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Chikungunya – Scheda malattia

NOTA PER L’UTILIZZO DELLA SCHEDA CHIKUNGUNYA (aggiornata Novembre 2025 – redazione scientifica dr. Paolo Meo)

La presente scheda malattia è stata aggiornata a novembre 2025 ed incorpora le ultime indicazioni epidemiologiche, le nuove approvazioni vaccinali (VIMKUNYA), le linee guida diagnostiche internazionali e le raccomandazioni terapeutiche dell’OMS e dei principali enti di sanità pubblica (CDC, ECDC, ACIP). Rappresenta uno strumento di riferimento completo per viaggiatori internazionali, medici tropicalisti e infettivologi, operatori di sanità pubblica, e professionisti della medicina di viaggio, e risulta conforme agli standard informativi della Clinica del Viaggiatore CESMET. Il dr. Paolo Meo ha inserito anche alcune sue considerazioni sulla base della esperienza clinica effettuata in decenni di lavoro in molti paesi dove la malattia è endemica.
                                                                          Per uno sguardo d’insieme, rapido ma esplicativo, il nostro video su You Tube

    Per approfondire, leggi la scheda che segue

 

 

                                                    SCHEDA MALATTIA: CHIKUNGUNYA      

      Descrizione Generale

La Chikungunya è una malattia infettiva virale acuta febbrile trasmessa da artropodi, caratterizzata da febbre elevata, cefalea persistente, astenia progressiva, e soprattutto da artralgie e mialgie invalidanti che costringono il paziente ad assumere posizioni antalgiche per alleviare la sofferenza. Il nome, derivato dal vocabolo in lingua swahili “ciò che curva”, rispecchia fedelmente il quadro clinico predominante della malattia. Originariamente limitata alle aree tropicali ed equatoriali dell’Africa, dell’Asia e dell’Oceano Indiano, negli ultimi due decenni ha subito una progressiva espansione geografica, raggiungendo le Americhe, i Caraibi, e sempre più frequentemente le regioni temperate in particolare il bacino del Mediterraneo europeo. La malattia si trasmette esclusivamente attraverso la puntura di zanzare infette, in particolare del genere Aedes, e non per contatto diretto tra persone. Il serbatoio del virus è rappresentato dall’uomo, sia sintomatico che asintomatico o paucisintomatico, e in aree silvestri da piccoli mammiferi e primati.​


      Agente Infettivo – alphavirus

Il virus della Chikungunya (CHIKV) appartiene alla famiglia delle Togaviridae, genere Alphavirus. Si tratta di un virus a RNA a polarità positiva di circa 11,8 kb di lunghezza, contenente una struttura 5′ N7-methylguanylated cap e 3′ polyadenylated tail. Il genoma virale codifica due regioni:
(a) la prima, che occupa i due terzi del genoma, codifica quattro proteine non strutturali (nsP1, nsP2, nsP3, nsP4) essenziali per la replicazione virale e la formazione del complesso di replicazione;
(b) la seconda, a valle del promotore subgenomico, codifica le proteine strutturali (C-E3-E2-6K-E1) necessarie per l’assemblaggio del virione e per l’interazione con le cellule ospite.

Il virus è morfologicamente sferico con diametro di 60-70 nanometri, rivestito di un doppio strato lipidico dal quale emergono 240 trimeri di proteine di superficie E1-E2. La replicazione virale avviene in ultrastructture derive da membrane cellulari denominate “sfere di replicazione” (spherules) che contengono il template di RNA a polarità negativa e il complesso di replicazione, permettendo una rapida ed efficiente sintesi di RNA genomico e subgenomico minimizzando l’esposizione agli interferoni cellulari.science

Virus strettamente correlati includono l’O’nyong-nyong virus e il Sindbis virus. Tuttavia, le variazioni genetiche e le mutazioni di alcuni ceppi, in particolare durante le epidemie di grande portata, hanno portato a differenze significative nelle modalità di trasmissione e nella competenza vettoriale di determinate specie di zanzare.


                                                           Ciclo Vitale e Trasmissione

      Vettori e Modalità di Trasmissione

Diverse specie di zanzare sono coinvolte nella trasmissione e nel mantenimento del virus in natura:

  • Aedes aegypti: Principale vettore urbano in Africa e nelle Americhe. Dotata di alta competenza vettoriale e responsabile delle maggiori epidemie. Trasmette il virus sia verticalmente (da zanzara madre alla progenie) che orizzontalmente.

  • Aedes albopictus (zanzara tigre): Originaria dell’Asia, attualmente distribuita in Europa, Nord America, e aree temperate. Costituisce il principale vettore in Europa e nel bacino del Mediterraneo. Sebbene abbia dimostrato capacità di infettarsi e trasmettere il virus, la trasmissione verticale non è stata definitivamente provata in questa specie, riducendo la sua competenza vettoriale complessiva rispetto ad A. aegypti.pmc.ncbi.nlm.nih

  • Aedes africanus: Specie silvestre presente in Africa responsabile della trasmissione enzomica in ambienti forestali e savane.

  • Culex spp.: Ha dimostrato capacità di infettarsi e trasmettere il virus nel bacino del Mediterraneo, sebbene con efficienza minore rispetto a Aedes.

  • Artropodi del genere Mansonia: Responsabili della trasmissione silvestre in Africa, in particolare nelle savane.

      Serbatoi Animali

In ambienti urbani, l’uomo è il principale serbatoio. In aree rurali e silvestri, i serbatoi includono primati (babbuini, circopitechi), piccoli mammiferi e roditori. La trasmissione silvestre è facilitata dalla prossimità tra popolazioni umane e ambienti endemici.

      Ciclo di Infezione della Zanzara

Quando una zanzara femmina si alimenta di sangue da un ospite viremico, ingerisce il virus che si moltiplica nei tessuti dell’insetto, in particolare nelle ghiandole salivari. Il periodo di replicazione virale nelle ghiandole salivari è stimato in circa 10 giorni. Durante questo periodo, la zanzara diventa infettante e può trasmettere il virus attraverso la saliva durante il pasto di sangue.​

La vita media della zanzara è stimata tra 15 e 30 giorni. Le uova di Aedes albopictus possono sopravvivere disseccate per molti mesi, anche in ambienti secchi e freddi, permettendo il mantenimento del virus in territori apparentemente non idonei durante i periodi sfavorevoli.

Viremia nell’Ospite Umano

Una volta inoculato il virus dalla zanzara nell’uomo attraverso la saliva attraversa la barriera cutanea e dermica e accede al flusso sanguigno, causando una viremia che persiste da 3 a 10 giorni—periodo che inizia prima della comparsa dei sintomi e prosegue fino ai 5-7 giorni di malattia manifesta. Durante questo periodo di viremia, le zanzare che pungono il paziente possono infettarsi e re-innescare il ciclo di trasmissione.​

Le difese naturali della cute e del derma, attraverso l’immunità innata e i processi infiammatori, sono in grado di neutralizzare il virus inoculato nella maggior parte degli individui. In caso di neutralizzazione efficace, possono essere rilevati movimenti immunitari mediante diagnostica sierologica (senza che la malattia si sia manifestata).


                                                Distribuzione Geografica ed Epidemiologia


Storico di Espansione e Aree Endemiche

Il virus della Chikungunya è stato descritto per la prima volta nel 1952 in Tanzania, nelle savane al confine con il Kenya e in villaggi costieri del lago Vittoria. Descrizioni cliniche storiche di febbri “spaccaossa” risalgono al 1779 nell’Indonesia. A partire dagli anni ’50 del XX secolo, diverse epidemie sono state segnalate sistematicamente in Asia e Africa.medicoebambino

2005-2006: Epidemia dell’Oceano Indiano

Nel marzo 2005 scoppiò un’importante epidemia a La Réunion, che si diffuse in altre aree dell’Oceano Indiano. Al 17 marzo 2006, l’OMS stimò circa 204.000 persone infettate a La Réunion (pari a un terzo della popolazione di 705.000 abitanti). L’epidemia si estese a Mauritius, Madagascar, Mayotte, Seychelles, e altre isole dell’Oceano Indiano, fornendo evidenza della vulnerabilità di queste aree.

2005-2007: Primi Casi in Europa

Nel 2006 l’Europa registrò i primi casi importati: Francia (307 casi), Germania (17), Belgio (12), Regno Unito (9), Norvegia (1), Repubblica Ceca (1). In Italia, al 13 giugno 2006 erano stati confermati 11 casi in pazienti che avevano viaggiato in paesi endemici. Un caso di probabile trasmissione autoctona fu segnalato in Francia in un infermiere esposto accidentalmente al sangue durante l’assistenza.

2007: Focolaio Italiano di Ravenna

Nella seconda metà di agosto 2007, la regione Emilia-Romagna notificò un focolaio epidemico a Ravenna con 197 casi segnalati al 4 settembre, di cui 166 rispondevano completamente ai criteri di caso. Il focolaio iniziale si verificò a Castiglione di Cervia e Castiglione di Ravenna, con cluster secondari nelle periferie di Cesena (13 casi) e Cervia (6 casi). Furono riportati 101 casi confermati di laboratorio, con il virus isolato da Aedes albopictus.epicentro.iss

2017: Outbreak di Anzio

Nel agosto 2017 tre casi accertati di Chikungunya furono segnalati nel comune di Anzio, provincia di Roma, con identificazione di alcune zanzare infette e immediata bonifica dei focolai.

2013-2016: Diffusione nelle Americhe

A fine 2013 la prima epidemia di Chikungunya nelle Americhe fu segnalata in isole Caraibiche. Dalla fine del 2014, oltre un milione di casi sono stati riportati in diversi paesi Caraibici, dell’America Centrale e del Sud. Il virus continua a circolare coinvolgendo frequentemente viaggiatori da aree temperate.

Situazione Epidemiologica Globale 2025

Africa e Sahel

I casi di Chikungunya sono primariamente localizzati nella regione del Sahel africano, dove vivono circa 33 milioni di persone. Paesi come Senegal, Gambia, Burkina Faso, Kenya, Mali, e Somalia hanno registrato epidemie significative.
Nel 2023-2024, Senegal ha riportato oltre 280 casi confermati, principalmente nelle regioni di Kedougou e Tambacounda. L’Africa CDC ha segnalato oltre 1.900 casi di Chikungunya a luglio 2025, con focolai attivi in Madagascar, Maurizio, Mayotte, La Réunion (dove è diventata endemica da agosto 2024 con oltre 47.000 casi confermati),
Kenya, Somalia, e Sri Lanka
con 151 casi segnalati tra novembre 2024 e marzo 2025.who+2

India e Sud-Est Asiatico

L’India rappresenta un’area di endemicità storica. Nel 2022 furono riportati 2.974 casi. Uno studio del 2025 prevedeva che 5,1 milioni di persone in India potrebbero essere a rischio di infezione ogni anno, con potenziale espansione fino a 12,1 milioni se la malattia raggiungesse regioni attualmente non colpite. L’Indonesia, paese endemico con trasmissione sporadica, continua a registrare casi. Sri Lanka dopo l’epidemia del 2006 ha registrato casi intermittenti con ricrudescenza nel 2024-2025.medicalxpress+1

Americhe e Caraibi

Nel 2024 la Pan American Health Organization (PAHO) ha riportato 431.408 casi di Chikungunya. Nel 2025, fino ad agosto, 14 paesi delle Americhe hanno segnalato 212.029 casi sospetti e 110 morti, con oltre il 97% concentrato in Sud America, in particolare in Bolivia, Brasile, Paraguay e Perù. I casi sono associati ai genotipi asiatico e ECSA (East/Central/South African), rappresentando uno shift nei pattern osservati dal 2014. Nel 2025 i casi sono aumentati ulteriormente, con 427.622 casi riportati nel 2024 secondo fonti globali.paho+1

Europa e Bacino Mediterraneo 2025

La situazione epidemiologica in Europa ha subito una drammatica trasformazione nel 2025. Al 15 settembre 2025, l’OMS ha registrato:

  • Francia: 479 casi distribuiti in 54 cluster, con 40 cluster attivi. Al 19 ottobre 2025, 734 casi erano stati segnalati.who+1

  • Italia: 205 casi localmente acquisiti distribuiti in quattro cluster, di cui tre attivi. Al 19 ottobre 2025, 364 casi confermati in diverse province dell’Emilia-Romagna e altre regioni, inclusi comuni come Carpi, San Prospero, Soliera, Novellara, Cavezzo, Modena, Nonantola, Correggio, Novi di Modena, e Cesenatico.vax-before-travel+1

  • Totale Regione Europea: 56.456 casi di Chikungunya nel 2025.who

Rappresenta il primo grande focolaio autoctono di Chikungunya in Europa da quando la zanzara tigre ha colonizzato il continente, testimoniando la vulnerabilità dell’Europa all’infezione dovuta alla presenza di vettori competenti (Aedes albopictus) e alle condizioni climatiche favorevoli durante i mesi estivi e autunnali (luglio-ottobre).pmc.ncbi.nlm.nih

Caratteristiche di Distribuzione Geografica e Fattori Climatici

La trasmissione della Chikungunya in Europa dipende da:

  • Caratteristiche climatiche: Temperatura, umidità e precipitazioni favorevoli alla riproduzione di Aedes albopictus

  • Densità di popolazione suscettibile: Elevata in ambienti urbani e periurbani

  • Densità dei flussi migratori: Introduzione del virus attraverso persone viremiche (sintomatiche o asintomatiche) provenienti da aree endemiche

  • Stato dell’interazione ospite-vettore: Immunità pregressa, concentrazione virale, infezioni precedenti da ceppi diversi

In molti paesi europei (Francia, Germania, Norvegia, Svizzera), la febbre Chikungunya era stata diagnosticata nei viaggiatori, ma la trasmissione locale non era mai stata riportata fino al 2005-2006. Il rischio è attualmente considerato limitato a piccole aree dell’Europa meridionale (bacino del Mediterraneo, Italia, Spagna Francia), con potenziale espansione verso nord grazie alla progressiva migrazione di Aedes albopictus in nuove aree geografiche.climate-adapt.eea.europa+1


                                                                 LA MALATTIA

      Periodo di Incubazione

Il periodo di incubazione va da 3 a 10 giorni, con media di 4-6 giorni. Una minoranza di pazienti può presentare sintomi entro 2-3 giorni, mentre altri possono sviluppare la malattia fino a 10-14 giorni dopo l’esposizione. Questo periodo è critico per la diagnosi e la comunicazione del rischio ai pazienti di ritorno da aree endemiche.


      Presentazione Clinica e Sintomatologia

La Chikungunya presenta tipicamente un andamento bifasico.

(A) Fase Acuta (6-10 giorni)

La fase acuta è caratterizzata dall’esordio improvviso di:

  • Febbre: Generalmente elevata (38-40°C), spesso a picco nei primi 2-3 giorni, risolvibile dopo 3-7 giorni dall’esordio.​

  • Cefalea: Persistente e rilevante, spesso frontale o occipitale.

  • Artralgie: Diffuse e incapacitanti, colpendo prevalentemente articolazioni distali (polsi, caviglie) e articolazioni piccole delle mani e dei piedi. Le articolazioni grandi possono essere interessate, con gonfiore prominente. Il dolore articolare è spesso descritto come “lancinante” e costretto il paziente ad assumere posizioni antalgiche curve e contorte, da cui il nome della malattia.

  • Mialgie: Diffuse, particolarmente intense nella muscolatura paravertebrale, nei muscoli degli arti e nella muscolatura facciale.

  • Astenia: Grave e progressiva, costringendo il riposo a letto.

  • Manifestazioni cutanee: Esantema maculo-papulare pruriginoso, tipicamente su tronco e arti, più diffuso nella prima metà della malattia. In alcune epidemie, particolarmente in Asia, sono state riportate manifestazioni emorragiche transitori quali petecchie, ecchimosi, epistassi, e gengivorragie, tuttavia di minore severità rispetto alla dengue emorragica.​

(B) Fase Subacuta (2-3 giorni)

Una seconda fase subacuta segue il calo della febbre, caratterizzata da:

  • Secondo picco febbrile meno pronunciato del primo

  • Ricorrenza o peggioramento dell’esantema: Maculo-papulare e pruriginoso su tutto il corpo

  • Persistenza di artralgie e mialgie: Spesso pari o superiore alla fase acuta

(C) Complicanze Acute

La Chikungunya è generalmente a decorso benigno e autolimitante, tuttavia possono verificarsi complicanze:

  • Manifestazioni neurologiche (rari): Particolarmente nei bambini piccoli, includono convulsioni, encefalopatia, meningoencefalite. La prevalenza di malattia del sistema nervoso centrale è riportata nel 47% dei pazienti ospedalizzati in alcuni studi. Sono stati segnalati anche rari casi di sindromi simili alla sclerosi laterale amiotrofica (ALS-like), neuropatie craniali, e sindrome di Guillain-Barré, soprattutto in pazienti con infezione duale Zika-Chikungunya. Pazienti con infezione duale presentavano malattia più aggressiva del Guillain-Barré, richiedendo supporto di terapia intensiva e ospedalizzazione più prolungata (mediana 24 giorni vs. 17 giorni).thelancet

  • Miocarditi e scompenso cardiaco acuto: Raramente riportati.

  • Manifestazioni emorragiche: Rare, con comparsa limitata di petecchie, mai importanti sanguinamenti quali si osservano nella dengue grave. Non sono mai state documentate coagulopatie significative.

  • Shock settico da coagulazione intravascolare disseminata (DIC): Complicanza gravissima ma estremamente rara.

  • Insufficienza renale acuta: Segnalata in rari casi.

 (D)  La mortalità
complessiva è bassa (0,4%), ma la malattia può essere fatale, particolarmente in:

  • Soggetti anziani (età >60 anni con mortalità >2%)pmc.ncbi.nlm.nih

  • Pazienti con sottostanti patologie di base (cancro, trapianti, broncopneumopatia cronica ostruttiva, cardiopatie, diabete, immunocompromissione)

  • Neonati e bambini di età inferiore a 1 anno

  • Persone di età superiore a 75 annipmc.ncbi.nlm.nih

I gruppi a più alto rischio di ospedalizzazione includono neonati e anziani.pmc.ncbi.nlm.nih

 (E) Fase Cronica (Postacuta)

Una proporzione significativa di pazienti sviluppa una fase cronica caratterizzata da:

  • Persistenza di artralgie e mialgie: Che possono durare da settimane a mesi, occasionalmente fino a un anno o oltre. In alcuni studi, il 65% dei pazienti continua a riferire artralgie dopo 3 mesi, il 40% dopo 6 mesi, e il 10-15% dopo un anno.journals.plos

  • Poliartralgia e poliartrite ricorrenti o remittente: Con gonfiore articolare, tenosinovite ipertrofica a polsi e caviglie.

  • Mialgia persistente: Specialmente negli arti superiori e cosce.

  • Astenia cronica e affaticamento: Significativamente incapacitante.

  • Disturbi del sonno: Comuni e correlati al dolore cronico.

  • Lesioni cutanee residue: Pigmentazione anomala, cicatrici

  • Sintomi neuropsichiatrici: Depressione, ansia, disturbi cognitivi (brain fog).

  • Disturbi gastrointestinali: Diarrea, nausea ricorrenti.

Le manifestazioni croniche riducono significativamente la qualità della vita, con implicazioni nel lavoro e nella sfera sociale. La prevalenza di malattia cronica è estremamente comune: uno studio sistematico ha trovato l’artralgia come manifestazione predominante della fase cronica. journals.plos


Modalità di Trasmissione e Porta d’Ingresso

Il virus della Chikungunya è un arbovirus diffuso globalmente nelle aree tropicali, equatoriali e sempre più nei paesi temperati. È classificato come antropo-zoonosi, presente in diversi animali e capace di causare malattia nell’uomo.

Trasmissione Primaria: Puntura di Zanzara

La trasmissione primaria avviene esclusivamente attraverso la puntura di zanzare infette del genere Aedes, in rari casi Culex. L’inoculazione del virus nella saliva della zanzara avviene durante il pasto di sangue. Anopheles non può trasmetterlo.

La trasmissione verticale (da zanzara madre alla prole) è stata dimostrata in Aedes aegypti, africanus, e altri, costituendo uno dei motivi principali del mantenimento della trasmissione nei territori coinvolti. Tuttavia, non è stata provata in Aedes albopictus nel bacino del Mediterraneo, il che rappresenta un fattore favorevole per il controllo della malattia in Europa.​

Assenza di Trasmissione Diretta Persona-Persona

Il virus non si trasmette da persona a persona attraverso:

  • Contatti quotidiani normali

  • Via aerea (goccioline respiratorie)                                 NO

  • Rapporti sessuali

  • Contatto cutaneo

Tuttavia, non si può escludere in modo assoluto la possibilità di contagio interumano raro in condizioni eccezionali di prolungato contatto stretto con pazienti malati, attraverso esposizione a fluidi organici (sangue, saliva).

Trasmissione Verticale (Gestazionale)

La trasmissione madre-feto durante la gravidanza, particolarmente nel terzo trimestre, è possibile e documentata. Sono stati segnalati casi di infezione congenita con manifestazioni neonatali gravi incluse meningoencefalite, congiuntivite emorragica, trombocitopenia, anemia, e morte perinatale. Il rischio è maggiore se l’infezione materna avviene durante il terzo trimestre.epicentro.iss

Trasmissione Trasfusionale e Trapiantale

La trasmissione attraverso trasfusioni di sangue è possibile ma difficile, documentata in rari casi. La trasmissione attraverso trapianti è stata raramente riportata. Tuttavia, in aree endemiche, è importante implementare test sierologici o molecolari nei donatori di sangue durante epidemie.

