratori idonei a stimolare difese ed energia. Tutto questo nella sezione “come sconfiggere batteri e funghi”.
A breve cominceremo a darvi le informazioni che attendete.

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Disclaimer

Contenuti e servizi di questo sito web (il “Sito”).

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Servizio Prevenzione e Vaccinazioni del Cesmet Clinica del Viaggiatore

“Prevenzione e Vaccinazioni”. E’ attivo presso il Cesmet Clinica del viaggiatore il

Servizio Prevenzione – Consulenze – valutazione dei rischi per la tua meta in viaggio e ” inoculazione vaccini – certificazione avvenuta vaccinazione”.

Puoi richiedere una consulenza anche a distanza ON LINE lasciando i tuoi dati QUI 
Ovunque ti trovi richiedi una consulenza ON LINE

Se desideri puoi prenotare la consulenza e tue vaccinazioni direttamente;  compila il modulo con i tuoi dati e le tue richieste. Potrai anche telefonare al numero del centralino 0639030481 per prenotare direttamente.

Presso il Cesmet, centro specialistico di malattie infettive e tropicali e di medicina preventiva, le vaccinazioni vengono effettuate sempre sotto controllo del medico e dietro sua indicazione, verificando la situazione sanitaria di ciascuna persona.
E’ richiesta quindi la supervisione medica ed il nulla osta per effettuare le vaccinazioni richieste senza consulenza.

La consulenza con lo specialista è richiesta obbligatoriamente per chi ha bisogno di sapere notizie ed orientarsi su quali vaccini, per le donne in gravidanza e per neonati e bambini. Richiedi informazioni  per modalità e costi.

Vaccinazioni effettuate presso il Cesmet:

  • Vaccinazioni per le destinazioni internazionali
  • Vaccinazioni per le donne in età fertile e le donne in gravidanza
  • Vaccinazioni per neonati, bambini e ragazzi; esigenze della scuola e corsi estivi
  • Vaccinazioni per categorie di lavoro

Questi i vaccini disponibili presso il centro

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Sindromi diarroiche e coleriformi

La vaccinazione non è obbligatoria, ma va presa in considerazione a seconda del tipo di viaggio e di permanenza, ma soprattutto in base alla situazione epidemiologica del paese al momento del viaggio.  La nuova formulazione “orale” del vaccino anticolera protegge ora anche dalle infezioni intestinali provocate da molti agenti enterotossici che provocano ladiarrea del viaggiatore. Il vaccino è quindi consigliato per i viaggi in molti paesi del mondo.

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Malaria- Consigli di prevenzione

Malaria? Come prevenire? Quali repellenti e farmaci? Segui i consigli della Clinica del Viaggiatore Cesmet. Prenota consulenze, visite specialistiche e test malaria. Chiama 0639030481 o scrivi a [email protected]

Malaria, Tropico, Rischi per la salute; Chemioprofilassi o Profilassi farmacologica; Parole chiave che ritornano per ogni viaggio effettuato in molte aree del mondo.
Prima di effettuare un viaggio è doveroso chiedersi quale è il comportamento migliore da adottare per proteggersi da una malattia, la malaria, che colpisce ogni anno milioni di persone in molti paesi dell’area tropicale. In questi paesi la presenza di una parte della popolazione, portatrice sana del parassita malarico, e della zanzara Anopheles, vettore (che trasporta) lo stesso parassita, creano le condizioni favorevoli per il contagio. Il rischio di ammalare è molto variabile a seconda i luoghi, le caratteristiche ambientali, e le diverse stagioni. Ma esiste e non va sottovalutato. Spesso è presente sul terreno a macchia di leopardo, ossia nelle aree dove le zanzare vivono e si riproducono.
Tre sono i “pilastri” fondamentali della protezione e della prevenzione per la malaria:

