Cari amici, una notizia profumata, anzi uno studio sulla furbizia sempre più incredibile del plasmodio della malaria. Questo animaletto, che ci accompagna da centinaia di migliaia di anni, cioè quando siamo nati sulla faccia della terra, non ha alcuna intenzione di lasciarci soli. Fin dall’origine la parola “malaria” ha significato “aria cattiva”, ovvero luoghi mefitici e con ristagno di acqua, dove la zanzara riusciva a prendere forza e vigore. Abbiamo sempre pensato che le zanzare pungevano l’uomo casualmente. Ma sentite invece questa novità.
Un team di ricercatori dell’EHT di Zurigo e della Pennsylvania State University ha scoperto che quando sperimentalmente, in laboratorio, dei topi vengono infettati con l’agente patogeno della malattia della malaria, il Plasmodium, cambiano odore diventando più “attraenti” per le zanzare. Questo vuol dire che il parassita malarico all’interno dell’organismo induce una serie di cambiamenti biochimici che richiamano la zanzara a pungere al momento di maggiore infettività. Questa è l’ipotesi in via di dimostrazione. Quindi la chiave nel meccanismo di sviluppo della malattia potrebbe proprio risiedere nel “buon odore”. Secondo i ricercatori infatti il furbo parassita malarico si servirebbe di questo meccanismo “del buon odore” emanato dal corpo umano per indurre la zanzara a pungere e riuscire a completare la propria riproduzione all’interno della zanzara stessa che si è cibata del sangue del malcapitato ben odorante.
Per capire questa strategia “subdola e furba” del plasmodio facciamo un piccolo ripasso tecnico. Non me ne abbiano i non addetti ai lavori ma è importante capire cosa combina il parassita della malaria dentro il nostro organismo:
- Quando una zanzara, femmina, infetta di Plasmodium, punge l’uomo gli inocula con la sua saluva il parassita nel sangue sotto forma di un animaletto che si chiama “sporozoita”.
- Tutti questi “sporozoiti” dalla zanzara passati nel corpo al momento della puntura, raggiungono il sangue umano e, in meno di un’ora, scompaiono dal sangue, rinchiudendosi dentro il fegato. Cioè dal torrente circolatorio questi animaletti entrano nelle cellule del fegato, gli epatociti.
- Dentro queste cellule del fegato, cioè dentro gli epatociti, questi animaletti della malaria si moltiplicano realizzando la fase sporogonica della infezione, cioè una riproduzione asessuata del Plasmodio. Dopo una serie di riproduzioni dentro le cellule del fegato, nel periodo di incubazione che dura circa una settimana, per cui le povere cellule del fegato vengono distrutte una dopo l’altra (altro che farmaci antimalarici… ora avete capito chi distrugge il fegato), gli “sporozoiti” si trasformano in “schizonti”, gli “schizonti” in migliaia di merozoiti e da questi fuoriescono i trofozoiti. Tutte forme diverse dello stesso animaletto della malaria. Queste forme che entrano nel sangue ed infettano i globuli rossi. Una parte dei merozoiti, questi animaletti malarici, ritorna nel fegato e lì possono rimanere a lungo.
- Gli altri, una volta fuoriusciti, entrano nei globuli rossi si riproducono e poi distruggono queste cellule del sangue. E’ qui che si ha l’attacco febbrile. Il ciclo procede per migliaia di volte e la malattia avanza all’interno dell’uomo che intanto si sente sempre peggio e farebbe bene a curarsi prima che succeda qualche cosa di brutto.
- Alcuni trofozoiti nel sangue, dopo molte suddivisioni danno origine a forme sessuate dette microgameti e macrogameti
- A questo punto del ciclo interviene la zanzara, che succhia il sangue infetto. Gameti femmine e gameti maschi si uniscono nella pancia della zanzara e dopo una serie di trasformazioni, formano lo zigote, che si trasforma in oocisti e si incista nella parete dell’intestino della zanzara stessa. Dall’oocisti si formano migliaia di sporozoiti, che si liberano e raggiungono le ghiandole salivari della zanzara, pronti ad essere inoculati nuovamente nell’uomo e ricominciare un nuovo ciclo. E avanti così nei secoli.
Non voglio tediarvi oltre ma ora avete capito che l’animaletto della malaria per riprodursi ha bisogno sia dell’uomo che della zanzara, e se la zanzara non pungesse l’uomo, l’animaletto “malaria” non riuscirebbe a riprodursi e quindi la zanzara deve pungere proprio l’uomo quando i maschietti e le femminucce del Plasmodio si sono formati, cioè sono divenuti gametociti.
Nel loro studio, pubblicato su Pnas, gli scienziati hanno scoperto che il parassita della malaria attira le zanzare manipolando l’odore dell’ospite, cioè dell’uomo. Tanto più la pelle umana profuma ed elabora certi ormoni profumati, tanto più la zanzara è spinta a pungerci. Una mossa alquanto astuta del parassita della malaria, “sembra infatti che ci sia un aumento dei composti chimici che attraggono le zanzare sulla pelle dell’uomo malato e quando le forme sono particolarmente infettiva”, spiega Mark Mescher dell’EHT.
Altro aspetto interessante sta nel fatto che il cambio dell’odore nell’ospite avviene solo in precisi stadi della malattia, cioè quando nel sangue ci sono le forme maggiormente infettive, cioè le forme sessuate.
Di solito la fase asintomatica, senza sintomi, che coincide proprio con il punto cruciale del ciclo riproduttivo del Plasmodio, il profilo olfattivo diventa particolarmente irresistibile per le zanzare 10-20 giorni dopo l’infezione, quando le cellule riproduttive del plasmodio (i gametociti) sono presenti alla massima concentrazione nel sangue del topo e probabilmente dell’uomo. “C’è ancora una lunga strada da percorrere per dimostrare questa teoria nell’uomo e soprattutto per trovare dei rimedi “odorosi”. Nei topi abbiamo un ambiente molto controllato. Nell’uomo ci sono così tanti diversi fattori in gioco”, spiegano i ricercatori.
L’équipe guidata da Mescher valuterà questa ipotesi attraverso una ricerca supplementare in Africa coinvolgendo l’uomo. Oltre a capire meglio la malattia, i ricercatori sperano che i risultati prodotti possano essere utilizzati anche per sviluppare nuove procedure diagnostiche non invasive in grado di agevolare efficacemente lo screening delle popolazioni per le infezioni di malaria, in particolare, per identificare gli individui che non presentono ancora i sintomi della malattia”.
Ecco perché forse per evitare la malattia non bisogna proprio profumare… ed essere così puliti. Naturalmente scherziamo ma attendiamo con grande interesse i progressi di questa ricerca. Chissà se modulando gli gli odori si potrà evitare la puntura della zanzara. Attendiamo conferme!
Dott. Paolo Meo
Specialista in Medicina Preventiva e Tropicale
Presidente del MET