Meccanismo di Infezione Cellulare

Una volta inoculato il virus dalla zanzara nell’uomo:

  1. Il virus attraversa la barriera cutanea e dermica indenne

  2. Accede al flusso sanguigno attraverso le cellule endoteliali dei capillari

  3. Si moltiplica in tessuti della risposta immunitaria innata (cellule dendritiche, macrofagi) e in altri tessuti, produttori di interferon

  4. La viremia persiste da 3 a 10 giorni (inizia prima della comparsa dei sintomi, continua fino a 5-7 giorni della malattia sintomatica)

Durante il periodo di viremia, le difese naturali della cute e del derma, attraverso l’immunità innata (interferone, complemento) e i processi infiammatori, possono neutralizzare il virus in molti individui, prevenendo l’infezione manifesta (infezione subclinica). In questi casi, possono essere rilevati movimenti immunitari tramite diagnostica sierologica (anticorpi neutralizzanti) senza che l’infezione clinica sia avvenuta.

Fattori Facilitanti l’Attecchimento Epidemico

Per innescare un focolaio epidemico stabile, sono necessari:

  • Presenza di molti serbatoi (individui viremiaci, sintomatici o asintomatici)

  • Alta densità di zanzare competenti che pungono ripetutamente

  • Condizioni climatiche favorevoli (temperature, umidità, precipitazioni)

  • Densità di popolazione suscettibile (mancanza di immunità pregressa)

L’evento di attecchimento è eccezionale, specialmente in Europa, dove più frequentemente si presentano casi sporadici autoctoni piuttosto che epidemie autoctone stabili, a causa della ridotta competenza vettoriale di Aedes albopictus e della bassa trasmissione verticale nella zanzara tigre.


Diagnosi

La diagnosi clinica è suggerita dal contesto epidemiologico (viaggi in aree endemiche), dal profilo sintomatologico caratteristico (febbre elevata bifasica, artralgie incapacitanti diffuse), e dall’assenza di alternative diagnostiche. La diagnosi di laboratorio è essenziale per la conferma e per la sorveglianza epidemiologica.

Metodi Sierologici (Rilevazione di Anticorpi)

Immunoglobuline M (IgM)

  • Sono normalmente rilevabili dal 5° al 7° giorno dall’esordio dei sintomi, anche se alcuni pazienti possono non presentare IgM fino al 9° giorno   pmc.ncbi.nlm.nih

  • Indicano infezione recente (entro ultime 2-4 settimane)

  • Persistono per 2-3 mesi

  • Test disponibili: ELISA (MAC-ELISA – anticorpo cattura), immunofluorescenza indiretta (IFA), rapid lateral flow tests

  • Limitazione: Nei pazienti con febbre <5 giorni, le IgM possono essere ancora negative malgrado viremia attiva

Immunoglobuline G (IgG)

  • Compaiono a partire dalla seconda settimana della malattia

  • Indicano infezione pregressa o immunità

  • Persistono a lungo (anni/vita)

  • Utili per studi sieropravalenza e identificazione di infezioni precedenti

Test di Inibizione dell’Emoagglutinazione (HI) e Neutralizzazione

  • Misurano il titolo anticorpale

  • Non permettono differenziazione tra IgM e IgG se non associati a tecniche di classe specifica

  • Richiedono due campioni sierici (fase acuta e convalescente) per diagnosi definitiva

  • Meno pratico nei setting di urgenza

ELISA e Immunofluorescenza

  • Consentono distinzione delle classi di anticorpi (IgM vs. IgG)

  • Permettono profilo anticorpale qualitativo e quantitativo

  • Permettono diagnosi anche con un singolo campione di siero

  • Sono le tecniche attualmente preferite

Limitazioni dei Test Sierologici

  • Falsi negativi nei primi 5 giorni di malattia

  • Reattività crociata con altri Alphavirus (O’nyong-nyong, Sindbis virus)

  • Difficile diagnosi differenziale precoce con Dengue e Zika virus in aree co-endemiche

Metodi Molecolari (Rilevazione dell’Acido Nucleico Virale)

Real-time RT-PCR (Reverse Transcription Polymerase Chain Reaction)

  • Gold standard per la diagnosi della fase acuta

  • Rileva il genoma virale nel siero e nei tessuti

  • Sensibilità: Massima durante i primi 7-10 giorni di malattia (fase viremica), periodo coincidente con l’esordio sintomaticopmc.ncbi.nlm.nih

  • Specificità: Elevata (>95%) con primer specifici

  • Vantaggio cruciale: Permette diagnosi negli stadi precoci quando gli anticorpi IgM non sono ancora presenti (giorni 1-5 di malattia)pmc.ncbi.nlm.nih

  • Requisiti: Reagenti preparati in laboratorio (kit commerciali limitati), necessita standardizzazione del metodo

  • Biosicurezza: Richiede laboratori con livello BSL-3 per la coltura virale

RT-PCR Nested

  • Aumenta sensibilità in campioni a basso titolo virale

  • Utile per fasi tardive della viremia

Ricerca Antigene Virale Rapida

  • Test antigenici rapidi in fase di sviluppo

  • Ancora non diffusamente disponibili

Isolamento Virale

  • Richiede laboratori di biosicurezza livello 3 (BSL-3)

  • Tempo prolungato (7-14 giorni)

  • Limitato ai laboratori di riferimento

  • Attualmente poco utilizzato per gestione clinica acuta

Strategie Diagnostiche e Timing Ottimale

Fase Acuta (Giorni 1-5 di Malattia)

  • Raccomandato: Real-time RT-PCR su siero

  • Alternativa: Ricerca di antigeni virali (ove disponibili)

  • Non raccomandato: Test sierologici IgM (alto rischio di falsi negativi)

Fase Post-Acuta (Giorni 5-10 di Malattia)

  • Raccomandato: Real-time RT-PCR (ancora positiva)

  • Raccomandato aggiunto: IgM ELISA o IFA (ora presumibilmente positiva)

  • Diagnosi più sicura: Combinazione di RT-PCR e IgM

Fase Convalescente (Dopo 10 giorni)

  • Raccomandato: IgM ELISA o IFA

  • Complementare: IgG ELISA o IFA (appare dalla settimana 2)

  • Diagnosi retrospettiva: Se non diagnosticata nella fase acuta

Diagnosis Differenziale

Data la sovrapposizione geografica e clinica con altre arbovirosi (Dengue, Zika, West Nile Virus, O’nyong-nyong), è essenziale:

  • Testare per Dengue (NS1 antigen ELISA, IgM, RT-PCR) contemporaneamente, poiché la co-infezione è possibile e presentava precedenza nel 2017-2024pmc.ncbi.nlm.nih

  • Considerare Zika virus in donne in gravidanza

  • West Nile Virus nei periodi epidemici autunnali in Europa

  • Malaria e altre febbri in aree co-endemiche

  • Differenziare da febbre reumatica acuta, lupus eritematoso sistemico, artrite reumatoide, sulla base di anamnesi, decorso, e test sierologici


Terapia e Gestione Clinica

Principi Generali del Trattamento

Non esiste al presente nessun antivirale specifico efficace contro il virus della Chikungunya. La terapia è quindi interamente sintomatica e di supporto, mirata a ridurre i sintomi acuti e cronici, promuovere il riposo, e prevenire complicanze.ncbi.nlm.nih

Fase Acuta

Raccomandazioni WHO e Linee Guida Internazionalincbi.nlm.nih

1. Riposo Assoluto

  • Fondamentale per accelerare la ripresa

  • Consigliato fino a risoluzione della febbre e miglioramento significativo dell’astenia

2. Reidratazione

  • Idratazione orale: Acqua, bevande ricche di sali minerali, succhi di frutta diluiti

  • Idratazione infusiva (IV): Indicata in pazienti con difficoltà di assunzione orale, vomito persistente, segni di disidratazione. La reidratazione infusiva abbondante accelera la riduzione della febbre, del dolore, e facilita la ripresa energetica dell’organismoepicentro.iss

  • Composizione ottimale: Soluzione fisiologica (NaCl 0.9%), reintegro di sali (potassio, sodio, magnesio) e lattato

  • Monitoraggio: Bilancio idroelettrolitico, funzionalità renale (creatinina, urea)

3. Controllo della Febbre e del Dolore

La gestione del dolore è cruciale, poiché il dolore articolare incapacitante rappresenta la manifestazione predominante.

First-line (Raccomandato)

  • Paracetamolo (Acetaminofene): 500-1000 mg ogni 6-8 ore, massimo 4 g/die

    • Efficace per febbre e dolore

    • Profilo di sicurezza migliore

    • Evitare sovradosaggio (epatotossicità)

Non raccomandato inizialmente (Prime 48 Ore)

  • Acido Acetilsalicilico (Aspirina) e Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei (FANS): SCONSIGLIATI nelle prime 48 ore per rischio di aggravamento della disfunzione piastrinica, particolarmente in caso di co-infezione con Dengue o altre arbovirosi emorragichencbi.nlm.nih

  • Dopo le prime 48 ore, FANS a basso dosaggio (ibuprofene 400-600 mg ogni 6-8 ore) possono essere considerati se disponibili e tollerati

Fase Post-Acuta e Cronica

Antinfiammatori Non Steroidei (FANS)

  • Ibuprofene 400-600 mg 2-3 volte al giorno

  • Naprossene 250-500 mg 2 volte al giorno

  • Utili per ridurre infiammazione articolare persistente

Corticosteroidi

  • Corticosteroidi a basso dosaggio: Dimostrato efficace nei primi 2 mesi di malattia post-acuta per ridurre infiammazione e accelerare la ripresancbi.nlm.nih

  • Prednisone 20-30 mg al giorno per 1-2 settimane, poi riduzione graduale

  • Indicati particolarmente nei pazienti con astenia severa e dolore incapacitante

Farmaci Antireumatici Modificanti la Malattia (DMARDs)

  • Idrossiclorochina: 200-400 mg al giorno, ha mostrato efficacia nella poliartralgia e poliartrite cronica ricorrente/remittentencbi.nlm.nih

  • Combinazione di idrossiclorochina + corticosteroidi o altri DMARDs

  • Indicata per manifestazioni croniche persistent oltre 3 mesi

  • Sulfasalazina, metotrexato in casi refrattari

Farmaci Immunosoppressori

  • Considerati in rari casi di malattia cronica severa non responsiva a altre terapie

  • Necessita valutazione specialistica reumatologica

Supporto Sintomatico Supplementare

Glutatione

  • Ha dimostrato utilità per accelerare la fase di ripresa

  • Riduce lo stress ossidativo

Nutrizione e Integrazione

  • Dieta ricca di antiossidanti, vitamine (particolarmente B, C, D)

  • Integrazione di micronutrienti (zinco, selenio) per supportare la risposta immunitaria

  • Proteine adeguate per prevenzione della sarcopenia da immobilità

Fisioterapia e Riabilitazione

  • Fase acuta: Riposo e immobilità relativa

  • Fase post-acuta: Esercizi di mobilizzazione passiva e attiva dolce iniziati quando tollerati

  • Fase cronica: Fisioterapia strutturata per mantenersi funzione, ridurre rigidità articolare, prevenire atrofia muscolare

  • Importante per tutti i pazienti con artralgia persistente

Infezione Nosocomiale in Pazienti Viremiaci

Protezione dai Vettori nelle Aree Endemiche

Nelle aree endemiche e dove si manifestano epidemie o casi sporadici, tutti i pazienti affetti da febbre Chikungunya dovrebbero essere protetti da punture degli insetti vettori (zanzare) per evitare che le zanzare si infettino e propaghino l’infezione.

Gestione della Malattia Cronica Persistente

Data la frequenza e l’impatto della malattia cronica postacuta:

  • Monitoraggio a lungo termine: Valutazione clinica a 3 mesi, 6 mesi, 1 anno post-infezione

  • Coinvolgimento multidisciplinare: Medici di medicina generale, reumatologi, fisioterapisti, psicologi (per depressione/ansia correlate)

  • Educazione del paziente: Aspettative realistiche sulla durata e sulla progressione della malattia, aderenza alla terapia

  • Supporto socio-lavorativo: Aggiustamenti lavorativi, congedi medici appropriati data l’incapacità funzionale

Ricerca di Terapie Antivirali Innovative

Sebbene non ancora approvate per uso umano, sono in fase di sperimentazione:

  • siRNA targeting virale: Bloccaggio selettivo della replicazione virale

  • Inibitori della replicazione/entrata virale: Targeting di nsP2 (proteasi), proteine di superficie E1-E2

  • Monoclonali neutralizzanti e immunoterapia cellulare: In fase preclinica

Questi approcci rappresentano prospettive future per la terapia specifica della Chikungunya.


Prevenzione

Prevenzione Individuale e Comportamentale

La prevenzione della Chikungunya si basa primariamente sull’evitamento della puntura di zanzare, dato il vettore biologico della trasmissione.

1. Abbigliamento Protettivo

  • Indumenti di colore chiaro: I colori scuri e accesi attraggono gli insetti

  • Copertura corporea: Maniche lunghe e pantaloni lunghi che coprano la maggior parte del corpo

  • Trattamento degli indumenti: Spray insetticidi permetrina-based applicati agli abiti (non sulla pelle)

2. Evitare Profumi e Fragranze

  • I profumi e le fragranze attraggono gli insetti

3. Sistemazione Notturna Protetta

  • Camere con condizionamento d’aria: Ideale, poiché l’attività di Aedes è ridotta in ambienti freddi

  • Zanzariere alle finestre e porte: Tenute in buone condizioni, chiuse costantemente

  • Zanzariere sul letto: Impregnate possibilmente con insetticidi permetrina, con margini ben rimboccati sotto il materasso

  • Ispezione: Verificare assenza di zanzare all’interno prima di coricarsi

4. Insetticidi Ambientali

  • Zampironi (spirali antizanzare): Disponibili in commercio

  • Spray insetticidi: A base di piretro o permetrina

  • Diffusori elettrici di insetticida: Funzionanti a corrente elettrica; verificare voltaggio locale

  • Precauzioni d’uso: Seguire scrupolosamente le istruzioni del foglio illustrativo, non applicare su mucose o aree cutanee lese, prestare attenzione particulare all’uso in bambini

5. Repellenti Cutanei

  • DEET (N,N-diethyl-m-toluamide):

    • Concentrazione 20-30% efficace per adulti e bambini >2 mesi

    • Concentrazione 10% per bambini 2-12 mesi (uso limitato)

    • Durata protezione: 4-6 ore a seconda della concentrazione

    • Riapplicare dopo bagni o sudorazione

  • Picaridin (1-piperidinecarboxylic acid, 2-(2-hydroxyethyl)-, 1-methyl propyl ester):

    • Concentrazione 20% efficace e ben tollerato

    • Profilo di sicurezza simile a DEET

    • Durata: 4-6 ore

  • Olio di Neem Compositum (Azadirachta indica + Corymbia citriodora):epicentro.iss

    • Prodotto naturale, multiuso, sicuro

    • Efficace anche per neonati, bambini, donne in gravidanza, soggetti con ipersensibilità

    • Indicato per coloro che preferiscono prodotti naturali anziché chimici

    • Grande efficacia come repellente da punture di zanzare, zecche, e altri parassiti

    • Utilizzo: Applicare su parti scoperte del volto, braccia, gambe, particolarmente nelle ore pomeridiane/notturne

    • Azione multipla: Antiparassitaria cutanea, antinfettiva (batteri, funghi, virus), protettiva cutanea, antieritema solare

    • Per informazioni: Contattare CESMET ([email protected], Tel. 06-39030481)

  • Olio di eucalipto limone (Eucalyptus citriodora):

    • Alternativa naturale al DEET

    • Efficace per 4-6 ore

  • Informazioni pratiche: Il sudore riduce l’effetto dei repellenti; riapplicare frequentemente, specialmente dopo attività fisica o bagni.

6. Orari di Esposizione

  • Aedes aegypti è attiva principalmente durante il giorno (alba e primissime ore del mattino, tardo pomeriggio)

  • Aedes albopictus è attiva principalmente tra tardo pomeriggio e alba

  • Limitare l’esposizione negli orari di picco

7. Eliminazione dei Siti di Riproduzione

  • Zanzare Aedes si riproducono in piccoli accumuli d’acqua stagnante: vasi, sottovasi, pneumatici, grondaie, scodelle per animali domestici

  • Eliminare regolarmente l’acqua stagnante dalle vicinanze

  • Coprire serbatoi d’acqua

  • Mantenere le aree circostanti prive di vegetazione densa

Prevenzione Vaccinale

Vaccino VIMKUNYA

Approvazione e Disponibilità

VIMKUNYA (Chikungunya Vaccine, Recombinant) è stato approvato dalla FDA il 14 febbraio 2025 con accelerated approval per persone di età ≥12 anni. È il primo vaccino contro la Chikungunya approvato globalmente.bavarian-nordic+1

Caratteristiche Virologiche

  • Piattaforma tecnologica: Vaccino VLP (Virus-Like Particles)

  • Struttura: Particelle simil-virali ricombinanti che mimano la struttura del virus Chikungunya senza capacità di infezione, replicazione, o causare malattiabavarian-nordic

  • Composizione: Adjuvanted recombinant CHIKV VLP vaccine

  • Formulazione: Dose singola di 1 mL in siringa di vetro pre-riempitabavarian-nordic

Immunogenicità ed Efficacia Clinica

Studi clinici di fase 3 hanno arruolato >3.500 individui sani di età ≥12 anni:bavarian-nordic

  • Immunogenicità: Al 21° giorno post-vaccinazione, VIMKUNYA ha indotto anticorpi neutralizzanti in fino al 97,8% dei vaccinatibavarian-nordic

  • Risposta immunitaria rapida: Inizio della risposta immunitaria entro una settimana dalla vaccinazione

  • Efficacia clinica: I trial hanno raggiunto gli endpoint primari, dimostrando protezione contro la malattia da Chikungunya

  • Profilo di sicurezza: Bene tollerato con effetti avversi prevalentemente miti-moderati

Profilo di Sicurezza e Effetti Avversi

In Pazienti di Età 12-64 Annivimkunyahcp+1

Effetti avversi sollecitati riportati entro 7 giorni dalla vaccinazione (percentuali >10%):

  • Dolore al sito di iniezione: 23,7%

  • Affaticamento: 19,9%

  • Cefalea: 18,0%

  • Mialgia: 17,6%

Effetti avversi moderati-gravi rare.

In Pazienti di Età ≥65 Annipharmacytimes+1

  • Dolore al sito di iniezione: 5,4%

  • Mialgia: 6,3%

  • Affaticamento: 6,3%

Profilo di sicurezza globalmente migliore nei pazienti anziani.

Dati di Sicurezza Real-World (al 3 Settembre 2025)pharmacytimes

  • No eventi avversi seri (SAEs): Nessuno segnalato a VAERS (Vaccine Adverse Event Reporting System)

  • No ospedalizzazioni o morti: Attribuite al vaccino

  • Segnalazioni: Tre eventi non-seri in due individui

Controindicazionicdc

  • Assolute: Storia di reazione allergica severa (es. anafilassi) a qualsiasi componente del vaccino

Precauzionicdc

  • Gravidanza: Dati limitati di sicurezza; consultare medico per valutazione rischio-beneficio

  • Allattamento: Dati limitati; valutare con medico

  • Età ≥65 anni: Precauzione generale (specialmente per vaccino live-attenuated alternativo); il vaccino VLP (VIMKUNYA) è preferibile agli anziani

  • Immunocompromissione: Pazienti in terapia immunosoppressiva possono avere risposta immunitaria diminuita; consultare medico

  • Sincope: Possibile in associazione con iniezioni; avere presidi medici pronti per gestione anafilassi

Indicazioni di Vaccinazione (CDC/ACIP 2025)cdc

  • Raccomandato: Persone di età 12 anni e oltre che viaggiano verso paesi/territori con outbreak di Chikungunya in corso

  • Può essere considerato: Persone di età 12 anni e oltre che viaggiano/si trasferiscono in paesi/territori senza outbreak attuale ma ad elevated risk, se pianificano soggiorno prolungato (≥6 mesi)

  • Vaccinazione VLP (VIMKUNYA): Preferibile ai vaccini live-attenuated (Ixchiq) particolarmente per persone ≥65 anni, immunocompromesse, donne in gravidanza

Vantaggi della Piattaforma VLP

  • Profilo di sicurezza superiore ai vaccini live-attenuated

  • Idoneo per immunocompromessi

  • Idoneo per donne in gravidanza/allattamento

  • Risposta immunitaria robusta e duratura

  • Dose singola

Limitazioni Attuali

  • Approvazione recente; dati a lungo termine su durata dell’immunità ancora in raccolta

  • Postmarketing requirement (PMR): Studio randomizzato doppio-cieco placebo-controllato per valutare efficacia, sicurezza, immunogenicità nel tempo

  • Pediatric study deferred: Valutazione di sicurezza e immunogenicità in bambini 2-<12 anni (submission finale febbraio 2028)

Vaccino Ixchiq (Live-Attenuated Vaccine) – NON PIU’ IN USO

IXCHIQ è il vaccino live-attenuated contro Chikungunya (CHIKV VLA).

Indicazioni: Persone di età ≥18 anni a rischio di esposizione

Precauzioni: Età ≥65 anni è una precauzione in base a investigazioni su segnalazioni di eventi avversi seri post-vaccinazione negli anziani. Tuttavia, il vaccino può ancora essere offerto se il beneficio della protezione supera i rischi. Valutazione medica necessaria.cdc

Consigli per Donne in Gravidanza e Persone con Malattie Croniche

  • Le donne in gravidanza dovrebbero chiedere consigli al proprio medico sull’opportunità di intraprendere viaggi in zone endemiche di Chikungunya, data la possibilità (anche se rara) di trasmissione congenita con manifestazioni neonatali gravi

  • Le persone con malattie croniche, anziani, immunocompromessi dovrebbero valutare il rischio-beneficio di viaggio in aree endemiche con il proprio medico

Sorveglianza e Monitoraggio Territoriale

In Europa e in Italia, è essenziale:

  • Monitoraggio attivo della presenza di casi di Chikungunya sul territorio nazionale per identificare tempestivamente, oltre ai casi importati, eventuali casi di trasmissione autoctona

  • Sorveglianza entomologica della densità e distribuzione di Aedes albopictus e della sua carica virale

  • Sorveglianza sierologica periodica in aree a rischio

  • Misure di controllo vettoriale: Spruzzamenti insetticidi in focolai attivi, bonifica di siti di riproduzione

Considerazioni Commerciali e di Viaggio

Al momento non ci sono evidenze che indichino di limitare gli scambi commerciali e i viaggi nelle zone endemiche per Chikungunya, considerando:

  • Il numero limitato di casi importati in Europa

  • La non-severità del quadro clinico nella popolazione generale

  • L’assenza di trasmissione locale stabile in Europa (eccetto per gli episodi 2005-2007 in Italia e 2025 in Francia-Italia)

Tuttavia, categorie particolari (donne in gravidanza, persone con malattie croniche, immunocompromessi) dovrebbero ricevere counseling medico specifico.