1. Utilizzare un vestiario idoneo ad evitare le punture. Talvolta questa buona abitudine è poco attuabile per motivi climatici e comportamentali.
2. Utilizzare repellenti efficaci e naturali, sia per il corpo che per i vestiti che per l’ambiente circostante. Questo garantisce una protezione nei riguardi della zanzara infettata con il parassita.
3. Utilizzare, quando è necessario, farmaci utili per la prevenzione dell’attacco malarico.
Quindi per garantirsi un viaggio sicuro, tranquillo ed in salute utilizza un abbigliamento chiaro e con buona copertura; evitare le punture delle zanzare, mediante l’utilizzo di repellenti efficaci e sicuri, possibilmente naturali; e quando indicato da medici esperti, utilizza, senza temere, farmaci sicuri ed efficaci scelti tra i molti farmaci antimalarici oramai inefficaci e resistenti.
Queste alcune indicazioni pratiche che derivano da anni di esperienza nella prevenzione e nella cura della malaria.
• Di base il nostro organismo ha la capacità di superare, con i suoi sistemi difensivi, gli attacchi di qualsiasi tipo di microrganismo, compreso il contatto con parassita malarico. Ma non sempre il sistema è così efficace. E’ necessario supportare le difese con un comportamento attento. I tre pilastri della prevenzione ci aiutano in questo senso.
• Alcuni farmaci hanno la funzione di prevenire l’attacco del parassita malarico, ed aiutano l’organismo a superare l’aggressione, con diversi meccanismi di azione;
• Esistono paesi dove l’utilizzo del farmaco preventivo è indispensabile vista la diffusione della malattia e della zanzara infetta; altri paesi dove l’incidenza della malattia è bassa e sporadica l’utilizzo di un abbigliamento idoneo e di repellenti efficaci può essere considerato sufficiente. Fattori climatici e meteorologici condizionano la presenza di insetti e rischio contagio. Segui i consigli di esperti che conoscono i reali rischi e ti possono consigliare su cosa fare;
• Per chi viaggia in buono stato di salute il concetto che le medicine “fanno male” e “sono pesanti” soprattutto per il fegato, è una “contraddizione”. E’ una vera e propria leggenda metropolitana. Il fegato è l’organo adibito alla detossificazione ed a proteggerci anche dai farmaci. E’ il suo lavoro. Ci protegge e non viene lesionato o alterato dalle medicine. Forse il vero nemico sono abitudini alimentari sbagliate, e tra questo l’alcool in quantità eccessive!!
• Il vero rischio per il fegato ed anche per la salute generale è il contatto con il parassita malarico. Il parassita sia nel sangue che nelle cellule del fegato crea lesioni importanti. L’aggressione di questi microrganismi è lesiva per le nostre cellule e le conseguenze si possono sentire anche a distanza di anni. Questo è il motivo per cui non bisogna ammalare di malaria;
• Il concetto “mi ammalo di malaria e poi mi curo” è un concetto sbagliato e pericoloso. Sia per i rischi anche di forme violente e mortali, non prevedibili, sia per le forme dormienti che rimangono all’interno delle cellule epatiche per anni. Con rischi di evoluzioni poco prevedibili;
Nessun farmaco attualmente utilizzato ha una copertura del 100% dalla malattia. L’efficacia è variabile e si modifica nel tempo e nelle diverse aree. In molti paesi i parassiti malarici, sensibili fino a poco tempo fa ai farmaci, sono diventati sempre più resistenti. I farmaci da sempre utilizzati stanno perdendo la loro efficacia progressivamente e mentre prima la resistenza era un fenomeno relegato a pochi territori, oggi le aree sono sempre più vaste.
Non farò un elenco di farmaci, come frequentemente proposto in molti siti, consigliati dalle autorità sanitarie internazionali (WHO) alle popolazioni che vivono nei Paesi dell’area Tropicale. Alcune medicine non si trovano nel nostro paese, altre sono efficaci sulle popolazioni locali e non vengono consigliate da decenni in Europa. Alcune non vengono commercializzate in Italia. Quindi non farò un elenco inutile e poco pratico ma darò consigli pratici e basati su esperienza pluridecennale .
• Per la chemioprofilassi rimangono a nostra disposizione e reperibili nelle farmacie italiane, quattro molecole che sono indicate come rimedi per la prevenzione dagli attacchi dei diversi Plasmodi, ma la cui efficacia si è modificata nel tempo e nei diversi territori per ciascuna di queste medicine.
• La Clorochina, farmaco storico, primo farmaco utilizzato in tutto il mondo, in cura ed in prevenzione. L’eccessivo utilizzo lo ha reso inefficace ed il parassita ovunque è diventato particolarmente resistente al suo utilizzo. Non è più utilizzato da decenni oramai, nella maggior parte dei paesi dove la malaria da Plasmodio falciparum, considerata la più pericolosa, è presente. Questo farmaco è stato eliminato come uso sia preventivo che curativo. Mantiene la sua efficacia nei confronti del Plasmodium vivax. Questo tipo di parassita è presente in modo esclusivo, in alcuni paesi dell’America Centrale, Caraibica, ed alcuni territori dell’Asia. Si può assumere in via preventiva considerando questa caratteristica. Comunque anche nei confronti del PL. Vivax questo farmaco è diventato meno efficace. E poi vanno considerati sempre alcuni effetti collaterali per le assunzioni prolungate. Personalmente non lo consiglio neanche nelle situazioni che ho descritto.
Meflochina (Lariam), farmaco utilizzato fin dall’inizio degli anni ’80 in prevenzione ed in terapia. E’ stato un farmaco importante che ha sostituito nei viaggiatori l’utilizzo della clorochina. Dopo un lungo utilizzo in tutto il mondo, dalla fine degli anni ’90 ha diminuito costantemente la sua efficacia, a cominciare dall’ Asia e dal Sud Est Asiatico. La resistenza dei parassiti al farmaco si è poi estesa ai Paesi Africani e dell’America Latina. E’ stata una molecola sempre rischiosa per cardiopatici e neuropatici, per soggiorni ansiosi e per l’altitudine, il vuoto e le immersioni. Tutto questo per un effetto irritante a livello dell’orecchio medio. Utilizzato anche nelle donne in gravidanza, per l’assenza di effetti collaterali, avendo la caratteristica di essere somministrato una volta a settimana, ai giorni d’oggi è diventato farmaco inefficace e di scarsa utilità preventiva e ancora più curativa. Questa resistenza dei parassiti è oramai diffusa in tutto il mondo.
Atovaquone + Proguanile (Malarone): molto diffuso ed utilizzato soprattutto dai viaggiatori europei in prevenzione. Dall’inizio degli anni ’90 ha lentamente sostituito il Lariam, per le sue caratteristiche farmacologiche ma anche di maggiore efficacia sia in prevenzione che in terapia. Poi l’efficacia terapeutica è venuta meno ma è rimasto farmaco di riferimento per la profilassi farmacologica sia per adulti che per bambini sopra gli 11 kg di peso. Il tempo massimo di somministrazione consigliati non supera i 2 mesi, ottimo nei soggiorni brevi ma con indicazione di somministrazioni fino ai 6 mesi. Ma con la diminuzione dell’efficacia in terapia nei confronti del parassita malarico, sostituita dai derivati dell’Artemisia Annua, anche la protezione preventiva si è ridotta. E questa progressiva riduzione dell’efficacia, che lo ha fatto abbandonare per il trattamento, non è stata considerata sufficientemente in prevenzione. La resistenza dei vari tipi del parassita malarico, si è diffusa dall’Estremo Oriente all’Asia, è giunta nell’Africa Orientale fino alle aree Subsaheliane. Anche nelle Americhe il farmaco ha ridotto la sua efficacia, ed i parassiti aumentano costantemente la resistenza. Il Malarone viene ancora prescritto, in modo diffuso, a scopo preventivo, soprattutto nei paesi Europei. Il risultato è che negli ultimi tempi, diversi casi di malaria si sono manifestati nonostante l’assunzione del farmaco. Confermo per la mia esperienza clinica questa situazione denunciata da più parti. Occorre tener conto che la resistenza dei parassiti a questo farmaco non si evidenzia in modo omogeneo in tutti i Continenti, ma è molto diffusa in modo differenti nei paesi, ed all’interno di questi in diversi territori. E’ frequente in Oriente e da qualche anno sempre più in molti paesi Africani: E’ ridotta ma presente in diversi paesi dell’America Latina e Centrale dove sono presenti i plasmodi. Il farmaco è comunque controindicato nei bambini di peso inferiore agli 11 Kg, nelle donne in gravidanza e durante l’allattamento. Il costo è piuttosto elevato. Per tutti questi motivi, dopo averlo utilizzato per molti anni, sia in pevenzione, che nei trattamenti della malattia, attualmente ne ho sospeso l’utilizzo.
Doxiciclina 100 mg (Bassado): farmaco indicato come prima scelta da HWO per la profilassi della malaria, in molti paesi tropicali. Questo antibiotico, della famiglia delle tetracicline, trova da decenni indicazione per il trattamento di molteplici infezioni sia cutanee, intestinali che per molti altri usi. Farmaco di elezione per la cura del “tifo esantematico” da puntura da zecca (Rickettsia) e di infezioni derivanti da molteplici infezioni batteriche trasmesse da zanzare o insetti (es. Borrelia) o malattie batteriche sistemiche e sessualmente trasmesse (Klamydia, Mycoplasma, altri). Il farmaco diventa quindi un compagno sicuro per il viaggiatore che, con la sua compressa giornaliera, previene una serie di malattie, molto fastidiose ed anche pericolose durante il viaggio. Dalle diarree del viaggiatore, anche piuttosto violente, alle gravi infezioni da morso di zecca. Dai piccoli foruncoli o manifestazioni cutanee anche diffuse e fastidiose, a molte infezioni di origine batterica. Come indicato dalle autorità sanitarie internazionali, oltre alle azioni ed alle protezioni precedentemente esposte, la DOXICICLINA, 100 mg, è considerata il miglior farmaco per la “chemioprofilassi nei confronti della malarica”, efficace in ogni parte del mondo. Si legge in qualche sito che la sensibilità del plasmodio alla doxiciclina varia nelle diverse regioni e paesi tropicali. Questo è un grave errore di valutazione. L’efficacia, la sensibilità e la sicurezza di questo farmaco sono elevate ovunque. I buoni risultati mostrati da questa tetraciclina, uniti all’ampio spettro di azione su molte infezioni fanno di questo farmaco una prima scelta per i viaggi effettuati per brevi o lunghi periodi.
• L’assunzione della doxiciclina 100 è giornaliera, iniziando un giorno prima di partire, meglio al mattino a colazione, assumendo con un bicchiere d’acqua colmo. Generalmente il farmaco non produce effetti avversi quali nausea o disturbi intestinali. L’assunzione vicino ad un pasto diminuisce questi effetti. L’esperienza di anni di somministrazione a 100 mg ci conferma che la fotosensibilizzazione (dermatiti da esposizione al sole) dipende dalla quantità somministrata cioè legato alla dose della tetraciclina somministrata. Le tetracicline somministrate a grammi possono sensibilizzare al sole, a 100 mg generalmente non è sensibilizzante. Si preferisce non somministrare in gravidanza, né a bambini di età inferiore ai 10 anni. Sui lunghi periodi può causare una riduzione di efficacia della pillola anticoncezionale. Il costo è particolarmente contenuto.
Il farmaco va assunto dall’arrivo nell’area a rischio, una volta al giorno, durante la colazione accompagnata da un bicchiere di acqua, durante il soggiorno e per una settimana dall’uscita dall’area a rischio, periodo sufficiente a coprire il periodo di latenza per la comparsa di forme attive. Il costo molto basso di ogni confezione, l’efficacia su molti fronti e la scarsità o assenza di effetti collaterali ne fanno ad oggi il farmaco più titolato all’uso preventivo. E’ sempre necessario valutare la sensibilità od allergia alla somministrazione.

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Rabbia – Scheda malattia

Malattia della Rabbia

  • Descrizione
  • Agente infettivo
  • Porta di ingresso
  • Distribuzione
  • Trasmissione e Patogenesi
  • Incubazione
  • Sintomi
  • Mortalità
  • Controllo e prevenzione
  • Trattamento
  • Diagnosi

Descrizione:

La rabbia è probabilmente la più antica malattia di cui si ha notizia. La parola “rabbia” deriva dal sanscrito “rabbahs”, che significa “fare violenza”. Risale al trentesimo secolo avanti Cristo, quando in India il dio della Morte era dipinto sempre accompagnato da un cane, emissario, appunto, del trapasso.
La rabbia è una malattia virale a carattere zoonosico. Provoca un’encefalite negli animali, domestici e selvatici. Si trasmette attraverso il contatto diretto con la saliva di animali infetti (morsi, ferite, graffi, soluzioni di continuo della cute o contatto con mucose anche integre). Una volta che i sintomi si sviluppano, la malattia è sempre letale per l’uomo e per gli animali. Nella situazione epidemiologica attuale non determina danni al settore agro-zootecnico nazionale, ponendo esclusivamente gravi rischi di sanità pubblica.

