Rispetto al vaccino, le immunoglobuline vengono preferite quando è richiesta una rapida immunizzazione. Il vaccino, infatti, richiede circa due settimane per fornire la massima protezione, mentre le immunoglobuline sono attive sin da subito, con una copertura dell’85% (contro il 97% della vaccinazione).
Gli stessi anticorpi possono essere utilizzati per prevenire o attenuare la malattia nel soggetto sano che sia venuto a contatto con il virus; in questo caso, però, il trattamento deve essere intrapreso tempestivamente, entro le due settimane dal contagio.
Le immunoglobuline vengono spesso somministrate anche alle persone che vivono nello stesso domicilio dei soggetti con epatite accertata; il loro utilizzo non è controindicato in gravidanza ed allattamento.
Mentre il vaccino protegge il soggetto dall’epatite A per almeno un decennio, l’effetto delle immunoglobuline esogene si esaurisce nell’arco di 3-6 mesi.
Da notare, infine, che le persone guarite da una precedente infezione da epatite A, hanno nel loro sangue un corredo di anticorpi che le proteggerà dalla malattia per il resto della vita. E’ bene ricordare, inoltre, che i vaccini antiepatite-A, così come l’immunità acquisita dopo aver superato la malattia, non proteggono contro altre forme di epatite (B, C, D, E, G).