Considerazioni Epidemiologiche Critiche e Epidemiologia Attuale 2025

Genotipi Virali e Variazioni

Tre genotipi principali circolano globalmente:

  1. ECSA (East/Central/South African): Storicamente associato all’Africa e all’Oceano Indiano; emergente nelle Americhe nel 2025, particolarmente in Sud America

  2. Asiatico: Dominante in Asia; emergente nelle Americhe

  3. West African: Circola principalmente in Africa occidentale

Le variazioni genetiche influenzano:

  • La competenza vettoriale

  • La virulenza clinica

  • La trasmissibilità

Coinfezioni con Dengue e Zika

In aree co-endemiche (particolarmente Asia, Africa, Americhe), la coinfection con Dengue e/o Zika è possibile (prevalenza riportata 2,7-12,4%). I pazienti coinfetti:pmc.ncbi.nlm.nih

  • Presentano quadro clinico più severo

  • Hanno aumentato rischio di manifestazioni neurologiche severe

  • Mostrano maggiore incidenza di stroke/TIA (17% vs. 6% in monoinfection)thelancet

  • Richiedono diagnosi differenziale attenta e contemporanea ricerca di tutti i virus

Sottostima Epidemiologica Globale

La vera incidenza globale di Chikungunya è sottostimata per:

  • Casi lievi e paucisintomatici che non vengono diagnosticati

  • Alta percentuale di portatori sani asintomatici del virus

  • Mancanza di test diagnostici nei paesi endemici tropicali (assenza di kit diagnostici)

  • Diagnosi clinica difficile (tutti i casi febbrili vengono etichettati come “malaria” o “tifo” in molti sistemi sanitari tropicali)

  • Modelli predittivi attuali suggeriscono che 14,4 milioni di persone globalmente potrebbero essere a rischio annualmente, con potenziale espansione a 34,9 milioni con futura diffusionemedicalxpress

Impatto Socio-Economico

La Chikungunya causa:

  • Perdita di produttività lavorativa durante fase acuta (incapacità funzionale)

  • Perdita cronica di produttività in pazienti con artralgia persistente

  • Impatto psicosociale (depressione, ansia, alterata qualità della vita)

  • Costi sanitari per ospedalizzazione, test diagnostici, terapie

  • Impatto economico su turismo e commercio in aree endemiche


Paesi e Aree Geografiche di Maggior Rischio Epidemiologico

Africa (Endemica e Co-Endemica)

  • Sahel africano: Senegal, Gambia, Burkina Faso, Mali

  • Africa Orientale: Kenya, Somalia, Tanzania

  • Africa Centrale: Repubblica Centrafricana, Congo

  • Isole Africane e Oceano Indiano:

    • Madagascar: Ongoing transmission, 2024-2025

    • Mauritius/Maurizio: Ongoing transmission

    • Mayotte (Francia): Ongoing transmission

    • Seychelles: Endemic with periodic outbreaks

    • La Réunion (Francia): Endemic dal agosto 2024, >47.000 casi confermati al maggio 2025, trasmissione sostenuta

Asia e Sud-Est Asiatico (Endemici)

  • India: Endemica, 5,1 milioni di persone a rischio annualmente secondo modelli predittivi; focolai periodici

  • Sri Lanka: Endemica, ricrudescenza 2024-2025 (151 casi novembre 2024-marzo 2025)

  • Bangladesh: Endemica, casi intermittenti

  • Thailand: Endemica

  • Malaysia: Endemica

  • Indonesia: Endemica, 2.974 casi nel 2022

  • Filippine: Endemica

  • Singapore: Endemica con bassa incidenza

  • Myanmar: Endemica

  • Laos: Endemica

  • Cambodia: Endemica

  • Vietnam: Endemica

Oceano Indiano (Endemico)

  • Maldive: Endemica, outbreak 2024-2025

  • Isole dei Caraibi Francesi: Ongoing transmission

Americhe (Emergente e In Espansione 2024-2025)

Sud America

  • Bolivia: Epidemia in corso 2024-2025, uno dei focolai più grandi delle Americhe

  • Brasile: Epidemia sustanuta 2024-2025, con >200.000 casi, genotipi asiatico e ECSA

  • Paraguay: Epidemia in corso 2024-2025, espansione a aree precedentemente incolpite

  • Argentina: Trasmissione autoctona dopo anni di assenza, reemergenza 2024-2025

  • Perù: Trasmissione locale 2024-2025, integrazione con epidemia amazzonica

  • Colombia: Trasmissione autoctona

America Centrale e Messico

  • Messico: Casi sporadici e piccoli focolai

  • Costa Rica: Trasmissione autoctona

  • Belize: Trasmissione autoctona

  • Guatemala: Trasmissione autoctona

  • Honduras: Trasmissione autoctona

  • Panama: Trasmissione autoctona

Caraibi

  • Repubblica Dominicana: Epidemia storica

  • Porto Rico: Trasmissione autoctona storica e ricorrente

  • Isole Vergini Americane: Trasmissione autoctona

  • Antigua e Barbuda: Trasmissione autoctona

  • Barbados: Trasmissione autoctona

  • Dominica: Trasmissione autoctona

  • Grenada: Trasmissione autoctona

  • Guadeloupe (Francia): Trasmissione autoctona

  • Martinica (Francia): Trasmissione autoctona

  • Saint Lucia: Trasmissione autoctona

  • Saint Vincent e Grenadine: Trasmissione autoctona

Nord America

  • USA – Florida: Trasmissione locale limitata (focolai sporadici)

  • USA – Porto Rico: Trasmissione locale ricorrente

Bacino del Mediterraneo e Europa 2024-2025 (NEW – AUTOCTONA)

  • Francia: 734 casi confermati al 19 ottobre 2025, con 54 cluster (40 attivi), trasmissione sostenuta nelle aree rivierasche mediterraneevax-before-travel+1

  • Italia: 364 casi confermati al 19 ottobre 2025, principalmente in Emilia-Romagna (Ravenna, Modena, Bologna, Forlì-Cesena), con trasmissione autoctona stabile in quattro cluster (tre attivi). Distribuzione: Carpi, San Prospero, Soliera, Novellara, Cavezzo, Modena, Nonantola, Correggio, Novi di Modena, Cesenaticowho+1

  • Spagna: Caso isolato (monitorato)

  • Portogallo: Nessun caso endemico riportato

  • Grecia: Nessun caso endemico riportato

Cina e Giappone

  • Cina: Endemica in aree sud/sud-est (Guangdong, Guangxi)

  • Giappone: Caso isolato sporadico

Australia e Oceania

  • Australia: Rara, casi di importazione

  • Papua Nuova Guinea: Endemica

  • Nuove Ebridi (Vanuatu): Endemica

  • Samoa: Endemica

  • Isole Cook: Endemica

Ranking di Rischio per il Viaggiatore

Altissimo Rischio (Epidemia attiva, alta trasmissione):

  • Bolivia, Brasile, Paraguay, Sri Lanka, La Réunion, Francia (2025), Italia (2025)

Alto Rischio (Endemico con epidemie periodiche):

  • India, Indonesia, Kenya, Argentina

Rischio Moderato (Endemico con trasmissione sporadica):

  • Thailand, Malaysia, Filippine, Bangladesh, Senegal, Somalia, Mauritius, Seychelles

Rischio Basso (Rari focolai, casi sporadici):

  • USA (Florida, Porto Rico), Messico, Singapore, Giappone, Australia

 Per uno sguardo d’insieme, rapido ma esplicativo, guarda anche il nostro video su You Tube   


Bibliografia Aggiornata (Novembre 2025)

  1. Clinica del Viaggiatore CESMET. (2023). Chikungunya – Scheda malattia. https://www.clinicadelviaggiatore.com

  2. European Union Climate-Adapt Platform. (2025). Chikungunya | Malattie infettive. https://climate-adapt.eea.europa.eu

  3. Istituto Superiore di Sanità – epiCentro. (2025). Chikungunya. https://epicentro.iss.it

  4. MSD Manuals. (2025). Chikungunya – Malattie infettive. https://www.msdmanuals.com

  5. Medico e Bambino. (2005). Chikungunya: primo focolaio epidemico italiano di una malattia. https://www.medicoebambino.com

  6. Bavarian Nordic. (2025, March 17). Bavarian Nordic Announces Commercial Launch of Chikungunya Vaccine (VIMKUNYA). https://www.bavarian-nordic.com

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  29. PAHO. (2025, November 12). Amid Localized Chikungunya Outbreaks and Ongoing Oropouche Emergence. https://www.paho.org


Nota per l’Utilizzo Clinico e Didattico

La presente scheda malattia è stata aggiornata a novembre 2025 ed incorpora le ultime indicazioni epidemiologiche, le nuove approvazioni vaccinali (VIMKUNYA), le linee guida diagnostiche internazionali e le raccomandazioni terapeutiche dell’OMS e dei principali enti di sanità pubblica (CDC, ECDC, ACIP). Rappresenta uno strumento di riferimento completo per medici tropicalisti, operatori di sanità pubblica, e professionisti della medicina di viaggio, e risulta conforme agli standard informativi della Clinica del Viaggiatore CESMET.

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  2. https://climate-adapt.eea.europa.eu/it/observatory/topics/health-impacts/infectious-diseases/chikungunya-factsheet
  3. https://www.who.int/emergencies/disease-outbreak-news/item/2025-DON581
  4. https://www.msdmanuals.com/it/professionale/malattie-infettive/arbovirus-arenaviridae-e-filoviridae/chikungunya
  5. https://www.science.org/doi/10.1126/sciadv.add2536
  6. https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC6152200/
  7. https://www.medicoebambino.com/_chikungunya_zanzara_tigre_virus_infezione_febbre
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  9. https://www.nicd.ac.za/update-on-chikungunya-fever-august-2025/
  10. https://www.vax-before-travel.com/chikungunya-outbreaks
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  13. https://www.vax-before-travel.com/2025/10/19/chikungunya-cases-spike-france-and-italy
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  15. https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC12539745/
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Chikungunya – Scheda malattia Leggi tutto »

VIMKUNYA e QDENGA una analisi sulla possibilità di Co-Somministrazione dei due vaccini

E’ possibili effettuare la “co-somministrazione di VIMKUNYA, vaccino per la Chikungunya, con QDENGA, vaccino per la febbre virale da dengue?
Si tratta di una questione clinica di primaria importanza per la medicina dei viaggi in quanto chi si reca in aree dove sono presenti i due virus richiede una immunizzazione in contemporanea.

Studi della interazione tra VIMKUNYA e altri vaccini
Un’analisi diretta dei documenti regolatori ufficiali approvati
(Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto EMA
e Prescribing Information FDA)
fornisce una risposta inequivocabile e definitiva a questa domanda, in una fase iniziale di utilizzo di vaccino al novembre 2025:

● Dato Ufficiale (SmPC EMA, Sez. 4.5):
“Non sono stati eseguiti studi di interazione con altri medicinali o vaccini”.
● Dato Ufficiale (PI FDA / SmPC EMA):
“La somministrazione concomitante di VIMKUNYA con altri vaccini non è stata ancora studiata”.

Le istruzioni per la manipolazione e la somministrazione del vaccino specificano di:
“Non miscelare VIMKUNYA con altri vaccini nella stessa siringa o nello stesso flaconcino, e in caso di somministrazione contemporanea, utilizzare un punto di inoculazione lontano”.

Posizione Ufficiale sulla Co-Somministrazione VIMKUNYA e QDENGA
Attualmente dalla bibliografia e dai documenti regolatori ufficiali non esistono dati clinici sulla sicurezza, l’immunogenicità o l’eventuale interferenza immunitaria derivanti dalla co-somministrazione del vaccino VIMKUNYA (VLP – Virus-Like Particles – particelle simil-virali) e del vaccino QDENGA (vaccino vivo attenuato tetravalente per la dengue).
Nella pratica clinica, in assenza di dati che ne supportino la somministrazione concomitante, i due vaccini dovrebbero essere somministrati in momenti separati, rispettando gli intervalli standard di somministrazione.

Dati su QDENGA e Co-somministrazione
E’ utile notare che Takeda, il produttore di QDENGA, ha condotto studi di co-somministrazione per il proprio vaccino. In particolare, è disponibile uno studio (DEN-308 / NCT04313244) sulla somministrazione concomitante di QDENGA (vivo attenuato) con il vaccino 9-valente contro l’HPV (Papillomavirus Umano) vaccino basato sulla tecnologia VLP.
Questo studio è importante in quanto il vaccino HPV è, come VIMKUNYA, un vaccino basato sulla tecnologia VLP. I risultati dello studio DEN-308 hanno dimostrato la non-inferiorità della risposta immunitaria al vaccino HPV quando somministrato con QDENGA e non hanno evidenziato nuovi segnali di sicurezza.

Implicazioni Cliniche e ricadute pratiche per la co- somministrazione
L’assenza di dati sulla co-somministrazione di VIMKUNYA e QDENGA rappresenta una lacuna critica nell’evidenza scientifica per la medicina dei viaggi.
Il virus Chikungunya e i quattro sierotipi del virus Dengue sono co-endemici nella maggior parte delle regioni tropicali e subtropicali del mondo, in particolare in America Latina, nel Sud-est asiatico e in Africa. Entrambe le malattie sono trasmesse dagli stessi vettori, le zanzare del genere Aedes (principalmente A. aegypti e A. albopictus).
Di conseguenza, un viaggiatore che si reca in un’area a rischio (ad esempio il Brasile, che sta affrontando focolai di entrambe le malattie) è un candidato ideale per entrambe le vaccinazioni.

Il regime posologico di QDENGA (due dosi a 0 e 3 mesi) e quello di VIMKUNYA (una dose singola) rendono semplice la pianificazione per viaggiatori che programmano la loro partenza in un periodo prolungato, più difficile la programmazione per i viaggiatori “last-minute”.

La mancanza di dati sulla co-somministrazione costringe noi medici a distanziare le somministrazioni, per lo meno di una settimana, complicando l’aderenza e potenzialmente ritardando la protezione completa.

Sebbene i risultati positivi dello studio QDENGA/HPV  suggeriscano che la co-somministrazione di un vaccino vivo attenuato e di un vaccino VLP sia biologicamente plausibile e sicura, questa è un’estrapolazione e non può sostituire i dati clinici diretti.
Le indicazioni allo stato sono quindi di distanziare la somministrazione dei due vaccini di un periodo di una settimana l’una dall’altra, e lo stesso anche dagli altri vaccini.

Per ora il vaccino VIMKUNYA si somministra in dose singola e non è previsto un richiamo, salvo nuovi dati o indicazioni ufficiali future. 

VIMKUNYA e QDENGA una analisi sulla possibilità di Co-Somministrazione dei due vaccini Leggi tutto »

Influenza stagionale: come prevenirla al meglio

Sta per arrivare la nuova stagione influenzale: sai davvero come proteggerti?
Nel nostro nuovo video, il dott. Paolo Meo, specialista in Malattie Infettive e Medicina Preventiva, spiega in modo chiaro e pratico come ridurre il rischio di contagio, chi dovrebbe vaccinarsi e quali sono le novità per la stagione 2025-2026.

👉 Guarda il video  e scopri le strategie più efficaci per difendere te stesso e chi ti sta vicino.

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 Siena apre una nuova via contro l’antibiotico-resistenza

Un gruppo di ricercatori italiani, guidato da Rino Rappuoli della Fondazione Biotecnopolo di Siena, ha isolato un anticorpo monoclonale capace di neutralizzare Klebsiella pneumoniae, un batterio ormai resistente a tutti gli antibiotici conosciuti. Lo studio, pubblicato su Nature, rappresenta una svolta nella lotta alla cosiddetta “pandemia silenziosa” dell’antibiotico-resistenza.

L’anticorpo agisce contro la capsula protettiva del batterio, permettendo al sistema immunitario di riconoscerlo e distruggerlo. Nei test di laboratorio e su modelli animali, ha dimostrato di bloccare completamente infezioni gravi, risultando efficace anche contro ceppi diversi ma con la stessa struttura di capsula.

La scoperta apre la strada a nuove terapie per infezioni batteriche finora considerate incurabili e consolida il ruolo di Siena e del Biotecnopolo italiano ai vertici della ricerca biomedica mondiale.

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Virus del Nilo Occidentale in Europa: la situazione aggiornata al 10 Ottobre 2025

Virus del Nilo Occidentale in Europa: aggiornamento ECDC ottobre 2025

Situazione attuale in Europa

Dall’inizio del 2025 fino all’8 ottobre, 13 Paesi europei hanno segnalato casi umani di infezione da virus del Nilo occidentale (West Nile Virus, WNV).

I Paesi coinvolti sono:

  • 🇮🇹 Italia (166 casi)
  • 🇷🇸 Serbia (55)
  • 🇫🇷 Francia (32)
  • 🇬🇷 Grecia (31)
  • 🇷🇴 Romania (29)
  • 🇪🇸 Spagna (24)
  • 🇭🇺 Ungheria (13)
  • 🇭🇷 Croazia (3)
  • Albania, Bulgaria, Kosovo, Macedonia del Nord e Turchia (1 caso ciascuno)

Questi dati, pubblicati dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), comprendono sia casi probabili che casi confermati. Sono dati preliminari, soggetti a revisione man mano che i Paesi aggiornano le loro segnalazioni.

 


 

Come leggere la mappa dell’ECDC
La mappa mostra le aree europee in cui sono stati registrati casi umani di infezione da WNV:

  • 🟥 Rosso scuro: casi confermati
  • 🟧 Arancione: casi probabili
  • Grigio: nessun caso segnalato
Mappa dei casi di virus del Nilo Occidentale in Europa - ottobre 2025
Fonte: ECDC – aggiornamento del 10 ottobre 2025

Perché queste informazioni sono fondamentali

Il monitoraggio del virus del Nilo occidentale serve a proteggere la salute pubblica e a garantire la sicurezza delle donazioni di sangue in tutta Europa.

In base alle direttive europee 2004/33/CE e 2014/110/UE, i dati dell’ECDC permettono alle autorità di:

  • sospendere temporaneamente la donazione di sangue nelle aree colpite;
  • sottoporre a test specifici i donatori potenzialmente esposti al virus.

In questo modo si previene la trasmissione del virus attraverso le trasfusioni e si assicura una risposta sanitaria tempestiva e coordinata.


Che cos’è il virus del Nilo Occidentale

Il West Nile Virus (WNV) è un virus trasmesso dalle zanzare infette, che possono pungere sia gli esseri umani sia gli animali (in particolare gli uccelli, che fungono da serbatoio naturale).

Nella maggior parte dei casi, l’infezione è asintomatica o causa solo lievi sintomi simili all’influenza. In una piccola percentuale di persone, specialmente anziane o immunodepresse, può provocare forme neurologiche più gravi.


Prevenzione: semplici gesti che fanno la differenza

Per chi vive o viaggia in zone dove il virus è stato segnalato, la prevenzione delle punture di zanzara resta la misura più efficace:

  • Usare repellenti cutanei;
  • Indossare abiti chiari e a maniche lunghe;
  • Dormire in ambienti con zanzariere o aria condizionata;
  • Evitare ristagni d’acqua vicino alle abitazioni.

Un’informazione in continuo aggiornamento

L’ECDC aggiorna la situazione epidemiologica del virus del Nilo occidentale ogni settimana durante la stagione di trasmissione, che in Europa va generalmente da maggio a ottobre.

Per consultare i rapporti più recenti, visita il portale ufficiale:

👉 ECDC – West Nile Virus updates


Fonte dati: European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), EpiPulse Cases – 8 ottobre 2025
📅 Ultimo aggiornamento: 10 ottobre 2025


Per informazioni, visite e esami di laboratorio,
chiama la Clinica del Viaggiatore 06-39030481

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Scheda malattia Dengue

Dove e quanto si è diffusa la febbre emorragica da Virus Dengue?

La “Febbre da virus Dengue” negli ultimi decenni si è diffusa a macchia d’olio e si è imposta come emergenza di sanità pubblica nella maggior parte dei paesi tropicali. In Africa si è diffusa in modo particolare negli ultimi venti anni, in Asia ed in particolare in America Centrale e Meridionale è una malattia endemica con epidemie diffuse. (OMS 2021 CLICCA)
Il “vettore primario” per questa malattia è una zanzara, la Aedes, che  è diffusa nella maggior parte dei paesi equatoriali e tropicali, e si sviluppa in particolare nelle zone urbane dove gli abitanti sono molto suscettibili all’infezione. Il processo di urbanizzazione  selvaggia degli ultimi trenta anni ha lasciato, in molti paesi depressi, la popolazione con sistemi fognari a cielo aperto, con discariche inserite nel tessuto urbano, con sistemi per la raccolta delle  acque non controllati e con dispersioni di acqua in altissime percentuali. Acquitrini e paludi all’interno e nelle periferie delle città costituiscono un polmone per la presenza delle zanzare.   Tutto questo ha consentito la formazione di ambienti favorevoli all’insediamento ed alla crescita del vettore, velocizzando in questo modo la diffusione dell’infezione.

 

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INFO URGENTE PER CHI VIAGGIA:

EMERGENZA DENGUE CLICCA QUI
PRENOTA IL VACCINO PER LA DENGUE

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Come si manifesta la febbre emorragica da virus Dengue?
La “febbre da virus dengue” può manifestarsi in diversi modi. Da una “infezione asintomatica” ad una “malattia lieve” fino a “forme gravi e mortali” . Studi epidemiologici in diversi continenti stimano che una  su quattro  infezioni manifestino sintomi. Oltre il 70% delle persone punte da zanzare con il virus si infetta in modo asintomatico. Un 30/35 % delle persone infettate manifesta la malattia e i sintomi si manifestano in modo acuto da lievi a moderati e generalmente aspecifici.