Agente infettivo della Rabbia

Il virus della rabbia è un virus ad RNA a singola elica che appartiene alla famiglia dei rhabdovirus. All’interno di questa famiglia è compreso il genere Lyssavirus, che include il gruppo degli agenti che causano la rabbia negli animali e negli esseri umani. Virus rabici isolati da diverse specie animali e da diverse zone possiedono differenti proprietà biologiche e antigieniche che possono rendere conto di differenze nella virulenza tra i diversi ceppi isolati. Il virus presenta, inoltre, un particolare tropismo per le fibre muscolari e le cellule nervose, cosa che spiega il particolare decorso della malattia. Esistono diversi genotipi di virus della rabbia con specifici reservoir.

Porta d’Ingresso della Rabbia:

Il morso di animali infetti rappresenta la principale modalità di esposizione alla rabbia; occasionalmente può verificarsi una contaminazione aerea, attraverso aerosol infetti, una contaminazione digestiva o una contaminazione da trapianti di organi infetti. La trasmissione aerea del virus è limitata a situazioni molto particolari, di elevata concentrazione di virus in aerosol, come potrebbe verificarsi in laboratorio o in grotte con popolazioni di pipistrelli infetti.
Rari casi di infezione nell’uomo per via alimentare sono stati segnalati recentemente nel Sud Est Asiatico.

Distribuzione della Rabbia

La rabbia esiste in due forme epidemiologiche: la rabbia urbana, diffusa principalmente dal cane e dal gatto domestici non immunizzati, e la rabbia silvestre, propagata da volpi, tassi, faine, martore, donnole, moffette, manguste, procioni, lupi e pipistrelli. L’infezione negli animali domestici è in genere espressione di una saturazione del serbatoio di infezione selvatico; l’infezione nell’uomo tende, quindi, a verificarsi in zone dove la rabbia è enzootica o epizootica, dove la gran parte degli animali domestici non è immunizzata e dove è comune il contato con l’uomo. Il ciclo urbano è presente prevalentemente in Africa, Asia e Sud America, dove la presenza di animali randagi è molto elevata.

Il ciclo silvestre è predominante in Europa e in Nord America. L’epidemiologia di questo ciclo è piuttosto complessa: vanno tenuti in considerazione il genotipo virale, il comportamento e l’ecologia delle specie ospiti e i fattori ambientali. Nello stesso ecosistema una o più specie possono essere coinvolte nell’epidemiologia della malattia.

Rischio rabbia

La Rabbia nel Mondo

Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale di sanità (Oms) la rabbia è ampiamente diffusa in tutto il globo. Ogni anno, a causa di questa malattia, muoiono più di 55 mila persone. Di questi decessi, il 95% si registra in Asia e Africa. Il 99% dei casi di rabbia nell’uomo dipendono da rabbia canina e circa il 30-60% delle vittime di morsi di cane sono bambini minori di 15 anni. Inoltre, oltre 10 milioni di persone ogni anno vengono sottoposte a trattamento post-esposizione a seguito di contatto a rischio con ad animali sospetti rabidi.

 

Negli ultimi anni, la rabbia dei pipistrelli è emersa come uno dei principali problemi di salute pubblica nelle Americhe e in Europa. Per la prima volta nel 2003 in Sud America sono morte più persone per rabbia da animali selvatici (in particolare pipistrelli) che da cani. Il peso economico della rabbia nei Paesi in via di sviluppo è molto pesante.

Negli Stati Uniti, nel 2008, 49 Stati, il Distretto di Columbia e Porto Rico hanno testato oltre 121 mila animali e riportato ai Cdc più di 6800 casi di rabbia tra gli animali e 2 casi nell’uomo. Il totale dei casi riferiti è sceso di circa il 3,1% rispetto al 2007. Il 93% dei casi registrati nel 2008 riguarda animali selvatici e il 7% animali domestici. Il numero dei decessi tra gli uomini è di circa 2-3 all’anno.

 

La Rabbia in Europa

In Europa, nonostante zone molto estese abbiano ottenuto lo status di libere da rabbia, la vaccinazione degli animali da compagnia rimane una fase importante della prevenzione.

 

La rabbia in Europa è prevalentemente rabbia silvestre: alle specie selvatiche è attribuito l’80% di tutti i casi di rabbia. Di questi, più dell’80% è legato a volpi rosse (Vulpes vulpes), appartenenti alla famiglia dei Canidae. La vaccinazione orale delle volpi, sviluppata ormai quasi 25 anni fa, ha offerto una nuova prospettiva per il controllo della rabbia tra le specie selvatiche. Questo metodo, è stato provato come l’unico modo efficace per eliminare la rabbia tra le volpi e tra altre specie terrestri: se si elimina la rabbia tra le volpi scompare anche tra gli altri animali domestici.

I risultati ottenuti con questo metodo sono significativi, il numero annuale di casi di rabbia è sceso da 21 mila nel 1990 a 5400 nel 2004. Nella maggior parte delle zone dell’Europa occidentale e centrale la rabbia è stata eradicata e il controllo è stato di successo. A oggi, molti Paesi sono considerati liberi da rabbia. In Francia nel 2004 e nel 2008 si sono verificati due casi di rabbia, diagnosticati entrambi in cani importati dal Marocco. Nel 2004 in Germania sono stati segnalati tre casi di rabbia post-trapianto su sei pazienti che avevano ricevuto organi dalla stessa donatrice.

 

La Rabbia in Italia

Dal 1997 e fino all’ottobre 2008, l’Italia è stata considerata libera da rabbia (rabies free). Successivamente, secondo i dati dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie (IZSVe), dal 2008 a febbraio 2010, sono stati diagnosticati centinaia di casi di rabbia in animali in Friuli-Venezia Giulia, in Veneto e nella Provincia Autonoma di Trento. I casi di rabbia diagnosticati sono da mettere in stretta correlazione con la situazione epidemiologica della rabbia silvestre nella vicina Slovenia.

 

Nel corso del 2009 e inizio 2010 l’epidemia si è diffusa in direzione Sud-Ovest, comprendendo il Friuli Venezia Giulia, il Veneto in particolare la provincia di Belluno, fino ai casi più recenti riscontrati nella provincia di autonoma di Trento.

La prevalenza dei casi ha interessato gli animali selvatici, per lo più le volpi, che rappresentano il principale serbatoio della malattia, ed alcuni caprioli e tassi. Sono stati riscontrati positivi anche animali domestici tra cui cani, gatti, un cavallo ed un asino.

Le autorità veterinarie nazionali e locali hanno messo in atto tutte le misure sanitarie necessarie al controllo della diffusione della malattia. Grazie a questi interventi, la malattia è ritenuta sotto controllo e al momento si assiste ad una riduzione dei casi accertati: infatti si è passati dalle 49 positività al virus registrate nelle volpi nel mese di gennaio 2010, ai 9 casi dell’ultimo mese (Giugno 2010).

Mappa di diffusione della Rabbia nel mondo

Trasmissione e Patogenesi:

La trasmissione del virus della rabbia agli esseri umani di solito è dovuta al morso di un animale infetto, ma può avvenire anche tramite contatto diretto delle membrane mucose o di ferite dell’epidermide con materiale infetto (ad es. saliva, tessuti neurali, fluido cerebrospinale). La replicazione virale comincia all’interno delle fibrocellule muscolari striate prossime al punto di inoculazione. Il virus si diffonde poi in direzione centripeta lungo il nervo sino al sistema nervoso centrale in cui si moltiplica; quindi prosegue attraverso i nervi efferenti verso le ghiandole salivari e compare nella saliva. L’autopsia (post-mortem) mostra un intasamento vasale con emorragie puntiformi nelle meningi e nel cervello; l’esame microscopico mostra raccolte perivascolari di linfociti con distruzione minima delle cellule nervose. Corpi inclusi intracitoplasmatici (corpi di Negri), solitamente nel corno di Ammone, sono patognomonici della rabbia, anche se non sono sempre presenti.