Quanti sono i tipi del virus della Dengue

 I 4 TIPI DELLA DENGUE
    I 4 TIPI DELLA DENGUE

Quattro sono i tipi di virus della Dengue. Ogni tipo induce una immunità specifica verso il proprio ceppo, di lunga durata, ma che non copre gli altri tipi. Quindi le persone possono essere infettate dal virus della dengue fino a quattro volte.
Le forme gravi e talvolta mortali di malattia incorrono in circa 1 paziente su 20.La seconda infezione da DENV è un fattore di rischio per la dengue grave.

 

 

Come viene classificata la DENGUE secondo OMS 

La febbre da virus dengue è classificata in (1) dengue o (2) dengue grave;

(1) DENGUE è definita, in una persona febbrile che ha viaggiato o vive in un’area endemica, da una combinazione di 2 o più dei seguenti segni o sintomi. Tra i sintomi: la nausea, il vomito, eruzioni cutanee, dolori, un test del laccio emostatico positivo, la leucopenia. Tra i segni: dolore o dolorabilità addominale, il vomito persistente, l’accumulo di liquidi, il sanguinamento della mucosa, la letargia, l’irrequietezza e epato e splenomegalia.

(2) DENGUE GRAVE è definita con uno qualsiasi dei seguenti sintomi: una grave perdita di sangue che porta a shock, l’accumulo di liquidi con distress respiratorio; un grave sanguinamento; una grave insufficienza epatica con transaminasi ad oltre ≥1.000 UI/L, alterazione della coscienza, una insufficienza cardiaca.
Questa classificazione sostituisce la precedente in uso dal 1975 al 2009 classificate come (1) febbre da dengue; (2) febbre emorragica dengue (DHF);

(3) sindrome da shock dengue – la forma più grave di DHF.

 

Come viene classificato l’agente infettivo della Dengue e quale è il suo ciclo vitale?

CARATTERISTICHE DEL VIRUS DELLA DENGUE
Il virus della “febbre da Dengue” appartiene alla famiglia dei Flaviviridae ed ha quattro principali sierotipi simili tra loro:
DEN-1, DEN-2, DEN-3, and DEN-4.    Questi sierotipi del virus hanno un genoma ad RNA.

Quali altri virus  oltre quelli della DENGUE fanno parte della famiglia dei “FLAVIVIRUS” ?

Fanno parte della “famiglia dei Flavivirus” altri virus causa di febbri emorragiche presenti prevalentemente in aree tropicali  quali: la febbre gialla; l’encefalite di Saint-Louis (america del nord); l’encefalite giapponese; West Nile virus; .
Tutte queste malattie sono trasmesse da artropodi, soprattutto da diversi tipi zanzare e da zecche degli animali, e questi virus causa di queste malattie sono anche denominati Arbovirus ossia “arthropod borne virus” – virus trasmesso da artropodi.

I Flavivirus sono virus con genoma ad RNA a singolo filamento positivo appartenenti alla famiglia Flaviviridae. La struttura di questi virus è formata da alcune molecole proteiche più esterne che formano il “pericapside”; molecole proteiche più interne che formano il ”capside”; ed una sola molecola ad RNA, con un senso di lettura 3′ – 5′.

I “VIRIONI” della DENGUE sono di forma sferica, dotati di un “PERICAPSIDE” della dimensione di 50 nm. Questo  ricopre un “NUCLEOCAPSIDE” della dimensione di 30 nm di diametro.
[A] “capside virale”: composto da tre proteine strutturali: (1) proteine di rivestimento esterno (E); (2) proteine del capside (C);          (3) proteine di membrana interna (M);
Le glicoproteine E, envelope esterno, svolgono un ruolo centrale nella biologia delle infezioni. Costituiscono il legame del virus con la superficie cellulare e favoriscono la penetrazione nella cellula bersaglio. Questa proteina esterna (E) è il “bersaglio” della risposta immunitaria dell’organismo ospite. La proteina E è costituita da 500 aminoacidi con tre “domini antigenici”.

Le 90 glicoproteine dimeriche (E) sono coinvolte nell’attacco e nella penetrazione nella cellula. Sono disposte parallelamente alla superficie del virione, formando una struttura “a spina di pesce” a simmetria icosaedrica. Questa struttura è stata sudiata nel VIRUS della DENGUE  tipo 2, nell’ WNVirus nel virus dell’encefalite trasmessa da zecche. La conferma di questa struttura è arrivata dalle immagini ottenute con la microscopia crioelettronica.

La proteina interna del capside ( C ) è una proteina strutturale ed ha la funzione di assemblare insieme le parti del virione.
I virioni del virus DENGUE si assemblano nel citoplasma cellulare, via via che vengono prodotte le proteine dai ribosomi delle cellule ospiti e, migrando verso la periferia della cellula, vengono liberati all’esterno per un processo di “gemmazione” della membrana cellulare.

Il genoma del virus della Dengue contiene 11.000 paia di basi e la sua funzione è quella di passare l’informazione per codificare (realizzare) 3 proteine strutturali esterne e 7 proteine non strutturali ma funzionali per la replicazione virale: (a) tre proteine che costituiscono la struttura esterna del virus, il virione, ossia il “cappotto / corpo del virus”,
Le proteine sono denominate(C; prM; E);  (B) sette diverse proteine che vengono prodotte e rilasciate nella cellula ospite (umana) e consentono la replicazione e la moltiplicazione dei virus (figli) (NS1, NS2a, NS2b, NS3, NS4a, NS4b, NS5)

I cinque sierotipi della famiglia della DENGUE

Il virus DENGUE esiste in cinque diversi sierotipi, denominati DENV-1, DENV-2, DENV-3, DENV-4 e DENV-5.
Ognuno dei diversi tipi di virus dengue può causare la malattia febbrile con sintomi acuti, causati da una risposta infiammatoria dell’organismo, spesso abnorme ed anche pericolosa per l’organismo stesso.

Come avviene la trasmissione della DENGUE?

Il “virus della febbre da virus dengue” è caratterizzato da due trasmissioni con differenti caratteristiche:
[A] La “trasmissione / diffusione silvestre”, ossia in ambiente rupestre, di savana e di foresta, utilizzando vettori, in questo caso zanzare denominate AEDES, che succhiano sangue di “primati”, in questo caso di scimmie. Si ritrovano nelle foreste del Sud-est asiatico, dell’Africa e della America Latina. Nelle aree rurali delle aree tropicali la trasmissione avviene solitamente tramite puntura da parte di Aedes aegypti e altri tipi tra i quali Aedes albopictus denominata anche zanzara tigre dalle caratteristiche zampe a strisce di tigre. “Aedes albopictus” è la zanzara che si è anche diffusa in Europa, ed in particolare nel bacino del mediterraneo.
[B] La “trasmissione cittadina” avviene tramite Aedes aegypti. Il ciclo vitale del vettore nelle aree urbane è caratterizzato da trasmissione “interumana”. L’ospite è l’uomo, che viene punto dalla zanzara, che trasmette il virus ad un altro individuo. La crescita incontrollata delle città, con ambienti favorevoli alla riproduzione delle zanzare, nelle aree endemiche per la dengue ha portato a un aumento esponenziale delle epidemie e della quantità di virus circolante. I cambiamenti climatici, con l’innalzamento delle temperature e dell’umidità, e il diffondersi di aree acquitrinose, hanno permesso la diffusione anche in zone originariamente risparmiate, in particolare nelle aree rivierasche dei paesi mediterranei, ma sempre più anche nelle aree interne e continentali. Queste condizioni hanno permesso ormai la diffusione di Aedes in molte zone d’Europa, con l’insorgenza di piccoli focolai, anche autoctoni di febbre da Flavivirus, ed in particolare casi di Dengue. e potrebbe, in futuro, rappresentare una minaccia per l’Europa.

L’infezione di un sierotipo causa una malattia simile agli altri, ma conferisce una immunità specifica per il sierotipo, a vita, ma non protegge dall’attacco degli altri sierotipi, che possono indurre una malattia simile, e indurranno un ulteriore immunità specifica solo per il sierotipo in questione. Per questo meccanismo di protezione immunitaria sierospecifica, ci si può infettare di DENGUE solamente 4 volte. Ma le reinfezioni possono essere pericolose per reazione immune ed infiammatoria abnorme.
E’ noto che la forma severa, pericolosa e particolarmente acuta, dovuta ad una risposta immune abnorme avviene in caso di infezione secondaria in individui che prima hanno avuto infezione da DENV-1 e che in seguito vengono infettati da DENV-2 o DENV-3. Una altra reazione particolarmente grave può avvenire in persone infettate prima da DENV-3 e poi reinfettate con DENV-2.

Le zanzare trasmettono con la loro puntura il virus agli esseri umani dopo che hanno punto una persona infetta, infettandosi. La trasmissione non è quindi diretta uomo – uomo, ma sempre attraverso la puntura di un vettore.

Il virus entra nel circolo, depositato dalla zanzara, che lo inocula nel microcircolo del sottocutaneo.  Circola per 2-7 giorni ed è in questo periodo che un’altra zanzara, pungendo l’uomo infetto, può prelevarlo e trasmetterlo ad altri soggetti. Il “virione con genoma a RNA” entra nel microcircolo viene assorbito e va a legarsi alle membrane delle cellule endoteliali dell’ospite stesso. Sebbene il recettore al quale si legano dia luogo ad endocitosi, il virione comunque rimane momentaneamente bloccato nella cellula ospite all’interno di una vescicola.

Le membrane della cellula ospite sono associate a glicoproteine che contengono una regione che media la fusione fra la membrana cellulare e l’involucro esterno del virione. Questa fusione avviene in ambiente acido. Una volta avvenuta la fusione il virus perde il rivestimento esterno e comincia la traduzione del suo genoma. Si ha quindi la produzione di proteine virali fra il reticolo endoplasmatico e l’apparato del Golgi dove eventualmente le membrane cominciano a riavvolgere il genoma virale dando luogo alla moltiplicazione virale. I virioni si accumulano quindi nelle cellule dell’ospite. Lo step finale del ciclo vitale si ha con la fusione delle vescicole contenenti i virioni con le membrane delle cellule plasmatiche. A questo punto le particelle sono rilasciate e libere di infettare altre cellule.

 

Come avviene la trasmissione della malattia e quali sono le caratteristiche dell’incubazione?

I Flavivirus in genere, ed il virus della Dengue in particolare, vengono trasmessi attraverso la puntura di diversi tipi di zanzare. Il vettore principale per la Dengue è la zanzara del genere Aedes aegypti. Anche A. albopictus, che si è diffusa in Europa negli ultimi decenni, può trasmettere il virus.  Questo tipo di zanzara si nutre di sangue umano prevalentemente di giorno, ma questa non è una regola fissa. Troviamo zanzare del genere Aedes attive anche durante il crepuscolo e la notte. Aedes, durante il pasto, punge individui, alcuni dei quali possono essere infetti del virus in questione. La zanzara, quindi, si infetta, e può rimanere infetta tutta la vita, diventando la causa di molteplici infezioni. Ogni esemplare vive dalle 2 alle 4 settimane, pungendo ed ovideponendo numerose volte. La zanzara può infettare un individuo per ogni puntura.  E’ oramai accertato che le zanzare femmine possono trasmettere l’infezione alle generazioni successive. Difatti può passare il genoma virale alle larve amplificando il numero di zanzare adulte infette.
L’uomo diventa quindi l’ospite con cui infettarsi o da infettare. L’uomo funge quindi da ospite amplificatore della diffusione del virus. Anche alcuni tipi di scimmie possono essere infettate dalla puntura della zanzara Aedes e a sua volta infettare scimmie e uomini.

La zanzara del genere Aedes è uno dei pochi vettori che utilizza non solamente le raccolte di acqua per la crescita delle larve, ma anche un ambiente umido e questa caratteristica moltiplica in modo esponenziale la crescita e la diffusione di questo tipo di zanzare.

Porta di ingresso del virus e attività nelle cellule interne del sistema istio – linfocitario

La porta di ingresso dei Flavivirus, ed in particolare dei virus della Dengue è la CUTE. Il virus penetra insieme alla saliva dell’insetto. Nel sottocute e nel derma circostante all’inoculo i leucociti accorsi per difendere l’organismo da un nemico esterno, vengono attaccati. Il virus aderisce alla loro parete e penetra al loro interno, riproducendosi velocemente. In particolare il virus dengue aderisce allele cellule di Langerhans, cellule dendritiche, dalla forma a stella, che sono abbondanti nella cute, sotto cute e derma ed anche in alcune mucose. Hanno la funzione di attivare ed amplificare il sistema difensivo chiamando altri tipi di globuli bianchi con i loro segnali chimici. I Flavivirus (Dengue) entrano in questi tipi di globuli bianche attraverso il processo di endocitosi mediato dal contatto e interazione tra proteine virali e proteine specifiche presenti nella membrana cellullare. Queste proteine sono la lectina DC-SIGN, la CLEC5A ed il complesso proteico che forma il recettore per il mannosio. Questa interazione tra proteine virali e proteine della cellula di Langerhans o di altri GB quali monociti e macrofagi,  consente l’entrata nella cellula stessa. Il virus comincia a replicare all’interno della cellula all’interno di microvescicole adese al sistema reticolo endoplasmatico.  Qui il genoma virale ad RNA viene copiato attraverso l’attivazione dei ribosomi, e comincia la produzione delle che verranno assemblate nell’apparato di Golgi cellulare dove avviene la maturazione e la costituzione dei nuovi virioni che escono dalla cellula mediante il processo di esocitosi. Questi leucociti infetti si spostano verso i linfonodi più vicini.

Le membrane della cellula ospite sono associate a glicoproteine che contengono una regione che media la fusione fra la membrana cellulare e l’involucro esterno del virione. Questa fusione avviene in ambiente acido. Una volta avvenuta la fusione il virus perde il rivestimento esterno e comincia la traduzione del suo genoma. Si ha quindi la produzione di proteine virali fra il reticolo endoplasmatico e l’apparato del Golgi dove eventualmente le membrane cominciano a riavvolgere il genoma virale dando luogo alla moltiplicazione virale. I virioni si accumulano quindi nelle cellule dell’ospite. Lo step finale del ciclo vitale si ha con la fusione delle vescicole contenenti i virioni con le membrane delle cellule plasmatiche. A questo punto le particelle sono rilasciate e libere di infettare altre cellule.

I leucociti infetti producono interferone e altri fattori e molecole scatenanti diversi processi che inducono aumento della temperatura (febbre), dolore, brividi e sudorazione ed altri sintomi simil-influenzali.
Il sistema immunitario produce tra le diverse molecole gli interferoni molecole particolarmente attive nella difesa da infezioni virali. I sierotipi di dengue virus hanno la capacità di diminuire o neutralizzare l’efficacia dell’interferone. Sempre gli interferoni attivano i linfociti T contro i virus, ed anche i linfociti B che inducono la produzione di anticorpi contro gli antigeni virali. Alcuni tipi di virus Dengue riescono ad eludere questi meccanismi di attacco delle cellule difensive. I virus vengono trasportati lontano dai lisosomi del fagocita, evitano la distruzione e continuano a replicare.

Infezioni particolarmente gravi e con elevata presenza di virus coinvolgono anche il fegato il midollo osseo, causando lesione delle cellule del parenchima ma anche dell’endotelio dei vasi capillari. La replicazione del virus nelle cellule del midollo osseo altera i processi di emopoiesi. A causa di una alterazione del processo di maturazione delle cellule ematiche, diminuiscono in quantità e funzionalità le piastrine, causando piastrinopenia, più o meno accentuata, responsabile delle emorragie tipiche della dengue.

Sempre per effetto di alcuni meccanismi che esitano in lesioni cellulari da parte dei virus, in particolare a livello dell’endotelio vascolare, con aumento della permeabilità vascolare, passato il rapido periodo febbrile tipico dei primi giorni, si può verificare un versamento pleurico (accumulo di liquidi nel torace) o la presenza di ascite nell’addome. L’esito è una diminuzione dei liquidi intravascolari con ipovolemia e scarsa perfusione degli organi vitali.

Le manifestazioni di Dengue Grave, con shock o febbre emorragica si presentano in meno del 5% dei pazienti ed in particolare in coloro che sono infettati una seconda volta da un diverso sierotipo del dengue virus.

Incubazione

L’incubazione della malattia varia da 2 a 15 giorni con un esordio che generalmente è improvviso, acuto o iperacuto.

 

Distribuzione geografica

Agg. Del maggio 2023

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità la “Febbre da virus Dengue” causa oltre 100 milioni di casi ogni anno in tutto il mondo. La Dengue è diffusa in tutto il Sud – Est Asiatico, nell’Asia sud – Occidentale, in Oceania ed in Estremo Oriente. E ‘presente anche nel continente africano.
Si stima che oltre il 50% della popolazione mondiale sia a rischio di questa malattia.
Attualmente oltre 4 miliardi di persone vivono in 125 Paesi a rischio Dengue.
La diffusione della dengue continua ad aumentare ed in molte regioni tropicali nel post pandemia del Covid-19 ha avuto un aumento anche del 500/700%. Numeri impressionanti, anche per l’incuria a cui è stato abbandonato l’ambiente dove si riproducono gli insetti.
L’Europa ed in particolare i paesi del bacino del mediterraneo, a causa dei cambiamenti climatici, per aumento di calore, umidità e piogge, ma anche per l’aumento di spostamento di merci e persone sono diventati paesi a rischio Dengue, dove già si presentano sporadici focolai autoctoni della malattia.

Quasi la metà della popolazione mondiale, circa 4 miliardi di persone, vive in aree a rischio dengue, e i numeri sono in aumento. La “febbre virale da Dengue” è diventata una delle principali cause di malattia nelle aree a rischio . Nell’Unione Europea la febbre dengue si verifica in modo sporadico, soprattutto nell’Europa continentale dove non esistono le condizioni per una diffusione della malattia con casi autoctoni. I paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo, per le loro caratteristiche climatiche, sono diventati sede di focolai che si sviluppano indipendentemente dall’importazione dei casi dal tropico.

DISTRIBUZIONE AEDES IN EUROPA
DISTRIBUZIONE AEDES IN EUROPA

I casi in Europa derivano da viaggiatori che tornano dopo essersi infettati dal tropico. Dal 1999, il Network europeo per la sorveglianza delle malattie infettive da importazione (TropNetEurop) ha riportato oltre 2000 casi di dengue fra i viaggiatori europei. Nella maggior parte dei casi, le infezioni sono state contratte, nell’ordine, in India, in Thailandia, in Indonesia, in Messico e in Brasile. Secondo il documento dell’Ecdc “Dengue Ferver: Short epidemiological update, 2009”, tra gennaio e giugno 2009 sono stati riportati nelle Americhe un totale di 480.909 casi di dengue, compresi 7.547 casi di febbre emorragica da dengue, con 189 decessi; il 91% di questi casi è stato segnalato in Argentina, Bolivia, Brasile e Colombia.

La dengue è emersa come un problema globale a partire dagli anni ’60. La malattia è comune in molte destinazioni turistiche popolari nei Caraibi (incluso Puerto Rico), nell’America centrale e meridionale, nel sud-est asiatico e nelle isole del Pacifico. Negli Stati Uniti, casi locali e una limitata diffusione della dengue si verificano periodicamente in alcuni stati con climi caldi e umidi e zanzare Aedes.

Chiunque viva o viaggi in un’area a rischio dengue è a rischio di infezione.

 

Quali sono i sintomi ed i segni della malattia?

Fase febbrile acuta iniziale

La “febbre da Dengue” si presenta con una sintomatologia acuta, generalmente violenta, dalle caratteristiche simil-influenzali. La malattia nei bambini si può manifestare con caratteristiche simili ad una influenza forte con presenza di roseole e reazioni cutanee. Gli adolescenti e gli adulti, rispetto ai bambini, presentano sintomi più leggeri con febbre più contenuta. La malattia si manifesta con sintomi caratteristici quali rialzo di temperatura elevato, mal di testa, dolore agli occhi, dolore anche importante alle articolazioni e ai muscoli. Talvolta manifestazioni eritematose esantematiche cutanee.

Febbre emorragica da Dengue DHF

La persona che si infetta con un sierotipo, per la prima volta, si immunizza verso questo sierotipo e difficilmente ammala una seconda volta. Ma se la stessa persona contrae una infezione con un sierotipo differente, è elevata la possibilità di una manifestazione di “febbre emorragica da Dengue (DHF)”. Questa forma morbosa, causata dall’infezione di un secondo tipo di dengue, differente dal primo, può portare manifestazioni particolarmente acute e talvolta fatali.

La DHF è caratterizzata da febbre acuta ed elevata; dolori generalizzati particolarmente violenti; manifestazioni cutanee caratterizzate da fenomeni emorragici petecchie, ecchimosi, porpora, epistassi, sanguinamento delle gengive, ematuria o risultato positivo del test del laccio emostatico.
Tra gli altri sintomi è frequente l’ingrossamento del fegato e della milza (epato-splenomegalia); collasso del sistema circolatorio.
Caratteristica della malattia la presenza di una febbre in rapida crescita; brividi squassanti e talvolta sudorazione; eritema facciale è l’inizio degli episodi anche di piccole emorragie puntiformi, dovute al crollo delle piastrine. La febbre con picchi fino a 41°C può durare generalmente dai 2 ai 5 giorni. Spesso, soprattutto nei bambini piccoli è accompagnata da convulsioni squassanti.

Senza un adeguato trattamento sintomatico, per il controllo dello stato di shock, il collasso cardio – circolatorio, la diminuzione drastica di piastrine, il paziente può morire in 12-24 ore.
Il tasso di letalità della “febbre emorragica da dengue” a una incidenza talvolta superiore al 30%;
I decessi sono prevalenti nei neonati < 1 anno.

Quali sono i segnali di avvertimento di aggravamento verso una DHF ?