Incubazione:

Il periodo di incubazione della rabbia è assai variabile, oscillando da 7 giorni a più di un anno (in media 1-2 mesi). La latenza sembra dipendere dalla carica infettante, dall’estensione dell’interessamento tissutale in sede di inoculo, dai meccanismi di difesa dell’ospite e dalla distanza che il virus deve coprire dalla sede di inoculazione al sistema nervoso centrale. I tassi di infezione e la mortalità sono elevati a seguito di morsi sul capo o sul tronco, minori in occasione di morsi sugli arti inferiori.

Sintomi della Rabbia :

Le manifestazioni cliniche della rabbia (forma furiosa, 75% dei casi) configurano 4 stadi:
1.una sindrome prodromica aspecifica: dura circa da 1 a 4 giorni ed è caratterizzata da febbre, cefalea, malessere, mialgie, astenia ingravescente, anoressia, nausea e vomito, mal di gola e tosse non produttiva; un sintomo fortemente suggestivo, presente nel 50-80% dei pazienti, è rappresentato dalla comparsa di parestesie e/o fascicolazioni nella sede dell’inoculo;

2. una fase encefalitica acuta, generalmente preceduta da periodi di iperattività motoria, ipereccitabilità e agitazione; rapidamente compaiono confusione, allucinazioni, aggressività, bizzarre aberrazioni del pensiero, spasmi muscolari, meningismo, convulsioni e paralisi distrettuali; i periodi di alterazione mentale si alternano a periodi di perfetta lucidità, ma con il procedere della malattia questi ultimi si fanno più rari finchè il paziente cade in coma; molto comune è l’iperestesia con eccessiva sensibilità alla luce intensa, ai rumori forti, al tocco e talvolta anche allo sfioramento. La temperatura corporea può raggiungere i 40°C; comune è la paralisi delle corde vocali;

3. una fase encefalitica di tipo rabico da profonda alterazione dei centri del tronco encefalico: l’interessamento dei nervi cranici causa diplopia, paralisi facciali, neurite ottica e la caratteristica difficoltà alla deglutizione; questa, associata all’eccessiva salivazione, dà luogo al tipico quadro di “bava alla bocca”; nel 50% dei casi compare idrofobia, ovvero una dolorosa, violenta contrazione involontaria del diaframma e dei muscoli respiratori accessori, faringei e laringei, scatenata dall’ingestione di liquidi; il paziente diventa comatoso e l’interessamento dei centri respiratori determina una morte per apnea.

4. morte, o in rari casi, guarigione: in assenza di una terapia rianimatoria, la sopravvivenza media dall’esordio dei sintomi è di quattro giorni. La guarigione è eccezionale e quando si verifica è graduale.

La forma paralitica (25% dei casi) è caratterizzata da una paralisi ascendente del tipo sindrome di Landry/Guillain-Barrè (rabbia muta, rabbia tranquilla); si osserva più frequentemente in coloro che sono stati morsicati da pipistrelli o in coloro che hanno ricevuto una profilassi post-esposizione; si manifesta, inoltre, nel sud-est asiatico in soggetti morsicati da cani.

Controllo e prevenzione della rabbia:

In generale, la letteratura scientifica disponibile è concorde nell’affermare che il controllo della rabbia si identifica nella rigorosa attuazione degli interventi codificati da norme di polizia veterinaria, specificamente mirati alla protezione dell’uomo nei confronti della malattia.

La prevenzione nei confronti della rabbia si basa sulla vaccinazione preventiva degli animali domestici, sulla lotta al randagismo e su altri provvedimenti finalizzati a impedire contatti a rischio con le popolazioni selvatiche.

 

Per quanto riguarda la prevenzione della rabbia negli animali è importante :
la vaccinazione antirabbica (obbligatoria o volontaria a seconda del dato epidemiologico) degli animali domestici, la lotta al randagismo e l’attuazione di provvedimenti coercitivi (cattura ed eventuale abbattimento)  al fine di realizzare, attorno all’uomo, un anello di protezione costituito da animali domestici non recettivi e, quindi, incapaci di trasmettere l’infezione (prevenzione del ciclo urbano della malattia);

la vaccinazione orale dei carnivori selvatici, volpi in particolare, introdotta da più di un decennio in alcuni paesi europei.

A seguito di tale misura è stato osservato un significativo decremento dell’incidenza della malattia, rilevato attraverso piani di sorveglianza sul serbatoio selvatico (prevenzione e controllo del ciclo silvestre della malattia).

Prevenzione della Rabbia:

Nell’uomo, la prevenzione della malattia si basa sulla vaccinazione preventiva per chi svolge attività professionale “a rischio specifico” (veterinari, guardie forestali, cinovigili, guardie venatorie ecc.), sulla vaccinazione pre-contagio e sul trattamento vaccinale post-esposizione che sarà considerato di volta in volta in funzione della tipologia di esposizione verificatasi.

Le linee guida Oms individuano tre tipologie di esposizione:
– contatto di una superficie cutanea intatta con animali, con le loro mucose o con il loro cibo (se la ricostruzione dei fatti è attendibile, non c’è esposizione e quindi non è necessaria una profilassi);
– graffi minori o abrasioni senza sangue o leccate di animali su pelle tagliata e piccoli morsi su pelle abrasa (si consiglia sola la vaccinazione), morsi singoli o multipli transdermici, graffi o contaminazione della membrana della mucosa con saliva o contatti sospetti con pipistrelli (in questo caso si devono somministrare sia le immunoglobuline, che il vaccino).

Le cure post-esposizione per prevenire la rabbia includono la pulizia e la disinfezione della ferita o dei punti di contatto e la somministrazione precoce della vaccinazione (se necessaria), senza aspettare i risultati dei test diagnostici di laboratorio e, comunque, senza ritardi per l’osservazione dell’animale sospetto. Per quanto riguarda le immunoglobuline, non ci sono limiti di tempo alla somministrazione. La maggior parte delle immunoglobuline deve essere somministrata in profondità nella ferita, mentre la parte restante, se avanza, dovrebbe essere iniettata in un altro sito muscolare aggiuntivo lontano dalla ferita. L’Oms raccomanda, infine, l’osservazione dell’animale sospetto per 10 giorni, perché i primi sintomi nei cani e nei gatti non sono molto specifici. Francia, Spagna e Inghilterra raccomandano 14 giorni di osservazione.

Trattamento della Rabbia:

All’insorgenza dei sintomi neurologici la rabbia non è curabile.

Diagnosi:

La diagnosi clinica della rabbia non è affidabile. La diagnosi definitiva può essere fatta solo con l’esame di laboratorio. La diagnosi post-mortem è effettuata sul SNC e comprende come test di elezione l’immunofluorescenza diretta (FAT) e l’isolamento del virus in coltura cellulare (RTCIT). La RT-PCR e le altre tecniche di amplificazione sono di solito utilizzate come test di conferma.

La diagnosi intra-vitam è utilizzata spesso nell’uomo a partire da saliva, urina, liquido cefalorachidiano e biopsia cutanea effettuata sulla nuca e prevede tecniche di FAT, RTCIT e RT-PCR. L’ulteriore caratterizzazione dell’isolato virale avviene mediante sequenziamento o l’utilizzo di anticorpi monoclonali.

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Meningite – Scheda malattia

 

Descrizione Agente infettivo Ciclo vitale Distribuzione Porta di ingresso Trasmissione
Incubazione Sintomi Mortalità Controllo e prevenzione Trattamento Diagnosi 

 

Descrizione

La meningite è una malattia infettiva di origine batterica o virale, di tipo infiammatorio, che coinvolge le meningi ed il liquido cefalorachidiano. Spesso viene identificata come meningite spinale, la forma che coinvolge le meningi del tratto della colonna vertebrale e che si presenta con sintomatologia precisa. È importante identificare l’agente patogeno della malattia, se virus o batterio  per impostare una terapia corretta. Generalmente la meningite ad eziologia virale è meno severa e si autolimita, quasi sempre, senza specifici trattamenti, mentre la meningite batterica può manifestarsi in modo severo e può dare luogo a danni cerebrali, perdita dell’udito o problemi nell’apprendimento. Nel caso della meningite batterica è molto importante identificare  l’agente patogeno per poter utilizzare il farmaco adatto, efficace, ed evitare in questo modo l’espandersi dell’infezione. Prima del 1990, l’Haemophilus influenzae di tipo b (Hib) era considerato la causa principale di meningite batterica, ma una vaccinazione di massa fra i bambini,  ha portato una riduzione drastica del numero di casi. Oggi i principali batteri causa di meningite sono lo Streptococcus pneumoniae e la Neisseria meningitidis.