Sono da considerare “segnali premonitori” di un peggioramento della febbre da dengue verso una forma grave o da DHF, quei sintomi che si manifestano al termine della fase febbrile (tardiva), durante il periodo della defervescenza della febbre (verso il 5° giorno di sintomi). Il manifestarsi di  vomito persistente, dolore addominale importante, spesso crampiforme, edema diffuso per accumulo di liquidi; sanguinamento delle mucose e una ingravescente difficoltà respiratoria. Tutti questi sintomi in fase tardiva accompagnati talvolta da letargia o irrequietezza, tendenza all shock, ingrossamento rapido del fegato con dolenzia in ipocondrio destro e segni di emoconcentrazione, ossia aumento dell’ematocrito costituiscono elementi di aggravamento e segnali di avvertimento di evoluzione verso gravi forme da DHF.

Fase critica

  • La fase critica della dengue inizia durante la defervescenza della febbre con una durata tra le 24-48 ore.
  • I pazienti al termine della fase febbrile manifestano un miglioramento clinico, ma diversi soggetti, circa il 30%, a causa del un marcato aumento della permeabilità vascolare, a causa di una notevole perdita di plasma, entro poche ore, sviluppare una dengue grave, in evoluzione verso la dengue emorragica.
  • I pazienti con aumento della permeabilità vascolare, e perdita di plasma nelle cavità organiche possono presentare versamenti pleurici, ascite, ipoproteinemia e emoconcentrazione.
  • I pazienti, superata la fase iniziale sembrano manifestare un buono stato di salute, ma compaiono i primi segni di shock. Con l’ipotensione da perdita dei liquidi dal distretto vascolare, l’alta pressione diminuisce rapidamente e può comparire shock irreversibile e morte improvvisa.
  • Un altro evento grave e talvolta mortale Ia comparsa di gravi manifestazioni emorragiche, tra cui sangue nelle feci (ematemesi), feci sanguinolente o menorragia. Peggioramenti dello stato generale possono includere epatite, miocardite, pancreatite ed encefalite da virus Dengue.

Fase di convalescenza

  • La convalescenza inizia con la diminuzione della permeabilità capillare e vascolare. I liquidi intracavitari iniziano ad essere riassorbiti. Diminuisce l’edema sottocutanea, i versamenti pleurici e addominali.
  • Durante la fase di convalescenza si stabilizza lo stato cardio circolatorio, anche se si manifesta spesso una bradicardia reattiva. L’ematocrito del paziente, cresciuto in modo grave in precedenza, si stabilizza e diminuisce per effetto della diluizione del siero dovuta al riassorbimento dei liquidi. I leucociti aumentano nuovamente e le piastrine riequilibrano.
  • L’eruzione cutanea può desquamare ed essere particolarmente pruriginosa.

Come si effettua la diagnosi della Dengue e quale è il trattamento ?

La prima diagnosi o sospetto diagnostico è sempre clinico. I sintomi possono essere confusi con quelli del tifo esantematico da zecche (Rickettsie); della febbre da zecche del Colorado, della febbre gialla e con altre febbri emorragiche.

Il sospetto clinico per malattia da Dengue virus va considerato in tutti coloro che denunciano sintomi clinicamente compatibili e che vivono o hanno viaggiato nelle 2 settimane prima dell’esordio dei sintomi in aree endemiche per la malattia.

In chi presenta in modo acuto febbre, mal di testa, dolori muscolari e talvolta eruzioni cutanee al rientro da paesi endemici dell’area tropicale e subtropicale, va posto il sospetto diagnostico e prescritti esami per confermare la diagnosi.

Quali sono i “Test diagnostici” da fare per una corretta diagnosi di Dengue


Test RT-PCR per DENGUE VIRUS o test di amplificazione degli acidi nucleici (NAAT)

Anche per Dengue virus, come per molti altri virus, il test PCR o di “amplificazione degli acidi nucleici” risulta essere il “gold standard per la diagnosi di laboratorio”.

Il siero su cui eseguire la PCR deve essere raccolto nell’individuo dal momento dell’insorgenza dei sintomi fino al 7° giorno dopo l’esordio della malattia.

La conferma della presenza del virus può essere effettuata da un singolo campione di siero rilevando:

  • Le “sequenze genomiche virali” con la metodica RT-PCR
  • L’ ”antigene virale  della proteina 1 (NS1) non strutturale della capsula esterna del virus con test immunologico.

La positività del test eseguito con le due metodiche è la conferma di laboratorio della malattia da dengue nei pazienti con una storia clinica o di viaggi effettuati in aree endemiche. La positività è presente nei primi 7 giorni di malattia ma può perdurare, soprattutto per la NS1, fino a due settimane.

Test sierologici

 

I test sierologici (o da studio del siero) identificano la presenza di

  • anticorpi del tipo M (IgM) che sono presenti nella prima fase della malattia, dopo 4 / 5 giorni dalla comparsa dei sintomi.
  • Anticorpi del tipo G (IgG), presenti nelle fasi di convalescenza dalla seconda settimana in avanti, non utile per la diagnosi della fase acuta della malattia in quanto rimangono rilevabili per tutta la vita dopo un’infezione da virus dengue.

Quindi in caso di sintomi sospetti e provenienza da zone endemiche il paziente deve essere sottoposto a test molecolare o antigenico (RT-PCR o NS1) e a test sierologico per la ricerca degli anticorpi (IgM).

Tuttavia, per il fenomeno della reattività crociata con altri flavivirus come Zika, l’interpretazione dei risultati e l’identificazione del virus, causa della malattia, può essere difficile.

La positività delle IgM in un campione di siero dimostra e conferma una recente infezione da virus della dengue per le persone che si sono infettate in luoghi in cui altri flavivirus potenzialmente cross-reattivi (come Zika, West Nile, febbre gialla e virus dell’encefalite giapponese) non sono presenti.

 

Flavivirus cross-reattivi

Nelle persone provenienti o residenti in aree dove sono presenti diversi flavivirus come Zika, West Nile, febbre gialla e virus dell’encefalite giapponese è probabile che i risultati siano falsificati per il fenomeno della cross-reattività. Per questo motivo devono essere eseguiti test diagnostici sia molecolari che sierologici per la dengue per identificare il virus, causa della malattia.

E’ possibile che persone vaccinate contro altri flavivirus (come la febbre gialla o l’encefalite giapponese) possono produrre anticorpi contro il flavivirus con reattività crociata, dando risultati falsi positivi ai test diagnostici, in particolare alla presenza di IgG.

Disponibilità di test di dengue

Presso il Cesmet Clinica del viaggiatore sono disponibili i test diagnostici per la dengue (molecolari e sierologici). Per informazioni scrivi cliccando qui e lasciando i dati richiesti. Oppure telefona al numero +390639030481

Test diagnostici per dengue e campioni

Test diagnostici per dengue e campioni

Test diagnostico ≤ 7 giorni dopo l’esordio dei sintomi >7 giorni dopo l’esordio dei sintomi Tipi di campioni
Test Molecolari Siero, plasma, sangue intero, liquido cerebrospinale*
Rilevamento dell’antigene del virus dengue (NS1) Siero
Test sierologici Siero, liquido cerebrospinale*
Test sui tessuti Tessuto fisso

* Il test del liquido cerebrospinale è raccomandato nei pazienti sospetti con manifestazioni cliniche del sistema nervoso centrale come encefalopatia e meningite asettica.

Fase acuta: Iniziale 1-7 giorni dopo l’esordio dei sintomi

La fase acuta della malattia da virus dengue si sviluppa nei primi 1-7 giorni dopo l’esordio dei sintomi.

Durante questo periodo, il virus della dengue è presente nel sangue o nei fluidi derivati ​​dal sangue come siero o plasma.  L’RNA virale della dengue può essere rilevato con test molecolari. La proteina non strutturale NS1 è una proteina del virus della dengue che può essere rilevata con i test immunocromatografici e in immunofluorescenza.

Un risultato negativo di un test molecolare o NS1 non è definitivo nella diagnosi del virus. Per i pazienti sintomatici durante i primi 1-7 giorni di malattia, qualsiasi campione di siero deve essere testato mediante un test RT-PCR o NS1 e un test degli anticorpi IgM. L’esecuzione di test per anticorpi molecolari e IgM (o anticorpi NS1 e IgM) può rilevare più casi rispetto all’esecuzione di un solo test durante questo periodo di tempo e di solito consente la diagnosi con un singolo campione.

Fase di convalescenza: >7 giorni dopo l’esordio dei sintomi

Il periodo oltre i 7 giorni dopo l’insorgenza dei sintomi è indicato come la fase di convalescenza della dengue. I pazienti con risultati negativi del test PCR o NS1 e test anticorpali IgM negativi dai primi 7 giorni di malattia devono sottoporsi a un test convalescente per il test degli anticorpi IgM.

Durante la fase di convalescenza, gli anticorpi IgM sono solitamente presenti e possono essere rilevati in modo affidabile da un test degli anticorpi IgM. Gli anticorpi IgM contro il virus della dengue possono rimanere rilevabili per 3 mesi o più dopo l’infezione.

I pazienti che hanno anticorpi IgM contro il virus della dengue rilevati nel loro campione di siero con un test per gli anticorpi IgM e che: 1) hanno un risultato NAAT o NS1 negativo nel campione della fase acuta, o 2) senza un campione della fase acuta, sono classificati come aventi un presunta, recente infezione da virus dengue.

Test per differenziare la dengue da altri flavivirus

Considerazioni speciali:

  • Reattività incrociata: La reattività crociata è una limitazione dei test sierologici per la dengue. I test sierologici per rilevare gli anticorpi contro altri flavivirus come l’encefalite giapponese, l’encefalite di St. Louis, il Nilo occidentale, la febbre gialla e i virus Zika possono reagire in modo incrociato con i virus dengue. Questa limitazione deve essere considerata per i pazienti che vivono o hanno viaggiato in aree in cui co-circolano altri flavivirus. Pertanto, un paziente con altre infezioni da flavivirus recenti o pregresse può essere positivo quando testato per rilevare gli anticorpi IgM contro il virus della dengue. Per determinare con maggiore precisione la causa dell’infezione nei pazienti IgM positivi, i campioni IgM positivi possono essere testati per anticorpi neutralizzanti specifici mediante test di neutralizzazione della riduzione della placca (PRNT) (contro i quattro sierotipi del virus dengue e altri flavivirus; tuttavia,
  • Aree con flavivirus in co-circolazione: per le persone che vivono o viaggiano in un’area con dengue, Zika e altri flavivirus endemici o in circolazione contemporaneamente, i medici dovranno ordinare test appropriati per differenziare al meglio il virus dengue da altri flavivirus e possono consultare lo stato o laboratori di sanità pubblica locale o CDC per l’orientamento.
  • Donne in gravidanza: se la paziente è incinta e sintomatica e vive o ha viaggiato in un’area a rischio di Zikatestare Zika utilizzando NAAT oltre alla dengue.

Interpretazione dei risultati dei test

  • Se un test NAAT o NS1 è positivo per la dengue, viene confermata una diagnosi di dengue in corso.
  • Se il risultato NAAT è negativo e il test per gli anticorpi IgM è positivo, la diagnosi di laboratorio è presunta infezione da virus della dengue.

TRATTAMENTO

Non c’è un trattamento specifico per la febbre da Dengue. Solo una terapia sintomatica e una sorveglianza medica attenta può risolvere i problemi e salvare la vita a molti pazienti.

 

La terapia della “febbre da dengue”:

  • Sintomatica, ovvero attraverso l’utilizzo di farmaci che agiscono sui sintomi prevalenti, e non prevede farmaci eziologici ossia causali (antivirali).
    Il riposo assoluto a letto è essenziale nella fase febbrile per evitare aggravamenti nella fase di defervescenza dai sintomi. Vengono utilizzati antipiretici ed antidolorifici. Importante la somministrazione di liquidi in via infusiva per prevenire i problemi di ipovolemia e shock ed il reintegro degli elettroliti persi. In caso di persistenza febbrile e comunque per evitare l’insorgenza di infezioni batteriche secondarie, in particolare nelle aree di accumulo dei liquidi, può essere opportuno l’utilizzo di antibiotici ad ampio spettro.
  • In caso di crollo della concentrazione di piastrine, si discute da sempre sulla efficacia dei concentrati piastrinici. Anche l’utilizzo di terapia cortisonica che per alcuni può aiutare la ripresa della parte corpuscolata mancante non trova conferme nella pratica clinica. .
    Il superamento della malattia, dopo la prima fase febbrile di 5 giorni, avviene generalmente in due settimane.
  • La sorveglianza medica è essenziale per identificare prematuramente i segni che possono indirizzare alla diagnosi di DHF.
  • Non esistono farmaci antivirali specifici per la cura del virus della dengue.

La terapia di supporto prevede l’utilizzo di farmaci antifebbrili, quale il paracetamolo e antidolorifici, scelti tra i FANS privi di proprietà anticoagulanti. Assolutamente da evitare l’aspirina (acido acetilsalicilico) e tutti i farmaci contenenti acetilati a causa delle loro proprietà anticoagulanti
I pazienti infettati dal virus, febbrili nella fase acuta, dovrebbero adottare criteri preventivi per evitare le punture di zanzare Aedes, che con questo pasto ematico si infettano ed amplificano ad altri individui, l’infezione.

 La Febbre da virus Dengue durante la gravidanza

I dati della bibliografia tengono conto degli esiti sanitari della dengue in gravidanza e degli effetti dell’infezione materna sul feto nei mesi di gestazioni.

  • E’ possibile il verificarsi di una infezione perinatale e l’infezione trasmessa dalle zanzare alla mamma “peripartum” può aumentare la probabilità di “infezione sintomatica” nel neonato.
  • Dei casi di “trasmissione perinatale” descritti in letteratura internazionale “tutti hanno sviluppato trombocitopenia”.  La maggior parte dei neonati aveva evidenziato “ascite o versamenti pleurici” e la febbre è stata una costante. Quasi il 40% dei piccoli manifestava emorragia e 1 su 4 aveva ipotensione.
  • I neonati con infezione perinatale in genere si ammalano durante la prima settimana di vita.
  • Il passaggio placentare di “IgG materne contro il virus della dengue” (da una precedente infezione materna) può aumentare il rischio di “dengue grave tra i bambini infettati a 6-12 mesi di età”, quando l’effetto protettivo di questi anticorpi diminuisce.

 

 

 

Prevenzione e vaccinazione

 

PREVENZIONE
Prevenzione della febbre da virus della Dengue. Un modo efficace, ad oggi, per controllare la Dengue e la DHF è la lotta al vettore, ed in particolare combattere la presenza della zanzara Aedes nell’ambiente cittadino e silvestre.

Questo controllo avviene attraverso l’utilizzo di insetticidi chimici ambientali; e ancora ripulendo gli ambienti dove il vettore vive e si moltiplica sensibilizzando anche la popolazione che vive nei territori coinvolti. Attenzione particolare va posta alle raccolte di acqua, in particolare nelle gomme di automobili, bottiglie, lattine e altri oggetti luogo di ristagno di acqua, rendendo l’ambiente favorevole alla deposizione e schiusa delle uova di zanzara. Le larve sono trattate mediante l’utilizzo di insetticidi.

Ci sono state nel recente passato molte campagne in questo senso che hanno sensibilizzato la popolazione a ripulire l’ambiente circostante e le proprie case da gomme di automobili, bottiglie, lattine e altri oggetti nei quali l’acqua può ristagnare formando un habitat adatto per la zanzara. Le larve derivate dalla schiusa delle uova deposte dalle femmine di Aedes sono trattate mediante l’utilizzo di insetticidi. Dato che le zanzare sono più attive nelle prime ore del mattino, è particolarmente importante utilizzare le protezioni in questa parte della giornata.

 

 

UTILIZZO DI REPELLENTI  CONTRO LE ZANZARE AD USO PERSONALE.

AEDES AL PASTO EMATICO
AEDES AL PASTO EMATICO

Zanzare: come e di cosa si cibano
  Le zanzare Aedes non si nutrono solo di sangue. Le femmine lo utilizzano, pungendo i mammiferi, quando hanno bisogno di energie per produrre le uova.  Altre forme di nutrimento sono il nettare e la linfa che trovano nelle piante. Dopo la puntura compare un prurito molto fastidioso che è causato dalla saliva che la zanzara inietta nella pelle per evitare che il sangue coaguli e che la microscopica ferita cicatrizzi impedendole di succhiare la sua piccola dose di sangue.

 

REPELLENTI NATURALI

OLIO NOZETA: ESTRATTO DI NEEM con aggiunta di ESSENZE AROMATICHE POTENZIANTI

Un prodotto considerato tra i “migliori REPELLENTI” naturali. Multiuso, sicuro, efficace, estratto dal frutto dell’albero di NEEM, utilizzabile anche sui neonati, nei bambini e in coloro che desiderano evitare prodotti chimici, ha mostrato grande efficacia come repellente dalle punture degli insetti in generale, ed in modo particolare nei confronti delle punture delle zanzare. Questo prodotto è efficace anche nei confronti delle zecche.

Nella formulazione per i viaggiatori questo olio, con l’aggiunta di “essenze” quali Corymbia citrodora, che ne potenzia l’efficacia e che ne migliora la fragranza e l’odore, possiede un utilizzo “multiplo”, nei confronti di parassiti e microbi, ed anche nelle ustioni.

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REPELLENTI CHIMICI

DEET  dietiltoluamide: lo spray DEET costituisce un metodo efficace per tenere le zanzare lontane applicando un repellente sulla pelle e anche sui vestiti. La dietiltoluamide (DEET), è una sostanza chimica sviluppata dall’esercito statunitense durante la Seconda guerra mondiale e derivata dall’agricoltura, usata per tenere lontani i parassiti. Non va confusa con il DDT.
La DEET ha il problema che viene assorbita dalla pelle causando alla lunga problemi cutanei. Quindi in elevate concentrazioni non è raccomandata per i bambini (e in particolare non va mai usata sui bambini minori di due anni), e con pelli delicate. Consigliamo i repellenti Naturali a base di NEEM con aggiunta di essenze orientali.

ICARIDINA: L’icaridina (anche chiamata KBR 3023 o picaridina) è un prodotto sintetico sviluppato negli anni Ottanta e commercializzato dalle stesse aziende che vendono gli spray DEET. Alle giuste concentrazioni è efficace quanto la DEET, ma siccome rimane quasi completamente sulla pelle senza essere assorbita è più indicata anche per i bambini tra i due e i dodici anni.

VACCINAZIONE

Il primo vaccino per la dengue è stato realizzato già da diversi anni per i residenti nelle aree di rischio DENGUE e per i viaggiatori, tra i9 ed i 45 anni anni, che già avevano avuto la malattia in modo dimostrabile, attraverso la presenza di anticorpi IgG, ancora presenti: DENGVAXIA è il primo vaccino in commercio da diversi anni e approvato da FDA (americano) ed EMA (Europea). Utilizzato per la protezione delle popolazioni che vivono in paesi considerati ad alto rischio Dengue di età compresa tra i 9 ed i 45 anni di età.

Dal Dicembre 2022 in Europa Ema, ed in seguito dal febbraio 2023 in Italia è stato approvato il nuovo vaccino QDENGA della azienda TAKEDA. Questo nuovo vaccino è destinato alla popolazione, dai 4 anni in avanti sia che non ha avuto la malattia, sia da proteggere dagli aggravamenti nelle infezioni secondarie.
PER INFORMAZIONI SUL NUOVO VACCINO QDENGA CLICCA QUI

– TAK-003: vaccino ancora in via di studio, ma in dirittura d’arrivo. Attualmente in Fase 3.

 

Notizie e bibliografia

Stato della ricerca

zanzara geneticamente modificata
zanzara geneticamente modificata

Si sta cercando di ottenere una zanzara del genere Aedes modificata, in grado di essere resistente all’infezione virale in questione. Gli scienziati dell’Università della California di Irvine e i colleghi britannici di Oxford hanno messo a punto un nuovo ceppo di zanzare, in cui le femmine non possono volare, finendo così con il morire rapidamente allo stato selvatico. I maschi del ceppo possono volare, ma non mordono, dunque non trasmettono le malattie.

Quando le zanzare geneticamente modificate di sesso maschile si accoppiano con le femmine selvatiche e trasmettono i loro geni, le femmine della prossima generazione non saranno in grado di volare. Gli scienziati stimano che, se rilasciata la nuova razza potrebbe reprimere la popolazione della zanzara in sei – nove mesi. Inoltre, questo approccio potrebbe essere adattato anche per altre specie di zanzare, come Anopheles ossia quelle che propagano malattie come la malaria e Culex  Encefalite Giapponese.
Anche l’Italia farà parte del progetto di sperimentazione durante il prossimo inverno. Si stanno facendo degli studi sulla patogenesi nell’infezione da Dengue dell’ospite, facendo degli studi anche sulla storia dell’individuo e la delineazione dei caratteri dei gruppi più ad alto rischio. Ancora si stanno facendo ricerche sulle dinamiche di trasmissione e sulla genetica delle popolazioni colpite.

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VACCINO PER LA MALARIA PEDIATRICO NEI PAESI AFRICANI. UNA REVISIONE DEI PRIMI RISULTATI

 

Campagne di Vaccinazione per la Malaria Pediatrica: Stato Globale e Risultati per Paese
i risultati provengono da una raccolta di dati provenienti da enti internazionali e dai ministeri della salute dei singoli paesi. Il dr. Paolo Meo ha effettuato una raccolta, valutazione ed un commento alla situazione delle campagne di vaccinazione.

Panoramica Globale delle Campagne di Vaccinazione

La lotta contro la malaria, portata avanti da decenni con attività sull’ambiente, sulle abitazioni e sull’uomo,  ha raggiunto una svolta storica con l’introduzione di due vaccini pediatrici che sono attualmente raccomandati dall’OMS:
RTS,S/AS01 (Mosquirix)
R21/Matrix-M.

Attualmente sono 17 i paesi africani che hanno inserito la vaccinazione antimalarica nei loro programmi di immunizzazione di routine, coprendo in alcuni paesi fino al 70% della popolazione pediatrica a rischio di malaria.