Agente infettivo

MeningiteMeningococco (Neisseria meningitidis) suddiviso in diversi sieogruppi,  gram negativo, asporigeno, assai labile in ambiente esterno.

Ciclo vitale

La Neisseria meningitidis risiede nella mucosa del tratto naso-faringeo che è il suo habitat naturale. Circa il 5-15% della popolazione umana è portatrice sana di questo batterio nella sua forma non patogena. Un primo meccanismo di infezione è costituito dalla colonizzazione della mucosa nasale e faringea attraverso cui il batterio attraversa le cellule epiteliali mediante endocitosi penetrando in questo modo nel microcircolo dermico. A questo punto il batterio prolifera adattandosi al nuovo ambiente. La risposta clinica alla infezione può variare da una forma benigna asintomatica o paucisintomatica fino ad una forma grave e fatale (meningococciemia – forma setticemica da meningococco). Nella forma più severa dell’infezione si hanno cariche assai elevate di batteri nel sangue. Questi batteri sono in grado di superare la barriera ematomeningea-encefalica. Questo fenomeno induce una infiammazione progressiva delle stesse meningi, con produzione anche di materiale purulento. I soggetti immuno-depressi (es. per trauma cervicale, HIV etc.) tendono a manifestare questi tipi di meningiti batteriche. Altri individui si contagiano ed ammalano per contatto  diretto con portatori primari. I soggetti portatori di Neisseria nasofaringea possono sviluppare una immunità naturale da stimolazione immunogena cronica ed essere protetti dalla malattia.

Distribuzione

La meningite da Neisseria è ubiquitaria e la sua incidenza media è di 0.5-5 casi/100,000 persone. Nel periodo compreso fra il 1996 e il 1997 sono stati denunciati 213,658 casi con 21,830 decessi nei paesi della così detta cintura Africana della meningite.

 

Porta d’ingresso

Cavo orale, rino faringe, prime vie aeree.

Trasmissione

Per via aerogena, contatti ripetuti con ammalati o portatori. Sono favorenti le situazioni di sovraffollamento. Fonte d’infezione: i portatori sani o paucisintomatici del batterio.

Incubazione

1-7 giorni (generalmente  2 o 3 giorni)

Sintomi

Febbre alta, cefalea, torcicollo, contrazione dei muscoli nucali e rigidità nucale, sintomo tipico e patognomonico. Questi sintomi sono tipici dell’infezione in individui al di sopra dei 2 anni di età. Questi sintomi possono svilupparsi in poche ore o in 1 o 2 giorni. Altri sintomi possono includere nausea, vomito, forte fastidio degli stimoli luminosi, confusione e sonnolenza, con manifestazioni meningee fino al coma. Nei neonati e nei bambini i sintomi classici quali febbre, mal di testa e torcicollo possono essere assenti o difficili da determinare e il bambino può solo apparire lento o inattivo, o a volte facilmente irritabile con vomito e anoressia. Frequente la rigidità nucale. Il 10%-15% dei casi di infezione da meningite è fatale. Il 10-15% dei pazienti che guariscono invece hanno una perdita o una diminuzione permanente dell’udito, ritardo mentale, un danneggiamento del sistema limbico, con vertigini.

Mortalità

Elevata nelle sepsi e nelle forme accompagnate da coagulazione intravascolare disseminata.

Controllo e prevenzione

La meningite è una infezione contagiosa. Viene trasmessa mediante scambio di secrezioni mucose (es. tosse, bacio),  ma è molto meno diffusiva rispetto ad un raffreddore o una influenza da causa virale. Non viene trasmessa respirando l’aria presente in un ambiente dove abbia transitato un individuo infetto, ma solamente stazionando per lungo tempo vicino a persona infetta. È opportuno sottoporre a prevenzione antibiotica chiunque sia stato a stretto contatto con un individuo affetto da meningite.

Vaccinazione

La vaccinazione è uno strumento preventivo efficace e da effettuare per chi si reca in zone o in ambienti a rischio di contagio. La vaccinazione contro la meningite da Neisseria non è una vaccinazione obbligatoria nell’infanzia.  È stata resa obbligatoria ai giovani di leva. – Per  i viaggiatori internazionali: è consigliata ai viaggiatori che si recano nei paesi africani inclusi nella “cintura meningococcica” (Senegal, Gambia, Guinea Bissau, Guinea Conakry, Mali, Burkina Faso, Togo, Benin Ghana, Niger, Nigeria, Ciad, Cameroon, Rep. Centrafricana, Sudan, Etiopia, Gibuti, Eritrea, Somalia), durante i periodi considerati a rischio epidemia. I periodi di secca, lontani dal periodo monsonico. – Anche per i viaggiatori che si recano in India, in Cina ed in Mongolia, in particolare per chi si reca nelle provincie dove sono stati segnalati casi di meningite da Meningococco, è consigliata l’effettuazione del vaccino antimeningococcico. – È obbligatoria per tutti i pellegrini che si recano in pellegrinaggio alla Mecca. Controindicazioni: la vaccinazione è controindicata nei soggetti che manifestano malattie infettive acute in corso e malattie evolutive e croniche debilitanti. Effetti collaterali: Locali: raro il dolore con gonfiore nella zona di inoculo. Generali: rara la reazione febbrile ed ancora più rari i sintomi lievi delle prime vie aeree.

Secondo un comunicato stampa emesso il 16 novembre 2012, un nuovo vaccino realizzato per la prevenzione della Meningite da Neisseria menigitidis di gruppo B e della setticemia che può associarsi, ha ricevuto l’approvazione da parte del Comitato dell’Agenzia Europea dei Medicinali per Uso Umano (Commitee for Medicinal Products for Human Use o CHMP). Il nuovo vaccino, chiamato Bexsero e sviluppato da Novartis, è destinato all’immunizzazione contro la meningite sostenuta dal meningococco di gruppo B.

I tipi di vaccino

Esiste in commercio un vaccino contro diversi tipi di  N. meningitidis. – Il vaccino contro l’Hib è sicuro e molto efficace. Esistono altri vaccini contro lo Streptococcus pneumoniae. Questo è un vaccino polisaccaridico pneumococcico raccomandato per gli individui con più di 65 anni di età, che solitamente hanno problemi di malattie croniche, e per i bambini al di sotto dei 2 anni. – Vi è anche un nuovo tipo di vaccino, pneumococcico coniugato, che sembra essere efficace nei bambini per la prevenzione da infezione pneumococcica ed è solitamente raccomandato per i bambini al di sopra dei 2 anni di età.

Trattamento

Esiste un trattamento preventivo da iniziare entro 14 giorni dal contatto con persone infette e non oltre. Solitamente questa chemioprofilassi viene utilizzata per quelle persone a rischio, che si trovano a contatto o che si sono trovate a contatto con individui infetti e serve per prevenire la colonizzazione del meningococco nelle mucose del rinofaringe. La Rifampicina è il farmaco di elezione per l’eradicazione della N. Meningitidis dal tratto naso-faringeo ma non deve essere somministrato in donne in gravidanza. La Ciproflossacina e il ceftriaxone sono antibiotici di alternativa alla Rifampicina ma non devono essere somministrati a bambini al di sotto degli  8 anni di età, alle donne in gravidanza o nel periodo dell’allattamento.  La Penicillina G, la Ampicillina, il Cloramfenicolo e il ceftriaxone sono comunque antibiotici utilizzati in terapia.

Diagnosi

Una diagnosi precoce e conseguente trattamento sono fondamentali nella prognosi del caso. Se vengono segnalati i classici sintomi, è bene rivolgersi immediatamente ad un sanitario. La diagnosi viene effettuata mediante crescita in coltura seminando campioni prelevati dal liquido cefalorachidiano, mediante puntura spinale. Il prelievo viene eseguito mediante l’introduzione di un ago nell’ultima porzione del canale spinale dove il fluido è prontamente accessibile, nel retro del dorso. In questo modo viene eseguita una pronta identificazione del batterio con un antibiogramma necessario per la determinazione del corretto antibiotico da somministrare.

Stato della ricerca

I vaccini contro il meningococco attualmente approvati per uso umano, sono costituiti dalla variante del polisaccaride capsulare purificato, caratteristico delle membrane batteriche. Questo tipo di vaccino è particolarmente attivo contro il sierotipo A e C. E’ stato realizzato anche un vaccino quadrivalente contenente i 4 tipi del batterio meningococcico (sierogruppo A, C, Y, W-135). Questo vaccino è attivo nel 75-90% dei casi. È utilizzabile negli individui di età superiore ai 2 anni. È stato osservato che le persone vaccinate rimangono immuni per un periodo di circa 3 anni. Oltretutto si è osservato che questo tipo di vaccino polisaccaridico capsulato non è attivo nei bambini al di sotto dei 2 anni ed ha una copertura immunologica nei bambini e negli adolescenti di breve durata.

Sono allo studio nuovi vaccini con diverse caratteristiche. Ad esempio si procede legando una proteina di trasporto ad un polisaccaride capsulato e purificato. La proteina trasporto in questo modo richiama ed aumenta la risposta dei linfociti di tipo T attivando in questo modo la memoria anticorpale, all’inizio e successivamente la risposta di tipo cellulare. Il meccanismo consente una risposta anche negli individui al di sotto dei 18 mesi. Si sta cercando di sviluppare un vaccino anche contro il sierogruppo di tipo B. Il problema nell’ottenere un vaccino contro questo sierotipo è nella somiglianza esistente fra la struttura del polisaccaride B capsulare del batterio e l’acido polisialico  presente nel tessuto del cervello umano. Questa similitudine induce una tolleranza immunogenetica al polisaccaride e la difficoltà di realizzare un vaccino efficace contro il meningococco di tipo B.

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Febbre da West Nile Virus – Scheda malattia

Febbre da West Nile

 

  • Descrizione
  • Agente infettivo
  • Ciclo vitale
  • Distribuzione
  • Porta di ingresso
  • Trasmissione
  • Incubazione
  • Sintomi
  • Controllo e prevenzione
  • Trattamento
  • Diagnosi

Descrizione

Descrizione: la Malattia del Nilo Occidentale (West Nile Disease – WND) è una malattia infettiva ad eziologia virale trasmessa da un Flavivirus, il virus West Nile (WNV), isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda, nel distretto West Nile (da cui prende il nome) e diffusosi in Africa, Asia occidentale, Europa, Australia ed America.

 

Agente infettivo: il virus West Nile è un virus ad RNA a singolo filamento che appartiene al gruppo antigenico del virus dell’Encefalite Giapponese, situato all’interno del genere Flavivirus della famiglia Flaviviridae. In questo gruppo sono compresi anche i virus responsabili dell’Encefalite di St. Louis, Encefalite della Valle del Murray, il virus Usutu, Kunjin, Kokobera, Stratford e Alfuy.

 

Ciclo vitale: I serbatoi del virus sono gli uccelli selvatici e le zanzare (più frequentemente del tipo Culex), le cui punture sono il principale mezzo di trasmissione all’uomo. Il virus si mantiene nell’ambiente attraverso il continuo passaggio tra gli insetti ematofagi, che albergano il virus a livello delle ghiandole salivari, e gli uccelli, che rappresentano il reservoir di infezione. Il ciclo biologico, quindi, coinvolge gli uccelli selvatici come ospiti amplificatori, mentre i mammiferi infettati si comportano come ospiti accidentali a fondo cieco, in quanto la viremia non presenta un titolo tale da poter infettare nuovamente un vettore competente. Nell’uomo, dopo la puntura dell’insetto vettore, il virus si replica nelle cellule di Langerhans del derma, che migrano verso la rete linfatica e, quindi, verso il torrente circolatorio. Questa fase corrisponde alla prima viremia, durante la quale il virus si diffonde in tutti gli organi del sistema linfatico. Successivamente avviene una seconda gittata viremica che corrisponde alla seconda viremia. Il virus può essere isolato nel sangue dopo 1-2 giorni dalla puntura dell’insetto vettore fino a poco più di una settimana. La comparsa nel siero di anticorpi di tipo IgM coincide con il termine della viremia. La viremia  da West Nile Virus è a basso titolo nell’uomo ed è assente al momento della comparsa dei sintomi.

 

 

West Nile Transmission Cycle

 

Distribuzione: WNV è stato isolato per prima volta in Uganda nel 1937 dal sangue di una donna febbricitante. Nel 1957 in Israele il virus fu responsabile di una dozzina di casi di encefalite nell’uomo, mentre casi di encefalite negli equini furono osservati per la prima volta nel 1960 in Egitto e in Francia. In un’epidemia scoppiata nel 1974 in Sudafrica il numero dei casi è stato stimato in circa 18.000, senza morti. Dagli anni Novanta sono stati segnalati diversi focolai nel bacino del Mediterraneo e, dal 1999, soprattutto in America.Nel 1996 in Romania il virus West Nile fu responsabile di oltre 350 casi umani di cui 20 mortali. Altri focolai umani sono stati segnalati nella Repubblica Ceca nel 1997 (5 casi), in Russia nel 1999 (826 pazienti ricoverati, 183 casi confermati e 40 morti) e in Francia nel 2003 (7 casi). Nel 1999 WNV fu isolato in Nord America da carcasse di corvi trovati morti e prima di allora il virus non era mai stato evidenziato nell’emisfero occidentale; dal 2002 la diffusione in America è drammaticamente aumentata con numerosi casi di encefalite e meningite, con elevata letalità, negli anni successivi il virus si diffuse da costa a costa interessando sia il confine canadese che quello messicano causando numerosi casi di encefalite nell’uomo.

 

 

Italia

 

In Italia, dal 1998 ad oggi sono stati segnalati 2 focolai epidemici. In entrambi gli episodi non sono stati segnalati casi nell’uomo. Il primo si è verificato in Toscana (Palude di Fucecchio) dove causò 14 casi clinici in cavalli, di cui 6 mortali. Nel corso dell’epidemia, pur in assenza di malattia conclamata, vennero rilevate positività anticorpali in persone che condividevano con i cavalli il rischio delle punture di zanzara. Il secondo focolaio italiano ha interessato nel 2008 i territori delle province di Ferrara, Bologna, Modena, Rovigo, Padova e Mantova, con casi confermati  di infezione in cavalli; successivamente a questo episodio sono stati segnalati  tre casi umani di WND: uno in provincia di Bologna e due in provincia di Ferrara. Nel 2008 in Italia si sono verificati per la prima volta casi di malattia neuro-invasiva di West Nile (WNND) nell’uomo in alcune province dell’Emilia Romagna e del Veneto, per un totale di 8 casi. Nel 2009 si sono verificati 18 casi di WNND nell’uomo nelle regioni Emilia Romagna, Veneto e Lombardia, così distribuiti: 5 casi nella provincia di Ferrara, tra cui 2 decessi, 1 caso nella provincia di Bologna, 3 casi nella provincia di Modena, tra cui 1 decesso, 6 casi nella provincia di Rovigo, 1 caso tra la provincia di Rovigo e Venezia (1 decesso) e 2 casi nella provincia di Mantova.

 

            AGGIORNAMENTI (15 settembre 2010):

 

Ad oggi si registrano in Europa:

 

–                    Russia: 246 casi di infezione umana con 6 decessi;

–                    Grecia: 164 casi di infezione umana con 14 decessi;

–                    Romania: 25 casi di infezione umana con 2 decessi;

–                    Olanda: 2 casi di infezione umana (secondo Eurosurveillance imporati da Israele);

–                    Ungheria: 3 casi di infezione umana;

–                    Spagna: 2 casi di infezione equina.

 

           In Italia la West Nile Disease è ricomparsa per il terzo anno consecutivo interessando anche territori in precedenza non coinvolti dalla circolazione virale.

L’Istituto Zooprofilattico di Teramo, laboratorio di referenza Oie per la febbre West Nile, riporta i dati confermati ad oggi, dal Centro di Referenza Nazionale per lo Studio delle Malattie Esotiche (CESME):

• una positività alla PCR su organi di un esemplare di ghiandaia (Garrulus glandarius) catturato in provincia di Modena;

• sette positività alla PCR di altrettanti pool di zanzare catturate in provincia di Venezia,

di Rovigo e di Modena;

• sei casi clinici di malattia negli equidi: 5 in provincia di Trapani, 1 in provincia di Venezia.

La provincia di Trapani, territorio in cui sono stati segnalati i primi sospetti clinici in data 23 agosto 2010, non è compresa fra le aree sottoposte a sorveglianza in base alla normativa

vigente.