Dal 2023, sono state procurate e consegnate da UNICEF oltre 12 milioni di dosi di vaccini antimalarici co-finanziate da Gavi, l’Alleanza per i Vaccini, raggiungendo circa 5 milioni di bambini nei paesi partecipanti.

Paesi con Campagne Attive e Risultati iniziali ottenuti:

  • (1) Ghana – Il Pioniere della Vaccinazione

Il Ghana è stato uno dei tre paesi pilota (ghana, Kenya, Malawi – campagna pilota dal 2019)  e ha ottenuto in questa sperimentazione risultati eccellenti:

  • Copertura vaccinale: 96% della popolazione infantile per la prima dose; 87% per la seconda, 78% per la terza e 39% per la quarta dose;
  • Implementazione: Il programma pilota è stato implementato in 42 distretti dal 2019 ad oggi;
  • Evoluzione: Il Ghana ha ricevuto l’approvazione da Gavi per espandere la vaccinazione a 51 distretti;
  • Risultati: La copertura del vaccino RTS,S è migliorata costantemente, raggiungendo il 76% per la prima dose e il 74% per la terza dose entro il 2021  pubmed.ncbi.nlm.nih

Questi risultati mostrano l’adesione quasi plebiscitaria alla prima dose, presa con grande entusiasmo dalla popolazione intera, per poi calare ed arrivare ad una compliance del 39% alla quarta dose. Questo ci fa capire come l’educazione della popolazione e una politica di organizzare vaccinazioni non a livello centralizzato ma organizzando centri periferici a livello di villaggio, è l’unica politica vincente. Una task force di unità mobili vaccinali sarebbe un metodo per arrivare alla popolazione che poi non segue i protocolli necessari.

  • (2) Malawi – Risultati Promettenti ma Sfide nella Quarta Dose
  • Copertura: 88% per la prima dose nel 2020, migliorata al 92% nel 2021 pmc.ncbi.nlm.nih+1
  • Sfide: La copertura della quarta dose rimane problematica al 46% nel 2023
  • Impatto: Solo il 60% dei bambini erano completamente vaccinati nel distretto di Nsanje nel 2021
  • Fattori chiave: L’educazione delle madri e la conoscenza del programma vaccinale sono risultati i principali determinanti dell’adesione  pubmed.ncbi.nlm.nih

Anche in questo paese si è visto che la formazione e la organizzazione di vaccinazioni di villaggio costituiscono il metodo per non perdersi le persone alla seconda dose.

  • (3) Burkina Faso – Strategie Innovative per Raggiungere le Comunità Remote
  • Lancio: Introdotto il vaccino RTS,S in 27 distretti sanitari nel febbraio 2024
  • Sfide iniziali: Il distretto sanitario di Batié ha registrato bassa copertura iniziale a causa delle barriere geografiche
  • Soluzione innovativa: Integrazione delle attività di vaccinazione nelle campagne (3di chemioprofilassi antimalarica stagionale (SMC)
  • Risultati eccellenti: Raggiunto il 97,83% di copertura per i bambini non aggiornati durante il primo ciclo, mantenendo tassi superiori al 97% nei cicli successivi

In Burkina Faso dove sono state applicate le modalità della primary health care e della medicina periferica si sono ottenuti i risultati migliori

  • (4) Camerun – Primo Paese Non-Pilota con Risultati Incoraggianti
  • Implementazione: Primo paese al di fuori dei tre pilota a introdurre il vaccino nel gennaio 2024
  • Copertura: Iniziato in 42 distretti con piano di espansione a tutti i 205 distretti entro il 2026
  • Impatto precoce: I distretti vaccinanti hanno mostrato una riduzione del 17% nelle consultazioni ospedaliere per tutte le cause nei bambini sotto i 5 anni
  • Mortalità: Il 60% dei distretti vaccinanti ha registrato una diminuzione dei decessi sotto i 5 anni, con il 57% che ha mostrato riduzione dei decessi legati alla malaria
  • (5) Repubblica Centrafricana – Prima Implementazione del Vaccino R21
  • Vaccino utilizzato: R21/Matrix-M, diventando il primo paese a introdurre questo vaccino nei programmi di immunizzazione di routine
  • Distribuzione: 163.800 dosi ricevute nel maggio 2024, distribuite in tutti i 35 distretti sanitari
  • Obiettivo: Vaccinare circa 199.407 bambini di età compresa tra 6-11 mesi nel 2024
  • Contesto epidemiologico: Circa 1.733.000 casi di malaria nel 2022, con una media di 4.747 casi al giorno
  • (6) Nigeria – Il Più Grande Rollout Nazionale
  • Lancio: Dicembre 2024 con il vaccino R21/Matrix-M
  • Fasi iniziali: Implementazione iniziata negli stati di Bayelsa (sud) e Kebbi (nord)
  • Dosi disponibili: 1 milione di dosi totali (846.200 da Gavi + 153.800 dal governo nigeriano)
  • Innovazione logistica: Utilizzo di droni Zipline per la consegna, raggiungendo 20.000 persone con la prima dose nello stato di Bayelsa
  • Impatto atteso: La Nigeria rappresenta il 27% del carico globale di malaria

Una innovazione tecnologica come l’utilizzo di droni (Zipline) ha consentito di consegnare nei villaggi, quindi nelle aree remote, periferiche migliaia di dosi, consentendo la coperture di oltre 20.000 bambini nello stato di Bayelsa. Un risultato clamoroso ed inaspettato.

  • (7) Kenya – Analisi Dettagliata dei Risultati dove sono state eseguite campagne di vaccinazioni diffuse nelle Regioni Lacustri, intorno al lago Vittoria
    Il Kenya ha concentrato le sue campagne vaccinali nelle 8 contee endemiche per malaria della regione lacustre attorno al Lago Victoria, incluse Kisumu, Vihiga, e Homabay.

Espansione del Programma

  • 2019-2021: Programma pilota iniziale. Il Kenya è stato il primo dei 3 paesi dove è stato eseguito il programma pilota di vaccinazione per la malaria pediatrica.
  • Marzo 2023: Espansione a 25 sottocollegi aggiuntivi nelle 8 contee lacustri  scienceafrica
  • Copertura attuale: Oltre 400.000 bambini hanno ricevuto almeno la prima dose, sono in corso le campagne per le seconde e le terze dosi.

Risultati Clinici Specifici per il Kenya

  • Copertura vaccinale: 81% di copertura della popolazione pediatrica per la prima dose nel 2021, che ha migliorato la copertura dell’85% nel 2020;
  • Riduzione della mortalità: E’ stata ottenuta una significativa diminuzione della mortalità per malaria nella regione lacustre gavi
  • Riduzione della gravità: I pediatri riferiscono che prima del vaccino, il 60% di tutti i ricoveri pediatrici erano dovuti alla malaria; ora la gravità dei ricoveri è notevolmente ridotta;
  • Accettazione comunitaria: Eccellente risposta all’adesione vaccinale secondo i coordinatori locali

Struttura Operativa in Kenya

  • Calendario vaccinale: Le dosi vengono somministrate a 6, 7, 9 e 24 mesi;
  • Copertura geografica: Si è partiti dalle regioni lacustri diffondendo la pratica vaccinale in altre aree con trasmissione della malaria da moderata ad alta;
  • Supporto comunitario: Uso di promotori sanitari comunitari per tracciare i programmi di vaccinazione e riferire le madri alle strutture sanitarie path

La formazione con i promotori sanitari e l’applicazione delle regole della primary heath care hanno portato ad un successo nelle campagne vaccinali in Kenya;

Sfide Identificate in Kenya

  • Distanza: Alcune comunità devono percorrere lunghe distanze per raggiungere i centri di vaccinazione; e questo causa la mancata adesione ai programmi di richiamo;
  • Quarta dose: La copertura della quarta dose rimane problematica, raggiungendo solo il 44% nel 2023 pmc.ncbi.nlm.nih
  • Approvvigionamento: Necessità di un rifornimento costante e affidabile di vaccini

Vaccino Maggiormente Utilizzato

RTS,S/AS01 (Mosquirix) – Il Primo Vaccino

  • Produttore: GlaxoSmithKline (GSK)
  • Capacità produttiva limitata: 18 milioni di dosi disponibili per il periodo 2023-2025
  • Paesi utilizzatori: Ghana, Kenya, Malawi, Camerun, Burkina Faso, e altri 7 paesi
  • Efficacia: 30% di riduzione dei casi di malaria grave con decesso del bambino;

R21/Matrix-M – Il Secondo Vaccino con Maggiore Potenziale

  • Produttore: Serum Institute of India
  • Capacità produttiva massiva: 100 milioni di dosi annuali, con piani per raddoppiare a 200 milioni entro il 2025
  • Costo competitivo: Meno di 4 dollari per dose
  • Efficacia: 75% di efficacia in aree con trasmissione stagionale, 67% in aree con trasmissione perenne.
  • Paesi utilizzatori: Repubblica Centrafricana, Nigeria, Côte d’Ivoire, Sud Sudan, Mozambique

Tendenze Future e Proiezioni

Espansione Prevista per il 2025

  • 8 paesi in aggiunta ai precedenti introdurranno il vaccino antimalarico nei loro programmi di immunizzazione infantile nel 2025;
  • 13 paesi hanno ottenuto il supporto di Gavi per ampliare i loro programmi nazionali
  • Obiettivo produttivo: Potenziale produzione di 200 milioni di dosi di R21 entro la fine del 2025

Sfide e Opportunità

La domanda di vaccini antimalarici rimane senza precedenti, ma la fornitura di RTS,S è limitata. L’aggiunta di R21 alla lista dei vaccini raccomandati dall’OMS dovrebbe garantire una fornitura sufficiente per beneficiare tutti i bambini che vivono in aree dove la malaria rappresenta un rischio per la salute pubblica.

I risultati preliminari suggeriscono che i vaccini antimalarici potrebbero salvare decine di migliaia di vite ogni anno man mano che vengono implementati su scala più ampia nei paesi ad alta incidenza di malaria.

redazione articolo: dr. Paolo Meo 
medico infettivologo – tropicalista
direttore POLO VIAGGI CESMET ARTEMISIA

VACCINO PER LA MALARIA PEDIATRICO NEI PAESI AFRICANI. UNA REVISIONE DEI PRIMI RISULTATI Leggi tutto »

15 FAQ sul Botulismo: Domande e Risposte per Comprendere e Prevenire il Rischio di botulino

Cosa è il Botulismo facciamo un po’ di chiarezza
Il botulismo è una rara malattia ma può essere particolarmente grave, con conseguenze letali se la diagnosi ed il trattamento non vengono effettuati tempestivamente.
I casi riportati sono poco frequenti, ma la gravità delle manifestazioni rende fondamentale una conoscenza corretta per prevenire la malattia
Ho realizzato questo documento per dare elementi chiari e basati su evidenze scientifiche. Desidero fornire elementi sugli aspetti critici della malattia, sulla causa biologica, e sulle pratiche di sicurezza alimentare quotidiane. Tutto questo per eliminare paure inutili ma per fornire strumenti concreti per diminuire i rischii.
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Il Botulismo: Il batterio e la sua tossina
FAQ 1: Che cos’è esattamente il botulismo e cosa lo causa?
Il botulismo è una malattia grave che causa paralisi. E’ definita come un’intossicazione da una “neurotossina” prodotta dal batterio Clostridium botulinum. Questa tossina è una delle sostanze più letali conosciute. Quindi la causa dei sintomi non è derivata direttamente dal batterio in sé, ma dalla tossina prodotta in condizioni ambientali, di conservazione, molto specifiche.
Un aspetto fondamentale per comprendere il rischio del BOTULISMO è un vero paradosso. Difatti il Clostridium botulinum è un microrganismo ubiquitario, presente ovunque, sotto forma di spore resistenti nel suolo, nei sedimenti marini e nelle acque di tutto il mondo. Una presenza costante e convive con noi.
Ma se il batterio è così diffuso, perché la malattia è così rara? E’ chiaro che la semplice presenza delle spore del batterio non è sufficiente a causare la malattia. Il pericolo si presenta solamente quando le spore del Clostridium botulinum trovano un ambiente con condizioni tali che cominciano a germinare, a crescere e a produrre la neurotossina. La prevenzione non consiste nell’eradicare del batterio onnipresente ovunque ma consiste nella massima attenzione delle condizioni che ne favoriscono la produzione di tossine negli alimenti.


FAQ 2: In quali ambienti prospera il batterio del botulismo e produce la tossina?

Il Clostridium botulinum vive ovunque nel terreno, ma sono il determinate condizioni è spinto a produrre la neurotossina. I requisiti sono molto precisi, e possono essere creati in modo involontario durante alcuni processi di conservazione alimentare:

• Assenza di ossigeno (ambiente anaerobico): Il batterio è un anaerobio obbligato, l’ossigeno è tossico per lui e lo uccide. Cresce e produce tossina solo in ambienti privi di aria.
• Bassa acidità: La crescita del batterio e la produzione di tossina sono inibite in ambienti acidi. Il valore critico è un pH pari a 4.6. Al di sopra di questa soglia (cioè in alimenti a bassa acidità), il batterio può proliferare e produrre tossina.
• Temperatura e umidità adeguate: Il batterio necessita di temperature specifiche calde (e non in refrigerazione) e di un’elevata umidità per attivarsi.
Frequentemente le tecniche di conservazione alimentare, nate per proteggere il cibo, possono creare un vero e proprio “incubatore involontario”. Sigillare un alimento in un barattolo o in una confezione sottovuoto vuol dire eliminare l’ossigeno. Questo serve per prevenire il deterioramento dei cibi causato dai batteri aerobici, ossia quelli che crescono in presenza di ossigeno.
Ma questa tecnica, utile per un tipo di conservazione crea la condizione richiesta dal C. botulinum per produrre le sue tossine.
Ancora se l’alimento conservato è a bassa acidità (come fagiolini, mais, asparagi) e non viene sottoposto a un trattamento di bollitura sufficiente a distruggere le spore, si realizzano le condizioni ideali per la produzione della tossina.
Tecniche di sicurezza nel preparare alimenti conservati non considerano solo una adeguata sigillatura dei contenitori, ma in un adeguato trattamento termico, l’ebollizione fino a 121°C, oppure l’acidificazione.

 


FAQ 3: Quanti tipi di botulismo esistono?

Esistono diverse forme di botulismo che sono distinte dal modo in cui la tossina entra nell’organismo. I tre principali tipi di botulismo sono:
1. Botulismo alimentare:
È la forma più nota e si verifica in seguito all’ingestione di alimenti che contengono la “tossina botulinica” prodotta dal batterio direttamente nella confezione. Questo accade quando le “spore del batterio” sono presenti nella confezione (evento possibile, non raro), e queste, grazie a condizioni facilitanti germinano e producono la tossina durante la conservazione.
2. Botulismo infantile:
Colpisce i lattanti di età inferiore ai 12 mesi. In questo caso, il bambino non ingerisce la tossina, ma le “spore del batterio” (ad esempio, attraverso il miele o la polvere ambientale). A causadell’immaturità del loro sistema digestivo e della loro flora intestinale, le spore possono germinare, colonizzare l’intestino e produrre la tossina in vivo, cioè direttamente all’interno del corpo.
3. Botulismo da ferita:
È una forma rara che si verifica quando le spore di Clostridium botulinum contaminano una ferita profonda. In questo caso le condizioni di anaerobiosi della ferita permettono la germinazione e la produzione di tossina, che viene poi assorbita nel flusso sanguigno. Si ripete un po’ il meccanismo delle spore tetaniche. Ecco perché le ferite profondo, sporche di terra devono essere sempre pulite e disinfettate.

Confronto tra le Principali Forme di Botulismo
  Tipo di Botulismo                                                  Meccanismo di Acquisizione                                          Fonte Tipica                                                       Popolazione a Rischio
Alimentare                                 Ingestione della tossina prodotta in condizioni ideali                Conserve casalinghe a bassa acidità,          Chiunque consumi l’alimento contaminato
pesce o carne affumicata o conservato in anaerobiosi

   Infantile                                   Ingestione di spore che producono tossina nell’intestino            Miele non controllato, polvere ambientale                        Lattanti < 12 mesi

  Da Ferita                                     Contaminazione di una ferita profonda con terra                 Terreno;  ferite profonde traumatiche,                          Persone con ferite contaminate                                                                                                 e presenza di spore che producono tossina                                  uso di droghe iniettabili


Manifestazioni Cliniche e Gestione Medica

Questa sezione descrive i sintomi, la progressione e il trattamento della malattia, sottolineando l’importanza di un intervento medico rapido.

FAQ 4: Quali sono i primi sintomi del botulismo alimentare e dopo quanto tempo compaiono?
I sintomi del botulismo alimentare sono essenzialmente neurologici e manifestano l’azione della tossina sul sistema nervoso periferico ed anche centrale. Tipicamente, compaiono tra le 12 e le 48 ore dopo l’ingestione dell’alimento contaminato. I primi segni coinvolgono i nervi cranici e includono:
• Visione offuscata o doppia (diplopia)
• Palpebre cadenti (ptosi)
• Difficoltà ad articolare le parole (disartria)
 Difficoltà a deglutire (disfagia)

A questi sintomi si aggiungono spesso:
• secchezza delle fauci
• debolezza generale.

Una caratteristica è l’assenza di febbre.
Questo è un elemento cardine che aiuta a distinguere il botulismo da altre patologie infettive.

FAQ 5: Come progredisce la malattia se non viene diagnosticata o trattata?
Se non diagnosticata o trattata, la malattia progredisce manifestando una paralisi flaccida discendente. Ossia la debolezza muscolare inizia dalla testa e dal collo e “scende” progressivamente al tronco, alle braccia e infine alle gambe.
Questa progressione evidenzia la necessità di una diagnosi ed un trattamento pronto: difatti il sistema nervoso viene sistematicamente “inibito e paralizzato” dall’alto verso il basso.
La paralisi dei muscoli respiratori costituisce il reale pericolo e la causa principale di morte, in particolare la paralisi del diaframma. Quando questi muscoli cessano di funzionare, il paziente non è più in grado di respirare autonomamente, andando incontro a insufficienza respiratoria acuta e completa. Il paziente è pienamente cosciente e lucido durante questo processo di progressiva immobilità.
Può diventare una morte cosciente lenta e drammatica.
La prognosi dipende interamente dalla rapidità dell’intervento medico, che deve avvenire prima che la paralisi comprometta la funzione respiratoria.

FAQ 6: Come viene diagnosticato il botulismo?
La diagnosi di botulismo è clinica, cioè basata sulla valutazione della storia del paziente e sull’esame fisico. Occorre ricercare i sintomi caratteristici:
(1) la paralisi discendente,
(2) il coinvolgimento dei nervi cranici
(3) l’assenza di febbre.
(4) un’anamnesi alimentare di consumo recente di conserve casalinghe o altri alimenti a rischio;

• Il test di laboratorio può confermare la presenza della tossina botulinica:
• nel siero,
• nelle feci del paziente
• in campioni dell’alimento sospetto.
Questi test possono richiedere diversi giorni per produrre un risultato la qual cosa è evidentemente inutile nella identificazione della sindrome in tempo rapido. Il trattamento con l’antitossina deve essere sempre iniziato sulla base del solo sospetto clinico, senza attendere la conferma di laboratorio.

FAQ 7: Esiste una cura per il botulismo?
Assolutamente sì:

• la somministrazione di un’antitossina botulinica specifica.
Questo farmaco contiene anticorpi neutralizzanti che si legano alla tossina circolante nel sangue; in questo modo la tossina non può legarsi a nuove terminazioni nervose. l’antitossina può solo arrestare la progressione della malattia; non può risolvere la paralisi già in atto, poiché non può staccare la tossina che si è già legata ai nervi.
• la terapia di supporto intensivo,
pratica vitale, poiché la minaccia principale è l’insufficienza respiratoria, i pazienti vengono ricoverati in unità di terapia intensiva. Se necessario, vengono sottoposti a ventilazione meccanica, che serve a mantenere la funzione respiratoria: Questo periodo, che può durare settimane o mesi, serve a riparare le connessioni nervose danneggiate e recuperare la forza muscolare.

Prevenzione Pratica e Sicurezza Alimentare
Qieste sono indicazioni pratiche per ridurre al minimo il rischio di botulismo alimentare attraverso corrette pratiche di conservazione e consumo degli alimenti.

FAQ 8: Quali sono gli alimenti più a rischio?
Il rischio di botulismo alimentare è legato al tipo alimenti conservati in cui il batterio ha potuto proliferare e produrre la tossina. Gli alimenti più comunemente implicati sono
le conserve casalinghe di prodotti a bassa acidità (con un pH superiore a 4.6). Esempi classici includono:
• Asparagi
• Fagiolini
• Barbabietole
• Mais

Altri alimenti a rischio sono:
• il pesce conservato, sia in scatola che fermentato, salato o affumicato in modo improprio,
• prodotti a base di carne come salsicce o prosciutti non correttamente stagionati.
I prodotti industriali sono generalmente sicuri grazie a processi di sterilizzazione rigorosamente controllati.

FAQ 9: Come preparare le conserve casalinghe in totale sicurezza?
La sicurezza delle conserve casalinghe dipende soprattutto dai livelli di acidità dell’alimento.
Le spore di C. botulinum sono molto resistenti al calore e non vengono distrutte da una semplice bollitura in acqua (100°C), ma sono molto sensibili ai livelli di acido sotto un pH di 4,6.
Per alimenti a bassa acidità (pH > 4.6): L’unica strategia sicura è l’eradicazione totale delle spore. Questo si ottiene con la cottura in pentola a pressione (autoclave), l’unico strumento domestico in grado di raggiungere la temperatura di 121°C necessaria per distruggere le spore in modo affidabile. È essenziale seguire scrupolosamente i tempi e le pressioni indicate.