La Regione Veneto ha segnalato un’infezione confermata da virus West Nile, durante il mese di agosto 2010. Il modesto quadro clinico associato all’infezione (febbre) non risponde alla definizione di caso riportata nella circolare del ministero della Salute del 21 luglio 2010.

In Italia la sorveglianza per malattie neuro invasive da West Nile è attiva nella stagione in cui si attende la massima probabilità di circolazione (15 giugno – 15 novembre). Ad oggi in tutto il 2010 non sono stati registrati casi di malattia neuroinvasiva.

Fonte: “West Nile Disease in Italia nel 2010” bollettino n.6 del 14 settembre 2010 dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale “G. Caporale” di Teramo, laboratorio di referenza Oie per la febbre West Nile.

Si registrano, inoltre, segnalazioni di infezione animale in 43 delle 67 contee della Florida, con 4 decessi umani, ed un nuovo primo caso umano negli USA dal 2002.

 

Al 10 agosto, Israele ha riportato 24 casi confermati e 6 presunti di infezione da virus West Nile nell’uomo. La maggioranza dei casi provengono dalla regione centrale e da Tel Aviv, mentre casi isolati sono stati riportati dalla regione di Haifa.

 

In Turchia si contano 7 casi di infezione umana con 3 decessi.

Al 24 agosto 2010 in Marocco si sono registrati 18 casi di infezione equina con 8 decessi, ma nessun caso di infezione umana.

 

 

Porta di ingresso: cute, tramite puntura della zanzara vettore durante il pasto ematico.

 

 

Trasmissione: il virus West Nile è trasmesso sia negli animali che all’uomo tramite la puntura di zanzare infette. Altri mezzi di infezione documentati, anche se molto più rari, sono trapianti di organi, trasfusioni di sangue e la trasmissione madre-feto in gravidanza. Il virus infetta diversi mammiferi, soprattutto equini, ma in alcuni casi anche cani, gatti, conigli e altri. E’ importante sottolineare che il virus non si trasmette da persona a persona, né da cavallo a persona attraverso la puntura di una zanzara infetta a causa dei bassi livelli di viremia.

 

 

Incubazione: Il periodo di incubazione dal momento della puntura della zanzara infetta varia fra 2 e 14 giorni, ma può essere anche di 21 giorni nei soggetti con deficit a carico del sistema immunitario.

 

 

Sintomi: La maggior parte delle persone infette non mostra alcun sintomo. Fra i casi sintomatici, circa il 20% dei soggetti sviluppa una malattia sistemica febbrile chiamata comunemente febbre di West Nile (WNF) caratterizzata dalla comparsa di febbre, cefalea, nausea, vomito, linfoadenopatia, possibili eruzioni cutanee. Generalmente questa fase acuta si risolve in una settimana o poco più, e possono variare molto a seconda dell’età della persona. Nei bambini è più frequente una febbre leggera, nei giovani la sintomatologia è caratterizzata da febbre mediamente alta, arrossamento degli occhi, mal di testa e dolori muscolari. Negli anziani e nelle persone debilitate, invece, la sintomatologia può essere più grave.

I sintomi più gravi si presentano in media in meno dell’1% delle persone infette (1 persona su 150), manifestandosi come una malattia neuro-invasiva (encefalite, meningo-encefalite, paralisi flaccida), con possibile decorso fatale. Il rischio di contrarre la forma neurologica della malattia aumenta all’aumentare dell’età ed è particolarmente elevato nei soggetti di età superiore ai 60 anni. Viceversa, in uno studio di sorveglianza  effettutato negli Stati Uniti tra il 1998 e il 2008, è emerso che le paralisi flaccide acute sono state segnalate in percentuale maggiore in soggetti di età inferiore ai 60 anni. La letalità delle forme neuro-invasive si aggira intorno al 9% nei soggetti anziani e meno dell’1% nei bambini.

 

 

Diagnosi: La diagnosi nell’uomo viene prevalentemente effettuata attraverso test di laboratorio (Elisa o Immunofluorescenza) effettuati su siero e, dove indicato, su fluido cerebrospinale, per la ricerca di anticorpi del tipo IgM. Questi anticorpi possono persistere per periodi anche molto lunghi nei soggetti malati (fino a un anno), pertanto la positività a questi test può indicare anche un’infezione pregressa.  La siero-conversione o l’aumento di 4 volte del titolo anticorpale può essere utilizzata per diagnosticare un’infezione recente. I campioni raccolti entro 8 giorni dall’insorgenza dei sintomi potrebbero risultare negativi, pertanto è consigliabile ripetere a distanza di tempo il test di laboratorio prima di escludere la malattia. In alternativa la diagnosi può anche essere effettuata attraverso Pcr o coltura virale su campioni di siero e fluido cerebrospinale entro 7 giorni dall’inizio della sintomatologia acuta, tenendo conto che la viremia è relativamente di breve durata e di basso titolo.

 

 

Controllo e prevenzione: Non esiste un vaccino per la febbre West Nile. Attualmente sono allo studio dei vaccini, ma per il momento la prevenzione consiste soprattutto nel ridurre l’esposizione alle punture di zanzare.

Pertanto è consigliabile proteggersi dalle punture ed evitare che le zanzare possano riprodursi facilmente:

·         usando repellenti e indossando pantaloni lunghi e camicie a maniche lunghe quando si è all’aperto, soprattutto all’alba e al tramonto

·         usando delle zanzariere alle finestre

·         svuotando di frequente i vasi di fiori o altri contenitori (per esempio i secchi) con acqua stagnante

·         cambiando spesso l’acqua nelle ciotole per gli animali.

 

Il controllo nei confronti della WND si basa essenzialmente sulla sorveglianza degli uccelli stanziali di specie sinantropiche, degli equidi e dell’avifauna selvatica di specie migratorie. A seconda della situazione epidemiologica riscontrata, per il 2010 sono state individuate 3 aree geografiche distinte:

A.    area con circolazione virale (anno 2009) (ACV)

B.    area di sorveglianza esterna all’area ACV, estesa per un raggio di 20 km intorno ai casi verificatisi (AE)

C.    undici aree a rischio (AR)

 

 

 

 

Trattamento: Non esiste una terapia specifica per la febbre West Nile, il trattamento è solo sintomatico. Nella maggior parte dei casi, i sintomi scompaiono da soli dopo qualche giorno o possono protrarsi per qualche settimana. Nei casi più gravi è invece necessario il ricovero in ospedale, dove i trattamenti somministrati comprendono fluidi intravenosi e respirazione assistita. Vi sono recentissime segnalazioni in letteratura che suggeriscono, su modelli animali, la possibile efficacia del trattamento con immunoglobuline specifiche anti WNV.

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Epatite A – Scheda malattia

Descrizione: l’epatite virale di tipo A è una malattia infettiva, acuta, contagiosa, di tipo alimentare, ad evoluzione generalmente benigna. Le epatiti virali, conosciute ad oggi, sono cinque più una, che ha caratteristiche cliniche e sierologiche molto particolari (epatite G). L’epatite A provoca una malattia acuta che nei bambini causa pochi sintomi e può anche passare inosservata, mentre negli adulti è decisamente più grave: produce ittero, costringe a letto per qualche settimana e a volte ha periodi di convalescenza piuttosto lunghi. Tuttavia non cronicizza e le forme mortali (fulminanti) sono rare. Esiste un vaccino utilizzato a scopo preventivo e di grande importanza nel viaggiatore.

Epatite A

  • Descrizione
  • Agente infettivo
  • Distribuzione
  • Porta di ingresso
  • Trasmissione
  • Incubazione
  • Sintomi
  • Evoluzione
  • Controllo e prevenzione
  • Calendario
  • Controindicazioni
  • Effetti collaterali

È consigliata a tutti i viaggiatori che si recano in zona di endemia del virus, in particolare in paesi tropicali, subtropicali e del bacino del Mediterraneo e dell’Est Europa. La vaccinazione è particolarmente consigliata alla popolazione sotto i 35 anni.

 

Agente infettivo:
virus dell’epatite A.

Distribuzione:
Aree iperendemiche sono l’Africa, il sud-est asiatico, l’America del Sud, il bacino del mediterraneo e l’est europeo.

Porta di ingresso:
orale, infezione orofecale.

Trasmissione:
oro-fecale attraverso cibi crudi o poco cotti (verdure, frutti di mare). Segnalati rari casi di trasmissione parenterale.
Trasmettendosi attraverso cibi e acqua contaminati e i contatti interpersonali, la sua diffusione è legata alle condizioni igieniche generali e personali, ed all’igiene degli alimenti, contaminati attraverso materiale fecale di persone infette: dal cuoco che non si è lavato le mani dopo essere andato in bagno agli scarichi fognari che contaminano acque dalle quali si prelevano frutti di mare. Non a caso il cattivo stato degli acquedotti e delle fogne sono spesso causa di endemia dell’infezione.

Incubazione:
15 – 30 giorni.

Sintomi:
disturbi gastrointestinali, febbre, astenia, artralgie, ittero di durata variabile. Al di sotto dei due anni d’età le forme sono quasi sempre inapparenti.

L’infezione acuta da epatite A, B e C è caratterizzata nella prima fase da:

  •   Malessere generale – Perdita dell’appetito – Nausea – Debolezza – Facile affaticabilità – Mal di testa – Dolori addominali non intensi e difficilmente localizzabili – Ittero (la pelle e la sclera assumono un colore giallastro)

In alcuni casi (10-20%), il paziente presenta il quadro classico dell’influenza con febbre (da 37,7 a 38,3) e anche mal di gola, raffreddore e tosse. Le urine tendono a diventare ipercromiche, cioè con una colorazione più intensa. In definitiva, la sintomatologia è poco specifica (cioè non fa pensare immediatamente all’epatite) perché potrebbe essere riferita anche ad altre malattie. Ci sono però alcune circostanze che devono far pensare a un’epatite, per esempio:

  • Recentemente si sono mangiati frutti di mare crudi – Si è sofferto di un’intossicazione alimentare – Si sono avuti contatti con persone con deficit immunitari

Evoluzione:
di solito è favorevole.

Controllo e prevenzione:
Vaccino è realizzato con virus inattivato, altamente efficace e sicuro, somministrato per via intramuscolare. Raccomandata per i viaggiatori in zone ad alto rischio (30-100 casi/100mila abitanti/anno), per il personale sanitario, per gli addetti alla manipolazione di alimenti, per i soggetti che vivono in comunità chiuse, tossicodipendenti, omosessuali. Bambini < 10 anni dose pediatrica; > 10 anni dose adulti.
Approfondisci vaccinazione Epatite A

Calendario:
Dal 3° mese di vita: 1° dose tempo 0; 2° dose dopo 1 mese; 3° dose dopo 6-12 mesi dalla prima.

Controindicazioni:
In caso di malattie infettive in atto. il vaccino non va somministrato a soggetti con diatesi emorragiche o disturbi ematologici; ai bambini al di sotto di 1 anno; e va sconsigliato durante la gravidanza e l’allattamento.

Effetti collaterali:
Arrossamento e tumefazione nella sede di inoculazione. Irritazione e tumefazione in sede di iniezione, febbre, cefalea, nausea.

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Tripanosmiasi Africana – Scheda malattia

Descrizione: la Tripanosomiasi Africana, conosciuta anche come malattia del sonno, è una infezione subacuta severa, che può essere fatale se non viene trattata. Questa infezione è strettamente correlata con una infezione bovina chiamata N’gana. La malattia del sonno provoca annualmente poche vittime, ma i rischi di epidemie suggeriscono una continua monitorizzazione della malattia e l’utilizzo costante di misure di controllo e prevenzione.

tripanosmiasi

  • Agente infettivo
  • Ciclo vitale
  • Distribuzione
  • Porta di ingresso
  • Trasmissione
  • Incubazione
  • Sintomi
  • Controllo e prevenzione
  • Trattamento
  • Stato della ricerca

 

descrizione

Agente infettivo:
il protozoo del genere Tripanosoma, entra nelle vie sanguigne mediante la puntura della mosca tse-tse (Glossina spp.).
–    Il Trypanosoma brucei rhodesiense si trova principalmente in africa dell’est e del sud.
–    T.b. gambiense maggiormente in africa dell’ovest.
–    T.b. brucei  invece è responsabile dell’infezione bovina ma non provoca infezioni nell’uomo.

Ciclo Vitale:
ciclo vitale

La mosca TseTse (Glossina), nutrendosi di sangue, inietta nel tessuto cutaneo dell’uomo un tripomastigote metaciclico. Il parassita entra nel sistema linfatico e quindi nel circolo sanguigno.

1)  una volta nell’ospite si trasforma in tripomastigote del circolo sanguigno.
2)  circolando liberamente incontra altri fluidi quali per esempio il fluido spinale continuando a moltiplicarsi mediante fissione binaria
3)  l’intero ciclo vitale del Tripanosoma Africano è rappresentato da fasi extracellulari. La mosca TseTse viene infettata da tripomastigoti nutrendosi del sangue di mammiferi infetti
4)  il parassita, una volta negli organi interni della mosca, si trasforma in un tripomastigote prociclico, moltiplicandosi mediante fissione binaria
5)  quindi abbandona gli organi interni per trasformarsi in epimastigote
6)  l’epimastigote raggiunge le ghiandole salivari della mosca e continua a moltiplicarsi
7) il ciclo nella mosca dura approssimativamente tre settimane.

Distribuzione:
36 paesi in Africa Sub Sahariana:
–   7 paesi ad elevata endemia
–   4 paesi ad endemia
–   12 paesi ad endemia moderata
–   13 paesi hanno uno stato epidemiologico ancora non ben definito.

Porta d’ingresso:
cute.

Trasmissione:
la mosca TseTse, sia maschio che femmina, fa da vettore fra uomo e uomo, gli animali selvatici e i bovini invece fungono da serbatoi per l’infezione. Una volta nel corpo umano, il tripanosoma si moltiplica e invade la maggior parte dei tessuti.

Incubazione:
da 5 a 60 giorni

Sintomi:
l’infezione si presenta con malessere, spossatezza e febbre irregolare. I primi sintomi includono febbre con ingrossamento delle linfoghiandole e della milza.

–   Questi sintomi sono più severi e acuti nell’infezione da T.b. rhodesiense. I primi sintomi sono seguiti da una serie di sintomi quali mal di testa, anemia, dolore alle articolazioni. I sintomi più avanzati invece includono disordini neuronali ed endocrini. Quando il parassita invade il sistema nervoso centrale, ha inizio un  deterioramento mentale che può sfociare nel coma e nella morte.
–   L’infezione da T. b. rhodesiense solitamente si presenta come forma acuta dell’infezione, causando la morte entro poche giorni o settimane.
–   T.b. gambiense invece tende a progredire più lentamente (anche anni) ed è una forma meno severa.

Controllo e prevenzione:
viene fatto con una sistematica sorveglianza delle popolazioni ad alto rischio e congiuntamente vengono trattate le persone infette. Un altro ruolo importante è manifestato dalla riduzione della presenza della mosca TseTse, soprattutto la Rhodesiense, con efficaci azioni ambientali. Nel passato ci fu una massiccia disinfestazione dei luoghi dove potevano essere presenti le mosche e le larve mediante l’utilizzo di insetticidi.

Trattamento:
sempre stato molto difficile, soprattutto quando viene raggiunto il sistema nervoso centrale, in quanto non sono ancora presenti sul mercato medicine efficaci.
–   La Pentamidina per esempio non è efficace nel tardo livello della malattia, anzi, alcuni parassiti sono resistenti alla stessa.
–   La Suramina deve essere somministrata per via endovenosa e può dare importanti effetti collaterali.
–    Il Melarsoprolo un derivato dell’Arsenico, farmaco sviluppato ormai più di 50 anni fa, viene usato nella tarda fase della malattia, ma spesso produce seri e a volte fatali effetti secondari.
–    La Eflornithina, nuovo farmaco, originariamente sviluppato come farmaco antitumorale, ha mostrato di poter essere utilizzato efficacemente contro la T.d. Gambiense.

Stato della ricerca:
la ricerca di nuove molecole che possano essere utilizzate contro la Tripanosmiasi Africana continua. Purtroppo al giorno d’oggi c’è ancora una mancanza di target validi e di nuove idee per sviluppare farmaci contro la tripanosmiasi e la leishmaniosi. Sicuramente è stato molto difficile trovare della molecole in grado di combinare buona attività, mancanza di tossicità a la capacità di attraversare la barriera emato-encefalica, tutte caratteristiche necessarie per un farmaco che voglia essere attivo ed efficace contro la malattia del sonno causata da una infezione cronica da Tripanosoma Africano.

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