Gli alimenti acidi (pH < 4.6) sono sicuri:
• La frutta,
• pomodori acidificati o
• verdure in salamoia,

in questo caso la strategia è diversa:
(1) L’ambiente acido stesso impedisce alle spore, anche se presenti, di germinare e produrre la tossina.
(2) un trattamento termico a bagnomaria (bollitura a 100°C) è sufficiente per garantire la conservazione e la sicurezza, poiché il suo scopo non è distruggere le spore, ma eliminare altri microrganismi e creare il sigillo sottovuoto. (vedi bollitura dei pomodori)

Invece applicare il metodo per alimenti acidi (bollitura) a quelli non acidi è un errore gravissimo che crea una falsa sensazione di sicurezza e un elevato rischio di botulismo.

FAQ 10: La cottura distrugge la tossina botulinica?
Certo la cottura dei cibi conservati a differenza delle spore distrugge e neutralizza la tossina botulinica termolabile, Una bollitura per almeno 10 minuti è in grado di distruggere la tossina eventualmente presente in un alimento.
La pratica di cottura dei cibi conservati per oltre 10 minuti è la migliore misura di sicurezza aggiuntiva, specialmente per le conserve casalinghe di alimenti a bassa acidità.
Prima di assaggiare una di queste conserve, è buona norma:
(1) svuotare il contenuto del barattolo in una pentola
(2) portarlo a ebollizione per 10 minuti.
Ma ricorda che questa pratica non deve sostituire le corrette procedure di inscatolamento. La regola d’oro rimane: “Nel dubbio, butta via”.

FAQ 11: Come posso riconoscere un alimento a rischio botulismo?
Un alimento contaminato dalle spore e dalla tossina botulinica presenta segnali di allarme visibili:
• coperchi dei barattoli che si gonfiano (bombaggio),
• fuoriuscita di liquido o schiuma all’apertura,
• odori o aspetti anomali.
La presenza di uno qualsiasi di questi segni deve portare ad eliminare il prodotto senza nemmeno assaggiarlo.
Tuttavia, l’aspetto insidioso del botulismo alimentare consiste nella sua minaccia invisibile.
E’ importante ricordare che un alimento contaminato con livelli letali di tossina botulinica può avere un aspetto, un odore e un sapore del tutto normali.

La difficoltà nel rilevare il pericolo di botulismo indica che la preparazione delle conserve secondo protocolli rigorosi costituisce l’unica sicurezza nell’evitare la malattia.
Ciò rende imperativa la regola d’oro della sicurezza alimentare: “Nel dubbio, butta via”. Non vale mai la pena rischiare la vita per un barattolo di conserve.

Miti, Rischi Specifici e Popolazioni Vulnerabili
Desidero dare alcune indicazioni particolari e sfatare miti e legende :

FAQ 12: Perché il miele è pericoloso per i neonati ma non per gli adulti?
Il miele può contenere naturalmente le spore di C. botulinum.
Questo non rappresenta un pericolo per gli adulti o i bambini più grandi, sopra l’anno di età, perché la flora intestinale matura crea un ambiente competitivo che impedisce alle spore di germinare e produrre la tossina.
Nei lattanti di età inferiore a un anno, invece, la flora intestinale è ancora immatura e non in grado di neutralizzare il Clostridium. Questa assenza di una microflora protettiva permette alle spore ingerite con il miele di colonizzare l’intestino, germinare e produrre la tossina direttamente all’interno del corpo del piccolo, causando il botulismo infantile.
Per questo motivo è indicazione categorica di non somministrazione il miele ai bambini sotto i 12 mesi di età.

FAQ 13: L’aceto e il limone sono sufficienti per rendere sicura una conserva?
Assolutamente si. L’acidità raggiunta con aceto e succo di limone è tale da rendere sicure le conserve, a patto che venga fatto correttamente.
L’obiettivo è abbassare il pH dell’intero prodotto al di sotto della soglia di sicurezza di 4.6, valore che inibisce la crescita del C. botulinum.

La quantità di acido deve essere sufficiente e distribuita in modo uniforme in tutto il prodotto, raggiungendo anche il centro dei pezzi di verdura più grandi. Non affidatevi a stime superficiali. “un po’ di aceto” “una spruzzata di limone” non è sicuro.
La corretta acidificazione è garantita da ricette testate e validate che specifichino le esatte proporzioni di verdura, acqua e acido.
esistono strisce test specifiche per il controllo del pH nelle conserve alimentari.
Queste strisce reattive cambiano colore in base al valore di pH quando vengono immerse in una soluzione o poltiglia ottenuta dall’alimento da testare. Sono molto semplici da utilizzare e piuttosto economiche;

FAQ 14: Il botulismo è contagioso?
ASSOLUTAMENTE NO, il botulismo non è una malattia contagiosa. Non può essere trasmesso da persona a persona. E’ una intossicazione alimentare o di un’infezione localizzata a una ferita o all’intestino di un lattante. Una persona che ha contratto il botulismo non rappresenta un rischio per chi le sta vicino.

FAQ 15: Qual è la prognosi per chi sopravvive al botulismo?
La prognosi del botulismo, un tempo infausta è attualmente notevolmente migliorata grazie ai progressi nella terapia intensiva e alla disponibilità dell’antitossina,. Il tasso di mortalità, che in passato superava il 50%, è oggi sceso a circa il 5-10% nei paesi con accesso a cure mediche avanzate. Rimane comunque una prognosi grave comunque elevata.
Il recupero di chi sopravvive è comunque un processo molto lungo e impegnativo. La tossina causa un danno alle terminazioni nervose che richiede tempo per essere riparato.
I pazienti possono necessitare di mesi, o in alcuni casi anni, di riabilitazione fisica e terapia per recuperare la forza muscolare, la funzione respiratoria e le altre capacità neurologiche.La stanchezza e la debolezza possono persistere a lungo anche dopo la dimissione dall’ospedale.

redazione dell’articolo
dr. Paolo Meo
direttore Polo Viaggi Clinica del Viaggiatore
Cesmet Artemisia
infettivologo tropicalista

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Emergenza Botulismo in Italia: sale a quattro il bilancio delle vittime tra Sardegna e Calabria. Quali certezze nelle nostre conserve

SITUAZIONE DEL BOTULINO IN ITALIA AL 20 AGOSTO 2025

Anche quest’anno l’Italia è tra le prime nazioni in Europa ad affrontare una grave emergenza sanitaria da intossicazione botulinica che, nel 2025, ha già causato quattro decessi e decine di ricoveri tra Sardegna e Calabria. Il bilancio tragico, aggiornato al 20 agosto 2025, ha visto l’ultima vittima ieri sera: Valeria Sollai, 62 anni, cuoca, deceduta al Policlinico di Monserrato dopo oltre due settimane di ricovero in terapia intensiva.
Secondo decesso in Sardegna e situazione dei ricoveri
La scomparsa di Valeria Sollai rappresenta il secondo decesso nell’isola legato al focolaio di botulismo alla Fiesta Latina di fine luglio a Monserrato, nella città metropolitana di Cagliari, dove la donna aveva consumato pietanze a base di guacamole contaminato dalla tossina botulinica.
Il primo decesso in Sardegna, la giovane Roberta Pitzalis di 36 anni, è avvenuto l’8 agosto all’ospedale Businco di Cagliari. L’autopsia ha confermato l’intossicazione botulinica, complicata da una polmonite emorragica legata all’intubazione.
Al 20 agosto rimangono ricoverati in Sardegna una ragazza di 14 anni al Policlinico di Monserrato e un bambino di 11 anni trasferito al Gemelli di Roma. Il ragazzo, inizialmente in condizioni critiche, migliora costantemente, anche se i medici avvertono che la ripresa sarà lunga. Altri quattro pazienti sono stati dimessi dall’ospedale Brotzu di Cagliari.

La situazione in Calabria

Il focolaio calabrese, uguale per numero di vittime, ad oggi, è sicuramente più grave per quanto riguarda i ricoverati. Sono 18 le persone che tra domenica 3 e martedì 5 agosto hanno consumato panini con salsiccia e friarielli, ossia cime di rapa, presso un venditore ambulante a Diamante, in provincia di Cosenza.
Due le vittime della tossina killer, Luigi di Sarno, 52 anni di Cercola (Napoli), e Tamara D’Acunto, 45 anni. Al 20 agosto, sono ancora ricoverati ben 15 pazienti all’ospedale Annunziata di Cosenza: di cui 5 in terapia intensiva, 3 in pediatria e 7 nei reparti di area medica.

Le Indagini
La Procura di Cagliari ha iscritto nel registro degli indagati Christian Gustavo Vincenti, titolare del chiosco dove sono stati consumati i prodotti contaminati alla Fiesta Latina. Con il secondo decesso, l’indagine si configura ora per duplice omicidio colposo. Il mancato controllo ed attenzione al cibo distribuito costituisce una colpa grave in chi distribuisce alimenti;
La Procura di Paola invece ha aperto un’inchiesta più ampia, iscrivendo nel registro degli indagati dieci persone: l’ambulante distributore del cibo, tre responsabili delle ditte produttrici del prodotto contaminato, e sei medici di due strutture sanitarie del cosentino.
I sei medici sono stati iscritti nel registro degli indagati dalla Procura di Paola con l’ipotesi che non abbiano fornito una diagnosi tempestiva ai pazienti vittime di botulismo, in particolare a Luigi di Sarno e Tamara D’Acunto, deceduti dopo l’intossicazione.
Le ipotesi di reato per le 10 persone indagate includono omicidio colposo, lesioni personali colpose e commercio di sostanze alimentari nocive. Le indagini si concentrano sia sulle modalità di conservazione e somministrazione dell’alimento contaminato (panini con salsiccia e cime di rapa acquistati da un ambulante) sia sulla possibile mancata tempestività nella diagnosi clinica. Le autopsie sui due deceduti sono state completate.

Il Botulismo in Italia: Un vecchio problema di Salute Pubblica
Sembra incredibile ma l’Italia detiene il primato europeo per incidenza di botulismo alimentare. Nel 2023 sono stati denunciati 36 casi confermati, di botulino, il numero più alto in Europa, seguito da Francia (15), Romania e Spagna (14 ciascuna).
Dal 2001 al 2024 sono stati segnalati 1.276 casi clinici sospetti, di cui 574 confermati in laboratorio. Numeri particolarmente elevati se si pensa che derivano da una cattiva conservazione di cibi preparati in particolare in casa.
Il 91,6% dei casi è di origine alimentare, principalmente legato al consumo di conserve casalinghe. Il tasso di letalità è diminuito negli anni, passando dal 3,8% del periodo 2001-2011 al 2,6% del 2012-2024, questo per maggiori controlli attuati sui cibi conservati.

Le Regioni Più a Rischio
Secondo il Centro nazionale di riferimento per il botulismo dell’Istituto Superiore di Sanità, le regioni con maggiore incidenza sono Campania, Puglia, Sicilia e Lazio. Questa concentrazione al Centro-Sud è attribuita alla tradizione conserviera più radicata rispetto al Nord Italia.
Fabrizio Anniballi, responsabile del Centro di riferimento nazionale per il botulino in una intervista spiega che: “Una delle ragioni principali di questa alta incidenza risiede nella tradizione conserviera ancora molto radicata nel Paese. L’Italia è famosa per i suoi metodi tradizionali di conservazione degli alimenti, tramandati di generazione in generazione.”
Per queste situazioni esiste una “scorta strategica nazionale di Antidoti e farmaci (SNAF)” che viene utilizzata nelle emergenze attraverso la distribuzione di fiale di antitossina botulinica attraverso una rete che coinvolge il Deposito CRI Militare di Cagliari, la Marina Militare di Taranto, la Guardia Costiera di Napoli e gli ospedali San Camillo Forlanini.

Che cosa è il Botulismo e come si manifesta
Il botulismo è una pericolosa sindrome causata dalle tossine del Clostridium botulinum, batterio che cresce in condizioni di anaerobiosi (assenza di ossigeno) negli alimenti conservati male, alimenti poco acidi. La tossina botulinica è considerata uno dei veleni più potenti al mondo.
I sintomi dell’avvelenamento da questa tossina si possono manifestare molto rapidamente, già dopo 6 ore dall’assunzione dei cibi contaminati fino ad una settimana dopo il consumo di cibo e includono:
Nausea e vomito;
• Diplopia (visione doppia);
• Midriasi bilaterale (dilatazione pupillare);
• Ptosi palpebrale (abbassamento delle palpebre)
• Difficoltà di parola e deglutizione;
• Secchezza delle fauci;
• Stitichezza;
• Paralisi muscolare progressiva;
• Difficoltà respiratoria;
• la respirazione può essere compromessa, rendendo necessaria l’intubazione.

Prevenzione e Raccomandazioni
quali comportamenti occorre adottare per prevenire l’intossicazione:

chi produce le conserve deve:
• Sterilizzare accuratamente i vasetti ed anche le conserve;
• Rispettare le norme igieniche durante la preparazione e la conservazione;
• Eliminare contenitori di conserve con coperchi gonfi, maleodoranti o con presenza di muffa;
• Eliminare alimenti con odori, sapori o aspetto alterato;

• i consumatori devono
• acquistare prodotti con etichette e tracciabilità chiare;
• acquistare e consumere prodotti preparati in stabilimenti registrati e controllati;
• cuocere sempre gli alimenti conservati secondo regole indicate;
• evitare di consumare prodotti inscatolati scaduti o mal conservati;
• fare attenzione ai cibi venduti durante feste o da ambulanti

• comportamenti in caso di sintomi
• Recarsi immediatamente al pronto soccorso;
• Informare con dovizia di particolari cibi consumati e tempi di ingestione;
• Ricordare che il trattamento tempestivo riduce notevolmente il rischio di complicazioni;
• La mortalità si riduce drasticamente per somministrazioni di antidoti immediate;

Difatti un intervento tempestivo riduce le conseguenze dell’avvelenamento in quanto l’antidoto “anti tossinico del botulino” è efficace solo nelle fasi iniziali, quando la tossina è ancora nel circolo sanguigno”. Occorre ricordare che la “tossina botulinica” è invisibile non altera il sapore del cibo.

Prevenzione e sicurezza alimentare. I cibi sicuri
Conoscere i corretti metodi di conservazione alimentare e i rischi di avvelenamento legati al consumo di prodotti di dubbia provenienza, riduce drasticamente il rischio di botulismo.
Conserve Alimentari: Quali sono le più pericolose e quali quelle sicure?
quali sono le conserve a maggior rischio di botulismo
Le conserve alimentari preparate in casa presentano i maggiori rischi di contaminazione da tossina botulinica. Sono le conserve non acide, dove la tossina botulinica può svilupparsi più facilmente. Occorre fare attenzione alle:
• Olive conservate in acqua;
• Funghi sott’olio;
• Cime di rapa (come friarielli o broccoli) in olio o acqua;
• Carni e prodotti derivati, in particolare insaccati, carne di suino, prodotti essiccati o affumicati, preparazioni crude o poco cotte;
• Conserve di pesce, soprattutto tonno sott’olio o in scatola, pesce affumicato o salato;
• Conserve di vegetali in acqua o salamoia, che non sono sufficientemente acidificate;
• Alimenti confezionati sottovuoto, sia carne che verdure;
• Prodotti lattiero-caseari freschi come mascarpone;
• Miele (in particolare per bambini sotto 1 anno);

Quindi per ricapitolare le conserve vegetali “non acide” (es. melanzane, funghi, broccoli, olive, peperoni) e quelle preparate senza aggiunta sufficiente di aceto o sale sono le più pericolose se non correttamente preparate e conservate in luogo fresco e asciutto, e per periodi non eccessivamente lunghi.

quali sono le conserve considerate sicure:
sono considerati sicuri i cibi conservati:
• Sott’aceto (metà acqua, metà aceto) oppure trattati con succo di limone;
• Passate di pomodoro, marmellate, composte di frutta e cibi in salamoia;
• Prodotti industriali con procedura certificata di sterilizzazione o pastorizzazione (autoclave industriale a 121°C);
• Alimenti conservati in modo da mantenere acidità pH inferiore a 4,6, che inibisce la crescita del botulino:
Ricordarsi che le marmellate e le composte di frutta sono considerate sicure grazie all’alto contenuto di zucchero e di acidità. Anche gli ortaggi conservati sotto aceto o salamoia e con corretta pastorizzazione sono sicuri.

Raccomandazioni Fondamentali
• I prodotti industriali sono generalmente sicuri per la standardizzazione dei processi;
• Le conserve domestiche sono sicure solo se si rispettano scrupolosamente le tecniche di sterilizzazione, “acidificazione” e se si utilizza adeguato quantitativo di aceto, limone o di sale o di zucchero.
• Evitare conserve fatte in casa con ricette realizzate “ad occhio” o poco documentate;
• Evitare conserve sott’olio o sottovuoto che presentano alterazioni come vasetti gonfi, con odore strano, con presenza di muffa.
• Consumare le conserve entro i periodi considerati sicuri, generalmente 6 mesi, massimo 1 anno;

Ricorda che un alimento è a rischio botulismo se contiene spore e trova le condizioni ideali per la loro germinazione: assenza di ossigeno, poca acidità, temperatura ambiente elevata.
In caso di dubbio sulla provenienza o preparazione della conserva, è preferibile non consumarla.

Autore
dr. Paolo Meo
direttore Polo Viaggi Artemisia – Cesmet
specialista in malattie infettive e tropicali

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Viaggio in Cina: Rabbia e Prevenzione pre e post evento

VIAGGIARE IN CINA
Una analisi  approfondita del “Rischio Rabbia” e Indicazioni per viaggiare in Cina in sicurezza.

La Rabbia in Cina, una analisi epidemiologica

Contesto Storico e Situazione Attuale: Il successo del controllo della Rabbia nel paese diventa un paradosso
La Repubblica Popolare Cinese ha una lunga storia nella lotta contro la rabbia, una malattia degli animali, di origine virale, con un tasso di letalità prossimo al 100% una volta che si manifestano i sintomi clinici.
dagli anni ’50 la Cina ha affrontato tre ondate epidemiche principali:
(1) nel 1956 furono registrati 1.942 casi;
(2) nel 1981 i casi furono 7.037;
(3) nel 2007 3.300 furono i casi documentati.
Questi dati evidenziano la natura endemica e persistente della malattia nel territorio cinese, rendendola una delle principali aree a rischio a livello globale secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Tuttavia, dal picco del 2007, la Cina ha messo in essere strategie di controllo della malattia, negli animali e nell’uomo, che hanno portato a risultati straordinari a livello nazionale.
Un’analisi dei dati epidemiologici più recenti, relativi al periodo dal 2015 al 2023, rivela un successo nella lotta alla malattia.
Il numero di casi umani annuali è crollato in modo costante, passando da
801 casi registrati nel 2015
ai soli 120 del 2023,
il numero dei casi più basso dal 1951.
Con la riduzione dell’incidenza anche le aree geografiche interessate dal fenomeno si sono fortemente ridotte.
Il numero di contee che hanno denunciato casi di rabbia umana è diminuito da
– 997 nel 2007
– a 101 nel 2023,
Nonostante questa diminuzione significativa in tutte le provincie della Cina sarebbe sbagiato valutare il rischio rabbia come basso in ogni contea.
Il reale miglioramento generale della presenza del virus può indurre un falso senso di sicurezza nel viaggiatore, nascondendo la persistenza di focolai ad alta endemia in alcune regioni del paese.
Mentre 14 divisioni amministrative a livello provinciale (PLADs), tra cui metropoli come Pechino e Shanghai, hanno raggiunto l’obiettivo di “zero casi” per tre o più anni consecutivi nel periodo 2005-2023,
In particolare nel sud e nel centro del paese, continuano a registrare un’alta incidenza della malattia.
Province come Guangxi, Hunan e Henan rimangono aree ad alta endemia persistente.
Inoltre, alcune province hanno assistito a una recrudescenza dei casi dopo aver raggiunto temporaneamente l’obiettivo di zero casi, a dimostrazione della difficoltà di eradicare completamente il virus.
Questa differenza geografica è il risultato di uno sviluppo economico, sociale e sanitario disomogeneo all’interno del vasto territorio cinese.
Le differenze nell’implementazione dei programmi di vaccinazione canina, nella gestione delle popolazioni di animali randagi, nell’accesso all’assistenza sanitaria e nella consapevolezza pubblica contribuiscono a creare questo mosaico di rischio variabile.

Per il viaggiatore internazionale, questa situazione impone un approccio alla valutazione del rischio che non può basarsi sulle medie nazionali, ma deve necessariamente valutare ogni tappa dell’itinerario.

Distribuzione Geografica del Rischio: Mappatura delle Zone Endemiche
L’epidemiologia della rabbia in Cina è caratterizzata da una netta prevalenza nelle aree rurali.
I dati raccolti tra il 2005 e il 2020 indicano che il 96.7% di tutti i casi umani si è verificato in contesti rurali, a fronte di un modesto 3.3% nelle aree urbane.
i contadini costituiscono la categoria più colpita, rappresentando il 73% dei casi totali.
Il rischio di esposizione è massimo in ambienti dove la convivenza tra uomo e animali, in particolare cani non vaccinati o randagi, è più stretta e meno controllata.

L’epicentro dell’endemia rabica si concentra nelle province meridionali e centrali del paese. L’analisi dei dati a lungo termine (2005-2020) mostra che quattro province
Guizhou,
Hunan,
Guangdong
e Guangxi
hanno contribuito da sole al 50% di tutti i casi umani registrati in Cina.
La provincia di Guangxi, in particolare, ha registrato il numero più elevato di casi in questo periodo, con 3.573 decessi, pari al 14.7% del totale nazionale.

 Classificazione del Rischio Rabbia per Province Cinesi (Dati 2015-2021)
Categoria di Rischio Province Note sull’Itinerario del Viaggiatore
Alta Endemia Guangxi, Hunan, Henan, Guizhou La tappa a Guilin (Risaie di Longji) si trova in una provincia ad alta endemia. Il rischio qui è massimo.
Media Endemia Hubei, Yunnan, Jiangsu, Anhui, Guangdong, Sichuan, Chongqing, Hebei, Shaanxi, Shandong, Shanxi, Zhejiang, Jiangxi La tappa a Xi’an si trova nella provincia dello Shaanxi, classificata a media endemia.
Bassa Endemia Gansu, Pechino, Inner Mongolia, Hainan, Ningxia La tappa a Pechino si trova in un’area a bassa endemia, con tendenza a zero casi.
Bassissima Endemia / Zero Casi Recenti Xinjiang, Qinghai, Tibet (Xizang), Liaoning, Jilin, Heilongjiang, Shanghai, Fujian, Tianjin Le tappe in Tibet (Lhasa) e a Shanghai si trovano in aree a rischio molto basso o con zero casi recenti.

Serbatoi Animali e Dinamiche di Trasmissione
La trasmissione della rabbia in Cina, così come in tutto il mondo, è strettamente legata ai suoi serbatoi animali.
Il cane (Canis lupus familiaris) è universalmente riconosciuto come il principale serbatoio e vettore del virus della rabbia per l’uomo.
Anche in Cina i cani sono responsabili di oltre il 95-99% di tutti i casi di trasmissione all’uomo.

Il problema è particolarmente acuto nelle aree rurali cinesi,
dove la popolazione canina è numerosa e i tassi di vaccinazione antirabbica sono storicamente e persistentemente bassi.
Sebbene il cane rappresenti la minaccia predominante, è fondamentale essere consapevoli che qualsiasi mammifero può contrarre e trasmettere la rabbia. Altri animali domestici,
come i gatti, stanno emergendo come una fonte di preoccupazione. In alcuni paesi sviluppati, come gli Stati Uniti, i gatti hanno superato i cani come principale fonte di rabbia trasmessa all’uomo da animali domestici. Anche in Cina, il contatto con i gatti non deve essere sottovalutato.
– i pipistrelli rappresentano un serbatoio naturale per un’intera famiglia di virus, i Lyssavirus, che include:
– sia il virus della rabbia classico (RABV)
– sia altri virus strettamente correlati in grado di causare una malattia clinicamente indistinguibile dalla rabbia.
Sebbene la trasmissione dai pipistrelli all’uomo sia meno comune in Asia rispetto alle Americhe, il rischio esiste, soprattutto per chi esplora grotte o ha contatti diretti con questi animali.
Altri mammiferi selvatici, come
procioni,
volpi
e scimmie,
possono anch’essi fungere da serbatoi e vettori del virus.

La presenza di scimmie in molti siti turistici in Asia richiede una particolare cautela da parte dei visitatori.
La modalità di trasmissione del virus è quasi esclusivamente attraverso il contatto diretto con la saliva di un animale infetto.
La via più comune è il morso, che inocula il virus in profondità nei tessuti.
Tuttavia, anche i graffi (se le unghie dell’animale sono contaminate di saliva)
o le leccate su cute lesa (ferite aperte, abrasioni) o su mucose (occhi, naso, bocca) possono trasmettere efficacemente l’infezione.
È importante sottolineare che un animale può essere contagioso anche prima di mostrare i segni clinici evidenti della malattia, rendendo impossibile per un laico valutare la sicurezza di un contatto.

Prevenzione della Rabbia per il Viaggiatore Internazionale
Principi di Prevenzione: indicazioni di comportamento
La prevenzione della rabbia si basa su un approccio globale, dove le strategie comportamentali rappresentano la prima e più importante linea di difesa.
(1) La regola fondamentale per qualsiasi viaggiatore in un paese endemico come la Cina è quella di evitare rigorosamente qualsiasi contatto fisico con i mammiferi.
È bene evitare di toccare, accarezzare, nutrire o giocare con qualsiasi animale.
I cani, essendo il principale vettore, richiedono la massima attenzione. È un errore comune presumere che un cane di proprietà sia sicuro; in molte aree endemiche, la vaccinazione degli animali domestici non è una pratica comune, e questi animali possono essere esposti al virus attraverso contatti con altri animali infetti.
Inoltre, come già menzionato, un animale può essere infetto e contagioso per giorni prima di manifestare sintomi evidenti, rendendo inaffidabile qualsiasi valutazione basata sul suo comportamento apparente.
Le scimmie, spesso presenti e abituate all’uomo in templi e parchi turistici, possono essere aggressive e sono noti vettori di rabbia.
I gatti, sia randagi che domestici, rappresentano un rischio non trascurabile.
I viaggiatori come gli speleologi o ricercatori, devono essere consapevoli del rischio associato ai pipistrelli ed evitare l’esplorazione di grotte senza un’adeguata preparazione e profilassi vaccinale.

La vigilanza deve essere estesa a tutti i mammiferi, poiché la suscettibilità al virus è una caratteristica condivisa da questa classe di animali.

Profilassi Pre-Esposizione (PrEP)
La somministrazione di un ciclo di vaccino antirabbico prima di un potenziale contatto con il virus è la migliore prevenzione che si può effettuare. Questa misura preventiva è fortemente raccomandata per determinate categorie di viaggiatori, inclusi coloro che soggiornano per lunghi periodi in aree endemiche e a chi svolge attività a rischio (es. trekking in zone remote, cicloturismo) ed anche per chi viaggia con bambini piccoli.

I nuovi schemi vaccinali efficaci prevedono la somministrazione di:
due dosi per via intramuscolare, tipicamente ai giorni 0 e 7. CLICCA QUI
Schemi più tradizionali, che prevedono tre dosi (giorni 0, 7 e 21 o 28), sono ancora validi e utilizzati.

È importate sapere che la  PrEP non conferisce un’immunità assoluta ma consente di semplificare il protocollo in caso di una successiva esposizione.
Un individuo che ha completato un ciclo di PrEP, in caso di morso o graffio, necessita di un trattamento post-esposizione (PEP) molto più semplice e sicuro:
– NO somministrazione di immunoglobuline antirabbiche (RIG);
– il ciclo di vaccinazione ridotto a sole due dosi di richiamo, somministrate ai giorni 0 e 3.

Questo è un punto di fondamentale importanza per chi viaggia in Cina.
Il protocollo standard di PEP per una persona non vaccinata richiede l’immediata disponibilità di due componenti critici:
– il vaccino
– le immunoglobuline antirabbiche (RIG).

Le IMMUNOGLOBULINE SPECIFICHE sono un preparato di anticorpi che fornisce una protezione passiva immediata mentre il corpo sviluppa la propria risposta immunitaria al vaccino.
La  somministrazione deve essere infiltrata il più possibile attorno alla ferita e serve a neutralizzare il virus a livello locale prima che possa raggiungere il sistema nervoso centrale.
Tuttavia, la disponibilità di questi presidi medici in Cina presenta delle criticità.
I Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC) degli Stati Uniti classificano la disponibilità di vaccini di alta qualità e, soprattutto, di RIG in Cina come “Not Readily Available” (Non Prontamente Disponibile).
Spesso vaccini e immunoglobuline sono non disponibili in molti paesi di viaggio, specialmente al di fuori dei grandi centri urbani.

In questo contesto, la PrEP assume un ruolo che va oltre la semplice profilassi individuale. Senza la necessità delle RIG, la PrEP consente di affrontare la questione della prevenzione della rabbia come un evento non di emergenza, ma una normale routine preventive.   (due iniezioni di vaccino).
Per un itinerario che include tappe in aree rurali di province ad alta endemia come il Guangxi, la PrEP cessa di essere una semplice “raccomandazione” per diventare una misura “strategicamente essenziale” per garantire la sicurezza del viaggiatore.

Gestione dell’Emergenza: Protocollo di Profilassi Post-Esposizione (PEP)
Qualsiasi esposizione potenziale al virus della rabbia — definita come un morso, un graffio o il contatto della saliva di un mammifero con cute non integra o mucose — deve essere trattata come un’emergenza medica che richiede un intervento immediato e metodico.

Il protocollo di Profilassi Post-Esposizione (PEP) si articola in tre fasi sequenziali e critiche.
Fase 1: Cura immediata della Ferita.
Questo è il passaggio più importante e può ridurre significativamente il rischio di infezione. Deve essere eseguito il prima possibile dopo l’esposizione.
La procedura consiste
(1) nel lavare la ferita in modo energico e abbondante con acqua e sapone per un periodo non inferiore a 15 minuti. Questo lavaggio meccanico aiuta a rimuovere il virus dal sito di inoculazione.
(2) Dopo il lavaggio, è fondamentale applicare un agente virucida sulla ferita. Soluzioni a base di iodio (come il povidone-iodio) o altri disinfettanti con comprovata attività virucida sono raccomandati.

Fase 2: Ricerca Immediata di Assistenza Medica Qualificata.
Dopo la cura locale della ferita, è importante cercare  assistenza medica.
Il viaggiatore deve recarsi al pronto soccorso di un ospedale o a una clinica specializzata. Nelle grandi città cinesi come Shanghai, esistono centri dedicati noti come “cliniche per morsi di cane” (“dog bite clinics”), che sono attrezzati per gestire questo tipo di emergenze.
È consigliabile avere a portata di mano i contatti di strutture sanitarie internazionali o di riferimento prima della partenza.

Fase 3: Terapia Immunoprofilattica Specifica (sotto stretta supervisione medica).
Il trattamento medico varia radicalmente a seconda dello stato vaccinale pre-esposizione del paziente.
Per Soggetti NON Vaccinati (senza PrEP): Il protocollo è complesso e richiede la somministrazione combinata di immunizzazione passiva e attiva.
o Immunoglobuline Antirabbiche (RIG): Deve essere somministrata una dose di RIG (tipicamente 20 UI/kg di peso corporeo) il prima possibile dopo l’esposizione. La maggior parte della dose deve essere infiltrata meticolosamente all’interno e intorno alla ferita per neutralizzare il virus localmente. L’eventuale volume residuo viene somministrato per via intramuscolare in un sito distante da quello dell’iniezione del vaccino.

o Ciclo Vaccinale Completo: Contemporaneamente, si inizia un ciclo di vaccinazione antirabbica. I protocolli più comuni prevedono 4 o 5 dosi somministrate per via intramuscolare nel muscolo deltoide (o nella coscia per i bambini) a intervalli specifici (es. giorni 0, 3, 7, 14 e talvolta 28).

• Per Soggetti GIÀ Vaccinati (con PrEP documentata): Il protocollo è notevolmente semplificato e più sicuro.
o Nessuna Somministrazione di RIG: Le immunoglobuline non sono necessarie, poiché la memoria immunologica indotta dalla PrEP garantisce una rapida risposta anticorpale dopo il richiamo.
o Ciclo Vaccinale di Richiamo: Sono sufficienti due dosi di richiamo del vaccino antirabbico, somministrate per via intramuscolare nei giorni 0 e 3 dopo l’esposizione.
Questo protocollo differenziato sottolinea ancora una volta l’immenso vantaggio della PrEP nel ridurre la complessità, il rischio e l’incertezza associati alla gestione di un’esposizione in un contesto in cui la disponibilità di RIG non è garantita.

Analisi dei Rischi Sanitari Specifici per l’Itinerario di Viaggio
Pechino e Shanghai (con Zhujiajiao): Centri Urbani a Basso Rischio
Rabbia: Il rischio di contrarre la rabbia per un turista che visita le metropoli di Pechino e Shanghai, inclusa un’escursione alla città d’acqua di Zhujiajiao, è da considerarsi trascurabile. Entrambe le municipalità rientrano nel gruppo delle 14 divisioni amministrative cinesi che hanno raggiunto e mantenuto lo status di “zero casi” di rabbia umana per tre o più anni consecutivi nel periodo di sorveglianza dal 2005 al 2023.
A Pechino, l’implementazione di un programma sistematico di vaccinazione canina ha portato la copertura anticorpale nella popolazione canina a circa l’80%, un livello vicino alla soglia di immunità di gregge. Di conseguenza, dal 2022 non sono stati segnalati casi di rabbia nei cani e dal 2021 non si sono registrati casi umani. Anche a Shanghai, sebbene le cliniche specializzate registrino un alto numero di visite per morsi di animali (oltre 240.000 all’anno, a testimonianza di una notevole densità di popolazione animale e di una buona sorveglianza), i casi effettivi di rabbia umana sono estremamente rari, con un totale di 43 casi registrati nell’arco di 15 anni (2006-2021). Per un viaggiatore che adotta le normali precauzioni comportamentali (evitare il contatto con animali), il rischio in queste aree urbane e turistiche ben controllate è quasi nullo.

 Qualità dell’Assistenza Sanitaria: Pechino e Shanghai offrono strutture sanitarie di standard internazionale, con personale medico competente (spesso con conoscenza dell’inglese) e attrezzature moderne. Tuttavia, questi servizi sono privati e possono essere estremamente costosi. È indispensabile stipulare un’adeguata assicurazione sanitaria di viaggio che copra le spese mediche e l’eventuale evacuazione sanitaria.

 Xi’an (Provincia dello Shaanxi): Rischio Rabbia Moderato e in diminuzione
Rabbia: La provincia dello Shaanxi, dove si trova Xi’an, è classificata come una regione a media endemia per la rabbia. Tuttavia, i dati più recenti indicano un trend epidemiologico in netto miglioramento, con un calo significativo dei casi, inserendo la provincia nel gruppo di quelle in fase di “declino”. Il rischio per un turista a Xi’an è quindi significativamente più basso rispetto alle province ad alta endemia come il Guangxi, ma rimane superiore a quello quasi nullo di Pechino e Shanghai. È necessario mantenere un livello di vigilanza elevato, specialmente durante le visite in aree peri-urbane o rurali al di fuori del centro città, dove il contatto con animali randagi o non controllati è più probabile.

Tibet (Lhasa): Rischio Rabbia Molto Basso
Rabbia: La Regione Autonoma del Tibet (Xizang) è stata storicamente una delle aree a più basso rischio di rabbia in tutta la Cina, riportando zero casi per lunghi periodi, in parte grazie al suo isolamento geografico. Sebbene dal 2015 siano stati segnalati casi sporadici, spesso legati all’importazione di ceppi virali attraverso il confine con il Nepal, il rischio complessivo per un turista che visita Lhasa (situata a un’altitudine di 3.656 metri) rimane estremamente basso.

 Guilin (Risaie di Longji, Provincia del Guangxi): Area Rurale ad Alta Endemia e Rischi Multipli
La tappa alle risaie a terrazza di Longji, vicino a Guilin, introduce il viaggiatore in un ecosistema rurale, agricolo e subtropicale che, sebbene di straordinaria bellezza, presenta il più alto e complesso profilo di rischio sanitario dell’intero itinerario. In questo ambiente, i rischi non sono isolati, ma interconnessi, creando una vera e propria “sinergia del rischio” legata alle caratteristiche ecologiche della regione. Lo stesso ambiente delle risaie, con la sua abbondanza di acqua, la vicinanza tra insediamenti umani e animali (domestici e da allevamento), e la presenza di vettori come zanzare e cani, costituisce un focolaio ideale per un insieme di zoonosi e malattie trasmesse da vettori.
• Rabbia: La provincia del Guangxi è costantemente classificata tra le quattro regioni a più alta endemia di rabbia in tutta la Cina. Le aree rurali come quelle di Longji sono l’epicentro della trasmissione, dove la probabilità di incontrare cani randagi o di proprietà non vaccinati è massima. Il rischio di esposizione alla rabbia in questa località deve essere considerato
ELEVATO.
• Encefalite Giapponese (JE): Questo è un altro rischio significativo e specifico di questo ambiente. L’encefalite giapponese è una malattia virale trasmessa dalle zanzare del genere Culex, in particolare Culex tritaeniorhynchus, che trovano il loro habitat di riproduzione ideale nelle acque stagnanti delle risaie. Il ciclo di trasmissione del virus è mantenuto tra zanzare, uccelli acquatici e maiali, che agiscono come ospiti amplificatori. La vicinanza di allevamenti di suini agli insediamenti umani nelle aree rurali aumenta notevolmente il rischio di trasmissione all’uomo. La stagione di picco della trasmissione in Cina va da giugno a ottobre, coincidendo con il periodo monsonico e la principale stagione turistica. Il rischio di contrarre l’encefalite giapponese durante una visita alle risaie di Longji in questo periodo è SIGNIFICATIVO.

 

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Casi autoctoni di Chikungunya in Europa

La situazione della Chikungunya in Italia nel 2025 è sotto controllo, ma monitorata con attenzione dalle autorità sanitarie. I dati aggiornati al 12 agosto 2025 indicano quanto segue:
• Sono stati registrati 43 casi confermati di Chikungunya dall’inizio dell’anno.
–  36 casi sono importati (persone tornate da viaggi in aree endemiche).
–   7 casi sono autoctoni (ossia con trasmissione avvenuta in Italia).
• La maggior parte dei casi si concentra nel nord e nel centro Italia, ma si sono verificati episodi autoctoni in alcune Regioni, in particolare Emilia-Romagna.epicentro.iss+2
• Non sono stati riportati decessi associati.
• L’età mediana dei casi è di 48 anni, con una lieve prevalenza nel sesso maschile.
Le autorità sanitarie, tra cui l’Istituto Superiore di Sanità e il Ministero della Salute, continuano a monitorare la diffusione tramite bollettini e piani di sorveglianza specifici.
Considerazioni generali:
• La Chikungunya in Italia non è considerata endemica: alcuni focolai autoctoni si verificano grazie alla presenza della zanzara Aedes albopictus (“zanzara tigre”), ma la larga maggioranza dei casi è legata a viaggi all’estero
• A livello europeo sono previsti possibili aumenti di casi, in relazione al clima e alle nuove dinamiche di viaggio.
• I sintomi più comuni restano febbre alta e forti dolori articolari, con un decorso generalmente benigno.
Non è motivo di allarme, ma è importante adottare precauzioni contro le punture di zanzara durante la stagione estiva e se si viaggia in zone dove il virus è endemico

 

La mappa (da ECDC) mostra anche le localizzazioni dei casi  autoctoni in Francia, dove il totale dall’inizio dell’anno arriva a 111 casi.

Nella tabella che segue (da ECDC) i dettagli relativi ai casi in Italia

 

 

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BOTULISMO: EMERGENZA IN ITALIA

                                                                                                               

L’EVENTO: EMERGENZA BOTULINO IN ITALIA   09 agosto 2025

Sardegna: (Monserrato, Cagliari);  Calabria (Diamante, Cosenza)
Questi i luoghi in Italia dove sono emersi negli ultimi giorni ben due focolai  di BOTULISMO facendo registrare oltre 20 casi manifesti e particolarmente acuti con almeno 2 morti. L’intossicazione da botulino si è manifestata nelle persone dopo aver mangiato “cibi contaminati”. Sono stati individuati, come causa della intossicazione: salsa guacamole di avocado e panini con broccoli e salsiccia, venduti presso chioschi e food truck.  Passate alcune ore dal pasto le persone si sono cominciate a sentir male. Prima nausea e vomito, poi sintomi neurologici sempre più forti.  Gli intossicati sono stati ricoverati in ospedale, diversi sono finiti in terapia intensiva per grave difficoltà respiratoria. Due persone ad oggi sonodecedute.

In Sardegna una “salsa di avocado (guacamole)” contaminata è stata la causa del focolaio descritto; in Calabria “una conserva di broccoli” servita in panini, in street food ha generato il focolaio della malattia.
In Italia vengono registrati annualmente una media di 20-40 casi di botulismo, soprattutto alimentari. In Europa il nostro paese primeggia evidenziando il maggior numero di casi, a causa della tradizione domestica delle conserve alimentari.

Dal 2001 al 2020 sono stati segnalati 452 casi confermati e 14 decessi, con un tasso di letalità attuale intorno al 3%. E questi casi denunciati costituiscono una punta dell’iceberg rispetto alla reale incidenza della malattia, la maggior parte delle volte asintomatica o con sintomi molto lievi, non denunciati.

 

 

 

ORIGINE E DIFFUSIONE DEL BOTULISO IN ITALIA

Il botulismo è una grave malattia, che si manifesta in modo acuto, causata dalle tossine del “Clostridium botulinum”, un batterio che cresce in alimenti conservati male, poco acidi, in condizioni di carenza di ossigeno, ossia in condizioni di anaerobiosi. Le conserve casalinghe, i cibi in scatola, le salse industriali non correttamente sterilizzate sono ottimi terreni di crescita di questi batteri.

 

 

 

 

IL BOTULISMO:LA MALATTIA
Il botulismo è una malattia che ha come target il sistema nervoso, causando paralisi muscolari per il blocco della trasmissione degli impulsi nervosi ai muscoli da parte della tossina. Questo blocco degli impulsi causa paralisi, difficoltà respiratorie e nei casi più gravi la morte. I sintomi sono caratterizzati da:
– Nausea;
– Vomito;
– Debolezza muscolare;
– Paralisi muscolarE
– Visione doppia (diplopia);
– Difficoltà respiratoria;

 

 

 

COME PREVENIRE IL BOTULISMO
Queste alcune regole per prevenire la contaminazione da tossina di botulismo:
– Conservare correttamente gli alimenti (specialmente quelli fatti in casa);
Sterilizzare bene vasetti e conserve;
Eliminare e non consumare alimenti con odori, sapori o aspetto alterato o sospetto;
Rispettare sempre le norme igieniche durante la preparazione e conservazione degli alimenti;
– Non consumare mai conserve con coperchi gonfi, maleodoranti o con presenza di muffa ;
Cuocere sempre gli alimenti conservati secondo le regole;
– non consumare prodotti scaduti o non conservati adeguatamente;

Se compaiono sintomi che coinvolgono i muscoli e compare una difficoltà respiratoria immediatamente recarsi al pronto soccorso ed informare riguardo all’assunzione di cibi assunti.
Un trattamento tempestivo ed efficace riduce notevolmente il rischio di complicazioni ed anche di morte.

 

Ricordate che:
1. Il botulismo è raro ma molto pericoloso;
2. le ultime intossicazioni avvenute con le tossine in Italia sono legate principalmente a conserve (industriali o casalinghe)
– i cibi sono venduti prevalentemente in corso di festival o da ambulanti.
– l’attenzione deve essere massima alla modalità di preparazione e conservazione degli alimenti;
– dopo aver assunto cibi conservati, in caso di sintomi, agire subito recandosi in ospedale;

dr. Paolo Meo

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